Equo compenso per Architetti e Ingegneri: nessun contrasto con le norme Europee

Anche il TAR Lazio esclude il disallineamento tra la Legge n. 49/2023 sull’equo compenso e il D.Lgs. n. 36/2023 (Codice dei contratti) o contrasto con le norme Europee

di Gianluca Oreto - 03/05/2024

È vero che due indizi non fanno ancora una prova, ma nell’annosa questione sull’applicabilità dell’equo compenso ai servizi di ingegneria e architettura, anche il TAR Lazio ne conferma l’allineamento con il Codice dei contratti e con le norme Europee.

La querelle sull’equo compenso: i rilievi dell’ANAC

Il dibattito sull’applicabilità della Legge 21 Aprile 2023, n. 49 (Legge sull’equo compenso) nei rapporti tra il professionista e la pubblica amministrazione (come espressamente previsto all’art. 2, comma 3), trae le sue origini con l’Atto 27 giugno 2023 all’interno del quale l’Autorità Nazionale Anticorruzione aveva rilevato che “Sull’equo compenso ci sono disposizioni potenzialmente contrastanti e, prima che sorga un contenzioso, Anac sta lavorando per risolvere la questione. Per questo abbiamo investito del problema la Cabina di Regia, in modo che si arrivi a una soluzione concordata, e potenzialmente pure ad un intervento normativo, anche per sminare il rischio di contenzioso”.

Successivamente, con la delibera 28 febbraio 2024, n. 101, ANAC ha confermato l’operato di una stazione appaltante che, non avendo eterointegrato nel bando i principi della Legge n. 49/2023, non aveva neanche provveduto ad escludere i partecipanti che avevano presentato un’offerta ribassando la quota del compenso calcolata.

Arriviamo, quindi, alla nota del 19 aprile 2024 invita al Ministero dell’Economia e delle Finanze e al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, in cui ANAC non solo mette in dubbio l’allineamento tra la Legge n. 49/2023 e il D.Lgs. n. 36/2023 ma ne evidenzia anche un potenziale contrasto “con il principio di concorrenza” che “farebbe lievitare i costi e penalizzerebbe i professionisti più giovani e i più piccoli”. Secondo ANAC “la previsione di tariffe minime non soggette a ribasso rischia di porsi in contrasto con il diritto euro-unitario, che impone di tutelare la concorrenza”.

Equo compenso: cosa ne pensa il TAR

L’argomento ha già ricevuto una prima pronuncia da parte del TAR Veneto che, con la sentenza 3 aprile 2024, n. 632, dopo una attenta ricostruzione delle norme nazionali ed europee, ha messo la parola “fine” alla paventata ipotesi di contrasto con la normativa Europea in termini di concorrenza, affermando che il principio dell’equo compenso di cui alla Legge n. 49/2023 va eterointegrato ad ogni bando di gara successivo al 20 maggio 2023 (data di entrata in vigore della Legge).

Tesi che è stata confermata anche da TAR Lazio con la sentenza 30 aprile 2024, n. 8580 che costituisce il secondo indizio alla piena applicabilità della disciplina di cui alla Legge n. 49/2023 anche ai bandi di progettazione di cui al D.Lgs. n. 36/2023.

Anche in questo caso il TAR Lazio ha provveduto ad un riepilogo della normativa in esame rilevando che “la legge n. 49/2023, pubblicata nella G.U. 5 maggio 2023, n. 104 (entrata in vigore il 20 maggio 2023), ha riscritto le regole in materia di corrispettivo per le prestazioni professionali, garantendo la percezione di un compenso proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, al contenuto e alle caratteristiche della prestazione professionale, ossia - per quanto qui rileva - conforme ai compensi previsti “per i professionisti iscritti agli ordini e collegi, dai decreti ministeriali adottati ai sensi dell’articolo 9 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27” (art. 1, co. 1, lett. b)”.

Il legislatore - conferma il TAR - ha quindi stabilito la nullità delle clausole che non prevedano un compenso equo e proporzionato all’opera prestata (art. 3), introducendo una nullità relativa o di protezione che consente al professionista di impugnare la convenzione, il contratto, l’esito della gara, l’affidamento, la predisposizione di un elenco di fiduciari o comunque qualsiasi accordo che preveda un compenso iniquo innanzi al Tribunale territorialmente competente in base al luogo in cui ha la residenza, per chiedere la rideterminazione del compenso per l’attività professionale prestata con l’applicazione dei parametri previsti dal decreto ministeriale relativo alla specifica attività svolta”.

