Abusi edilizi: il TAR sul cambio di destinazione d'uso
No a interventi che nel loro complesso comportano l'aumento del carico urbanistico e siano stati eseguiti in assenza di permesso di costruire
Per valutare l’incidenza che determinate opere edilizie avranno sull’assetto del territorio, ai fini di stabilire se sia necessario o meno il permesso di costruire, è necessario considerare gli interventi in un’ottica globale, in quanto la loro valutazione singola non consentirebbe di comprenderne in modo adeguato l’effettivo impatto complessivo.
Tale principio dev’essere tenuto in considerazione ogni qualvolta si intendano realizzare, in riferimento allo stesso immobile, lavori che siano legati dallo stesso nesso funzionale, e ai quali dunque sia possibile attribuire il carattere di operazione unitaria, e che possano di fatto determinare un cambio di destinazione d’uso, con aumento del carico urbanistico
Sanatoria edilizia: la valutazione complessiva degli abusi
A ribadirlo è stato il TAR Lazio con la sentenza n. 3288 del 19 febbraio 2024, che ha stabilito il rigetto di un ricorso contro un’ordinanza di demolizione per opere abusive realizzate in difformità dal titolo, e che hanno comportato modifiche alla destinazione d’uso del fabbricato.
Il Collegio difatti ha condiviso la tesi dell’Amministrazione comunale che ha emesso l’ordinanza, ritenendo che il cambio di destinazione d’uso, con modifica della categoria funzionale di parte dell’unità immobiliare mediante la realizzazione di opere edilizie, sia un intervento che dev’essere autorizzato mediante permesso di costruire.
A questo proposito, si precisa che, per determinare se sia obbligatoria o meno la richiesta del permesso per realizzare opere edilizie - che nel caso in esame hanno determinato il cambio di destinazione d’uso da “autorimessa e vani accessori” ad “abitazione civile”, con anche la realizzazione di cucina e servizi igienici - è sempre fondamentale compiere una valutazione complessiva dell'intervento.
Cambio di destinazione d'uso: occorre il permesso di costruire
La giurisprudenza ritiene, infatti, che per il cambio di destinazione d’uso di locali accessori in vani ad uso residenziale, ipotesi ricorrente nel caso di specie, sia necessario il permesso di costruire. Come già affermato in precedenza, nell'ambito di una unità immobiliare ad uso residenziale, devono distinguersi i locali abitabili in senso stretto dagli spazi "accessori" che, secondo lo strumento urbanistico vigente, non hanno valore di superficie edificabile e non sono presi in considerazione come superficie residenziale all'atto del rilascio del permesso di costruire: autorimesse, cantine e locali di servizio rientrano, di norma, in questa categoria.
Di conseguenza non è possibile ritenere urbanisticamente irrilevante la trasformazione di un garage, di un magazzino o di una soffitta in un locale abitabile; senza considerare i profili igienico-sanitari di abitabilità del vano, in ogni caso si configura, infatti, un ampliamento della superficie residenziale e della relativa volumetria autorizzate con l'originario permesso di costruire. Il cambio di destinazione d'uso tra locali accessori e vani ad uso residenziale integra una modificazione edilizia con effetti incidenti sul carico urbanistico, con conseguente assoggettamento al regime del permesso di costruire e ciò indipendentemente dall'esecuzione di opere.
No a considerazioni atomistiche degli interventi
Proprio per questo la considerazione singola degli interventi infatti risulterebbe parziale e incompleta, e non consentirebbe di comprendere in maniera adeguata il reale impatto prodotto sul territorio, in quanto trattasi di lavori eseguiti sullo stesso immobile e legati dallo stesso nesso funzionale, ai quali pertanto risulta conferibile il carattere di “operazione unitaria”.
Se poi, come nel caso trattato, gli interventi includono modifiche alla destinazione d’uso tra locali accessori e vani residenziali, risultando evidenti gli effetti sul carico urbanistico, il permesso di costruire risulta obbligatorio a prescindere da quali opere vengano effettivamente realizzate.
Demolizione e ripristino: la partecipazione al procedimento
Il TAR ribadisce infine che l’ordinanza di demolizione è un atto vincolato, che rappresenta l’espressione del potere repressivo degli abusi edilizi, e per il quale l’Amministrazione non è tenuta ad inviare all’interessato alcuna comunicazione di avvio del procedimento.
Per di più, il ripristino dello stato dei luoghi in presenza di abusi edilizi accertati è un’attività che le amministrazioni sono tenute a compiere, anche senza la necessità di coinvolgere gli interessati, e le cui finalità prevalgono su eventuali ragioni di interesse pubblico.
Documenti Allegati
Sentenza