Incidente mortale in cantiere a Firenze: una tragedia che affonda le radici in un sistema sbagliato
Più genericamente e traendo spunto dall’accaduto, due macro-aree di rischio emergono sui cantieri edili italiani. Vediamo quali
Nel cuore di Firenze una tragedia ha colpito un cantiere edile, portando alla morte di cinque operai. La vicenda, tutt'altro che comune, ha sollevato interrogativi cruciali sulla progettazione, la direzione dei lavori, la sicurezza dei cantieri edili e sulle norme sbagliate che regolano questo settore.
La morte degli operai nel cantiere di Firenze rappresenta una triste e dolorosa realtà le cui cause vanno oltre le facili accuse e i banali, soliti, capri espiatori.
Troppo spesso la cronaca ci riporta di incidenti mortali sui luoghi di lavoro, con strascichi di dolore e sconcerto che investono non solo le famiglie delle vittime, ma l'intera società, nel merito la domanda che ci poniamo è: ma sono sempre responsabili la mancanza degli adempimenti relativi alla sicurezza sui cantieri?
Le possibili cause
Contrariamente a quanto potrebbe sembrare a prima vista, le prime ipotesi visive escludono carenze nei sistemi di sicurezza del cantiere, il decesso dell'operaio sembra essere il risultato di una trave prefabbricata che si è spezzata, spostando l'attenzione su:
- un probabile difetto o svista di progettazione - trave sottodimensionata in fase di calcolo, persino ai carichi statici?
- trave non collegata? i collegamenti tra gli elementi prefabbricati influenzano in modo sostanziale il comportamento statico dell’organismo strutturale; oltre che naturalmente la risposta sotto azioni sismiche/dinamiche;
- erronea messa in opera della trave: è stata messa in opera la trave in maniera erronea e senza il previo consenso del Direttore dei Lavori?
- oppure fornitura di un elemento prefabbricato non rispondente a quello previsto dal progetto di calcolo?
- mancanza dei necessari controlli di accettazione dei materiali?
- altro.
Non possiamo conoscere quanto realmente sia accaduto, è chiaro che si tratta di ipotesi e che i CTU, una volta acquisita la documentazione progettuale, verificati i calcoli, verificati i documenti dei controlli di accettazione delle componenti prefabbricate, saranno gli unici a far chiarezza sulla vicenda e ad indirizzare i giudici sulle eventuali responsabilità.
Più genericamente e traendo spunto dall’accaduto, due macro-aree di rischio emergono sui cantieri edili italiani.
1. Errore umano
- Imperizia: negligenza o carenze di competenze tecniche in fase di progettazione o calcolo da parte dei professionisti incaricati.
- Negligenza: mancata supervisione o adozione di procedure inadeguate durante la fase di messa in opera.
2. Fattori economici
- Riduzione dei costi: scelta di materiali scadenti o componenti non idonei per risparmiare sul budget di costruzione,
- Scelta del progettista/direttore dei lavori/coordinatore della sicurezza più economico, la mancanza di tariffe minime professionali comporta il rischio di prestazioni insufficienti a svolgere incarichi secondo i complessi crismi di legge e della buona tecnica del costruire,
- Appalti al massimo ribasso: prassi che privilegia l'offerta economica più vantaggiosa a discapito della qualità e della sicurezza,
- Appalto integrato ovvero un contratto di appalto il cui oggetto prevede a carico dell'appaltatore due prestazioni: 1) la progettazione dell'opera o del lavoro pubblico; 2) la realizzazione della stessa, nonostante l’evidentissimo conflitto di interessi
L’appalto integrato: un sistema che genera conflitti di interessi
L'appalto integrato, sistema largamente diffuso sia negli appalti pubblici che privati, rappresenta un elemento critico da non sottovalutare. In questo sistema, la progettazione e la direzione dei lavori sono affidate a professionisti stipendiati dalla stessa ditta costruttrice. Tale configurazione genera un conflitto di interessi evidente e marcato: il progettista, non essendo un soggetto terzo e imparziale, potrebbe essere indotto a sacrificare la sicurezza in favore di economie di scala o tempi di realizzazione più rapidi.
Per risolvere questa problematica, è necessario abolire tali pratiche e rivedere le norme deontologiche degli architetti e degli ingegneri. Un passo fondamentale è l'implementazione di un articolo che garantisca l'indipendenza del professionista incaricato della progettazione o della direzione dei lavori, rendendolo un soggetto terzo, estraneo all'impresa costruttrice.
Professionisti sottopagati e senza tutele
La professione di ingegnere e architetto, pilastro fondamentale per la sicurezza e la qualità delle opere, è spesso soggetta a compensi inadeguati e budget ridotti.
L'abrogazione delle tariffe minime, che garantivano un compenso proporzionato all'entità del lavoro, con decreto Bersani nel 2006 e con legge Monti art. 9 del DL n. 1 del 2012, ha avuto conseguenze nefaste. Progettisti e Direttori dei Lavori si trovano costretti a lavorare sotto pressione, con compensi ridotti e di conseguenza risorse limitate, sacrificando la qualità del lavoro e la sicurezza in favore della mera sopravvivenza professionale; sempre più spesso i compensi sono così inadeguati da non permettere nemmeno l’acquisto o l’aggiornamento dei software o delle attrezzature professionali idonee alla corretta gestione normativa dei progetti.
