Sanatoria edilizia 2024: come funziona, chi la chiede, come e quanto costa
Abusi edilizi, difformità, tolleranze, variazioni essenziali, stato legittimo, sanatoria, fiscalizzazione, normativa, tempistiche, costi e sanzioni previste dal Testo Unico Edilizia
Pour parler a parte che periodicamente circolano tra i corridoi o si sentono da qualche Ministro magari durante un convegno organizzato dalle professioni tecniche, nessun condono edilizio è al momento previsto per l’anno 2024.
La revisione del Testo Unico Edilizia
Si parla da qualche anno di una revisione dell’attuale normativa edilizia e di una copiosa rivisitazione del d.P.R. n. 380/2001 ma, a parte qualche bozza e alla continua istituzione di tavoli tecnici, nessuna novità concreta è all’orizzonte. L’idea resta sempre di attualizzare una normativa del 2001 (ma che in molti casi trae le sue radici da norme più datate) per consentire di adattarla ad un contesto profondamente diverso in cui la parola d’ordine è “recuperare”. Le attuali possibilità di trasformazione edilizia si scontrano, però, con una normativa ingessata e decenni di assoluta inerzia della pubblica amministrazione in una delle sue funzioni più importanti: la vigilanza sull’attività urbanistico-edilizia.
Tralasciando il costruito dell’ultimo ventennio (non esente da criticità più o meno rilevanti), l’attuale normativa edilizia utilizza il microscopio su un comparto in cui per una vita l’unità di misura è stata il metro. È così che spesso, senza neanche saperlo, si è proprietari (a seguito di compravendite o successioni) di vere e proprie bombe pronte a deflagrare.
Lo stato legittimo
Vuoi per una segnalazione, per una attività ispettiva o a seguito di presentazione di un nuovo titolo, può capitare di accorgersi di essere in possesso di una unità immobiliare priva di quello che è ormai definito “stato legittimo”.
Lo stato legittimo è la condizione in cui versa un’immobile o un’unità immobiliare che ha una esatta corrispondenza tra lo stato di fatto e lo stato di progetto stabilito:
- dal titolo abilitativo che ne ha previsto la costruzione o che ne ha legittimato la stessa;
- dal titolo abilitativo che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio che ha interessato l’intero immobile o unità immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali.
Nel caso in cui ci sia corrispondenza tra lo stato di progetto e quello di fatto, è possibile dire che l’immobile o l’unità immobiliare è privo di abusi o difformità edilizie.
Perché serve lo stato legittimo
A questo punto si potrebbe domandare a che serva lo stato legittimo e quali sono le responsabilità del proprietario di un immobile o unità immobiliare in cui siano presenti abusi o difformità.
Intanto è bene ricordare che, come espressamente indicato all’art. 46 del d.P.R. n. 380/2001, è prevista la nullità degli atti giuridici relativi ad edifici la cui costruzione abusiva sia iniziata dopo il 17 marzo 1985. Nell’atto di compravendita immobiliare il Notaio (benché non sia responsabile giuridicamente per eventuali abusi edilizi) chiede sempre al venditore di dichiarare “sotto responsabilità penale” che l'immobile non presenta irregolarità edilizie (sentenza Corte di Appello di Napoli n. 4055/2018)
Ciò premesso, occorre ricordare che eventuali difformità o abusi edilizi non sono mai soggetti a prescrizioni. Anche un abuso commesso 50 anni fa può essere sempre sanzionato da parte della pubblica amministrazione. L’abuso edilizio è un illecito di tipo amministrativo che non si prescrive mai e, di conseguenza, anche l’ordine di demolizione è una sanzione amministrativa che può essere emessa in qualsiasi momento e anche a distanza di anni dalla realizzazione dell’abuso stesso.
Oltre al problema “sanzione”, esiste un altro aspetto fondamentale. In qualsiasi processo di trasformazione edilizia che preveda la presentazione di una comunicazione (CILA), segnalazione (SCIA) o richiesta di titolo (permesso di costruire), lo stato legittimo è una condizione di partenza senza la quale non è possibile fare nulla.
