Direttiva Green: definire subito il piano di ristrutturazione
L’analisi del Centro Studi CNI: il tempo a disposizione per operare è poco, necessario individuare linee di intervento e finanziamento
All’indomani dell’approvazione del Parlamento Europeo della Direttiva EPBD, si iniziano a fare i conti sul numero di edifici che saranno coinvolti nel processo di riqualificazione energetica e sui costi che bisognerà sostenere per gli interventi. Ma, soprattutto, si iniziano a pensare alle soluzioni possibili, alla luce degli obiettivi fissati e della necessità di realizzare un piano di ristrutturazione entro la fine del 2025.
Direttiva Green: le sfide da affrontare
Una sfida complessa che, come sottolinea il Centro studi CNI, sebbene il testo definitivo della Direttiva abbia notevolmente ammorbidito la versione iniziale, con soluzioni anche di compromesso, richiederà al Paese capacità tecnica, visione e volontà politica in eguale misura.
“La Direttiva Europea EPBD, così come di recente approvata dal Parlamento Europeo – afferma Angelo Domenico Perrini, Presidente del CNI - rappresenta un passo in avanti rispetto al testo originario e crea le premesse per affrontare in modo più credibile la questione dell’efficientamento energetico di un patrimonio edilizio ormai vetusto, non solo in Italia ma anche nel resto d’Europa. Non possiamo negare che siano in atto cambiamenti climatici poco favorevoli e che dobbiamo provare a contrastare il fenomeno anche agendo sul parco edilizio. Occorre ovviamente intervenire in modo graduale ed essere anche realisti: tutto subito è materialmente e economicamente impossibile. Crediamo che i principi stabiliti nella Direttiva siano un buon punto di partenza soprattutto perché si consente ai singoli Stati di trovare la combinazione di strumenti e tecnologie per raggiungere degli obiettivi comuni. Occorre da subito iniziare a definire un metodo di lavoro che porti al Piano nazionale di ristrutturazione. Il Consiglio Nazionale intende mettere a disposizione le proprie competenze tecniche per contribuire ad una sfida così importante e chiediamo da subito una interlocuzione con il Governo”.
“Abbiamo di fronte una sfida importante – aggiunge Remo Giulio Vaudano, Vice Presidente Vicario del CNI -e siamo convinti di quanto sia importante il raggiungimento degli obiettivi di riduzione dei consumi energetici legati al patrimonio edilizio nei tempi stabiliti. Perché questo avvenga occorre individuare con esattezza il campo di azione e poi definire un mix di interventi di ristrutturazione profonda e di efficientamento energetico a seconda dello stato degli edifici. Serve un quadro chiaro del patrimonio edilizio esistente e per quanto si disponga di alcune informazioni di dettaglio queste non sono assolutamente sufficienti per mettere in piedi un piano così complesso come l’Europa chiede. Non possiamo permetterci di sbagliare. Un secondo aspetto che intendiamo sottolineare è che non potremo procedere all’efficientamento energetico disgiuntamente da quello strutturale e antisismico. Inoltre, il messaggio che il Consiglio Nazionale degli Ingegneri intende lanciare con forza è che il Governo non dovrebbe attendere l’approvazione della Direttiva EPBD da parte del Consiglio UE, ma dovrebbe sin da ora iniziare ad attivare una sorta di “cantiere” che porti alla predisposizione del Piano nazionale di ristrutturazione. Se pensiamo che si tratti di un piano di massima, questa volta abbiamo proprio sbagliato. Sarà una prova estremamente difficile ma il nostro Paese ha le competenze per elaborarlo. Infine, come CNI, auspichiamo che le Istituzioni predispongano un piano finanziario che renda fattibile uno sforzo così consistente, prevedendo certamente l’impegno anche dei proprietari di immobili, evitando però cambi continui delle regole di finanziamento che avrebbero, in questo caso, effetti rovinosi”.
Il carico posto su ciascun Paese e direttamente sulle famiglie proprietarie di immobili è consistente, considerato anche che dal 2025 non sarà possibile usufruire di incentivi per le caldaie a combustibili fossili, mentre rimarranno incentivabili i sistemi di riscaldamento ibridi (caldaie e pompe di calore).
