Classificazione dei crediti edilizi: il rimpallo delle responsabilità
In risposta ad una interrogazione al Senato il sottosegretario al MEF Federico Freni ha fornito alcuni chiarimenti sul trattamento contabile del Superbonus e del Bonus facciate
Continua la querelle sulla classificazione contabile del Superbonus e del Bonus facciate. Questa volta a fornire nuovi elementi e spunti di riflessione è il sottosegretario al MEF Federico Freni che ha risposto all’interrogazione n. 3-01011 a prima firma del senatore Mario Turco.
La risposta ha provato a chiarire le decisioni sul trattamento contabile del Superbonus e del Bonus facciate che, com’è noto, è cambiata a marzo 2023 a seguito dell’aggiornamento da parte di Eurostat del Manual on Government Deficit and Debt (MGDD).
Crediti pagabili e non pagabili
Un aggiornamento che ha fatto e continua ancora a far discutere per la scelta di classificare i bonus (come pagabili o non pagabili) in funzione probabilità che parte consistente del credito possa essere persa dal beneficiario che, a sua volta, deriverebbe da 3 criteri:
- la trasferibilità;
- la compensabilità con qualsiasi tipo di imposta;
- la differibilità per lungo tempo.
Criteri da cui ne è derivata la scelta di ISTAT di considerare bassa la probabilità che i crediti da superbonus e da bonus facciate (ma non gli altri bonus minori che, al loro pari, hanno potuto utilizzare il meccanismo delle opzioni alternative) possa andare persa e, come conseguenza, classificare questi bonus come “pagabili” (da imputare tutti all’anno zero sul bilancio dello Stato).
Riportiamo di seguito l’interrogazione integrale e la risposta del sottosegretario, prima delle nostre considerazioni.
L’interrogazione al Senato
Premesso che:
- tra i principali problemi sorti in materia di cessione di crediti derivanti da agevolazioni fiscali, come noto, vi è la questione dei "crediti incagliati": si tratta delle difficoltà nella circolazione dei crediti ceduti, sorte, in particolare, a seguito al blocco della circolazione delle agevolazioni edilizie;
- su tale aspetto, il 14 febbraio 2023 sono stati auditi presso la 6ª Commissione permanente (Finanze e tesoro) del Senato della Repubblica, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sugli strumenti di incentivazione fiscale con particolare riferimento ai crediti di imposta, i rappresentanti dell'ufficio statistico dell'Unione europea (Eurostat), al fine di chiarire alcuni aspetti tecnici relativi alla registrazione e classificazione, in contabilità nazionale, dei crediti d'imposta (tra cui il superbonus 110 per cento) e dell'eventuale effetto sui conti pubblici;
- specificatamente, l'attenzione si è concentrata sulla rilevazione dei crediti d'imposta in relazione alle nuove caratteristiche dei bonus edilizi, precisamente sulla trasferibilità a terzi, sull'utilizzo differito dei crediti e sulla loro possibile compensabilità con qualsiasi tipo d’imposta;
- Eurostat ha in particolare chiarito che i crediti d'imposta “pagabili” sono quelli che di fatto sono considerati “liquidi” e per i quali sussiste un’altissima possibilità che vengano totalmente compensati con le imposte da pagare. In tal caso, i crediti d’imposta sono equiparabili ad una spesa pubblica “effettiva” da riconoscere per intero al momento della manifestazione dell'evento che genera l’agevolazione fiscale (principio della competenza economica). Segue che la contabilizzazione nei conti pubblici dei crediti d’imposta “pagabili” avvenga nel deficit dell’anno di generazione del credito medesimo. I crediti d'imposta "non pagabili" sono, invece, quelli per cui sussiste la probabilità di mancata compensabilità del credito d’imposta riconosciuto. In quest’ultimo caso i crediti d’imposta sono quindi assimilabili a una spesa pubblica “teorica”. Questo significa che sul piano contabile la relativa rilevazione comporta un effetto sul deficit degli anni in cui il credito d’imposta va in compensazione, e solo se e nella misura in cui va in compensazione trasformandosi in minori entrate (principio di cassa);