Tra le dichiarazioni previste per il titolare di una CILA, SCIA o permesso di costruire, vi è la regolarità edilizia e urbanistica resa sotto la propria responsabilità e consapevole delle sanzioni penali previste dalla legge per le false dichiarazioni e attestazioni (art. 76 del d.P.R. n. 445/2000 e Codice Penale).
Avviare un intervento edilizio su un immobile che presenta degli abusi, dichiarando la conformità edilizia e urbanistica, vuol dire commettere sia un illecito amministrativo che un reato. La giurisprudenza ha, inoltre, chiarito che le CILA (edilizia “quasi” libera) presentate per un immobile che non versa nella condizione di legittimità, risultano essere “irricevibili” (con tutte le conseguenze del caso).
Le tolleranze costruttive
A questo punto, chiarita l’importanza dello stato legittimo, si può entrare nel dettaglio delle difformità che possono essere di varia natura e con conseguenze più o meno rilevanti.
La difformità è qualsiasi differenza tra lo stato di progetto legittimo e lo stato di fatto. Le difformità possono dipendere da un intervento realizzato in violazione della normativa edilizia, urbanistica o delle norme tecniche.
Facciamo attenzione, però, ad un aspetto. L’art. 34-bis del Testo Unico Edilizia definisce il concetto di "tolleranza costruttiva" secondo cui “Il mancato rispetto dell’altezza, dei distacchi, della cubatura, della superficie coperta e di ogni altro parametro delle singole unità immobiliari non costituisce violazione edilizia se contenuto entro il limite del 2 per cento delle misure previste nel titolo abilitativo”.
Ciò significa che entro il limite del 2% e limitatamente agli immobili non sottoposti a tutela ai sensi del D.Lgs. n. 42/2004 (Codice dei beni culturali), costituiscono tolleranze non sanzionabili:
- le irregolarità geometriche e le modifiche alle finiture degli edifici di minima entità;
- la diversa collocazione di impianti e opere interne;
eseguite durante i lavori per l’attuazione di titoli abilitativi edilizi, a condizione che non comportino violazione della disciplina urbanistica ed edilizia e non pregiudichino l’agibilità dell’immobile.
Le tolleranze, non costituendo violazioni edilizie, sono dichiarate dal tecnico abilitato, ai fini dell’attestazione dello stato legittimo degli immobili, nella modulistica relativa a nuove istanze, comunicazioni e segnalazioni edilizie ovvero, con apposita dichiarazione asseverata allegata agli atti aventi per oggetto trasferimento o costituzione, ovvero scioglimento della comunione, di diritti reali.
Tolte le tolleranze, un abuso può riguardare la mancata conformità:
- agli strumenti urbanistici e ai regolamenti edilizi vigenti;
- alla normativa in materia sismica e a quella sul rendimento energetico nell'edilizia;
- a Codice dei beni culturali e del paesaggio;
- al Codice della Strada;
- al Codice Civile;
- alle norme di sicurezza e igienico/sanitarie.
Le tipologie di abuso edilizio e le variazioni essenziali
In linea generale, è possibile distinguere due tipologie di abuso edilizio:
- documentale;
- sostanziale.
L’abuso si può considerare “documentale" quando l’intervento è stato realizzato senza permesso di costruire ma risulta essere conforme alla normativa edilizia e urbanistica vigente sia al momento della sua realizzazione sia al momento di una eventuale istanza di sanatoria (doppia conformità).
L’abuso, invece, è “sostanziale” quando l’intervento è stato realizzato in violazione della normativa edilizia e urbanistica. In questo caso, ai sensi dell’art. 31 del Testo Unico Edilizia, alla sanzione demolitoria non c’è alternativa. L’abuso sostanziale si ha quando sia realizzato un organismo edilizio integralmente diverso per:
- caratteristiche tipologiche architettoniche ed edilizie;
- caratteristiche planovolumetriche, e cioè nella forma, nella collocazione e distribuzione dei volumi;
- caratteristiche di utilizzazione (la destinazione d’uso derivante dai caratteri fisici dell’organismo edilizio stesso);
- la costituzione di volumi nuovi ed autonomi.
