Permesso di costruire: annullabile se manca il piano attuativo
Il piano attuativo è strumento imprescindibile che, a differenza del piano regolatore, determina l'assetto definitivo del territorio
L’urbanizzazione preesistente e la presenza di un piano regolatore non esimono dalla necessità di un piano attuativo, in mancanza del quale l’Amministrazione può anche annullare un permesso di costruire.
Permesso di costruire: senza piano attuativo, il PRG non è sufficiente
Lo spiega bene il Consiglio di Stato con la sentenza del 16 gennaio 2024, n. 534, con la quale ha respinto i ricorsi – riuniti in un unico giudizio - di diversi privati e imprese di costruzioni che avevano visto annullare in autotutela i permessi di costruire per la realizzazione di edifici residenziali.
La zona interessata dai lavori permetteva il rilascio del pernesso di costruire solo previa approvazione di piani attuativi di lottizzazione. Nel comprensorio interessato dai fabbricati non erano presenti opere di urbanizzazione primaria e secondaria pari agli standard urbanistici minimi prescritti e, pertanto, non era possibile prescindere dalla definizione del piano urbanistico attuativo, in considerazione dell’esigenza almeno di raccordo con il preesistente aggregato abitativo e di potenziamento delle opere di urbanizzazione.
Inoltre, come specificato dall’Amministrazione, il comparto era connotato:
- dall’impossibilità di conciliare le opere di urbanizzazione primaria e secondaria, pensate per una popolazione di poco superiore a 10mila unità, ad un carico insediativo di oltre 23mila;
- dalla mancanza di strade con marciapiedi, area verde attrezzato e spazi destinati a parcheggi pubblici";
- dalla mancata integrazione delle nuove opere con le infrastrutture esistenti (rete viaria, rete fognaria, infrastrutture scolastiche);
- dalla insussistenza della necessaria condizione di pieno ed effettivo inserimento... in un contesto non urbanizzato in maniera qualitativamente e quantitativamente conforme alle esigenze recepite nella previsione di piano... non idoneo a garantire la concreta fruibilità delle opere di urbanizzazione esistenti nel comparto".
Come già specificato dal TAR, in presenza di una normativa urbanistica generale, che preveda, per il rilascio del titolo edilizio in una determinata zona, l'esistenza di un piano attuativo, non è consentito superare tale prescrizione facendo leva sulla situazione di sufficiente urbanizzazione della zona stessa, nonché sulla base di una serie di argomentazioni relative alla carenza di opere di urbanizzazione primaria e secondaria nella zona interessata.
Piano regolatore e piano attuativo: le differenze
Una tesi confermata anche dal Consiglio di Stato: il Piano attuativo, come emerge da giurisprudenza univoca, ha carattere di tendenziale stabilità, in quanto specifica le modifiche del territorio, in una prospettiva in cui si definisce nel dettaglio la pianificazione determinando l’assetto definitivo del territorio; ciò lo differenzia dal Piano regolatore che ha una prospettiva più di massima, circa l’utilizzazione dei suoli relativamente a quello che è consentito e a quello che è vietato nel territorio comunale sotto il profilo urbanistico ed edilizio.
In materia edilizia costituisce ius receptum l’eccezionalità dei casi in cui il piano regolatore generale consenta il rilascio del permesso di costruire diretto, senza previa approvazione dello strumento attuativo; pure in presenza di una zona già urbanizzata, la necessità dello strumento attuativo è esclusa solo nei casi nei quali la situazione di fatto, caratterizzata da una pressoché completa edificazione della zona, sia addirittura incompatibile con un piano attuativo, ma non anche nell'ipotesi in cui, per effetto di una edificazione disomogenea, ci si trovi di fronte ad una situazione che esige un intervento idoneo a restituire efficienza all'abitato, riordinando e talora definendo ex novo un disegno urbanistico di completamento della zona.
