Abuso edilizio: cosa serve per evitare la demolizione?

Senza nuovi condoni in vista l’attuale normativa edilizia consente di evitare la sanzione demolitoria per gli abusi edilizi solo in alcuni casi

di Redazione tecnica - 04/04/2024

Il 2024 potrebbe essere l’anno della riforma del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia) con una revisione complessiva anche delle disposizioni che riguardano lo stato legittimo. Le proposte al tavolo di lavoro sono diverse e al momento sono al livello del pour parler come quella che vorrebbe tirare una riga sul 1967, considerando legittimi tutti gli interventi precedenti (a prescindere da eventuali regolamenti edilizi).

Lo stato legittimo

Al momento è necessario confrontarsi con l’art. 9-bis, comma 1-bis (inserito solo nel 2020) del Testo Unico Edilizia che definisce la condizione di stato legittimo per immobili e unità immobiliari. Condizione che va verificata su carta e tramite sopralluogo, confrontando:

  • il titolo abilitativo che ha previsto la costruzione o la legittimità dell’immobile o dell’unità immobiliare;
  • tutti i titoli successivi che hanno abilitato interventi di trasformazione;

con lo stato di fatto in cui si trova l’immobile o l’unità immobiliare.

Nel caso di immobili realizzati in un’epoca nella quale non era obbligatorio acquisire il titolo abilitativo edilizio, lo stato legittimo va verificato confrontando lo stato di fatto con:

  • le informazioni catastali di primo impianto ovvero da altri documenti probanti, quali le riprese fotografiche, gli estratti cartografici, i documenti d’archivio, o altro atto, pubblico o privato, di cui sia dimostrata la provenienza;
  • tutti i titoli successivi che hanno abilitato interventi di trasformazione.

La non corrispondenza tra lo stato di fatto e di progetto

Nel caso in cui non ci sia corrispondenza tra lo stato di fatto e quello di progetto “assentito” possono verificarsi 3 diverse fattispecie:

  1. le differenze riguardano il mancato rispetto dell’altezza, dei distacchi, della cubatura, della superficie coperta e di ogni altro parametro delle singole unità immobiliari entro il limite del 2% delle misure previste nel titolo abilitativo;
  2. le differenze superano il citato 2% ma non possono essere considerate “variazioni essenziali”;
  3. l’intervento è stato eseguito in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali.

Nel primo caso non si può parlare di violazioni edilizie e questa “tolleranza costruttiva” devono essere dichiarate dal tecnico abilitato ai fini dell’attestazione dello stato legittimo degli immobili, nella modulistica relativa a nuove istanze, comunicazioni e segnalazioni edilizie ovvero, con apposita dichiarazione asseverata allegata agli atti aventi per oggetto trasferimento o costituzione, ovvero scioglimento della comunione, di diritti reali.

Nel secondo caso siamo di fronte ad un immobile o unità immobiliare “assistita” da un titolo che ne ha legittimato la costruzione ma che successivamente è stato modificato senza le necessarie autorizzazioni. Le strade da seguire sono dettate dai seguenti articoli del Testo Unico Edilizia:

  • Art. 33 - Interventi di ristrutturazione edilizia in assenza di permesso di costruire o in totale difformità;
  • Art. 34 - Interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire;
  • Art. 37 - Interventi eseguiti in assenza o in difformità dalla segnalazione certificata di inizio attività e accertamento di conformità
  • Art. 38 - Interventi eseguiti in base a permesso annullato.

Nel terzo ed ultimo caso siamo di fronte ad un intervento che avrebbe richiesto di un permesso di costruire oppure è stato realizzato in totale difformità o con variazioni essenziali dallo stesso.

L’art. 32 del Testo Unico Edilizia definisce il concetto di variazioni essenziali, rimandando alle Regioni il dettaglio tenuto conto che l'essenzialità ricorre esclusivamente quando si verifica una o più delle seguenti condizioni:

  • mutamento della destinazione d'uso che implichi variazione degli standard previsti dal D.M. 2 aprile 1968;
  • aumento consistente della cubatura o della superficie di solaio da valutare in relazione al progetto approvato;
  • modifiche sostanziali di parametri urbanistico-edilizi del progetto approvato ovvero della localizzazione dell'edificio sull'area di pertinenza;
  • mutamento delle caratteristiche dell'intervento edilizio assentito;
  • violazione delle norme vigenti in materia di edilizia antisismica, quando non attenga a fatti procedurali.

Non sono variazioni essenziali quelle che incidono sulla entità delle cubature accessorie, sui volumi tecnici e sulla distribuzione interna delle singole unità abitative. Mentre sono variazioni essenziali quelle che riguardano le su-richiamate condizioni per interventi realizzati su immobili sottoposti a vincolo storico, artistico, architettonico, archeologico, paesistico, ambientale e idrogeologico, nonché su immobili ricadenti sui parchi o in aree protette nazionali e regionali.

Abuso edilizio formale o sostanziale: c’è differenza

Fatta questa dovuta premessa, è opportuno ricordare che per tutti gli interventi realizzati in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali dallo stesso, le alternative sono solo due:

  • se si tratta di un abuso di tipo “formale” o “documentale” e, quindi, l’intervento, pur privo di titolo, risulta essere conforme alla normativa edilizia vigente nel momento in cui è stato realizzato e quando viene presentata istanza di accertamento di conformità (doppia conformità), allora è possibile attivare la procedura di cui all’art. 36 del Testo Unico Edilizia e ottenere il permesso di costruire in sanatoria (la cosiddetta sanatoria ordinaria o accertamento di conformità);
  • se, viceversa, si tratta di un abuso “sostanziale” perché non conforme alla normativa edilizia vigente nel momento in cui è stato realizzato o a quella in cui viene presentata istanza di accertamento di conformità, alla demolizione non vi è alcun rimedio alternativo.

