Permesso in sanatoria: no all’annullamento in autotutela oltre i limiti consentiti
Tar Lazio: il potere di autotutela della Pubblica Amministrazione non può fondarsi sic et simpliciter sulla sopravvenienza di un elemento ostativo
Una concessione edilizia in sanatoria ottenuta in base ad una falsa o comunque erronea rappresentazione della realtà materiale, può essere annullata in autoutela dalla P.A., ritirando l'atto stesso senza necessità di esternare alcuna particolare ragione di pubblico interesse che, in tale ipotesi, deve ritenersi sussistente in re ipsa, non potendo, peraltro in questo caso neppure configurarsi un affidamento tutelabile. Diversamente, il procedimento ex art. 21 nonies della legge n. 241/1990, è illegittimo, confermando l’intervenuta sanatoria sugli abusi.
Annullamento permesso in autotutela: quando è illegittimo?
A spiegarlo è la sentenza del TAR Lazio dell’8 aprile 2024, n. 6789 con cui è stato accolto il ricorso contro l’annullamento in autotutela della concessione edilizia relativa a un cambio di destinazione d’uso da industriale a commerciale di un immobile sito in una zona plurivincolata.
Il condono era stato rilasciato “a condizione” che venissero ottemperate le prescrizioni contenute nel nulla osta emesso della Regione Lazio nel 1988. Dopo la concessione del condono, avvenuta nel 2013sono pervenuti all’amministrazione comunale, su richiesta dell’ente, i pareri negativi degli enti preoposti alle tutele dei vincoli, che ha portato all'annullamento in autotutela nel 2016.
Secondo il ricorrente l’annullamento in autotutela sarebbe illegittimo in quanto il riesame sarebbe stato esercitato in un termine assolutamente irragionevole, senza peraltro motivare in ordine alle esigenze di interesse pubblico che ne avrebbero giustificato la rimozione e considerato anche che le prescrizioni contenute nel nulla osta, in realtà, sarebbero state rispettate, avendo il titolare della concessione edilizia richiesto il parere nel giugno del 1989 senza che la Soprintendenza mai si pronunciasse a riguardo. Per altro la presenza di vincoli non sarebbe stata ostativa alla sanatoria di un cambio di destinazione d’uso con realizzazione di opere meramente interne.
Sulla questione, il TAR ha premesso che il condono non risulta affatto essere stato espressamente condizionato al rilascio del parere favorevole dell’ente tutorio, ma che esso richiamava esclusivamente un atto d’obbligo notarile che qualificava l’opera come precaria e rimovibile a semplice richiesta dell’amministrazione.
Potere di autotutela: condizioni per il suo esercizio
Il potere di autotutela, nel caso di specie, non può fondarsi sic et simpliciter sulla sopravvenienza di un elemento ostativo, non esplicitato nell’atto, che avrebbe dovuto, al più, essere acquisito preventivamente dall’ente, “a detrimento del legittimo affidamento maturato dal privato, penalizzato da tale atipica e non preventivabile inversione procedimentale”.
L’atto, continua il giudice, era carente di un’indicazione circa l'esistenza di un interesse pubblico, attuale e concreto al ritiro della sanatoria, ulteriore e diverso dal mero ripristino della legalità, oltre che prevalente rispetto al summenzionato affidamento.
Infatti, soltanto quando una concessione edilizia in sanatoria è stata ottenuta dall'interessato in base ad una falsa o comunque erronea rappresentazione della realtà materiale, è consentito alla P.A. di esercitare il proprio potere di autotutela, ritirando l'atto stesso senza necessità di esternare alcuna particolare ragione di pubblico interesse che, in tale ipotesi, deve ritenersi sussistente in re ipsa, non potendo, peraltro, in siffatte evenienze neppure configurarsi un affidamento tutelabile.
Inoltre il tempo trascorso impone una valutazione di congruità rimessa al vaglio del giudice: ad avviso del Collegio, il termine intercorso tra la concessione del condono e l’esercizio del potere di autoannullamento (circa tre anni) non può considerarsi ragionevole, in considerazione del fatto che dalla lettura del provvedimento annullato dall’amministrazione non era possibile scorgere, secondo canoni di ordinaria diligenza, alcuna ragione di illegittimità e neppure la sussistenza di elementi che ne condizionassero l’efficacia, rientrando così nell’ipotesi in cui “un'immotivata e protratta inerzia, seguita da un improvviso e ingiustificato revirement connota di sicura negatività la valutazione del tempo trascorso”.
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Sentenza