Accanto a queste forme di abuso, l’art. 32 del testo unico edilizia regola la fattispecie dell’esecuzione di opere in «variazione essenziale» rispetto al progetto approvato. Tale tipo di abuso è parificato, quanto alle conseguenze, al caso di mancanza di permesso di costruire e di difformità totale, salvo che per gli effetti penali. Le variazioni essenziali sono soggette alla più lieve pena prevista per l’ipotesi della lett. a) dell’articolo 44 (l'ammenda fino a 10.329 euro per l'inosservanza delle norme, prescrizioni e modalità esecutive previste dal presente titolo, in quanto applicabili, nonché dai regolamenti edilizi, dagli strumenti urbanistici e dal permesso di costruire).
La determinazione dei casi di variazione essenziale è affidata alle regioni nel rispetto di alcuni criteri di massima. In particolare, ai sensi dell’art. 32, comma 1, del TUE, sussiste variazione essenziale esclusivamente in presenza di una o più delle seguenti condizioni:
- mutamento di destinazione d’uso che implichi variazione degli standard previsti dal D.M. 2 aprile 1968;
- aumento consistente della cubatura o della superficie di solaio da valutare in relazione al progetto approvato;
- modifiche sostanziali di parametri urbanistico-edilizi del progetto approvato, ovvero della localizzazione dell’edificio sull’area di pertinenza;
- il mutamento delle caratteristiche dell’intervento edilizio assentite;
- la violazione della normativa edilizia antisismica.
Da non dimenticare: il concetto di variazione essenziale, che attiene alla modalità di esecuzione delle opere, va distinto dalle “varianti” che invece riguardano la richiesta di una variazione del titolo autorizzativo (art. 22, comma 2, del TUE).
La disciplina sanzionatoria
In generale, l'attuale disciplina sanzionatoria del Testo Unico Edilizia contempla le seguenti ipotesi:
- interventi realizzati in assenza del permesso o in totale difformità;
- variazioni essenziali dal titolo edilizio;
- parziale difformità da esso;
- interventi realizzati sulla base di un permesso di costruire annullato.
Casistiche che vengono trattati nei seguenti articoli del Testo Unico Edilizia:
- Art. 31 (L) - Interventi eseguiti in assenza di concessione, in totale difformità o con variazioni essenziali
- Art. 33 (L) - Interventi di ristrutturazione edilizia in assenza di permesso di costruire o in totale difformità
- Art. 34 (L) - Interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire
- Art. 37 (L) - Interventi eseguiti in assenza o in difformità dalla segnalazione certificata di inizio attività e accertamento di conformità
- Art. 38 (L) - Interventi eseguiti in base a permesso di costruire annullato
Interventi soggetti a CILA e SCIA
Premesso che nel 2024 non è più possibile accedere a qualsiasi forma di condono edilizio, le uniche possibilità per evitare la sanzione demolitoria possono essere:
- la sanzione alternativa alla demolizione (la cui valutazione spetta unicamente alla pubblica amministrazione durante la fase esecutiva della demolizione);
- l’incompatibilità del provvedimento demolitorio con un nuovo atto nel frattempo ottenuto (il permesso di costruire in sanatoria).
Prima di definire il processo per ottenere il permesso di costruire in sanatoria, occorre ricordare che gli interventi realizzati in assenza di CILA o SCIA non possono essere definiti dei veri e propri "abusi edilizi".
In questi casi la norma consente una regolarizzazione postuma a seguito di presentazione "tardiva" del titolo:
- l'art. 6-bis, comma 5 del TUE prevede: "La mancata comunicazione asseverata dell'inizio dei lavori comporta la sanzione pecuniaria pari a 1.000 euro. Tale sanzione è ridotta di due terzi se la comunicazione è effettuata spontaneamente quando l'intervento è in corso di esecuzione";
- l'art. 37 del TUE definisce le possibilità in caso di interventi eseguiti in assenza o in difformità dalla segnalazione certificata di inizio attività (leggera).
