Permesso di costruire: differenza tra varianti e variazioni essenziali
La realizzazione di nuove opere incompatibili con le disposizioni del progetto originariamente autorizzato richiede un titolo nuovo e autonomo
Il permesso di costruire in sanatoria può essere rilasciato esclusivamente se l’intervento, pur essendo stato realizzato senza titolo o in difformità dallo stesso, risulti conforme alla disciplina urbanistico-edilizia vigente sia al momento della realizzazione dell’opera che al momento della richiesta della sanatoria.
In sostanza, viene concesso solo per gli abusi che soddisfino i cosiddetti requisiti di “doppia conformità”, mentre non può essere mai ammesso in relazione ad illeciti edilizi configurabili come variazioni essenziali al progetto originario che abbiano comportato la realizzazione di nuove superfici chiuse e incrementi di volumetria in difformità dagli strumenti urbanistici, neanche se si dovesse trattare della sola copertura delle scale esterne al fabbricato principale.
Permesso di costruire in sanatoria: occhio alle variazioni essenziali
A ribadirlo è il Consiglio di Stato con la sentenza del 16 aprile 2024, n. 3468, con cui Palazzo Spada ha parzialmente respinto il ricorso proposto per l’annullamento del diniego di permesso di costruire per alcune opere definite dal ricorrente come mere varianti in corso d’opera, che invece sono risultate essere delle variazioni essenziali al progetto, in quanto hanno comportato modifiche alla sagoma e incrementi volumetrici non consentiti.
Le varianti infatti sono modificazioni apportate all’opera in fase di realizzazione che, pur non essendo state previste e approvate col progetto originale, non comportano radicali mutamenti rispetto a quello che era l’intervento originario, e possono pertanto essere approvate con una richiesta di permesso in variante, che sarà inteso come accessorio al titolo autorizzativo iniziale.
Al contrario, le variazioni essenziali di cui all’art. 32 del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia), si verificano con la realizzazione di nuove opere che risultano incompatibili con le disposizioni del progetto originariamente autorizzato col permesso di costruire e, pertanto, non possono essere associate a questo, ma richiedono un titolo nuovo e autonomo.
Il caso in esame riguarda un fabbricato oggetto di concessione edilizia approvata nel 2002, per la quale è stato richiesto successivamente un permesso in variante per realizzare una copertura per le scale esterne, nonché per spostare la centrale termica già esistente.
In seguito alla realizzazione dei lavori, il Comune ha emesso ordine di demolizione delle opere oggetto della variante, al quale è seguita una richiesta di sanatoria da parte della ricorrente, che è stata negata e poi impugnata.
Permesso in sanatoria: obbligatoria la doppia conformità
L’accertamento di conformità di cui all’art. 36 del TUE è applicabile esclusivamente per gli abusi edilizi che rispettino la doppia conformità urbanistico-edilizia, dunque la sanatoria non può essere rilasciata per i lavori difformi dalle citate prescrizioni.
In tale ottica, la copertura delle scale effettuata non è configurabile come una tettoia aperta, come sostenuto dalla ricorrente, bensì è stata realizzata una totale chiusura dello spazio, con copertura in muratura di tompagno e muratura perimetrale a delineare l’area pertinenziale.
La copertura totale delle scale ha comportato non solo la creazione di nuovo volume, ma anche il mutamento della sagoma del fabbricato. Il contrasto dell’intervento realizzato con la normativa urbanistica ha reso quindi impossibile il rilascio della sanatoria in relazione alla chiusura delle scale.
Niente permesso di costruire per i volumi tecnici
Il ricorso è stato invece accolto in relazione allo spostamento della centrale termica: come hanno specificato i giudici d’appello, i piccoli manufatti che sono destinati unicamente a contenere impianti tecnologici, infatti, costituiscono un mero volume tecnico che si risolve in un semplice intervento di trasformazione senza generare aumento alcuno di carico territoriale o di impatto visivo.
In particolare, si definisce 'tecnico' il volume non impiegabile né adattabile ad uso abitativo e comunque privo di qualsivoglia autonomia funzionale, anche solo potenziale, perché strettamente necessario per contenere, senza possibili alternative e comunque per una consistenza volumetrica del tutto contenuta, gli impianti tecnologici serventi una costruzione principale per essenziali esigenze tecnico-funzionali della medesima e non collocabili, per qualsiasi ragione, all’interno dell’edificio. Tali possono essere, in via esemplificativa, quelli connessi alla condotta idrica, termica, all’ascensore e simili.
Un tale volume, che va posto in rapporto di strumentalità con l’utilizzo della costruzione, nonché in rapporto di proporzionalità con le esigenze effettive da soddisfare, non è di norma computato nella volumetria massima assentibile.
Documenti Allegati
Sentenza