Enti locali: la programmazione e progettazione del nuovo Codice appalti - Parte II
I risvolti organizzativi e contabili delle nuove norme sulla programmazione e progettazione del nuovo codice dei contratti nell’ambito degli enti locali - Parte II
Così sintetizzato il quadro normativo di riferimento, occorre analizzare l’impatto della novella sul piano organizzativo anche alla luce dei principi contabili che disciplinano la registrazione in bilancio delle spese per la progettazione e per l’attuazione degli interventi di lavori pubblici (principio contabile applicato 4/2 allegato al d.lgs 118/2011 e smi), i quali fanno riferimento agli istituti del D.Lgs. n. 50/2016, nella versione approvata con il DM 1 marzo 2019.
L’approccio interpretativo a tali disposizioni normative deve essere condotto alla luce di quanto dispone l’art. 226, comma 5, del d.lgs. 36/2023, secondo cui: “ogni richiamo in disposizioni legislative, regolamentari o amministrative vigenti al decreto legislativo 18 aprile 2026, n.50 o al codice dei contratti pubblici vigente alla data di entrata in vigore del codice, si intende riferito alle corrispondenti disposizioni del codice o, in mancanza, ai principi desumibili dal codice stesso”.
Le spese di progettazione
Principiando dalle implicazioni afferenti la registrazione delle spese per la progettazione, si evidenzia che il principio contabile vigente prevede che per le opere pubbliche di importo inferiore ad € 100.000, non soggette all’obbligo di programmazione, la spesa di progettazione è registrata al titolo II, tra le spese di investimento, unitamente agli stanziamenti relativi all’opera complessiva, sia nel caso di ricorso alla progettazione interna che nel caso di progettazione esterna. (par. 5.3.13).
Alla luce della disposizione di cui all’art. 226, comma 5, del nuovo codice, tale principio risulta applicabile alle opere di importo fino a 150.000 euro, tenuto conto del fatto che l’art. 37, comma 2, ha previsto l’obbligo di inserimento dell’opera nel programma triennale solo laddove il quadro economico, al netto dell’iva, è maggiore di tale importo. Per tutti i lavori pubblici non soggetti all’obbligo di programmazione, dunque, le spese di progettazione sono registrate unitamente agli stanziamenti relativi all’opera complessiva. Vedremo più avanti quali principi guidano l’impegno contabile di tali spese.
Per le opere soggette all’obbligo di programmazione, invece, il principio contabile vigente ha affrontato il tema della corretta contabilizzazione delle spese per il livello minimo di progettazione richiesto per il loro inserimento nel programma triennale, in coerenza con il quadro normativo delineato dall’art. 21 del vecchio codice e dal DM 14/2018.
In coerenza con le disposizioni sulle forme di copertura finanziaria delle spese di investimento (cfr. par. 5.3.3), il principio contabile prevede che la spesa relativa all’acquisizione del livello minimo di progettazione necessario all’inserimento dell’opera negli strumenti di programmazione si registra a bilancio prima dello stanziamento necessario alla realizzazione dell’opera, ed essa va imputata al titolo II, tra le spese di investimento, solo se i documenti di programmazione individuano in modo specifico l’investimento cui la spesa di progettazione è destinata, prevedendo le forme di finanziamento.
La Corte dei conti, chiamata a pronunciarsi sulla portata applicativa della norma, ha precisato che ciò che rileva ai fini della corretta contabilizzazione delle spese di progettazione, è il riferimento agli stanziamenti inerenti l’opera pubblica complessiva da realizzare, a cui la progettazione è funzionalmente correlata, oltre all’accertamento della fattibilità e della finanziabilità dell’opera, quale condizione imprescindibile per il conferimento degli incarichi di progettazione; di talché “non si possono imputare, tra le spese di investimento, le spese inerenti gli incarichi di progettazione laddove non sia stata adeguatamente inserita, nei documenti di programmazione dell’ente, la realizzazione dell’opera pubblica, con specifica individuazione delle risorse finanziarie da reperire per la sua realizzazione, a cui la spesa di progettazione è destinata” (cfr. Corte dei conti, sezione regionale di controllo Lombardia, 12.9.2019, n. 352/PAR. Più recentemente la Corte lombarda - parere n. 270/2021 - ha ribadito l’interpretazione del principio contabile che implica la necessaria correlazione di una spesa per progettazione alla ragionevole previsione della disponibilità di risorse per la realizzazione dell’investimento, illustrando la deroga a tale principio introdotta dall’art. 1, comma 4 del d.l. 32/2019 fino al 31.12.2023 a mente del quale in un’ottica di rilancio del settore dei contratti pubblici è consentito alle pubbliche amministrazioni “di affidare incarichi di progettazione anche in assenza delle risorse necessarie a garantire la copertura finanziaria dell’opera nella sua interezza”).
