Decreto taglia cessioni: negativa la valutazione di ANCE

In audizione al Senato l’Associazione Nazionale Costruttori Edili (ANCE) ha espresso il suo disappunto sul Decreto Legge n. 39/2024 che mette fine alle opzioni alternative

di Redazione tecnica - 15/04/2024

Benché le recenti dichiarazioni del Ministro dell’Economia e delle Finanze non lascino margini di intervento, è entrato nel vivo il percorso di conversione del Decreto Legge 29 marzo 2024, n. 39 (Decreto taglia cessioni), con il classico giro di audizioni al Senato.

Decreto taglia cessioni: le audizioni in Senato

Nella seduta del 9 aprile 2024 (ricordiamo che la scadenza per la conversione è fissata al 28 maggio 2024) sono stati ascoltate diverse associazioni e soggetti interessati, tra cui l’Associazione Nazionale Costruttori Edili (ANCE) la cui valutazione complessiva sul provvedimento d’emergenza del Governo risulta essere sostanzialmente negativa.

In particolare, ANCE si è espressa sui primi due articoli del Decreto Legge:

  • art. 1 - Modifiche alla disciplina in materia di opzioni per la cessione dei crediti o per lo sconto in fattura;
  • art. 2 - Modifiche alla disciplina in materia di remissione in bonis.

Nei seguenti paragrafi l’analisi delle singole disposizioni e la valutazione dei costruttori edili.

Stop alle opzioni alternative per Enti del terzo settore e interventi con CILAS dormienti

Relativamente all’art. 1 del Decreto Legge n. 39/2024, ANCE rileva che in questo modo viene modificato retroattivamente il sistema di eccezioni dell’art. 2 del Decreto Legge n. 11/2023 (Decreto cessioni) che consentiva l’utilizzo delle opzioni alternative (sconto in fattura e cessione del credito) ad alcune fattispecie.

Una modifica che avrebbe chiari effetti su una serie di situazioni “in corso” che si erano legittimamente venute a creare a seguito delle deroghe introdotte lo scorso anno.

In particolare, ricordiamo che l’art. 1, comma 1, del nuovo D.L. n. 39/2024, interviene:

  • eliminando la possibilità di utilizzare le opzioni alternative per gli enti del terzo settore;
  • limitando a 400 milioni di euro le opzioni alternative per gli interventi effettuati sugli immobili danneggiati dagli eventi sismici verificatisi nelle regioni Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria interessati dagli eventi sismici verificatisi il 6 aprile 2009 e a far data dal 24 agosto 2016.

Il successivo comma 2 prevede un nuovo sistema di eccezioni limitato ai soggetti beneficiari di cui all’art. 119, comma 9, lettere c) (IACP, il cui accesso al superbonus è comunque terminato), d) (cooperative di abitazione a proprietà indivisa) e d-bis) (enti del terzo settore), del D.L. n. 34/2020 (Decreto Rilancio).

Nel nuovo sistema di eccezioni, i su-richiamati soggetti potranno continuare ad utilizzare le opzioni alternative solo se entro il 30 marzo 2024:

  • risulti presentata la CILAS, se gli interventi sono agevolati dal superbonus e sono diversi da quelli effettuati dai condomini;
  • risulti adottata la delibera assembleare che ha approvato l’esecuzione dei lavori e risulti presentata la CILAS, se gli interventi sono agevolati dal superbonus e sono effettuati dai condomini;
  • risulti presentata l'istanza per l'acquisizione del titolo abilitativo, se gli interventi sono agevolati dal superbonus e comportano la demolizione e la ricostruzione degli edifici;
  • risulti presentata la richiesta del titolo abilitativo, ove necessario, se gli interventi sono diversi dal superbonus;
  • siano già iniziati i lavori oppure, nel caso in cui i lavori non siano ancora iniziati, sia stato stipulato un accordo vincolante tra le parti per la fornitura dei beni e dei servizi oggetto dei lavori e sia stato versato un acconto sul prezzo, se gli interventi sono diversi da quelli agevolati dal superbonus e per i medesimi non è prevista la presentazione di un titolo abilitativo.