In linea generale, quindi, l’intervenuta edificazione come causa di esenzione dell’esigenza del piano attuativo è eccezionale in quanto invertirebbe l’ordine logico della pianificazione che si pone come preventiva alla realizzazione degli immobili; ossia non è ipotizzabile, in quanto contrario al buon andamento, che mediante l’edificazione di fatto - e quindi mediante la realizzazione di edifici poi condonati o sulla base di un titolo illegittimamente rilasciato - venga invertito l’ordine logico previsto dalle disposizioni locali in materia urbanistica.
La pianificazione attuativa è quindi indefettibile essendo prevista da una disposizione locale che compete al Comune eventualmente modificare, in ossequio ai principi di buon andamento, ma non disapplicare a seguito di un inidoneo esercizio delle funzioni in materia urbanistica. È il Comune che, attesa la previsione del piano attuativo, deve riappropriarsi della pianificazione al fine di svolgere le primarie funzioni che gli competono quale ente vigilante sull'attività urbanistico-edilizia nel territorio, ai sensi dell'art. 27 del d.P.R. n. 380/2001; ed anzi la redazione del piano attuativo, anche in situazioni già di fatto urbanizzate, può rappresentare una utile occasione per ridare efficienza alla zona oggetto di misure di condono.
I doveri dell'Amministrazione
Va comunque dato conto della tesi che ritiene che quando sia ravvisabile una sostanziale, anche se non completa, urbanizzazione dell'intero comprensorio a cui appartiene l'area oggetto della richiesta edilizia, la mancanza dello strumento attuativo non può essere invocata ad esclusivo fondamento del diniego di concessione edilizia.
È comunque l'Amministrazione, infatti, a dover condurre una adeguata istruttoria al fine di valutare lo stato di urbanizzazione già presente nella zona ed evidenziare le concrete ed ulteriori esigenze di urbanizzazione indotte dalla nuova costruzione; detta valutazione circa la congruità del grado di urbanizzazione - che spetta unicamente al Comune - è caratterizzata da un amplissimo margine di discrezionalità al punto che non può essere sottoposta al sindacato giurisdizionale del giudice amministrativo, salvo che sotto il profilo della palese illogicità ed irragionevolezza delle determinazioni assunte o per essere le determinazioni stesse inficiate da errori di fatto.
Nello specifico, la redazione del piano attuativo risultava necessaria anche per raccordare le aree già urbanizzate con quanto da realizzare, senza continuare in un'edificazione disomogenea che prescindesse dalle norme urbanistiche. Da qui la legittimità dell’annullamento in autotutela in quanto, tra l’altro, il titolo edilizio era stato adottato in contrasto con le NTA che richiedevano, ai fini del rilascio, l’adozione di un piano attuativo.
Annullamento titoli edilizi: il termine ragionevole per l'autotutela
Spiega inoltre il Consiglio che la verifica sulla situazione di fatto ai fini dell’adozione del provvedimento di autotutela è stata fatta tenendo conto della situazione in essere, e non sulla scorta della sola carenza del piano attuativo, in linea con quella giurisprudenza in base alla quale l'interesse pubblico specifico alla rimozione dell'atto illegittimo dev'essere integrato da ragioni differenti dalla mera esigenza di ripristino della legalità
Per altro, all’epoca dell’adozione dell’atto di autotutela (settembre 2009), la formulazione dell’art. 21 – nonies della legge n. 241/1990 (prima dell’introduzione del termine di 18 mesi di cui al successivo art. 6 comma 1 lett d) l 142/2015) faceva riferimento, ai fini dell’adozione dell’atto, ad un “tempo ragionevole”.
In questo caso per valutare la tempestività dell’atto di autotutela, il termine 'ragionevole', per la sua adozione, decorre dal momento della scoperta, da parte della Pubblica amministrazione, dei fatti e delle circostanze posti a fondamento dell'atto di ritiro.
Documenti Allegati
Sentenza