La richiamata disposizione contabile trova il completamento nel successivo par. 5.3.14, secondo il quale una volta approvato il livello di progettazione minimo previsto dall’art. 21 del vecchio codice, l’opera viene inserita nel piano triennale e le spese per le ulteriori fasi di progettazione ed esecuzione vengono stanziate in bilancio al titolo II, seguendo per il relativo impegno il principio della competenza finanziaria potenziata e, quindi, ove le risorse necessarie alla sua realizzazione risultino accertate anticipatamente, è consentita la prenotazione dell’intero quadro economico con l’avvio della procedura di spesa per la progettazione di livello successivo a quello minimo, impegnando la spesa a seguito della stipula dei contratti relativi alle successive fasi di progettazione e dell’appalto, nel rispetto delle regole sul fondo pluriennale vincolato (FPV), di cui si dirà più avanti.
Il nuovo codice dei contratti, come abbiamo chiarito, non prevede più l’approvazione di un livello minimo di progettazione per l’inserimento dell’opera nel piano triennale delle opere pubbliche, ritenendo sufficiente sia per l’inserimento nell’elenco triennale che in quello annuale, l’approvazione di documenti pre-progettuali (il DOCFAP e il DIP per le opere di importo superiore alla soglia euro-unitaria): come vanno intesi, dunque, i richiamati principi contabili? In coerenza con la previsione dell’art. 226, comma 5, del codice, il riferimento contenuto nei par. 5.3.12 e 5.3.14 del principio contabile 4/2 al “livello minimo di progettazione” previsto per l’inserimento dell’opera nella programmazione può essere inteso, in una logica sostanzialistica, ai nuovi documenti pre-progettuali alla cui approvazione l’art. 37, comma 2, subordina l’inserimento di un’opera nell’elenco triennale e nell’elenco annuale.
Tale lettura implicherebbe come conseguenza la possibilità di contabilizzare e registrare in bilancio prima dello stanziamento necessario relativo all’intervento progettato, la spesa per il DOCFAP, perché solo tale documento pre-progettuale può essere acquisito tramite un appalto di servizi affidato a professionisti esterni, in quanto il DIP è necessariamente redatto dal RUP (art. 41, comma 3), e la sua redazione è ricompresa espressamente dall’all. I.10 tra le attività soggette ad incentivazione ai sensi dell’art. 45.
Ne consegue che la contabilizzazione al titolo II della spesa per acquisire il DOCFAP, tra quelle di investimento, risulta possibile nei limiti in cui il DUP - nell’ambito del quadro esigenziale da allegare alla SeO - individui in modo specifico l’investimento cui la spesa per l’acquisizione del documento pre-progettuale è destinata, prevedendone anche le adeguate coperture.
Una volta approvato il DOCFAP - per le opere di importo sopra soglia - l’investimento può essere inserito nell’elenco triennale e, dopo l’approvazione del DIP, anche nell’elenco annuale, con l’obbligo di stanziare al titolo II le risorse necessarie a realizzare l’intervento, avviandone le procedure nel corso del primo anno della programmazione triennale di riferimento.