- pertanto, la pagabilità o non pagabilità di un credito d’imposta, nell’immediato, non ha alcuna influenza sul debito dello Stato, ma solo sul deficit;
- il superbonus era stato classificato inizialmente nel 2021, a seguito dell’approvazione del “decreto rilancio”, come “not payble”, vista l’incertezza della totale compensabilità dell’agevolazione fiscale; mentre nel marzo 2023, ISTAT, in seguito a un'interlocuzione con Eurostat, ha ritenuto di modificare la classificazione dei crediti d’imposta maturati con il superbonus e con il bonus facciate a partire dal 2020 come “payble”, quindi registrati come spesa pubblica, per l’intero ammontare, nel momento del riconoscimento dell’investimento agevolato;
- questo ha comportato per i conti pubblici, contrariamente all’impostazione iniziale, che i bonus edilizi venissero considerati non costi teorici ma costi effettivi, da imputare per intero nel calcolo del deficit dell’anno di generazione del credito. La conseguenza è stata un ricalcolo del deficit in aumento negli anni 2021, 2022 e 2023;
- a partire da febbraio 2023, a seguito della decisione del ministro Giorgetti nel decreto-legge n. 11 del 2023 di bloccare la cessione dei crediti al fine, a suo dire, di “fermare gli effetti di una politica scellerata”, è stata di fatto esplicitata la natura “non pagabile” dei crediti d'imposta, andando a smentire la classificazione precedentemente accreditata da ISTAT. Ragion per cui il Ministro avrebbe già dovuto sollecitare ISTAT a valutare la correttezza del principio contabile da adottare, dato che nel frattempo le norme introdotte hanno di fatto reso i crediti d’imposta non totalmente compensabili e quindi “non pagabili”;
- già lo scorso novembre, i dati dell’Agenzia delle entrate e quelli pubblicati dall’ENEA evidenziavano crediti d’imposta del 110 per cento, riconosciuti nel 2023, già superiori di circa 20 miliardi di euro all’ammontare dei 30 miliardi preventivati sull’intero 2023. Era così già evidente che il disavanzo dello Stato per l’anno in corso avrebbe superato di almeno l’1 per cento la previsione del 5,3 per cento contenuta nell’aggiornamento del Documento di economia e finanza presentato dal Governo in autunno;
- con comunicato del 1° marzo 2024 ISTAT ha reso noto che il rapporto tra deficit e PIL del 2023 è risultato pari al 7,2 per cento, circa due punti sopra il 5,3 per cento previsto dal Governo solo pochi mesi prima. Questi dati sono stati commentati dal Ministro in indirizzo, il quale ha, come sovente, attribuito la colpa al superbonus: “I numeri ci dicono che l'emorragia dell'irresponsabile stagione del superbonus ha avuto un effetto pesante sul 2023, andando purtroppo oltre le già pessimistiche prospettive”;
- diversamente dalle valutazioni del Ministro, il “Financial Times” ha recentemente lodato gli effetti espansivi sul PIL del superbonus, scrivendo che “la performance insolitamente forte è in gran parte spiegata dal superbonus”, grazie al quale “gli investimenti italiani che includono l’edilizia abitativa sono aumentati del 30% rispetto al quarto trimestre del 2019, il tasso più veloce mai registrato nel Paese da quando sono a disposizione dati comparabili nel 2000”. A ciò si aggiunga che nei tre anni di massima produzione degli effetti del superbonus, 2021-2023, il debito pubblico in rapporto al PIL è sceso di oltre 17 punti;
- le scelte del Governo non si sono rivelate efficaci in merito al problema dei crediti incagliati, da cui sono inevitabilmente derivate anche gravi ripercussioni negative sulla crescita del PIL, calata al solo 0,9 per cento in più nel 2023 e proiettata verso un altro “più zero virgola” anche nel 2024;
- il problema non riguarda più il superbonus, ma le errate previsioni del Governo sul deficit e la decisione del Governo stesso di bloccare la circolazione dei crediti, con la conseguenza di smentire la classificazione come “pagabili” dei crediti medesimi e di incidere negativamente sulla dinamica del PIL;
- questo, di fatto, rende i crediti d’imposta come “non pagabili” e conseguentemente è necessario rivedere la rilevazione e la classificazione contabile dei crediti nei conti dello Stato,