Nessun contrasto con il Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE)

Il TAR Lazio conferma che, diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente (che ha contestato la sua esclusione dalla gara per aver presentato un ribasso), non vi è alcun contrasto tra le disposizioni di cui alla Legge n. 49/2023 e la libertà di stabilimento (art. 49 TFUE) o il “diritto di prestare servizi in regime di concorrenzialità” (artt. 101 TFUE e 15 direttiva 2006/123/CE), né “ontologica incompatibilità” tra la stessa legge e la disciplina di cui al d.lgs. n. 36 del 2023.

Con riferimento all’asserita incompatibilità della disciplina dell’equo compenso con il diritto eurounitario, in giurisprudenza si è già condivisibilmente affermato come la prima “non sia in grado di pregiudicare l’accesso, in condizioni di concorrenza normali ed efficaci, al mercato italiano da parte di operatori economici di altri Stati dell’Unione Europea […]. Si tratta […] di un rafforzamento delle tutele e dell’interesse alla partecipazione alle gare pubbliche, rispetto alle quali l’operatore economico, sia esso grande, piccolo, italiano o di provenienza UE, è consapevole del fatto che la competizione si sposterà eventualmente su profili accessori del corrispettivo globalmente inteso (ad esempio, […] sulle spese generali) e, ancor di più sul profilo qualitativo e tecnico dell’offerta formulata. […] il meccanismo derivante dall’applicazione della legge n. 49/2023 è tale da garantire sia dei margini di flessibilità e di competizione anche sotto il profilo economico, sia la valorizzazione del profilo qualitativo e del risultato, in piena coerenza con il dettato normativo nazionale e dell’Unione Europea” (tesi sostenuta proprio dal Tar Veneto con la sentenza n. 632/2024).

Stessa conclusione si arriva richiamando:

  • la sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea 4 luglio 2019 (causa C-377/17) che non afferma la sussistenza di preclusioni assolute, riconoscendo, viceversa, in capo agli Stati Membri il potere di introdurre tariffe minime per le prestazioni professionali che siano non discriminatorie, necessarie e proporzionate alla realizzazione di un motivo imperativo di interesse generale;
  • la sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea 25 gennaio 2024 (causa C-438/22), che ha affermato l’obbligo di rifiutare l’applicazione di una normativa che fissi importi minimi degli onorari degli avvocati.

In quest’ultima pronuncia, infatti, gli importi erano stati determinati dal Consiglio superiore dell’Ordine forense della Bulgaria “in assenza di qualsiasi controllo da parte delle autorità pubbliche e di disposizioni idonee a garantire che esso si comporti quale emanazione della pubblica autorità”. La Corte UE ha cioè ritenuto come tale organismo agisse alla stregua di “un’associazione di imprese, ai sensi dell’articolo 101 TFUE” nel perseguimento di un proprio interesse specifico e settoriale, in un contesto, quindi, del tutto diverso da quello oggetto del presente giudizio, in cui rilevano norme di carattere generale (la l. n. 49/2023 e gli inerenti decreti ministeriali) adottate da autorità pubbliche e, per questo, non sussumibili nell’ambito (soggettivo e oggettivo) di applicazione dell’art. 101 TFUE (rivolto a vietare “tutti gli accordi tra imprese, tutte le decisioni di associazioni di imprese e tutte le pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio tra Stati membri e che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all’interno del mercato interno”).

Nessun disallineamento tra la Legge n. 49/2023 e il D.Lgs. n. 36/2023

Il TAR ha, inoltre, escluso l’ipotizzato (dalla ricorrente e da qualche altro soggetto) “disallineamento” tra la legge n. 49/2023 e il d.lgs. n. 36/2023, alla luce dell’indirizzo secondo cui “un’antinomia può configurarsi in concreto allorché – in sede di applicazione – due norme connettono conseguenze giuridiche incompatibili ad una medesima fattispecie concreta. […] Nell’ipotesi in esame, l’interpretazione letterale e teleologica della legge n. 49/2023 depone in maniera inequivoca per la sua applicabilità alla materia dei contratti pubblici” (tesi affermata dallo stesso TAR Veneto nella citata sentenza n. 632/2024).

Non accolta neanche la tesi di parte ricorrente laddove esclude che “la disciplina dettata dalla L. 49/2023 sia idonea a perseguire il proprio obiettivo anche in materia di appalti pubblici”, in quanto nessuna esigenza di protezione vi sarebbe “quando la prestazione avviene istituzionalmente tramite il libero confronto tra gli operatori” alla “presenza di offerte libere e adeguatamente ponderate da parte degli offerenti” e con la garanzia di “adeguati meccanismi atti proprio ad evitare la presentazione di offerte eccessivamente basse e quindi non sostenibili (anomalia dell’offerta)”.

