Equo compenso: tutelare la norma da chi vuole già cambiarla
Il monito della Fondazione Inarcassa: la legge n. 49/2023 funziona ed è già ben coordinata con il nuovo Codice Appalti. Adesso rivedere il Decreto Parametri
La disciplina sull’equo compenso, in vigore da pochi mesi, eppure c’è già chi vorrebbe modificare la legge n. 49/2023, “indebolendo la portata di una norma che nasce per riequilibrare il potere contrattuale dei professionisti rispetto a P.A., banche, assicurazioni e grandi imprese”.
Equo compenso: legge da tutelare
Un’osservazione che giunge dalla Fondazione Inarcassa, attraverso le parole del presidente, l’ing. Andrea De Maio, secondo cui questo provvedimento “argina lo scempio del lavoro professionale gratuito e delle gare con valore a base d’asta di un euro, consolidando un principio di civiltà giuridica che tutela l’interesse collettivo alla qualità delle prestazioni professionali”. E richiama la delibera ANAC del 20 luglio 2023, n. 343, con la quale l’Autorità Anticorruzione ha contestato l’operato di una Stazione appaltante, che non ha tenuto conto delle novità apportate dalla legge 49/2023 sull’equo compenso.
Sebbene ci siano tentativi, da parte di contraenti forti, di ridimensionare la portata della nuova norma, la Fondazione registra alcuni significativi passi avanti nei bandi: basti pensare che la normativa sull’equo compenso è già compatibile con il nuovo codice dei contratti (d.Lgs. n. 36/2023), sia nel sottosoglia che nelle procedure di rilevanza europea. Negli affidamenti diretti va infatti escluso il confronto competitivo sulla base dei preventivi, né si può giustificare il ribasso sui compensi determinati dall’applicazione dell’allegato I.13 del nuovo Codice, poiché il rispetto dei principi codicistici è garantito dal meccanismo di rotazione. Allo stesso modo, va garantita l’applicazione dell’equo compenso per i servizi di ingegneria e architettura di importo pari o superiore a 140mila euro, per i quali la norma prevede l’aggiudicazione con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa: ai sensi del comma 5 dell’art. 108 del nuovo codice, è infatti possibile limitare il confronto concorrenziale ai soli profili qualitativi delle offerte, azzerando il peso della componente di prezzo. Secondo la Fondazione si tratta di una scelta idonea a garantire sia un adeguato livello qualitativo dei servizi tecnici, sia il rispetto dell’equo compenso per i professionisti. Sostanzialmente è l’unica applicazione possibile della norma, “tanto più che non stiamo parlando dell’esecuzione di meri servizi standardizzati, ma di prestazioni intellettuali da cui dipende, soprattutto, la sicurezza dei cittadini”.
Fondazione Inarcassa: occhio a chi vuole rivedere la normativa sull'equo compenso
E il presidente chiude con un monito e una sollecitazione insieme: “L’approvazione della legge sull’equo compenso è avvenuta in primavera con il voto unanime del Senato e a larghissima maggioranza alla Camera. La Politica, in modo trasversale, ha intercettato un’esigenza reale di riequilibrio nei rapporti tra Committenti forti e liberi professionisti. Non possiamo più consentire che le pressioni di alcuni poteri forti mettano nuovamente in discussione l’interesse collettivo alla qualità delle prestazioni professionali. Anzi alla Politica chiediamo di compiere un ulteriore passo in avanti per rafforzare il principio dell’equo compenso con l’aggiornamento, quanto prima, dell’attuale decreto parametri, considerato che numerose prestazioni professionali, alcune anche legate al PNRR, non sono neppure in esso contemplate”.
Questo perché equo compenso non significa necessariamente che i professionisti debbano addebitare tariffe massime o massimizzare il loro profitto, quanto piuttosto vedersi garantire tariffe giuste e proporzionate al valore dei servizi forniti e alla qualità del lavoro svolto.