Equo compenso per i servizi di architettura e ingegneria: ANAC vuole farlo fuori

Una nota di ANAC inviata al Ministero dell’Economia e delle Finanze e al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti chiede la disapplicazione dell’equo compenso per i servizi di architettura e ingegneria

di Gianluca Oreto - 24/04/2024

Quali siano i limiti di una Autorità di Vigilanza non è ancora chiarissimo. In Italia ne esistono diverse, ognuna con specifiche e differenti competenze oltre che ambiti. Relativamente al mondo dei “contratti pubblici di lavori, servizi e forniture” esiste l’Autorità Nazionale Anticorruzione anche conosciuta come ANAC, la cui mission (leggiamo sul loro portale) è “individuata nell’azione di prevenzione della corruzione in tutti gli ambiti dell’attività amministrativa”.

ANAC: dalla riforma del 2016 a quella del 2023

Con la riforma del 2023 e nel passaggio dal D.Lgs. n. 50/2016 al nuovo Codice dei contratti di cui al D.Lgs. n. 36/2023, le funzioni di ANAC sono state notevolmente ridimensionate. Oggi ad ANAC, ai sensi dell’art. 222 del nuovo Codice dei contratti, compente la vigilanza e il controllo sui contratti pubblici al fine di prevenire e contrastare illegalità e corruzione.

Ai sensi del comma 3 del citato art. 222, nell’ambito dei poteri ad essa attribuiti, tra le altre cose, l’ANAC:

  • segnala al Governo e al Parlamento, con apposito atto, fenomeni particolarmente gravi di inosservanza o di applicazione distorta della normativa di settore;
  • formula al Governo proposte in ordine a modifiche occorrenti in relazione alla normativa vigente di settore.

Non stupisce, dunque, che dalla pubblicazione del nuovo Codice dei contratti ANAC sia già intervenuta con l’Atto di segnalazione 18 ottobre 2023 concernente l’articolo 13 e l’allegato II.4, articolo 2, comma 2, del decreto legislativo 31/3/2023, n. 36. Non stupiscono nemmeno i tanti atti, comunicati, note del Presidente ANAC (le trovate tutte nella sezione “ANAC: Comunicati e Atti del Presidente” dello Speciale Codice Appalti 2023) su parecchi temi tra cui l’applicazione del principio di rotazione, la digitalizzazione, gli obblighi di pubblicità,…

Equo compenso: l’atto ANAC del 27 giugno 2023

Ciò che stupisce, parecchio per chi scrive, è il comportamento di ANAC in relazione al tema dell’equo compenso per i servizi di architettura e di ingegneria negli appalti pubblici. Un argomento parecchio delicato sul quale il Presidente dell’Anticorruzione Giuseppe Busia si era espresso a ridosso dell’operatività del nuovo Codice con l’Atto 27 giugno 2023, affermando “Sull’equo compenso ci sono disposizioni potenzialmente contrastanti e, prima che sorga un contenzioso, Anac sta lavorando per risolvere la questione. Per questo abbiamo investito del problema la Cabina di Regia, in modo che si arrivi a una soluzione concordata, e potenzialmente pure ad un intervento normativo, anche per sminare il rischio di contenzioso”.

In questo intervento ANAC ha concluso di non poter “fornire indicazioni sulla percentuale legittima di ribasso, in quanto sussiste il rischio di individuazione di una nuova soglia minima per i compensi diversa da quella per i compensi fissati dai decreti ministeriali per i professionisti iscritti agli ordini e collegi, con l’ulteriore possibile effetto di trasformare la gara in una gara a prezzo fisso, con la presente si intende segnalare la questione rimettendola alla competente Cabina di Regia presso la Presidenza del Consiglio, al fine di evitare pareri difformi e contenzioso, restando comunque a disposizione per ogni eventuale ulteriore approfondimento in un’ottica di collaborazione istituzionale”.