Nel caso di mancata presentazione della CILA, è molto semplice: si regolarizza l'intervento mediante una "CILA tardiva" che può arrivare a fine lavori o in corso d'opera.
Il caso di mancata presentazione della SCIA leggera oppure interventi realizzati in difformità da questa, si paga una sanzione pecuniaria pari al doppio dell'aumento del valore venale dell'immobile conseguente alla realizzazione degli interventi stessi e comunque in misura non inferiore a 516 euro.
Nel caso di interventi di restauro e di risanamento conservativo su immobili comunque vincolati in base a leggi statali e regionali, nonché dalle altre norme urbanistiche vigenti, l'autorità competente a vigilare sull'osservanza del vincolo, salva l'applicazione di altre misure e sanzioni previste da norme vigenti, può ordinare la restituzione in pristino a cura e spese del responsabile ed irroga una sanzione pecuniaria da 516 a 10.329 euro. Qualora gli interventi precedenti sono eseguiti su immobili, anche non vincolati, compresi nelle zone indicate nella lettera A dell'articolo 2 del decreto ministeriale 2 aprile 1968, il dirigente o il responsabile dell’ufficio richiede al Ministero per i beni e le attività culturali apposito parere vincolante circa la restituzione in pristino o la irrogazione della sanzione pecuniaria di 516 euro. Se il parere non viene reso entro sessanta giorni dalla richiesta, il dirigente o il responsabile dell’ufficio provvede autonomamente.
Se l’intervento realizzato risulta conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dell’intervento, sia al momento della presentazione della domanda (doppia conformità), il responsabile dell’abuso o il proprietario dell’immobile possono ottenere la sanatoria dell’intervento versando la somma, non superiore a 5.164 euro e non inferiore a 516 euro, stabilita dal responsabile del procedimento in relazione all’aumento di valore dell’immobile valutato dall’agenzia del territorio. Se la segnalazione certificata di inizio di attività viene spontaneamente effettuata quando l’intervento è in corso di esecuzione, si paga una sanzione di 516 euro (SCIA tardiva).
La mancata segnalazione certificata di inizio dell'attività non comporta l'applicazione delle sanzioni previste dall'articolo 44. Resta comunque salva, ove ne ricorrano i presupposti in relazione all’intervento realizzato, l’applicazione delle sanzioni di cui agli articoli 31, 33, 34, 35 e 44 e dell’accertamento di conformità di cui all’articolo 36.
Permesso di costruire in sanatoria
In caso di interventi realizzati in assenza di permesso di costruire, o in difformità da esso, ovvero in assenza di SCIA pesante (articolo 23, comma 01), o in difformità da essa, fino alla scadenza dei termini previsti (artt. 31, comma 3, 33, comma 1, 34, comma 1), e comunque fino all’irrogazione delle sanzioni amministrative, il responsabile dell’abuso, o l’attuale proprietario dell’immobile, possono ottenere il permesso in sanatoria se l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda (doppia conformità).
Il rilascio del permesso in sanatoria è subordinato al pagamento, a titolo di oblazione, del contributo di costruzione in misura doppia, ovvero, in caso di gratuità a norma di legge, in misura pari a quella prevista dall'articolo 16 (Contributo per il rilascio del permesso di costruire). Nell’ipotesi di intervento realizzato in parziale difformità, l'oblazione è calcolata con riferimento alla parte di opera difforme dal permesso.
Sulla richiesta di permesso in sanatoria il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale si pronuncia con adeguata motivazione, entro sessanta giorni decorsi i quali la richiesta si intende rifiutata.
