VIA LIBERA AL REVERSE CHARGE FACOLTATIVO
Con la risoluzione 137/E dell'8 aprile 2008, l'Agenzia delle Entrate è intervenuta nuovamente sul tema dell'inversione contabile, introducendo il concetto di...
Con la risoluzione 137/E dell'8 aprile 2008, l'Agenzia delle
Entrate è intervenuta nuovamente sul tema dell'inversione
contabile, introducendo il concetto di Reverse charge
facoltativo attraverso il quale è possibile far valere il
diritto di rimborso IVA anche per le società comunitarie che, pur
non disponendo in Italia di stabile organizzazione e non avendo
identità ai fini IVA, hanno effettuato acquisti adempiendo agli
obblighi relativi al pagamento dell'imposta.
In particolare la risoluzione 137/E dell'Agenzia riprende il concetto, introdotto dalla risoluzione 17/E dello scorso 24 gennaio, del "reverse charge facoltativo", osservando preliminarmente che nonostante l'istante abbia effettuato operazioni territorialmente attive nel nostro territorio a fronte della quale l'acquirente (soggetto passivo residente in Italia) ha adempiuto agli obblighi Iva (l'art. 38-ter del D.P.R. n. 633 del 1972 subordina il diritto al rimborso alla circostanza che il soggetto non residente non abbia realizzato operazioni attive nel territorio dello Stato, fatte salve alcune eccezioni), la direttiva comunitaria n. 2006/112/CEE e, in particolare, gli articoli 171 e 194, prevedono:
Come spiegato dall'Agenzia, poiché la società estera in questione ha provveduto successivamente ad identificarsi direttamente in Italia ai sensi dell'articolo 35-ter del D.P.R. n. 633 del 1972, il diritto al rimborso può essere esercitato solo per il periodo antecedente la predetta identificazione, ovvero con riferimento agli acquisiti effettuati fino al giorno antecedente l'identificazione.
In particolare la risoluzione 137/E dell'Agenzia riprende il concetto, introdotto dalla risoluzione 17/E dello scorso 24 gennaio, del "reverse charge facoltativo", osservando preliminarmente che nonostante l'istante abbia effettuato operazioni territorialmente attive nel nostro territorio a fronte della quale l'acquirente (soggetto passivo residente in Italia) ha adempiuto agli obblighi Iva (l'art. 38-ter del D.P.R. n. 633 del 1972 subordina il diritto al rimborso alla circostanza che il soggetto non residente non abbia realizzato operazioni attive nel territorio dello Stato, fatte salve alcune eccezioni), la direttiva comunitaria n. 2006/112/CEE e, in particolare, gli articoli 171 e 194, prevedono:
- l'art. 171 stabilisce che è ammissibile il rimborso dell'IVA, secondo le modalità previste dalla direttiva 79/1072/CEE, anche per i soggetti passivi "che hanno effettuato nello Stato membro in cui effettuano acquisti di beni e servizi o importazioni di beni gravati da imposta unicamente cessioni di beni o prestazioni di servizi per le quali il destinatario di tali operazioni è stato designato come debitore di imposta a norma degli articoli da 194 a 197 e dell'articolo 199 (…)".
- l'art. 194 della Direttiva 112/2006/CE prevede il cosiddetto "reverse charge facoltativo", nei casi in cui, come nella fattispecie in esame, il committente o cessionario nazionale ha adempiuto agli obblighi relativi al pagamento dell'imposta tramite emissione di autofattura in luogo del proprio dante causa non residente.
Come spiegato dall'Agenzia, poiché la società estera in questione ha provveduto successivamente ad identificarsi direttamente in Italia ai sensi dell'articolo 35-ter del D.P.R. n. 633 del 1972, il diritto al rimborso può essere esercitato solo per il periodo antecedente la predetta identificazione, ovvero con riferimento agli acquisiti effettuati fino al giorno antecedente l'identificazione.
A cura di Ilenia
Cicirello
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