Importantissimo è il contenuto del comma 5, art. 1, del D.L. n. 39/2024, che blocca l’utilizzo delle opzioni alternative sia per il superbonus che per gli altri bonus edilizi, agli interventi per i quali entro il 30 marzo 2024 “non è stata sostenuta alcuna spesa, documentata da fattura, per lavori già effettuati”.

La valutazione di ANCE

Per quanto riguarda le ONLUS e gli altri enti del terzo settore, rientranti nella nuova stretta, occorre tener conto che eliminare la facoltà di trasferire i crediti d'imposta tramite la cessione del credito e lo sconto in fattura equivale all’eliminazione dell’incentivo, stante la scarsa capienza d’imposta, che non consente l’utilizzo dei bonus in forma di detrazione.

Per tali soggetti, infatti, l’opzione per i meccanismi della cessione del credito d’imposta o per lo sconto in fattura è stato lo strumento cardine di utilizzo del Superbonus e, quindi, di avvio delle iniziative edilizie. Pertanto, il divieto di cessione del credito e, ancor di più, dell’opzione dello sconto in fattura comprometterà la fattibilità degli interventi già avviati, ostacolandone la concreta esecuzione.

Molto critica appare poi la norma che, con effetto retroattivo, elimina le suddette opzioni per gli interventi di efficientamento energetico e antisismico in corso o già programmati al 17 febbraio 2023 e per i quali era ancora consentita la possibilità di optare per la cessione del credito e per lo sconto in fattura in base a quanto stabilito dal precedente DL 11/2023 – legge 38/2023.

In queste ipotesi, infatti, viene imposta l'ulteriore condizione legata al sostenimento di qualche "spesa, documentata da fattura, per lavori già effettuati" entro il 30 marzo 2024.

Tale disposizione incide pesantemente sulla posizione di tutti quei soggetti che, al 30 marzo scorso, avevano già pagato acconti ma dovevano ancora iniziare l’intervento già concordato e autorizzato dal punto di vista edilizio-urbanistico, nonché di quelli che, al contrario, pur avendo avviato i lavori alla medesima data, non avevano ancora pagato spese o ricevuto fatture, perché in attesa di raggiungere la percentuale minima di esecuzione dei lavori (30%) richiesta dalla norma per emettere il primo SAL con applicazione dello sconto in fattura, o per poter cedere il credito d’imposta.

Le nuove regole ledono sia gli operatori e le imprese coinvolte nei lavori, sia le famiglie beneficiarie delle agevolazioni, tenuto conto che viene del tutto cancellata la possibilità di optare per la cessione del credito e per lo sconto in fattura in relazione a lavori già assentiti da provvedimenti edilizi validamente presentati da oltre 1 anno ed oggetto di pattuizione contrattuale, con previsione delle forme alternative di utilizzo dei bonus.

Infatti, la norma colpisce, da un lato, tutte le situazioni in cui, pur in assenza di pagamento di spese da parte dei beneficiari e di avvio materiale dei lavori, le imprese esecutrici, sulla base degli appalti a loro affidati e delle CILAS presentate, avevano comunque già provveduto a porre in essere le operazioni propedeutiche all’avvio degli interventi medesimi, concludendo accordi vincolanti per l’acquisizione di beni e servizi o con i professionisti e i tecnici che, per obbligo di legge, devono intervenire nei lavori medesimi.

Dall’altro, viene compromessa anche la posizione dei beneficiari dei bonus, che erano in attesa di raggiungere la percentuale minima di esecuzione dell’intervento (30%) per poter effettuare il primo SAL utile per la cessione del credito o per lo sconto in fattura.

Tali soggetti si vedono oggi del tutto cancellata la possibilità di fruire delle suddette forme alternative di utilizzo dei bonus, subendo l’evidente contraddizione normativa che, da una parte, impone di attendere l’esecuzione di almeno il 30% dei lavori per poter optare per lo sconto o per la cessione del credito e, all’altra, elimina tali opzioni proprio per chi era in attesa di raggiungere la percentuale minima di realizzazione dei lavori per poterle legittimamente esercitare.