Tra le misure più importanti:
- una riduzione dei consumi energetici degli edifici pari al 16% nel 2030, considerando come anno di inizio il 2020, per attestarsi ad una riduzione del 20-22% al 2035, intervenendo sia con nuove costruzioni ad impatto zero che, soprattutto, attraverso opere di ristrutturazione di edifici esistenti;
- emissione “zero” di combustibili fossili per gli edifici pubblici di nuova costruzione dal 2028 e per tutte le altre tipologie di nuovi edifici dal 2030;
- la redazione entro il 2025 di un Piano nazionale di ristrutturazione con il quale ciascuno Stato membro ndividui l’esatto percorso e le metodologie di intervento finalizzate a raggiungere il taglio dei consumi energetici derivanti da fonti fossili.
Sullo sfondo, spiega il Consiglio Nazionale, restano molti aspetti essenziali da chiarire e soprattutto fondamentali questioni di metodo da definire. Vediamoli punto per punto.
Direttiva Green: definizione del campo di azione
Secondo il CNI, un primo aspetto problematico riguarda l’individuazione di tecniche e tecnologie da mettere in campo per raggiungere il primo step di riduzione del 16% di consumi energetici per il 2030 e poi il secondo step previsto per il 2035. Il Consiglio Nazionale valuta positivamente il fatto che sia stata lasciata libertà ad ogni singolo Stato sulla scelta delle modalità e del mix di strumenti da mettere in campo.
Sulla base dell’esperienza condotta dal settore dell’ingegneria nell’ambito del Superecobonus, il doppio salto di classe energetica, pur rilevante, appare oggi troppo vincolante. Secondo il CNI è possibile mettere in campo mix di interventi differenti, a seconda di condizioni strutturali diverse, per raggiungere gli obiettivi fissati dalla Direttiva, garantendo efficienza tecnica e efficacia in termini di spesa.
Tutto questo presuppone, però, di avere un quadro molto preciso delle condizioni di dispersione termica e lo stato strutturale degli edifici su cui occorrerà intervenire. In generale, attraverso la banca dati Enea sulle Attestazioni di Prestazione Energetica, si sa che gli immobili residenziali nelle classi meno performanti, ovvero E, F e G rappresentano il 70,1% del totale dei 12 milioni di immobili presenti in Italia.
Ragionando in termini unità abitative occupate da residenti, secondo le stime del Centro Studi CNI, quelle più energivore, secondo la classificazione nazionale (classi E, F e G) sarebbero 13,4 milioni. Si tratta però di stime di massima che il Consiglio Nazionale degli Ingegneri ritiene insufficienti.
Per progettare nel modo più efficace possibile, senza sprechi di risorse finanziarie, un intervento così massiccio come richiesto dalla Direttiva EPBD, è necessario un livello di dettaglio ben più elevato di quello di cui si dispone attualmente: “Da tempo, infatti, il Centro Studi CNI ha messo in evidenza la carenza di dati di dettaglio sullo stato effettivo del patrimonio edilizio e la mancanza di diagnosi energetiche degli edifici (l’APE non è una diagnosi energetica) che consentano sia di stabilire una scala di priorità che un insieme di interventi differenziati a seconda delle condizioni dei singoli edifici su cui si intende intervenire”.
Efficientamento energetico: quali impianti termici?
Un secondo aspetto di assoluta rilevanza e connesso al precedente, riguarda il rinnovo progressivo degli impianti termici, considerato che saranno ammessi solo quelli ibridi e poi vietati quelli alimentati da fonti fossili (nel 2040). Il CNI è consapevole che si tratta di un processo di medio-lungo termine ma è necessario sin da ora comprendere cosa sia possibile e conveniente fare, nel breve e medio periodo, nel caso di urgente sostituzione degli impianti, anche perché le fonti alternative e non inquinanti per uso domestico, come l’idrogeno verde, non arriveranno in tempi brevi nelle singole abitazioni in Italia.
Occorre definire sin da ora un modus operandi, perché non è possibile lasciare alle singole famiglie la scelta ottimale su aspetti tecnici che avranno peraltro costi considerevoli.
