Direttiva Green: la EPBD si sta trasformando in un liberi tutti?
I nuovi parametri fissati nel corso dell'ultimo Trilogo rischiano di disallineare gli Stati membri nel raggiungimento dell'obiettivo di ridurre emissioni e consumi energetici
La Direttiva Green, (EBPD - Energy Performance of Buildings Directive) sembra essere stata ridimensionata in termini di step previsti per la riqualificazione energetica degli edifici, nel corso dell’ultimo trilogo tenutosi il 7 dicembre, fissando paletti meno stringenti rispetto a quanto previsto dalla bozza di testo approvata a marzo.
L’obiettivo rimarrà sempre la riduzione delle emissioni e dei consumi energetici in Europa, ma adesso potrà essere raggiunto in maniera più flessibile e in autonomia, utilizzando come parametro la media del patrimonio immobiliare di ciascun Stato membro e non utilizzando come unità di misura il singolo edificio.
Direttiva Green: cosa cambia con la nuova EBPD
Questi in sostanza i punti che sono attualmente previsti dalla Direttiva:
- adozione di una strategia nazionale per ridurre il consumo energetico degli edifici residenziali del 16% entro il 2030 e del 20-22% entro il 2035, consentendo sufficiente flessibilità per tenere conto delle particolarità territoriali;
- redazione di un modello comune per gli Attestati di Prestazione Energetica (APE);
- predisposizione di misure a contrasto della povertà energetica e a protezione degli inquilini a rischio sfratto causato dall’aumento del canone di locazione a seguito della ristrutturazione
- redazione di piani per delineare la strategia nazionale
di decarbonizzazione del patrimonio immobiliare;
secondo l’accordo, tutti i nuovi edifici residenziali e non
residenziali dovranno avere zero emissioni da combustibili fossili:
- dall’1 gennaio 2028 per gli edifici di proprietà pubblica
- dall’1 gennaio 2030 per tutte le altre nuove costruzioni, con possibilità di specifiche deroghe.
- definizione delle possibili esenzioni su alcune categorie di edifici, inclusi quelli storici o le case di vacanza.
Si conferma inoltre l’obbligo di installazione di impianti fotovoltaici per i nuovi edifici, mentre restano esenti gli edifici esistenti. Nel caso di edifici pubblici e non residenziali esistenti, l’installazione degli impianti fotovoltaici sarà graduale, a partire dal 2027.
Altra questione fondamentale riguarda le caldaie, con la progressiva eliminazione di quelle alimentate da combustibili fossili, per arrivare all’interruzione della vendita nel 2040.
Le conseguenze della discrezionalità
Non tutti considerano la flessibilità concessa agli Stati membri come una vittoria. Come spiega il presidente di Rete Irene, Manuel Castoldi, rimane ugualmente fondamentale e inaggirabile, per il nostro Paese, riflettere sulla necessità di dotarsi di una programmazione concreta e seria per garantire un futuro energetico adeguato: “È questo il momento per prendere decisioni serie e per tracciare un percorso che guardi al rinnovamento energetico negli edifici pubblici e privati. Un organico riordino dei bonus edilizi unito ad una vera programmazione strategica con orizzonte pluridecennale sono condizioni imprescindibili per il paese Italia: ora o mai più. Per questi motivi continuiamo in maniera propositiva a chiedere un confronto con il legislatore che unisca tutta la filiera coinvolta e che porti il nostro paese ai primi posti in Europa.”
Proposte che puntano quindi a un intervento organico, arginando il rischio che la discrezionalità offerta dalla UE si trasformi in un disallineamento da parte degli Stati membri nel raggiungere gli obiettivi comuni, quando è più che mai evidente che è necessario predisporre in maniera concreta e rapida misure efficaci per la riqualificazione energetica e la transizione ecologica.