L’impegno delle spese per l’attuazione degli interventi
Passando alle implicazioni contabili delle spese per la realizzazione degli investimenti, occorre ricordare che prima della riforma contabile del 2011 “l’ordinamento era caratterizzato da una sostanziale a-temporalità della programmazione e gestione degli impieghi di risorse: con i residui “tecnici” e con gli impegni degli accantonamenti di risorse, la rappresentazione contabile si rendeva opaca e non consentiva di valutare i tempi dell’azione amministrativa in termini di effettivo impiego delle risorse acquisite, misurato da obbligazioni giuridicamente perfezionate e scadute, e di determinazione della distanza temporale tra il momento di acquisizione dei mezzi finanziari e il momento del loro impiego” (cfr. Corte dei conti, Sezione autonomie, deliberazione n. aut 4/2015/INPR.
Nel precedente sistema contabile, l’assunzione dell’impegno contabile relativo ad una spesa di investimento risultava imputato nell’esercizio dell’accertamento dell’entrata con cui l’intervento era finanziato, indipendentemente dal sorgere di obbligazioni giuridiche per la realizzazione dell’intervento stesso; i c.d. impegni tecnici che davano luogo a residui passivi impropri, registravano l’intero costo dell’opera pubblica nell’esercizio finanziario in cui non era di fatto non erano maturate obbligazioni esigibili, non consentendo alla contabilità di rappresentare in modo veritiero lo stato di realizzazione delle politiche pubbliche né di consentire la rilevazione dei debiti dell’amministrazione).
La riforma ha inteso, invece, collegare le poste di bilancio dell’ente a documenti dettagliati e che abbiano una precisa collocazione nel tempo, migliorando la trasparenza, la veridicità e la chiarezza dei bilanci pubblici. Per quanto in particolare riguarda le spese di investimento, connotate da un intrinseco carattere pluriennale, il nuovo sistema contabile presuppone una rinnovata attenzione all’attività di programmazione che trova la propria sintesi nel cronoprogramma dei singoli interventi. Più in particolare, con la riforma del 2019, il legislatore - al fine di consentire la trasparenza e la piena leggibilità dei dati finanziari correlati al ciclo tecnico realizzativo delle opere pubbliche - ha dato centralità alla progettazione che rappresenta la fase più importante per l’efficace attuazione del ciclo di vita dell’opera pubblica, prevedendo che una volta accertate le risorse destinate ad uno specifico investimento, l’avvio della procedura di spesa per la progettazione dell’opera costituisce il presupposto per la prenotazione dell’intero quadro economico e per la conservazione delle risorse non confluite in impegni esigibili nel FPV a fine esercizio, il quale costituisce lo strumento per dare copertura alle successive spese della fasi successive di progettazione, affidamento e realizzazione dell’intervento, a condizione che il ciclo di vita (id est: il ciclo tecnico-realizzativo) non venga interrotto nella sua continuità.
Ad una lettura rigorosa delle norme, nel nuovo codice la fase della progettazione viene avviata con il PFTE, risultando i documenti pre-progettuali strumentali all’inserimento dell’opera negli strumenti di programmazione e non già ad avviare la fase di progettazione. Tuttavia, ove voglia accedersi alla lettura, qui propugnata, secondo cui il riferimento contenuto nel principio contabile vigente al “livello minimo di progettazione” vada correlato ai documenti pre-progettuali previsti dall’art. 37, comma 2, del codice per l’inserimento delle opere nei documenti di programmazione, ne risulta depotenziata la portata applicativa del par. 5.4.8 del principio contabile. Esso, in particolare, prevede che la spesa per il livello minimo di progettazione, ove registrata al titolo II, confluisce nel FPV purché sia stato avviato entro l’esercizio il procedimento per il conferimento dell’incarico e a condizione che il contratto al professionista venga aggiudicato entro l’esercizio successivo. Tuttavia, tale principio si applica solo ove la spesa per la progettazione sia “superiore all’importo previsto dall’art. 36, comma 2, lett. a) del d.lgs. 50/2016”.