Sanzioni alternative: la fiscalizzazione dell'abuso edilizio
Il Testo Unico Edilizia prevede anche la possibilità (a scelta dalla P.A.) di sostituire alla demolizione e ripristino dello stato dei luoghi una sanzione pecunaria alternativa. La sanzione alternativa alla demolizione è contemplata all'interno del Testo Unico Edilizia in tre diversi articoli con diversi effetti sullo "stato legittimo" dell'immobile:
- Art. 33 - Interventi di ristrutturazione edilizia in assenza di permesso di costruire o in totale difformità
- Art. 34 - Interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire
- Art. 38 - Interventi eseguiti in base a permesso annullato
Mentre l'art. 38 prevede espressamente (al comma 2) che l'integrale corresponsione della sanzione pecuniaria irrogata produce i medesimi effetti del permesso di costruire in sanatoria (l'abuso diventa effettivamente "sanato"), negli altri due casi l'abuso diventa "tollerato" ma l'immobile continua a versare in uno stato di non legittimità edilizia, con evidenti effetti sulle possibilità (ad esempio) di utilizzo delle detrazioni fiscali in caso di interventi di manutenzione e ristrutturazione (leggasi l'art. 49 del d.P.R. n. 380/2001).
La fiscalizzazione dell'abuso con effetti sananti viene decisa, qualora sulla base di motivata valutazione non sia possibile la rimozione dei vizi delle procedure amministrative o la restituzione in pristino, dal dirigente o responsabile del competente ufficio comunale, nel caso di:
- interventi eseguiti in base a permesso annullato;
- di interventi edilizi realizzati sulla base di una SCIA pesante (art. 23, comma 01 del Testo Unico Edilizia), in caso di accertamento dell'inesistenza dei presupposti per la formazione del titolo.
La possibilità di evitare la demolizione dell’immobile irrogando una sanzione pecuniaria è possibile in due distinti casi:
- qualora non sia possibile la rimozione dei vizi delle procedure amministrative;
- qualora non risulti possibile la restituzione in pristino.
Il primo di tali requisiti (l’impossibilità di rimuovere i vizi delle procedure amministrative) è stato oggetto di una pronuncia dell’Adunanza Plenaria con la quale è stato chiarito che:
“I vizi cui fa riferimento l'art. 38, t.u. edilizia, approvato con d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 sono esclusivamente quelli che riguardano forma e procedura che, alla luce di una valutazione in concreto operata dall'amministrazione, risultino di impossibile rimozione”.
La norma, dunque, intende fare riferimento all’ipotesi in cui il titolo edilizio sia stato annullato per vizi formali o procedurali non emendabili ai sensi dell’art 21-nonies, comma 2 della Legge n. 241/90. In tal caso, stante la sostanziale legittimità dell’opera, l’amministrazione deve procedere alla fiscalizzazione dell’abuso evitando la demolizione.
Qualora il permesso di costruire sia stato annullato per vizi sostanziali, la fiscalizzazione dell’abuso è consentita solo nel caso in cui la restituzione in pristino risulti impossibile. Relativamente all’individuazione delle ipotesi che rendono impossibile la riduzione in pristino, la giurisprudenza ha chiarito che “Nell'ambito delle conseguenze agli illeciti edilizi, deve rilevarsi come l'impossibilità di riduzione in pristino non possa che essere di ordine squisitamente tecnico costruttivo; diversamente opinando, l'art. 38 d.P.R. 380/2001 si presterebbe a letture strumentali, consentendo sanatorie 'ex officio' di abusi attraverso lo strumento dell'annullamento in autotutela del titolo edilizio originario”.
La riduzione in pristino, pertanto, deve risultare impraticabile alla luce di una valutazione tecnica e non di una ponderazione dei vari interessi in gioco, fra cui l’affidamento del privato nella legittimità delle opere.
I reati nel Testo Unico Edilizia
Relativamente ai reati edilizi, il d.P.R. n. 380/2001 dedica le seguenti parti:
- l'art. 44 (Sanzioni penali) legato alla vigilanza sull’attività urbanistico-edilizia;
- la Parte II (Normativa tecnica per l’edilizia), Capo II (Disciplina delle opere in conglomerato cementizio armato, normale e precompresso e a struttura metallica), Sezione III (Norme penali) dedicato agli abusi di tipo "strutturale".