si chiede di sapere:
- se il Ministro in indirizzo non ritenga di avere commesso un errore contabile nello spingere, tramite ISTAT, la classificazione dei crediti d'imposta del superbonus come “pagabili”, non soltanto provocando con questa decisione l'aumento del rapporto tra deficit e PIL 2023, ma andando a smentire la corretta classificazione dei suddetti crediti come “non pagabili” peraltro scaturita dallo stesso decreto-legge n. 11 del 2023, con cui ha cancellato la possibilità di circolazione dei crediti stessi, non ha risolto il problema degli incagli e ha quindi in ultima analisi esplicitato che una cospicua massa dei crediti non sarà compensabile con le tasse;
- quali misure intenda adottare per riparare a questo errore e quali scelte di politica fiscale intenda effettuare per il rientro dei parametri di deficit onde evitare l’apertura di una procedura d’infrazione da parte della Commissione europea per deficit eccessivo;
- se intenda varare una manovra correttiva dei conti pubblici sia con riferimento al rientro del deficit, sia con riferimento agli obiettivi programmati di rientro del debito pubblico, oltre che per il mancato raggiungimento della crescita economica dell’1,2 per cento come prevista nell'ultima NADEF, obiettivo difficilmente conseguibile in base alle diverse previsioni degli osservatori istituzionali;
- se intenda avviare interlocuzioni con Eurostat e ISTAT per chiedere la revisione della classificazione dei crediti incagliati da superbonus, che sulla base delle restrizioni introdotte non possono più considerarsi “pagabili”.
La risposta del sottosegretario
Il sottosegretario FRENI risponde all'interrogazione n. 3-01011 a firma del senatore Turco e altri, chiarendo che le decisioni sul trattamento contabile delle misure oggetto dell'atto di sindacato ispettivo sono adottate da soggetti che operano, come noto, in piena autonomia e indipendenza, quali Istat ed Eurostat. Sottolinea inoltre che, alla luce delle progressive decisioni assunte da Eurostat sul trattamento di tali crediti, è prioritario interesse del Governo avere una risposta definitiva in merito; ciò sarebbe stato ancora più importante nella trattativa sull'EuroGroups Register (EGR) e lo sarà nella definizione delle politiche di bilancio. Evidenzia, inoltre, che il Ministero dell'economia e delle finanze non è pentito delle decisioni di carattere normativo assunte, che sono sempre state volte a limitare, per quanto possibile, i disastrosi effetti del Superbonus sulla finanza pubblica e ha talora dovuto prendere atto delle modifiche introdotte dal Parlamento, in ossequio alla sua sovranità, che ne hanno "ammorbidito" alcuni profili.
Con riferimento alle misure che si intende adottare per effettuare il rientro del parametro del deficit, anticipa che ogni decisione sarà adottata alla luce dei dati di finanza pubblica, dei quali è data evidenza nei relativi documenti. Per quanto riguarda la questione dei cosiddetti "incagli", osserva che le quote di crediti riferiti alle annualità scadute indicano che la perdita è molto contenuta e definita da Eurostat come "trascurabile" ai fini della classificazione statistica. Peraltro, tale perdita potrebbe essere riconducibile al fenomeno delle frodi e dei crediti illegittimi. Infine, sottolinea che i dati sulle compensazioni aggiornati ai primi mesi dell'anno in corso non forniscono alcuna evidenza sul fatto che, come indicato nell'interrogazione, "una cospicua massa dei crediti non sarà compensabile con le tasse". Al contrario, segnala un crescente utilizzo delle compensazioni, coerente con le stime sulla spesa degli anni 2020-2023.
Interviene in replica il senatore TURCO (M5S), che si dichiara insoddisfatto della risposta, in quanto non fornisce elementi in merito al rientro dal deficit - tema assai rilevante, che potrebbe anche portare a una procedura di infrazione europea -, e a una eventuale manovra correttiva, che potrebbe rendersi necessaria a causa del peggioramento di diversi parametri economici e di previsioni che si stanno rivelando errate.
