Progettisti PA non iscritti all’Ordine: disparità di trattamento con i liberi professionisti
Il commento della Fondazione Inarcassa al parere ANAC sulla possibilità per i progettisti dipendenti delle PA di non essere iscritti agli ordini
Non è andato giù ai professionisti (almeno ai liberi) il parere della Funzione Consultiva ANAC del 10 gennaio, n. 64, con il quale l’Autorità ha confermato la possibilità, per i progettisti dipendenti delle pubbliche amministrazioni, di non essere iscritti agli ordini, ma di essere solo abilitati alla professione.
Progettisti PA non iscritti agli Ordini: il no di Fondazione Inarcassa
Un riscontro negativo di cui si fa oggi portavoce la Fondazione Inarcassa tramite il suo presidente, l’ing. Andrea De Maio, sottolineando come le Pubbliche Amminsitrazioni facciano il bello e il cattivo tempo: “Sembra che i requisiti di formazione professionale obbligatoria e l’esecuzione di servizi analoghi negli anni precedenti, valgano esclusivamente per i liberi professionisti. All’interno della P.A., ormai, non esistono più regole. Assistiamo ad affidamenti diretti tra Stazioni Appaltanti, a protocolli di intesa con centrali di progettazione e da ultimo alla liberalizzazione della progettazione interna, il tutto senza controlli. L’idea che un neo-dipendente possa avere gli stessi requisiti di un professionista esperto, per il solo fatto di aver sottoscritto un contratto di lavoro dipendente, magari anche a tempo determinato, è singolare”, prosegue il presidente.
La preoccupazione è verso la qualità di una progettazione che sfugge a logiche di mercato e di trasparenza, con un tema che investe la sicurezza di tutti i cittadini. “Conosciamo bene l’entità degli investimenti e dei sacrifici necessari per l’acquisto dei software e per l’aggiornamento professionale e dubitiamo che la P.A. abbia strumenti e tempo per stare al passo con i requisiti di una progettazione digitale compliance al DNSH.”.
De Maio (Fondazione Inarcassa): una scelta in concorrenza con libera professione
Non solo: secondo De Maio, non è comprensibile il motivo per cui debba essere fornito un servizio pubblico di progettazione di fatto in concorrenza all’attività libero professionale. “Le risorse pubbliche dovrebbero essere impiegate verso servizi fondamentali, e non per la mera progettazione. Abbiamo chiesto alla politica una P.A. in grado di programmare gli appalti pubblici e controllarne tempi e spesa. Per tutta risposta, ci troviamo di fronte a un competitor totalmente finanziato dai contribuenti”.
Ecco quindi il paradosso: “da un lato il Codice limita fortemente la concorrenza, restringendo sempre di più le maglie ai liberi professionisti riducendo con l’art.100 a tre anni il periodo di riferimento per provare i requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico professionale, dall’altro consente ad un dipendente pubblico di poter svolgere progettazione, direzione lavori e collaudi per opere pubbliche, senza dover dimostrare alcuna esperienza pregressa, in grado di provare il possesso di competenze e capacità necessarie a garantire qualità ed efficienza alla P.A.”.
Garantire la parità di trattamento
Si preannuncia quindi battaglia: oltre ad avere attivato già tutti gli strumenti utili a frenare l’ingerenza della P.A. nell’ambito delle attività economiche storicamente riservate ai liberi professionisti, "Sebbene la nostra posizione sia quella di vietare in futuro la progettazione interna alla P.A., chiediamo, con urgenza, a tutti gli stakeholder di garantire almeno parità di trattamento, quanto ai requisiti tecnici e professionali richiesti per l’esecuzione di servizi di ingegneria e architettura”, conclude il Presidente della Fondazione Inarcassa.