Nel comunicato stampa allegato all’atto del 23 giugno 2023, il Presidente ANAC Busia afferma che alla luce delle disposizioni presenti all’interno del D.Lgs. n. 36/2023 e della Legge n. 49/2023, si sarebbero potute ipotizzare 3 diverse letture:

  • procedure di gara a prezzo fisso, con competizione limitata alla sola parte tecnica;
  • procedure di gara da aggiudicare secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, in cui l’importo a base d’asta è limitato alle sole spese generali;
  • inapplicabilità della disciplina dell’equo compenso alle procedure di evidenza pubblica, con conseguente ribassabilità dell’intero importo posto a base di gara.

Secondo Busia “Con la prima soluzione, le gare continuerebbero ad essere aggiudicate come in passato, di fatto annullando quanto disposto dalla legge n. 49. Con la seconda soluzione, le gare diverrebbero a prezzo fisso, ovvero la competizione sulle tariffe decadrebbe (affermazione non in linea con i contenuti del DM 17/06/2016, n.d.r). Con la terza soluzione, vi sarebbe la possibilità di ribassare le spese generali (le tariffe professionali diverrebbero equiparabili ai costi della manodopera non ribassabili)”.

Equo compenso: la delibera ANAC del 20 luglio 2023

Successivamente ANAC, con una lettura abbastanza limitata del Decreto Parametri (che non prende in considerazione le differenze tra “compenso” e “spese e oneri accessori”), interviene con la delibera 20 luglio 2023 n. 343 in cui afferma:

“Le tariffe ministeriali, secondo la novella normativa, assurgono a parametro vincolante e inderogabile per la determinazione dei corrispettivi negli appalti di servizi di ingegneria e architettura e l’impossibilità di corrispondere un compenso inferiore rispetto ai suddetti parametri comporta anche la non utilizzabilità dei criteri di aggiudicazione del prezzo più basso e dell’offerta economicamente più vantaggiosa; alla luce del nuovo quadro normativo sembra potersi ipotizzare che le procedure di gara aventi ad oggetto l’affidamento dei servizi tecnici dovrebbero essere costruite come gare “a prezzo fisso”, con competizione limitata alla componente qualitativa”.

Nel caso di specie (che fa riferimento al D.Lgs. n. 50/2016), ANAC ha ritenuto non conforme l’operato di una stazione appaltante che aveva fissato un importo a base di gara per l’affidamento di servizi di architettura e ingegneria, ribassato del 20% rispetto ai parametri ministeriali di cui al citato D.M. 17 giugno 2016, tenuto conto delle novità apportate dalla disciplina dell’equo compenso di cui alla Legge n. 49/2023.

Nulla dice, invece, sulla possibilità di ribasso da parte dei partecipanti.

Equo compenso: la delibera ANAC del 28 febbraio 2023, n. 101

La “querelle” sull’equo compenso, però, non termina qui e con la “stravagante” delibera 28 febbraio 2024, n. 101, ANAC ammette che “i principi di certezza del diritto, legittimo affidamento e dell’autovincolo impediscono che nel caso di specie possa operare l’eterointegrazione del bando di gara e che, per tale via, possa disporsi l’esclusione dei concorrenti che precedono l’istante nelle graduatorie dei lotti 1 e 3 per aver formulato un ribasso incompatibile con la L. 49/2023”.

Secondo ANAC i dubbi applicativi sul coordinamento tra la legge sull’equo compenso e il Codice dei contratti, sul quale aveva proposto 3 diverse soluzioni, porterebbero a ritenere conforme l’operato di una stazione appaltante che, aderendo alla terza proposta di ANAC (inapplicabilità della disciplina dell’equo compenso), avrebbe ritenuto legittimo il ribasso presentato dai concorrenti oltre i parametri fissati dal DM 17/06/2016.

Equo compenso: la sentenza del TAR Veneto 3 aprile 2024, n. 632

Successivamente, però, arriva la sentenza del TAR Veneto 3 aprile 2024, n. 632 che, dopo una attenta ricostruzione delle norme nazionali ed europee, mette fine ad un “dubbio normativo” sollevato da ANAC.