In riferimento ai reati urbanistico-edilizi, l'art. 44, comma1 del TUE prevede:
Salvo che il fatto costituisca più grave reato e ferme le sanzioni amministrative, si applica:
- l'ammenda fino a 10.329 euro per l'inosservanza delle norme, prescrizioni e modalità esecutive previste dal presente titolo, in quanto applicabili, nonché dai regolamenti edilizi, dagli strumenti urbanistici e dal permesso di costruire;
- l'arresto fino a due anni e l'ammenda da 5.164 a 51.645 euro nei casi di esecuzione dei lavori in totale difformità o assenza del permesso o di prosecuzione degli stessi nonostante l'ordine di sospensione;
- l'arresto fino a due anni e l'ammenda da 15.493 a 51.645 euro nel caso di lottizzazione abusiva di terreni a scopo edilizio, come previsto dal primo comma dell'articolo 30. La stessa pena si applica anche nel caso di interventi edilizi nelle zone sottoposte a vincolo storico, artistico, archeologico, paesistico, ambientale, in variazione essenziale, in totale difformità o in assenza del permesso.
Nel caso di esecuzione dei lavori in totale difformità o assenza del permesso o di prosecuzione degli stessi nonostante l'ordine di sospensione è, dunque, previsto l'arresto fino a due anni e l'ammenda da 5.164 a 51.645 euro.
Relativamente ai lavori in totale difformità, quando si considera verificata questa condizione? Ha risposto a questa domanda la sentenza della Corte di Cassazione n. 32020/2022 per la quale ai fini dell'integrazione del reato di cui all'art. 44 del d.P.R. n. 380 del 2001, si considera in "totale difformità" l'intervento che, sulla base di una comparazione unitaria e sintetica fra l'organismo programmato e quello che è stato realizzato con l'attività costruttiva, risulti integralmente diverso da quello assentito per caratteristiche tipologiche, plano-volumetriche, di utilizzazione o di ubicazione, mentre, invece, in "parziale difformità" l'intervento che, sebbene contemplato dal titolo abilitativo, all'esito di una valutazione analitica delle singole difformità risulti realizzato secondo modalità diverse da quelle previste a livello progettuale.
Relativamente alla possibile estinzione del reato per sopraggiunta sanatoria edilizia, gli ermellini ricordano che la sanatoria degli abusi edilizi idonea ad estinguere il reato di cui all'art. 44 citato:
- non ammette termini o condizioni;
- deve riguardare l'intervento edilizio nel suo complesso;
- può essere conseguita solo qualora ricorrano tutte le condizioni espressamente indicate dall'art. 36 d.P.R. cit. e, precisamente, la doppia conformità delle opere alla disciplina urbanistica vigente sia al momento della realizzazione del manufatto, che al momento della presentazione della domanda di sanatoria.
La Cassazione ha escluso la possibilità di una legittimazione postuma di opere originariamente abusive che, solo successivamente, in applicazione della cosiddetta sanatoria "giurisprudenziale" o "impropria", siano divenute conformi alle norme edilizie ovvero agli strumenti di pianificazione urbanistica. Per questo motivo è illegittimo, e non determina l'estinzione del reato edilizio, il rilascio di un permesso di costruire in sanatoria condizionato all'esecuzione di specifici interventi finalizzati a ricondurre il manufatto abusivo nell'alveo di conformità agli strumenti urbanistici, in quanto detta subordinazione contrasta ontologicamente con la ratio della sanatoria, collegabile alla già avvenuta esecuzione delle opere e alla loro integrale rispondenza alla disciplina urbanistica, senza quindi che siano consentiti accorgimenti per far rientrare la stessa nell'alveo della legittimità urbanistica.
La speciale clausola estintiva del reato
Del pari, quanto ai reati paesaggistici, la speciale causa estintiva, prevista dall'art. 181-quinquies d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, opera a condizione che l'autore dell'abuso si attivi "spontaneamente" alla rimessione in pristino delle aree o degli immobili soggetti a vincolo paesaggistico, anticipando l'emissione del provvedimento amministrativo ripristinatorio, sì da non essere eseguita coattivamente su impulso dell'autorità amministrativa. Nel caso di specie non vi era stata alcuna spontanea rimessione in pristino, cui era stato dato corso dopo l'intimazione dell'Autorità amministrativa.