Direttiva Green: il piano finanziario per sostenere gli interventi
Il Centro studi invita anche al reperimento e alla predisposizione di un piano finanziario che consenta di realizzare interventi di ristrutturazione nel lungo periodo attraverso l’imprescindibile compartecipazione tra risorse pubbliche e private.
Sul punto si richiama anche l’esperienza Superbonus, con la consapevolezza che realizzare piani simili a totale carico dello Stato è impossibile, così come è impensabile però immaginare che quote consistenti di un intervento che rientra comunque nell’alveo delle politiche sociali e per la tutela dell’ambiente, possano essere pagate dai singoli proprietari di immobili. “Occorre trovare una via di mezzo e mettere in campo strumenti che siano molto più evoluti di una semplice detrazione fiscale. In questo senso la Direttiva EPDB dedica alla questione dei finanziamenti dei Piani nazionali di ristrutturazione diversi punti della prima parte, in particolare i punti da 59 a 63, che tuttavia rimandano l’individuazione di strumenti ai singoli Stati, parlando di mutui ipotecari verdi e di misure a sostegno delle famiglie meno abbienti”.
Secondo il CNI si tratta di indicazioni piuttosto generiche, su cui il nostro Paese dovrebbe sin da ora iniziare a trovare delle soluzioni precise, coinvolgendo il settore bancario e finanziario e molteplici altri attori del sistema delle costruzioni, per non ricadere nella situazione caotica e sostanzialmente ingestibile che ha caratterizzato la fase più recente delle ristrutturazioni con Superecobonus.
Oltretutto da una prima stima, la prima parte di interventi ritenuti più urgenti, relativa, secondo le indicazioni della Direttiva, al 43% degli edifici più energivori coinvolgerebbe 11,8 milioni di alloggi utilizzati da residenti (sono quindi escluse le seconde case) e quindi altrettante famiglie. I risvolti sociali di tale operazione non possono essere sottovalutati.
L'adeguamento sismico degli edifici
Efficientamento energetico sì, ma anche verifica di staticità e di sicurezza antisismica, almeno degli edifici più vetusti.
Per il Consiglio Nazionale degli Ingegneri si tratta di una condizione imprescindibile per poter realizzare interventi impegnativi come quelli richiesti dall’Unione Europea, tenendo conto che alcuni interventi di coibentazione spesso portano inavvertitamente a nascondere, se non individuati tramite apposita diagnostica, danni strutturali che sarà poi impossibile monitorare e riparare.
EPBD: i tempi (ristretti) per gli interventi
Infine, un aspetto di rilevanza strategica, riguarda i tempi dettati dalla Direttiva EPBD. La riduzione dei consumi di energia da fonti fossili vede una prima tappa (particolarmente consistente) nel 2030 ed una seconda tappa nel 2035.
Tenendo conto che la Direttiva otterrà l’approvazione finale del Consiglio verosimilmente non prima della seconda metà dell’anno e che entro la fine del 2025 sarà necessario consegnare il Piano nazionale di ristrutturazione, i tempi operativi veri si riducono enormemente, avendo a disposizione meno di 4 anni per i primi obiettivi e poi ulteriori cinque per il secondo step che, paradossalmente, sarà più complesso e oneroso del primo.
Si tratta di un aspetto particolarmente delicato su cui si invitano le istituzioni ad agire in fretta: “Dato il pochissimo tempo a disposizione, esse dovrebbero sin da ora iniziare a raccogliere i dati per definire con più esattezza lo stato del patrimonio edilizio, dovrebbero individuare il perimetro di intervento, dovrebbero definire una strategia per “cerchi concentrici” individuando con esattezza il primo cerchio più energivoro e via via i cerchi meno energivori”
Se si comprendono le caratteristiche e lo stato degli edifici di ciascun “cerchio ideale”, si è in grado di definire il mix di interventi da apportare per raggiungere (o auspicabilmente superare) quelle soglie di risparmio oggi definite in sede europea.
In parallelo con la mappatura del patrimonio su cui intervenire, vanno definiti i pilastri di un piano di finanziamento di lungo periodo di questi interventi. Si tratta indubbiamente di una consistente e urgente attività di programmazione che dovrà avvenire con un confronto con le categorie professionali tecniche che più hanno lavorato negli ultimi anni nei cantieri legate alle ristrutturazioni profonde degli edifici.