Secondo il TAR, alla luce dei contenuti della Legge n. 49/2023 perfettamente compatibili con i più recenti della Corte di Giustizia della Corte Europea sull’argomento:

  • è ammissibile il ricorso presentato contro l’aggiudicazione di una gara per violazione dell’equo compenso;
  • non si sarebbe alcuno ostacolo all’applicazione della Legge sull’equo compenso anche nelle gare ad oggetto servizi di architettura e ingegneria;
  • la disciplina di gara deve ritenersi essere stata eterointegrata dalla legge n. 49/2023;
  • l’aggiudicazione e gli atti di gara impugnati sarebbero illegittimi in ragione della proposizione di una offerta economica (aggiudicataria) formulata in violazione della legge n. 49/2023;
  • il compenso determinato dall’Amministrazione ai sensi del D.M. 17 giugno 2016 deve ritenersi non ribassabile dall’operatore economico;
  • è possibile ribassare le componenti “spese e oneri accessori”.

I giudici di primo grado, infatti, rilevano che “…l’operatore economico che, in virtù della sua organizzazione d’impresa, dovesse ritenere di poter ribassare componenti accessori del prezzo (ad esempio le spese generali) potrà avvantaggiarsi di tale capacità nell’ambito del confronto competitivo con gli altri partecipanti alla gara, fermo restando il dovere dell’Amministrazione di sottoporre a controllo di anomalia quelle offerte non serie o che, per la consistenza del ribasso offerto su componenti accessorie del prezzo, potranno apparire in buona sostanza abusive, ossia volte ad ottenere un vantaggio indebito traslando su voci accessorie il ribasso economico che, in mancanza della legge n. 49/2023, sarebbe stato offerto sui compensi”.

Si potrebbe concludere con l’affermazione tennistica: game, set, match. E invece no…

Equo compenso: la proposta di emendamento al Decreto Legge n. 19/2024

A ridosso dell’intervento del TAR, in V Commissione (Bilancio) alla Camera dei deputati, nell’ambito della discussione sul disegno di legge di conversione del Decreto Legge 2 marzo 2024, n. 19, viene presentato un emendamento (ritenuto inammissibile) dai deputati Mauro D’Attis e Francesco Cannizzaro (Forza Italia), Dieter Steger e Franco Manes (Misto - Minoranze linguistiche), Silvia Roggiani e Andrea Gnassi (PD), che avrebbe voluto intervenire sulla legge n. 49/2023 con l’inserimento all’art. 2 del nuovo seguente comma 3-bis:

Le disposizioni della presente legge non si applicano alle procedure per l’affidamento dei servizi di ingegneria e architettura, anche nell’ambito di un appalto integrato, nonché degli altri servizi di natura tecnica e intellettuale, disciplinate dal decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36.

Emendamento ritenuto “inammissibile” ma che, come da noi rilevato, avrebbe potuto essere il preludio delle intenzioni delle forze di maggioranza (visto che è stato presentato da FI, oltre che dal PD) di intervenire, magari direttamente in Cabina di regia (che, ricordiamo, è istituita presso la Presidenza del Consiglio dei ministri).

Equo compenso: la nuova Nota di ANAC

Nella mattina di ieri abbiamo appreso da un noto quotidiano di informazione di una nota inviata il 19 aprile al Ministero dell’Economia e delle Finanze e al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, in cui ANAC rimarca la difficoltà (almeno sua) a coordinare al meglio le norme del Codice dei contratti con quelle sull’equo compenso.

Secondo ANAC l’equo compenso non si applicherebbe ai servizi di architettura e di ingegneria perché “si porrebbe in contrasto con il principio di concorrenza, farebbe lievitare i costi e penalizzerebbe i professionisti più giovani e i più piccoli”.