Nel nuovo codice, la norma da ultimo citata trova una disposizione corrispondente nell’art. 50, comma 1, lett. b) e, pertanto, il principio in questione si applica solo ove le spese per l’affidamento all’esterno del livello di progettazione minimo (cioè, il DOCFAP) siano almeno pari ad € 140.000. Se ne deduce che vi è un sostanziale depotenziamento della previsione contabile, risultando assai raro che si affidi all’esterno la redazione del DOCFAP per importi superiori ad € 140.000, con la conseguenza che per evitare che le somme prenotate per il conferimento di un incarico esterno per la redazione del DOCFAP di importo inferiore ad € 140.000 confluiscano in avanzo di amministrazione, con la necessità di riprogrammare il ciclo di spesa, è necessario aggiudicare e sottoscrivere entro l’esercizio finanziario i contratti con i professionisti incaricati, non essendo a ciò sufficiente il mero avvio della procedura di gara.
Più dirompenti risultano, infine, le conseguenze dell’adeguamento del par. 5.4.9 al nuovo codice. Sul punto è recentemente intervenuta la Commissione Arconet con la FAQ 53. Il principio detta le regole per la conservazione del FPV prenotato per opere il cui QTE sia superiore all’importo previsto dall’art. 36, comma 2, lett. a) del d.lgs. 50/2016, ipotizzando che il mero avvio della procedura per il conferimento del livello progettuale successivo a quello minimo (id est: il progetto definitivo) consente di conservare l’intero quadro economico al FPV, in modo tale che nel nuovo esercizio finanziario il ciclo di spesa possa avere una sua continuità in correlazione allo sviluppo del ciclo tecnico realizzativo.
Arconet, nelle more dell’adeguamento del principio contabile, ha chiarito che il riferimento al “livello di progettazione successivo al minimo” è da intendere al PFTE, in quanto corrisponde alla sostanziale applicazione del principio contabile. L’interpretazione è condivisibile, in quanto coerente con il criterio interpretativo di cui all’art. 226, comma 5 del codice, dovendo individuare nei documenti pre-progettuali necessari per l’inserimento di un’opera negli strumenti di programmazione il corrispondente istituto del “livello di progettazione minimo” previsto dall’abrogato art. 21 del codice del 2016; da qui la conseguenza, secondo la quale il PFTE - pur essendo il primo livello del ciclo bifasico in cui si articola la progettazione - ben possa essere inteso come il “livello di progettazione successivo al minimo” cui si riferisce il par. 5.4.9 per correlare la prenotazione del FPV all’avvio del ciclo tecnico-realizzativo dell’opera pubblica.
Tuttavia, preoccupano le conclusioni - invero coerenti con l’impostazione interpretativa sopra sintetizzata - pure sottolineate da Arconet secondo cui tale principio, che costituisce una fortissima agevolazione per gli enti locali nella gestione delle risorse finanziarie destinate alla realizzazione delle opere pubbliche, oggi si applica soltanto alle opere il cui valore sia superiore ad € 150.000, che costituisce il nuovo limite per l’affidamento diretto di lavori pubblici.
Da qui, il rischio - in assenza di un aggiornamento del principio contabile - che per tutte le opere di importo inferiore ad € 150.000 non si possa impegnare e conservare il FPV prenotato con l’avvio della procedura per il conferimento dell’incarico di redazione de PFTE laddove entro la fine dell’esercizio finanziario non si effettui un impegno di spesa esigibile, con la conseguenza che per tutte le procedure di realizzazione di lavori pubblici di importo fino ad € 150.000 avviate dal 1° luglio 2023 le somme confluiscono in avanzo, ove non si chiudano le procedure di gara con la sottoscrizione dei contratti. Le somme confluiranno, ovviamente, sempre in avanzo vincolato nel prospetto A.2 allegato al rendiconto (il vincolo da evidenziare è quello corrispondente alla natura delle risorse ovvero quello impresso dall’ente negli strumenti di programmazione, anche attuativa) e potranno essere applicate al bilancio, anche durante l’esercizio provvisorio e prima dell’approvazione del rendiconto, con deliberazione della giunta che applica le quote di avanzo presunto vincolato; ma è evidente l’impatto negativo sul ciclo tecnico realizzativo che, alla fine dell’esercizio, subisce un arresto fino al momento in cui l’ente non reiscrive in bilancio le risorse confluite in avanzo, seguendo i complessi passaggi previsti dalla normativa contabile.