Digitalizzazione appalti pubblici senza transizione digitale

Le difficoltà e criticità delle stazioni appaltanti e degli operatori economici nella nuova era della digitalizzazione degli appalti pubblici

di Gianluca Oreto - 16/02/2024

L’1 gennaio 2024 è probabilmente la data più importante che si ricordi da anni per quel che riguarda il mondo dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture. È, infatti, questo il giorno in cui ha acquisito piena efficacia la Parte II, Libro I (artt. 19-36) del D.Lgs. n. 36/2023 (Nuovo Codice dei contratti) e sono diventate operative le disposizioni relative alla digitalizzazione del ciclo di vita dei contratti.

Digitalizzazione appalti pubblici: un cambiamento epocale

Un cambiamento epocale che non sembra (almeno per chi scrive) essere stato adeguatamente pianificato dal Legislatore che non ha previsto transitori né percorsi di “transizione digitale” per stazioni appaltanti ed operatori economici.

Sia chiaro, chi scrive è certamente a favore dei processi digitali ma è anche evidente che, come per qualsiasi cambiamento, sono necessarie:

  • competenza;
  • pianificazione;
  • formazione;
  • obiettivi intermedi.

Un cambiamento non si pianifica “dall’oggi al domani”. La transizione digitale di un processo deve essere accompagnata da un team multidisciplinare che possa adeguatamente mappare le attività che lo compongono per ridefinirle in ottica semplificativa, con particolare riguardo ai livelli di complessità. L’obiettivo finale dovrebbe essere raggiunto con traguardi intermedi che possano abituare gli utilizzatori ai nuovi strumenti (magari con un percorso studiato ad hoc).

Siamo certi che nella digitalizzazione del mondo dei lavori pubblici, questo sia stato fatto?

Una domanda probabilmente inutile visto che superato il primo mese e mezzo di operatività, la macchina amministrativa - pur con tanti problemi e criticità ancora da risolvere - è ormai partita e non si può tornare indietro. Il processo di trasformazione è avviato ed è ineluttabile.

Le criticità

Nel processo di digitalizzazione, il Legislatore ha deciso di definire il fulcro nella Banca dati nazionale dei contratti pubblici (BDNCP) gestita dall’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC), ovvero un Ente ibrido a cui, a partire dal vecchio D.Lgs. n. 50/2016, sono stati affidati compiti (sempre per chi scrive) “fuori portata” oltre che “fuori contesto”.

Già aver chiamato “Anticorruzione” l’Autorità che avrebbe dovuto avere solo il compito di vigilare sui contratti pubblici è stato un grave errore di forma. Allo stesso modo la decisione di affidare compiti operativi a chi dovrebbe occuparsi di controllare l’operato delle stazioni appaltanti e degli operatori economici, è stato un errore di contenuto (anche queste sono considerazioni di natura personale di chi scrive).

Tralasciando questa criticità, il legislatore ha deciso di esternalizzare la programmazione delle piattaforme di approvvigionamento digitale (PAD) certificate che, come satelliti, ruotano intorno alla BDNCP per consentire il funzionamento dell’intero processo. Una decisione in parte frutto della atavica incapacità dello Stato di fornire strumenti pronti e operativi.

È tramite le PAD che dall’1 gennaio 2024 le stazioni appaltanti e gli enti concedenti procedono obbligatoriamente per svolgere le attività di programmazione, progettazione, pubblicazione, affidamento ed esecuzione dei contratti pubblici, con un sistema di interscambio di dati con la BDNCP.

La transizione

Ma in tutto questo è lecito domandarsi: dov’è la “transizione”?

Ciò che salta, o dovrebbe saltare, all’occhio è l’assenza di un processo di transizione tra le vecchie e le nuove regole. Dall’1 gennaio 2024 il sistema ha subito uno stravolgimento, generando problematiche che era facile attendersi. Nessun transitorio, nessun periodo di adattamento, nessun progetto pilota. Niente di niente!

Ad esempio, il 23 gennaio 2024 ANAC ha informato gli operatori economici della piena operatività del Fascicolo Virtuale dell’Operatore Economico (FVOE) nella versione 2.0, ma solo il 5 febbraio scorso ha pubblicato i manuali utente per le stazioni appaltanti e gli operatori economici.

Potremmo continuare parlando delle difficoltà nell’acquisizione del CIG attraverso le piattaforme di approvvigionamento digitale certificate mediante interoperabilità con i servizi erogati dalla PCP attraverso la Piattaforma Digitale Nazionale Dati (PDND). Difficoltà a seguito delle quali ANAC ha deciso di concedere, fino a nuova comunicazione, l’acquisizione del CIG attraverso il sistema Simog per le procedure i cui bandi o avvisi siano stati pubblicati o le cui lettere di invito sono state inviate entro il 31 dicembre 2023.

Ci sarebbe anche da parlare su ruoli e autorizzazioni delle figure preposte all’utilizzo delle PAD nelle varie fasi del ciclo di vita del contratto, ricordando anche in questo caso che gestire un appalto di 150.000 euro non è lo stesso di un appalto da 1.000.000 di euro, così come non è lo stesso svolgere la funzione di RUP all’interno di un comune da 10.000 abitanti o di una città metropolitana.

Conclusioni

Concludendo, dovendo dare un voto al processo di digitalizzazione, considerato ormai inevitabile oltre che giusto, non si può certamente bocciare ma certamente “rimandare” a settembre.

La digitalizzazione è appena all’inizio. La strada sarà ancora lunga e la speranza è che durante il cammino possa esserci una qualche forma di folgorazione, non sulla via di Damasco ma su scelte opportune che conducano stazioni appaltanti e operatori economici verso gli obiettivi finali che ormai conosciamo: trasparenza, efficienza, riduzione dei tempi e dei costi, ma soprattutto appalti condotti dall’inizio alla fine.

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