Pur comprendendo l’intenzione del Governo di colpire le cd “CILAS dormienti”, presentate da oltre un anno solo per conservare il diritto alla cessione del credito, occorre salvaguardare tutti i lavori per i quali, al 30 marzo, siano stati già assunti impegni di spesa riferibili ai contratti d’appalto stipulati anteriormente a tale data.

Proposta di modifica e/o integrazione

Occorre intervenire su quanto previsto dall’art.1, comma 5 del DL, ammettendo le opzioni per la cessione del credito e per lo sconto in fattura anche se i lavori non siano stati materialmente avviati al 30 marzo 2024, ma a tale data siano state comunque sostenute spese o dai soggetti beneficiari o dalle imprese e fornitori per acquisire beni o servizi inerenti ai lavori da realizzare.

Lo stop per gli interventi nelle zone terremotate

L’art. 1, comma 1, lettere b) e c), e comma 3 del nuovo D.L. n. 39/2024, consente l’utilizzo delle opzioni alternative per gli interventi effettuati sugli immobili danneggiati dagli eventi sismici verificatisi nelle regioni Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria interessati dagli eventi sismici verificatisi il 6 aprile 2009 e a far data dal 24 agosto 2016. Questa nuova deroga è, però, limitata nel limite di 400 milioni di euro per l’anno 2024 di cui 70 milioni per gli eventi sismici verificatesi il 6 aprile 2009. Soglia che dovrà essere verificata dal Commissario straordinario sulla base dei dati resi disponibili sul Portale nazionale delle classificazioni sismiche gestito dal Dipartimento Casa Italia della Presidenza del Consiglio dei ministri.

Superato tale importo, il cui monitoraggio spetta al Commissario Straordinario, non è più ammessa la cessione del credito e lo sconto in fattura. In ogni caso, l’eliminazione non ha effetti retroattivi, perché vengono salvaguardati gli interventi già autorizzati alla data di entrata in vigore delle nuove norme.

Come rilevato da ANCE, al di fuori di tali casi (come, ad esempio, per gli immobili danneggiati da eventi sismici dal 1° aprile 2009 in cui sia stato dichiarato lo stato di emergenza nelle regioni Molise, Emilia-Romagna, Campania e Sicilia, e per quelli interessati dagli eventi metereologici delle Marche e della Romagna), si potrà comunque continuare ad usufruire della cessione e dello sconto in fattura se, al 30 marzo 2024:

  • risulti presentata la CILAS e, per i condomini, anche adottata la delibera di approvazione dei lavori;
  • risulti presentata l’istanza per l’acquisizione del titolo abilitativo in caso di demolizione e ricostruzione.

La valutazione di ANCE

La norma riporta le suddette condizioni, non tenendo in considerazione il fatto che, in gran parte delle aree del sisma, il titolo edilizio abilitativo dei lavori di ricostruzione è la SCIA, o il permesso di costruire in caso di demolizione e ricostruzione e non la CILAS. In più, non si tiene conto della complessità e specificità delle procedure di autorizzazione agli interventi di ricostruzione e di concessione del contributo pubblico. È pertanto necessario che, quantomeno in sedi di chiarimenti amministrativi, il riferimento alla CILAS contenuto nell’attuale normativa venga coordinato con le specifiche autorizzazioni e procedure previste per gli interventi di ricostruzione nelle aree del sisma.

Si valuta, inoltre, negativamente l’esclusione di alcuni territori dai fondi stanziati dal decreto, considerato che molti interventi, seppur non avviati, erano stati comunque già programmati e resi fattibili proprio grazie alla possibilità di utilizzare questi strumenti alternativi alla detrazione. Così si rischia una pericolosa battuta d’arresto dei lavori, in zone in cui la ricostruzione in chiave antisismica rappresenta una priorità.

Inoltre, con l'obiettivo di prevedere un trattamento omogeneo tra le diverse regole che governano i diversi processi di ricostruzione, appare opportuno prevedere che la deroga prevista per gli interventi di ricostruzione sia garantita anche a quelli per i quali sia stata presentata la richiesta di contributo di ricostruzione, indipendentemente dalla presenza di un titolo abilitativo.