Non siamo potuti andare oltre questa affermazione in quanto ANAC, in spregio proprio al principio di concorrenza e di parità di trattamento oltre che al concetto stesso di trasparenza, non ha pubblicato la nota all’interno del suo portale almeno fino al pomeriggio di ieri, ritenendo di anticiparla solo al noto quotidiano di informazione.

Di seguito la nota integrale di ANAC, certi che la partita sia ancora apertissima nell'attesa di una forte reazione da parte di Associazioni, Consigli Nazionali ed Enti a tutela dei diritti dei liberi professionisti.

Il testo integrale della nota ANAC

La questione è rilevante e necessita di tempestiva soluzione - scrive Anac nel testo inviato anche al Ministro dell’Economia e al Ministro delle Infrastrutture - È estremamente urgente un intervento interpretativo o normativo delle Istituzioni che possa consentire la corretta e uniforme applicazione della normativa di riferimento”.

In mancanza di diverse indicazioni interpretative - si legge nella nota - Anac procederà aderendo alle opzioni regolatorie ritenute più adeguate”.

Requisiti speciali per la partecipazione alle gare

Per quanto riguarda i requisiti speciali per la partecipazione alle gare, Anac “conferma l’esistenza di un vuoto normativo superabile soltanto con un intervento del legislatore. Nel frattempo, l’Autorità ritiene opportuno invitare le stazioni appaltanti ad adottare comportamenti volti a favorire la massima partecipazione e a scongiurare l’adozione di comportamenti discriminatori”. Sempre nell’ottica del favor partecipationis, l’Autorità ritiene opportuno “far riferimento, nell’individuazione dei requisiti di partecipazione, alle indicazioni fornite nelle Linee guida n. 1 e al dettato del codice, secondo cui “le stazioni appaltanti e gli enti concedenti possono introdurre requisiti speciali, di carattere economico-finanziario e tecnico-professionale, attinenti e proporzionati all’oggetto del contratto, tenendo presente l’interesse pubblico al più ampio numero di potenziali concorrenti e favorendo, purché sia compatibile con le prestazioni da acquisire e con l’esigenza di realizzare economie di scala funzionali alla riduzione della spesa pubblica, l’accesso al mercato e la possibilità di crescita delle micro, piccole e medie imprese".

Disciplina sull’equo compenso

L’Autorità ritiene che “i due ambiti normativi (codice dei contratti pubblici e legge n. 49/2023) vadano adeguatamente coordinati tra loro, accedendo ad una soluzione interpretativa che eviti l’insorgere di contrasti. Nel definire il rapporto esistente tra i due sistemi, occorre infatti considerare che la Legge n. 49/2023, sebbene successiva al Codice, non ha derogato espressamente allo stesso, ai sensi del relativo art. 227, e pertanto la stessa si applica ai contratti pubblici nell’ambito della relativa disciplina. D’altra parte, lo stesso art. 3, co. 3 della Legge n. 49/2023 stabilisce che non sono nulle le clausole che riproducono disposizioni di legge ovvero che riproducono disposizioni o attuano principi europei”.

Occorre inoltre evidenziare che anche il codice dei contratti pubblici già persegue la finalità sottesa alla legge n. 49/2023 - scrive Anac nella nota - pur dovendo naturalmente orientarsi nel rispetto del diritto europeo e dei principi generali in esso declinati, oltre che con modalità adeguate al meccanismo della gara pubblica. È prevista l’applicazione di specifici meccanismi volti a scongiurare la presentazione di offerte eccessivamente basse e, quindi, non sostenibili (la disciplina sull’anomalia dell’offerta, la possibilità di prevedere un’appropriata ponderazione tra punteggio qualitativo ed economico, la possibilità di utilizzare formule per il punteggio economico che disincentivino eccessivi ribassi)

Così interpretato, il quadro normativo di riferimento appare coerente sia a livello nazionale che a livello europeo. Sotto quest’ultimo profilo occorre considerare che l’articolo 3, comma 3, della Legge n. 49/2023 fa salve dalla sanzione della nullità le clausole che prevedono l’applicazione di compensi inferiori ai minimi tabellari in quanto riproduttive di disposizioni di legge (tra cui rientrano le disposizioni comunitarie e nazionali in materia di contratti pubblici) o attuative di principi europei (tra cui il principio di concorrenza)”.

