Installazione pergotenda: non ci vuole il permesso di costruire
Il carattere di amovibilità e la modalità di installazione delle strutture rileva sulla loro qualificazione e sull’eventuale legittimità di un ordine di demolizione
Cosa qualifica una struttura come pergotenda? Cosa determina l’illegittimità di un ordine di demolizione su questa tipologia di manufatto? Perché non è necessaria l'autorizzazione paesaggistica?
A rispondere a queste domande ha provveduto di recente il TAR Sicilia, con la sentenza del 17 gennaio 2024, n. 181, con la quale ha accolto il ricorso contro un’Amministrazione comunale che aveva ordinato la demolizione di una struttura qualificabile come pergotenda e applicato la sanzione pecuniaria prevista dall'art. 31, comma 4 bis, del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia) nella misura massima.
Installazione pergotenda: niente ordine di demolizione
Nel caso in esame, il ricorrente ha specificato che:
- la struttura sarebbe stata qualificabile come pergotenda e l’Amministrazione avrebbe dovuto attenersi all’art. 3 della L.R. n. 16/2016, a mente del quale potrebbero essere eseguiti senza alcun titolo abilitativo: “… r) l’installazione di pergolati e pergotende a copertura di superfici esterne a servizio di immobili regolarmente assentiti o regolarizzati sulla base di titolo abilitativo in sanatoria…”;
- proprio in materia di “pergotenda”, la giurisprudenza sarebbe ferma nel rilevare che “…è una struttura realizzata con teli amovibili appoggiata su un preesistente manufatto ed è destinata a rendere meglio vivibili gli spazi esterni delle unità abitative (terrazzi o giardini), al fine di soddisfare, quindi, esigenze non precarie. Ciò nonostante, le pergotende, tenuto conto della loro consistenza, delle caratteristiche costruttive e della loro funzione, non costituiscono un'opera edilizia soggetta al previo rilascio del titolo abilitativo”;
- per la tipologia di opera realizzata non sarebbe stato necessario il preventivo parere della Soprintendenza, considerato che ai sensi dell’art. 2 del recente d.PR n. 31/2017, “non sono soggetti ad autorizzazione paesaggistica gli interventi e le opere di cui all'Allegato «A» nonché' quelli di cui all'articolo 4 …”; e, secondo le disposizioni dell’allegato “A” della citata disposizione non sarebbero soggette ad alcuna autorizzazione le “opere di manutenzione e adeguamento degli spazi esterni, pubblici o privati, relative a manufatti esistenti, quali marciapiedi, banchine stradali, aiuole, componenti di arredo urbano, purché eseguite nel rispetto delle caratteristiche morfo-tipologiche, dei materiali e delle finiture preesistenti, e dei caratteri tipici del contesto locale …” e anche “…la installazione di tende parasole su terrazze, prospetti o in spazi pertinenziali ad uso privato…”.
Tesi che il TAR ha condiviso, considerando l'intervento come atttività in edilizia libera: ai sensi dell’art. 3, comma 1°, lettera l, della legge regionale n. 16/2016, con la quale è stato recepito in Sicilia il d.P.R. n. 380/2001, rientra fra le c.d. attività libere l'installazione di pergolati, pergotende ovvero gazebi costituiti da elementi assemblati tra loro di facile rimozione a servizio di immobili regolarmente assentiti o regolarizzati sulla base di titolo abilitativo in sanatoria.
Pergotenda: definizioni e caratteristiche
Secondo pacifica giurisprudenza, la distinzione tra pergotenda e tenda retrattile è evincibile nel fatto che la prima, rispetto alla seconda, ha una serie di profili rigidi (nella prassi c.d. “frangitratta”), distanziati loro di circa 50-100 centimetri, aventi la specifica funzione di dare alla copertura maggior resistenza strutturale alla formazione di sacche d'acqua o al carico nevoso accidentale, tanto da consentirne l'utilizzo a copertura di superfici notevolmente più ampie.