Si dichiara consapevole dell'autonomia decisionale di Istat ed Eurostat, ma ritiene che sia stato un errore classificare i crediti di imposta del Superbonus come "pagabili", anche perché il decreto-legge n. 11 del 2023 ne ha poi fortemente limitato la circolazione: quei crediti ora sono "non pagabili" e i contribuenti non li potranno quindi compensare con le tasse. Sollecita dunque il Governo ad avviare interlocuzioni con Eurostat e ISTAT - dei quali chiede una audizione specifica - per considerare l'ipotesi di rivedere la classificazione dei crediti incagliati da Superbonus.
Riclassificazione bonus edilizi in attesa
Il Senatore Mario Turco ha presentato un’interrogazione sulla classificazione e sul relativo trattamento contabile dei crediti fiscali da superbonus e bonus facciate. La replica del ministero dell’Economia è stata che le decisioni sul trattamento contabile dei crediti sono assunte in maniera autonoma da Istat ed Eurostat scaricando la responsabilità della classificazione dei crediti fiscali sugli organismi tecnici e affermando di essere in attesa di una risposta definitiva da parte di Eurostat.
Prima di febbraio 2023 la classificazione dei crediti fiscali era chiarissima:
- Crediti pagabili = lo Stato paga
- Crediti non pagabili = lo Stato non paga
Poi è intervenuta Eurostat che si è inventata il credito fiscale pagabile dove però lo Stato non paga. Si tratta di un credito dove lo Stato non assume alcun impegno a rimborsare con il cash la parte che non viene portata in compensazione. Il fatto che possa circolare ed essere utilizzato in anni successivi per coprire qualsiasi tipo di debito fiscale fa sì che il credito possa essere classificato come pagabile poiché secondo Eurostat “esiste un’elevata probabilità che sia sfruttato integralmente” e cioè che non vada perso. Questa nuova tipologia di credito fiscale non esiste nel SEC2010, che è il regolamento apicale, ed è talmente arbitraria e infondata che dopo un anno stiamo ancora cercando di capire se i crediti fiscali da superbonus e bonus facciate siano pagabili o non pagabili.
Le nuove linee guida di Eurostat sono state sfruttate dal Governo che ha classificato i crediti fiscali del superbonus e del bonus facciate come “pagabili”. In tal modo li ha potuti contabilizzare nei deficit degli anni passati gonfiandoli in modo enorme. Per un motivo oscuro invece i crediti fiscali degli altri bonus edilizi sono stati classificati come "non pagabili". È evidente che tutti i crediti fiscali del settore edilizio sono uguali e sono "non pagabili" poiché non esiste il diritto al rimborso cash. La non perdibilità dei crediti fiscali deriva dalla pagabilità e non viceversa come maldestramente ha cercato di sostenere Eurostat nelle nuove linee guida pubblicate il 1° febbraio 2023.
Il MEF nella sua risposta ovviamente si è concentrato sul tema della perdibilità dei crediti fiscali assicurando che la perdita è stata “molto contenuta” - definita da Eurostat “trascurabile” - senza però fornire dati puntuali sulle somme in gioco e cioè sui crediti compensati e su quelli persi. Tutto ciò dimostra ancora una volta quanto sia arbitraria la nuova classificazione proposta da Eurostat e come il governo si stia muovendo in modo inaccettabile senza fornire dati precisi al Paese.
Ora, se il Governo vuole mantenere i crediti fiscali del superbonus e del bonus facciate come pagabili allora deve pagare e cioè deve rimborsare con il cash la parte che non è stata portata in compensazione. Come scappatoia il Governo dovrebbe attivarsi per far esercitare tutti i crediti fiscali sbloccandone la circolazione e rendendoli riportabili negli anni futuri affinché nessun credito fiscale sin qui emesso vada perso. Non per questo i crediti diventeranno realmente pagabili come è scritto nel SEC2010, ma almeno ci sarebbe una coerenza con le nuove linee guida di Eurostat per cui un credito fiscale è pagabile se non viene perso.
Sono anni che questa discussione sulla classificazione e quindi sulla contabilizzazione dei crediti fiscali sta andando avanti: servono dati certi e una chiara assunzione di responsabilità.