Su quest’ultimo punto, infatti, i giudici del TAR Lazio ricordano che la Legge n. 49/2023, oltre a perseguire obiettivi di protezione del professionista, mediante l’imposizione di un’adeguata remunerazione per le prestazioni da questi rese, contribuisce, tra l’altro, analogamente al richiamato giudizio di anomalia dell’offerta, a evitare che il libero confronto competitivo comprometta gli standard professionali e la qualità dei servizi da rendere a favore della pubblica amministrazione.

Conclusioni

Secondo il TAR Lazio “Risulta dunque indimostrato che la legge sull’equo compenso venga a collidere con le disposizioni del codice dei contratti pubblici che assicurano il confronto competitivo tra gli operatori; del resto, analoghe perplessità non nutre il ricorrente in relazione ad altre disposizioni parimenti poste a presidio dell’esatto adempimento, come, appunto, quelle in materia di anomalia (la cui finalità è di “evitare che offerte troppo basse espongano l’amministrazione al rischio di esecuzione della prestazione in modo irregolare e qualitativamente inferiore a quella richiesta e con modalità esecutive in violazione di norme, con la conseguente concreta probabilità di far sorgere contestazioni e ricorsi”.

Ancora “La prospettata incompatibilità tra la legge sull’equo compenso e il codice dei contratti pubblici è in ogni caso smentita dal dato testuale”. Da un lato, la legge n. 49/2023 prevede esplicitamente l’applicazione dell’equo compenso alle prestazioni rese in favore della P.A., senza esclusioni, dall’altro lato, l’art. 8 del D.Lgs. n. 36/2023 impone alle pubbliche amministrazioni di garantire comunque l’applicazione del principio dell’equo compenso nei confronti dei prestatori d’opera intellettuale (salvo che in ipotesi eccezionali di prestazioni rese gratuitamente).

L’OEPV nelle gare di progettazione

In linea con la tesi del TAR Veneto, anche il tribunale del Lazio ha confermato che non esiste alcuna incompatibilità neanche con l’art. 108, comma 2 del Codice dei contratti nella parte in cui impone l’applicazione del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa ai contratti relativi all’affidamento dei servizi di ingegneria e architettura e degli altri servizi di natura tecnica e intellettuale di importo pari o superiore a 140.000 euro.

Anche in questo caso, il TAR Lazio ricorda che il compenso del professionista è, infatti, soltanto una delle componenti del “prezzo” determinato come importo a base di gara, al quale si affiancano altre voci, relative in particolare a “spese ed oneri accessori”.

Sul punto il TAR Lazio ricorda la “famosa” delibera ANAC n. 101 del 28 febbraio 2024 che non esclude la legittimità delle tre ipotesi contemplate nel bando-tipo n. 2/2023:

  1. procedura di gara a prezzo fisso in virtù dell’applicazione della l. n. 49/2023 a tutte le voci del corrispettivo posto a base di gara;
  2. procedura di gara da aggiudicare secondo il criterio dell’OEPV, con ribasso limitato alle sole spese generali;
  3. inapplicabilità della disciplina sull’equo compenso, con conseguente ribassabilità dell’intero importo posto a base di gara.

In definitiva, anche il TAR Lazio ha confermato la portata della Legge n. 49/2024. Cosa ne penserà ANAC?

Il comunicato dell’Ordine degli Architetti PPC di Catania

Sulla nota diffusa dall’Autorità Nazionale Anticorruzione era già intervenuto il Presidente dell'Ordine degli Architetti PPC della provincia di Agrigento, Rino La Mendola, a cui si unisce la Presidente dell’Ordine degli Architetti PPC della provincia di Catania, Veronica Leone, secondo la quale “La nota diffusa da ANAC, ipotizzando la disapplicazione dell’equo compenso negli appalti pubblici per l’affidamento di servizi di architettura e ingegneria, rischia di cancellare gli sforzi profusi negli anni dagli Ordini professionali. Sforzi diretti a contrastare l’aumento delle gare fondate su un ribasso dei corrispettivi, che ha mortificato la dignità della nostra professione e fatto calare la qualità dei progetti”.

La nota dell’ANAC - continua la Presidente Leone - potrebbe dar luogo nuovamente ad una corsa ai ribassi, vanificando anni di evoluzioni normative. La legge n.49/2023 sancisce in modo chiaro che le disposizioni si debbano adottare alle prestazioni rese dai professionisti in favore della pubblica amministrazione, non si può tornare indietro. Nei lavori pubblici ci si dimentica che il professionista svolge un lavoro intellettuale. Vogliamo che venga rispettata la dignità della nostra professione, e questo si può ottenere solo elevando la qualità delle prestazioni. Riteniamo che la libera concorrenza, intesa in questo modo, significhi libera mortificazione della professione”.

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