Appare opportuno evidenziare, altresì, che la previsione di tariffe minime non soggette a ribasso rischia di porsi in contrasto con il diritto euro-unitario, che impone di tutelare la concorrenza. Come chiarito dalla Corte di Giustizia con la sentenza del 4/7/2019, Causa C-377/2017, infatti, in materia di compensi professionali, l'indicazione delle tariffe minime e massime è vietata in quanto incompatibile con il diritto dell'Unione Europea, ma sono comunque ammesse deroghe per motivi di interesse pubblico, come la tutela dei consumatori, la qualità dei servizi e la trasparenza dei prezzi, posizione confermata dalla successiva sentenza del 25/1/2024, Causa C-438/2022 secondo cui le tariffe minime relative al  compenso professionale degli avvocati devono essere disapplicate in quanto contrastanti con il principio di concorrenza”.

È inoltre opportuno evidenziare che la legge n. 49/2023 è applicabile ai rapporti professionali aventi ad oggetto prestazioni d'opera intellettuale di cui all'art. 2230 del Codice civile (contratto d'opera caratterizzato dall'elemento personale nell’ambito di un lavoro autonomo) e più in generale a tutti quei rapporti contrattuali caratterizzati dalla posizione dominante del committente, in cui è necessario ripristinare l’equilibrio sinallagmatico. I contratti pubblici aventi ad oggetto la prestazione di servizi di ingegneria e architettura, invece, sono normalmente riconducibili ai contratti di appalto ex articolo 1655 del Codice civile, con cui una parte assume l’organizzazione dei mezzi necessari e la gestione a proprio rischio”.

Nel merito si ritiene utile considerare che la concorrenza sul prezzo, in ogni sua componente, rappresenta un elemento essenziale per il corretto dispiegarsi delle dinamiche concorrenziali delle gare pubbliche e che l’eventuale limitazione alle sole spese generali o all’elemento qualitativo rischierebbe di introdurre di fatto una barriera all’ingresso per gli operatori, più giovani, meno strutturati e di minore esperienza”.

Sotto il profilo della spesa pubblica, l’Autorità ritiene ulteriormente necessario mettere in evidenza che, ai sensi dell’articolo 13 della Legge n. 49/2023, dall’attuazione della stessa legge “non devono derivare, nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica”, circostanza che, invece, si realizzerebbe in caso di gare a prezzo fisso. L’opzione individuata consente di mantenere il quadro economico finanziario della programmazione che è già stata fatta per gli investimenti del Pnrr, quadro economico -finanziario che invece rischierebbe di essere compromesso, con evidenti ricadute sui tempi di attuazione ed aumento del contenzioso, in caso di valutazioni diverse. Considerazioni analoghe possono essere effettuate anche per gli investimenti non legati al Pnrr”.

Infine – aggiunge ancora Anac - va considerato che l’applicazione dell’articolo 3, comma 5, della richiamata legge n. 49/2023, che ammette il ricorso al giudice civile per contestare l’affidamento ad un prezzo inferiore rispetto a quello definito in ossequio all’allegato I.13 del d. lgs 36/2023, oltre a determinare una sovrapposizione con i poteri e le competenze delle stazioni appaltanti in termini di verifica della congruità delle offerte, produrrebbe una situazione di assoluta instabilità e incertezza sull’affidamento e sulle relative condizioni, con evidenti ripercussioni sulla spesa pubblica. In particolare, l’esito positivo del giudizio ordinario comporterebbe la necessaria modifica del quadro economico finanziario dell’intervento, con conseguenti ricadute, anche sulla capacità di spesa futura, che appaiono tanto più evidenti per gli interventi finanziati con i fondi del Pnrr”.

© Riproduzione riservata