La disposizione attualmente prevista nel decreto in commento (art. 1, co. 3), infatti, penalizzare quei territori nei quali alla domanda di contributo non è necessario allegare la documentazione per il rilascio del titolo edilizio.

Stop alle opzioni alternative per il bonus 75% barriere architettoniche

L’art. 1, comma 4, del D.L. n. 39/2024 opera una nuova stretta sull’utilizzo delle opzioni alternative per il bonus 75% barriere architettoniche. Con questa disposizione viene previsto che su questo bonus edilizio le opzioni possono continuare ad applicarsi alle spese sostenute successivamente al 31 dicembre 2023 soltanto in relazione agli interventi per i quali entro il 30 marzo 2024:

  • risulti presentata la richiesta del titolo abilitativo, ove necessario;
  • siano già iniziati i lavori oppure, nel caso in cui i lavori non siano ancora iniziati, sia già stato stipulato un accordo vincolante tra le parti per la fornitura dei beni e dei servizi oggetto dei lavori e sia stato versato un acconto sul prezzo, se per gli interventi non è prevista la presentazione di un titolo abilitativo.

La valutazione di ANCE

Le nuove regole intervengono su un’agevolazione, il cd. Bonus Barriere architettoniche, su cui era già intervenuto di recente il DL 212/2023 che ne aveva ridotto sensibilmente l’ambito applicativo ed imposto un primo blocco alla possibilità di optare per la cessione del credito e per lo sconto in fattura per tutti i contribuenti, diversi dai condomini e dalle persone fisiche proprietarie di unifamiliari adibite ad abitazioni principali e con “quoziente familiare” ≤ 15 mila euro. Anche questi ultimi, adesso, vengono interessati dall’ulteriore stretta prevista dal DL 39/2024.

Di fatto viene fortemente limitata la possibilità di utilizzare questo tipo di agevolazione per interventi con una riconosciuta valenza sociale, senza introdurre alcuna deroga neanche in caso di beneficiari con disabilità riconosciuta e idoneamente attestata.

Stop alla remissione in bonis

Con l’art. 2 del D.L. n. 39/2024, il Governo ha deciso di mettere la parola fine all’utilizzo dell’istituto della remissione in bonis, in relazione all’obbligo di comunicazione all’Agenzia delle entrate dell’esercizio delle opzioni alternative, ivi incluse quelle relative alle cessioni delle rate residue non fruite delle detrazioni riferite alle spese sostenute negli anni precedenti. In questo modo, la comunicazione per l’esercizio delle opzioni relative alle spese sostenute nell’anno 2023 e alle cessioni delle rate residue non fruite delle detrazioni riferite alle spese sostenute negli anni dal 2020 al 2022, è stata consentita se effettuata entro il 4 aprile 2024.

La valutazione di ANCE

Si valuta negativamente la disposizione, pur comprendendone la finalità di fissare al 4 aprile il termine ultimo per la verifica dei conti pubblici, in vista della presentazione del DEF.

Difatti, anche tali disposizioni ledono, ancora una volta, il principio del legittimo affidamento dei contribuenti che contavano su un istituto ampiamente riconosciuto per porre in essere adempimenti tardivi, al fine di non incorrere nella decadenza dalle agevolazioni fiscali.

Ancor più grave appare, poi, l’impossibilità di correggere errori effettuati in buona fede, contenuti in comunicazioni già inviate, per le quali, prima dell’intervento del DL 39/2024, era consentito porre rimedio entro il prossimo 5 maggio 2024 e che oggi, invece, sono anch’essi soggetti al termine perentorio del 4 aprile 2024.

Sarebbe auspicabile, in tal senso, mitigare gli effetti della norma, consentendo sia la “remissione in bonis” per le nuove comunicazioni, sia la correzione di quelle già inviate entro un termine che, seppur stringente, potrebbe essere utilizzato legittimante dai contribuenti per sanare tali situazioni. 

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