Nel caso di doppia conformità, l’interessato potrà presentare istanza al Comune fino alla scadenza dei termini di cui agli articoli 31, comma 3, 33, comma 1, 34, comma 1, TUE e comunque fino all’irrogazione delle sanzioni amministrative.

Il rilascio del permesso in sanatoria è subordinato al pagamento, a titolo di oblazione, del contributo di costruzione in misura doppia, ovvero, in caso di gratuità a norma di legge, in misura pari a quella prevista dall'articolo 16 del TUE. Nell’ipotesi di intervento realizzato in parziale difformità, l'oblazione è calcolata con riferimento alla parte di opera difforme dal permesso.

Da ricordare che sull’istanza di accertamento di conformità vige il “silenzio rifiuto” e, quindi, se non si ha risposta entro 60 giorni, la richiesta si intende rifiutata.

La SCIA in sanatoria

Per tutti gli altri abusi, è possibile la strada della SCIA in sanatoria ai sensi dell’art. 37 del d.P.R. n. 380/2001

Art. 37 (L) - Interventi eseguiti in assenza o in difformità dalla segnalazione certificata di inizio attività e accertamento di conformità. Tutti gli interventi realizzati in assenza o in difformità dalla segnalazione certificata di inizio attività sono sanzionati con una “multa” pari al doppio dell'aumento del valore venale dell'immobile conseguente alla realizzazione degli interventi stessi e comunque in misura non inferiore a 516 euro.

Quando le opere realizzate in assenza di segnalazione certificata di inizio attività consistono in interventi di restauro e di risanamento conservativo su immobili comunque vincolati in base a leggi statali e regionali, nonché dalle altre norme urbanistiche vigenti, l'autorità competente a vigilare sull'osservanza del vincolo, salva l'applicazione di altre misure e sanzioni previste da norme vigenti, può ordinare la restituzione in pristino a cura e spese del responsabile ed irroga una sanzione pecuniaria da 516 a 10.329 euro. Qualora gli interventi sono eseguiti su immobili, anche non vincolati, compresi nelle zone indicate nella lettera A dell'articolo 2 del DM 2 aprile 1968, il dirigente o il responsabile dell’ufficio richiede al Ministero per i beni e le attività culturali apposito parere vincolante circa la restituzione in pristino o la irrogazione della sanzione pecuniaria pari al doppio dell'aumento del valore venale dell'immobile conseguente alla realizzazione degli interventi stessi e comunque in misura non inferiore a 516 euro. Se il parere non viene reso entro sessanta giorni dalla richiesta, il dirigente o il responsabile dell’ufficio provvede autonomamente. In tali casi non trova applicazione la sanzione pecuniaria da 516 a 10.329 euro.

Nel caso in cui l’intervento presenti la “doppia conformità” alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dell’intervento, sia al momento della presentazione della domanda, il responsabile dell’abuso o il proprietario dell’immobile possono ottenere la sanatoria dell’intervento versando la somma, non superiore a 5.164 euro e non inferiore a 516 euro, stabilita dal responsabile del procedimento in relazione all’aumento di valore dell’immobile valutato dall’agenzia del territorio.

Nel caso di presentazione della SCIA in corso di esecuzione dell’intervento, si paga una sanzione di 516 euro.

Da ricordare che la mancata presentazione della SCIA non comporta l'applicazione delle sanzioni penali previste dall'articolo 44 del TUE. Resta comunque salva, ove ne ricorrano i presupposti in relazione all’intervento realizzato, l’applicazione delle sanzioni di cui agli articoli 31, 33, 34, 35 e 44 e dell’accertamento di conformità di cui all’articolo 36.

La fiscalizzazione dell’abuso

Ultimo aspetto da considerare è che, mentre la sanzione demolitoria è l’unica possibilità per gli interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali, negli altri casi a valle dell’ordinanza di demolizione è possibile attivare la “fiscalizzazione dell’abuso edilizio” o “sanzione alternativa alla demolizione”.

Questa sanzione alternativa è normata da 3 articoli del TUE con effetti differenti:

  • l'art. 33, comma 2, relativo agli interventi di ristrutturazione edilizia in assenza di permesso di costruire o in totale difformità;
  • l'art. 34, comma 2, relativo agli interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire;
  • l’art. 38, commi 1 e 2, relativo agli interventi eseguiti in base a permesso annullato.

Nei primi due casi, al pagamento della sanzione alternativa non corrisponde la sanatoria dell’abuso che resta tale ma solo “tollerato” (con tutte le conseguenze del caso).

Nel terzo caso (interventi eseguiti in base a permesso annullato) l'integrale corresponsione della sanzione pecuniaria irrogata produce i medesimi effetti del permesso di costruire in sanatoria.

Sulla sanzione alternativa alla demolizione si è recentemente espressa l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con la sentenza 8 marzo 2024, n. 3 che ha chiarito due aspetti:

  • con l’espressione “data di esecuzione dell’abuso”, deve intendersi il momento di realizzazione delle opere abusive;
  • ai fini della sanzione alternativa ai sensi dell’art. 33, comma 2, del d.P.R. n. 380 del 2001, deve procedersi alla determinazione della superficie convenzionale ai sensi dell’art. 13 della legge n. 392/1978 ed alla determinazione del costo unitario di produzione, sulla base del decreto aggiornato alla data di esecuzione dell’abuso. Il costo complessivo di produzione, dato dalla moltiplicazione della superficie convenzionale con il costo unitario di produzione, va attualizzato secondo l’indice ISTAT del costo di costruzione.
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