Permesso di costruire in sanatoria: occhio alla titolarità dell’area
Inapplicabile l'istituto della sanatoria, laddove l'abuso sia realizzato dal singolo condomino su aree comuni, in assenza di ogni elemento di prova circa la volontà degli altri comproprietari
L’attuale normativa edilizia, il d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia), consente la regolarizzazione di interventi realizzati in assenza di titolo edilizio mediante l’utilizzo dell’istituto denominato “accertamento di conformità”.
L’accertamento di conformità
L’accertamento di conformità (art. 36, d.P.R. n. 380/2001) consente al responsabile dell’abuso o all’attuale proprietario di presentare istanza per l’ottenimento del permesso di costruire in sanatorio che è subordinato:
- al pagamento, a titolo di oblazione, del contributo di costruzione in misura doppia, ovvero, in caso di gratuità a norma di legge, in misura pari a quella prevista dall'art. 16 del TUE (in caso di parziale difformità, l'oblazione è calcolata con riferimento alla parte di opera difforme dal permesso);
- alla verifica della doppia conformità dell’intervento alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dell’abuso, sia al momento della presentazione della domanda.
Trattandosi, comunque, di un permesso di costruire (anche se in sanatoria), lo stesso risulta essere soggetto a tutte le prescrizioni previste dal Testo Unico Edilizia, tra le quali quelle contenute nell’art. 11, comma 1 a mente del quale “Il permesso di costruire è rilasciato al proprietario dell’immobile o a chi abbia titolo per richiederlo”.
Permesso di costruire in sanatoria: nuova sentenza del Consiglio di Stato
Proprio su questo aspetto è intervenuto il Consiglio di Stato con la recentissima sentenza 13 febbraio 2024, n. 1438 che ribalta una decisione di primo grado in merito alla legittimità di un permesso di costruire in sanatoria rilasciato dal Comune per legittimare un box auto chiuso con porta in ferro ed opere di finitura, situato nello spazio sottostante l’edificio condominiale.
In primo grado il TAR aveva confermato l’operato del Comune circa il rilascio del titolo in sanatoria ottenuto mediante accertamento di conformità. In secondo grado, però, cambia tutto perché con le medesime motivazioni avanzate durante il primo grado di giudizio, Palazzo Spada ribalta completamente la sentenza.
Secondo la parte ricorrente, il TAR non avrebbe adeguatamente valutato la natura condominiale dell’area dove era stato realizzato il box, oltre che l’impossibilità di derogare all’art. 38 delle NTA al PRG che vietava nella zona aumenti volumetrici.
La titolarità dell’area
I giudici del Consiglio di Stato hanno ricordato proprio l’art. 11 del Testo Unico Edilizia, secondo il quale il permesso di costruire è rilasciato “al proprietario dell'immobile o a chi abbia titolo per richiederlo”. Proprio per questo motivo, l’Amministrazione comunale, prima di rilasciare un titolo edilizio, ha sempre l'onere di verificare la legittimazione del richiedente, accertando che sia il proprietario dell'immobile oggetto dell'intervento costruttivo o che, comunque, ne abbia una ragione di disponibilità sufficiente per eseguire l'attività edificatoria.
Ciò non vuol dire che alla richiesta di sanatoria e agli adempimenti relativi non possa provvedere, oltre che il proprietario, anche ogni altro soggetto interessato al conseguimento della regolarizzazione, ma questo può validamente avvenire a condizione che sia correttamente rappresentata la titolarità dell’area su cui il manufatto sorge ed acquisito in modo univoco il consenso comunque manifestato dal proprietario.
Sanatoria e spazi condominiali
Nel caso di specie, risulta evidente che l'abuso sia realizzato dal singolo condomino su aree comuni, in assenza di ogni elemento di prova circa la volontà degli altri comproprietari senza la quale l'amministrazione finirebbe per legittimare una sostanziale appropriazione di spazi condominiali da parte del singolo condomino, in presenza di una possibile volontà contraria degli altri, i quali potrebbero essere interessati all'eliminazione dell'abuso anche in via amministrativa e non solo con azioni privatistiche.
Nel caso oggetto della sentenza, l’Amministrazione avrebbe dovuto e potuto agevolmente verificare, senza la necessità di accertamenti particolarmente complessi, la natura condominiale dell’area e la mancanza in capo al richiedente di un titolo di proprietà tale da poter sottrarre in via definitiva con le opere realizzate lo spazio in questione all’uso paritario degli altri condomini.
La conferma arriva anche dall’art. 1102 del Codice Civile secondo il quale il singolo condomino può apportare alle parti comuni, senza bisogno del consenso degli altri partecipanti alla comunione, tutte le modificazioni che gli consentano di trarre dal bene comune una particolare utilità aggiuntiva rispetto a quella goduta dagli altri condomini, ivi compreso l'inserimento di elementi estranei, posti a esclusivo servizio della sua porzione, purché non impedisca agli altri condomini l'uso del bene comune stesso e non ne alteri la normale destinazione con interventi di eccessiva vastità. Nel caso di specie, invece, risulta che la chiusura del box auto all’interno dell’autorimessa condominiale abbia realizzato proprio tale effetto, con conseguente difetto dei presupposti per l’accoglimento della domanda di accertamento di conformità (e, prima ancora, per la sua stessa presentazione).
L’istanza di accertamento di conformità, essendo stata presentata su area condominiale da un semplice condomino, avrebbe dovuto essere corredata dalla prova del consenso degli altri comproprietari o, quantomeno, della mancanza di opposizione dell'amministrazione condominiale, poiché l’Amministrazione procedente avrebbe potuto agevolmente considerare il fatto che, in una situazione così caratterizzata, il contitolare del bene estraneo all'abuso avesse un interesse contrario alla sanatoria di opere che avrebbero potuto risolversi in suo danno.
In definitiva, l’appello è stato accolto e il permesso di costruire in sanatoria annullato.
Documenti Allegati
Sentenza Consiglio di Stato 13 febbraio 2024, n. 1438