La pergotenda dunque:
- è la struttura di supporto alla tenda;
- non costituisce un'opera autonoma e principale rispetto alla tenda stessa, perché inidonea ad offrire in sé un'autonoma utilità, al di là del mero sostegno perimetrale alla tenda retrattile e relativi teli laterali;
- è facilmente amovibile, al di là di come è fissata al suolo e dal materiale dell'opera.
In questo caso, la struttura era costituita da una struttura sottile in ferro, ancorata al suolo con delle viti, destinata a sorreggere la tenda di copertura; per cui non sono condivisibili le determinazioni del Comune secondo le quali si sarebbe trattato di un'opera implicante una trasformazione urbanistica, non qualificabile come “pergotenda” in ragione delle bullonature che ne assicurano l’ancoraggio al suolo.
Sul punto il giudice ha richiamato il concetto di facile amovibilità (che concerne strutture che possono essere smontate e reinstallate in qualunque momento senza essere distrutte), distinto e non incompatibile con quello di “stabile ancoraggio al suolo”: l’opera può essere facilmente rimossa quand’anche stabilmente ancorata al suolo, dipendendo la prima condizione (amovibilità) dal sistema di installazione impiegato (ad esempio tramite viti o bulloni) e dal materiale dell’opera, non già dal fatto in sé della fissazione al suolo, meramente volto a evitare l’esposizione alle folate di vento o a qualunque altro agente che possa determinarne la rimozione involontaria.
Come precisato anche dalla giurisprudenza, la pergotenda si caratterizza per l’assemblaggio realizzato con materiali e tecniche di facile rimozione, nonché per l’esclusivo suo asservimento a sostegno di una tenda di copertura.
L’ordine di demolizione è quindi illegittimo, anche in riferimento alla preventiva acquisizione dell’autorizzazione paesaggistica. Il punto 19 dell'allegato A) al d.P.R. n. 31/2017, esclude dall'autorizzazione paesaggistica alcuni interventi in aree vincolate (tra i quali sono compresi i "pergolati") qualora, però, i suddetti interventi siano "...semplicemente ancorati al suolo senza opere di fondazione o opere murarie....”; condizione questa ricorrente nel caso in questione.
Sedili in muratura: opere di modesto impatto
Non solo: l’ordine di demolizione è risultato illegittimo anche per i sedili in muratura realizzati nella stessa area, determinando la sola applicazione della sanzione pecuniaria di cui all’art. 37 dello stesso d.P.R. n. 380/2001. Sul punto il giudice ha richiamato la sentenza n. 604/2023 del Tar Umbria nella quale è stato specificato che "ai fini della individuazione del regime sanzionatorio, tra interventi abusivi che comportano una trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio e interventi di modesto impatto, che non possiedono tale caratteristica, giacché per gli interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali la demolizione è l'unica sanzione applicabile, quale strumento per garantire l'equilibrio urbanistico violato, mentre solo per gli abusi meno gravi rientranti nell'ipotesi della parziale difformità dal titolo abilitativo l'art. 34, d.P.R. n. 380/2001 prevede, in ragione del minor pregiudizio causato all'interesse urbanistico, la possibilità di applicare la sanzione pecuniaria in sostituzione a quella demolitoria” .
Di conseguenza, l’ordine di demolizione è stato annullato anche per questi manufatti,rientranti nel campo d'applicazione dell'art. 37, comma 1, del d.P.R. n. 380/2001 secondo cui “La realizzazione di interventi edilizi di cui all'articolo 22, commi 1 e 2, in assenza della o in difformità dalla segnalazione certificata di inizio attività comporta la sanzione pecuniaria pari al doppio dell'aumento del valore venale dell'immobile conseguente alla realizzazione degli interventi stessi e comunque in misura non inferiore a 516 euro”: opere quindi realizzabili mediante CILA. e, pertanto, soggette a mera sanzione pecuniaria ex art. 6 bis, comma 5, del d.P.R. n. 380/2001.