Burocrazia inutile e inefficacie
Le proposte governative di inasprimento della burocrazia e delle sanzioni non solo non risolveranno il problema, ma causeranno un aumento inutile dei costi che si riverseranno inevitabilmente sui cittadini utenti finali della filiera edilizia e distoglieranno risorse dalla sicurezza reale.
La sicurezza non si ottiene con scartoffie, faldoni di centinaia di pagine che nessun operaio è in grado o ha il tempo di leggere, o con ulteriori balzelli tipo la “patenti a punti”, come da proposta contenuta nel nuovo decreto PNRR approvato dal Consiglio dei Ministri, ma attraverso la competenza dei professionisti, la loro presenza costante sul cantiere e la collaborazione fattiva e propositiva con gli organi ispettivi.
Un riconoscimento doveroso
Le scelte progettuali di architetti e ingegneri impattano non solo sulla sicurezza, ma anche sull'ambiente, sul benessere di chi fruirà dell'opera e sulla bellezza del nostro territorio. Per questo motivo, il loro ruolo sociale va riconosciuto e valorizzato come ruolo a servizio della Nazione o di un ente pubblico, garantendo loro un compenso adeguato, dignitoso e stabilito da tariffe di Stato inderogabili, al pari degli stipendi pubblici.
Verso un futuro più sicuro
La tragedia di Firenze non può essere archiviata come un caso sfortunato. È necessario un cambio di rotta radicale che ponga al centro la sicurezza e la qualità delle opere.
Alcune proposte concrete:
- Abolizione dell'appalto integrato sia nel pubblico ma anche nel privato: per evitare conflitti di interessi e favorire la terzietà dei professionisti.
- Reintroduzione delle tariffe minime: per garantire compensi adeguati e proporzionati all'entità del lavoro. È chiaro che compensi così al di sotto degli ex tariffari minimi presuppongono l’assoluta mancanza di qualità delle prestazioni, e per ragioni del tutto ovvie, nel settore delle professioni tecniche legate all’edilizia, la mancanza di qualità delle prestazioni comporta automaticamente il mancato rispetto dei requisiti minimi richiesti dalla poderosa e complessa legislazione che regola l’edilizia con conseguenze disastrose sul piano della sicurezza, della salute, dell’architettura e del decoro architettonico dell’intero Paese.
- Avanzamento di carriera anche per i professionisti : riconoscere maggiori competenze a chi ha più anni di servizio e maggiore formazione professionale: in ogni settore lavorativo dal pubblico al privato, i lavoratori, con il trascorrere degli anni e l’accumularsi dell’esperienza, acquisiscono scatti di carriera, maggior prestigio e remunerazione, tranne per i professionisti, con il paradosso che un architetto od ingegnere appena laureato ed abilitato ha le medesime competenze di uno che lavora da 20 o 30 anni. Cantieri di una certa importanza o difficoltà dovrebbero poter essere assegnati esclusivamente a professionisti con un certo numero di anni di iscrizione ininterrotta all’albo e alla cassa professionale anche in rapporto alla specifica formazione professionale acquisita mediante corsi riconosciuti.
- Maggiore collaborazione tra professionisti ed organi ispettivi nei cantieri: il professionista deve poter dialogare serenamente e preventivamente con gli organi ispettivi e concordare, attraverso sopralluoghi a scopo preventivo e non punitivo, procedure di sicurezza idonee che non rappresentino un inutile dispendio economico per la committenza, e senza dover correre il rischio di incappare in pedisseque sanzioni o super sanzioni, sproporzionate rispetto all’importo dei lavori e magari per la mancanza di una scartoffia che non leggerà e non ha mai letto nessuno;
- Diminuire il costo del lavoro: Il cuneo fiscale (ossia l'insieme di imposte e contributi) è infatti pari al 47,9% dell'intero costo del lavoro, ma per un operaio edile i costi all’impresa sono ancora maggiori : ricordiamo tra questi i contributi inps, le ritenute irpef, la cassa edile, la quota TFR, l’inail, i corsi di formazione, la dotazione dispositivi protezione individuale, le visite ed analisi mediche etc. In questo contesto, gli imprenditori potrebbero sentirsi costretti a tagliare sui costi per mantenere una certa redditività. Purtroppo, una delle prime vittime di questo approccio potrebbe essere la sicurezza sul luogo di lavoro, la qualità dei materiali edili e di conseguenza, la qualità finale dell'opera.
- Cultura della sicurezza: sensibilizzare tutti gli attori coinvolti, committenti, imprese e lavoratori, sull'importanza di una cultura della sicurezza condivisa. Responsabilizzare maggiormente gli operai per il mancato utilizzo dei dpi e delle norme di sicurezza.
In questo momento di dolore e riflessione, è cruciale che la società e la politica si interroghino sulle prassi in corso e si impegnino a creare un ambiente più sicuro ed etico per tutti coloro che contribuiscono alla costruzione del nostro Paese.
Solo attraverso un impegno comune e una profonda revisione del sistema si potrà evitare che tragedie come quella di Firenze si ripetano in futuro.