Direttiva Green: per la riqualificazione edilizia necessari investimenti tra gli 800 e i 1.000 miliardi
La stima nel report di Deloitte: oltre l'80% degli edifici in Italia ha più di 30 anni e il 60% si trova nelle classi energetiche con le peggiori prestazioni
Un impegno economico che oscilla tra gli 800 e i 1.000 miliardi di euro in investimenti. È questa la stima emersa dall’analisi di Deloitte per la riqualificazione del patrimonio edilizio italiano alla luce delle indicazioni della Energy Performance of Buildings Directive, ovvero della Direttiva Green.
Direttiva Green e riqualificazione edilizia: necessari almeno 800 miliardi di euro
Come spiega il report, nel nostro Paese 8 edifici su 10 sono obsoleti e la transizione energetica può da questo punto di vista trasformarsi in un’importante occasione di crescita, fermo restando il supporto necessario alle famiglie per mettere in atto gli interventi.
Secondo Claudio Scardovi, partner Deloitte responsabile per M&A e Private Equity, “È necessario un piano programmatico che coinvolga developer e costruttori, investitori istituzionali e retail e il sistema bancario, con il contributo mirato dello Stato, a supporto del “built environment” del paese e di un settore strategico per la competitività e per il benessere di tutta l’Italia".
Guardando ai dati del report, in Italia sono presenti più di 13 milioni di edifici, di cui circa l’89% ad uso residenziale. Solo il 2% a testa per gli immobili produttivi e commerciali, mentre quelli con altra destinazione d’uso corrispondono a circa il 7% del totale.
Colpisce il dato sull’età degli edifici: oltre l’80% - per la precisione, l’83% - ha più di 30 anni e più della metà (57%) risale addirittura a prima degli anni ‘70. Ed è proprio l’obsolescenza dei fabbricati una delle spinte propulsive della Direttiva Green: il green deal passa infatti dalla riqualificazione energetica degli immobili.
Gli obiettivi della Direttiva Green
Secondo quanto previsto dalla Direttiva (UE) 1275/2024 del Parlamento europeo e del Consiglio del 24 aprile 2024, che entrerà in vigore il 28 maggio 2024, per raggiungere la neutralità climatica nel 2050 sarà necessario operare, tra gli altri interventi, sul patrimonio edilizio degli Stati membri, promuovendo la riqualificazione energetica degli immobili e l’efficientamento energetico, attraverso alcune tappe intermedie.
Ricordiamo quelle più significative:
- entro il 31 dicembre 2030, tutti gli edifici residenziali e non residenziali dovranno ridurre almeno del 16% il consumo medio di energia primaria, rispetto al 2020;
- entro il 1° gennaio 2033, tutti gli edifici non residenziali dovranno ridurre del 26% il consumo medio di energia primaria, rispetto al 2020;
- entro il 31 dicembre 2035, tutti gli edifici residenziali dovranno ridurre di almeno il 20-22% la quota di consumo medio di energia primaria, sempre rispetto al 2020.
- dal 1° gennaio 2028 zero emissioni per gli edifici pubblici di nuova costruzione;
- dal 1° gennaio 2030 zero emissioni per tutti gli edifici di nuova costruzione.
- entro il 31 dicembre 2026, gli edifici pubblici e quelli non residenziali con superficie coperta utile superiore a 250 mq, dovranno essere dotati di un impianto solare.
- entro il 31 dicembre 2027 toccherà agli edifici pubblici, con superficie coperta utile oltre i 2.000 mq e agli edifici non residenziali, con superficie coperta superiore a 500 mq e soggetti a ristrutturazione importante;
- entro il 31 dicembre 2030 tutti gli edifici pubblici esistenti, con superficie utile superiore a 250 mq, dovranno essere dotati di impianti solari;
- la misura scatta invece dal 2029 per tutti i nuovi edifici residenziali e per i nuovi parcheggi coperti.
Tanti quindi gli investimenti da fare, per un importo che oscilla tra 800 e 1.000 miliardi di euro, anche a causa dell’alta percentuale di immobili in classe energetica F e G: in Italia sono oltre il 60%, a fronte del 45% in Germania, del 25% in Spagna e appena il 21% in Francia. A complicare la situazione, sicuramente il freno agli incentivi fiscali posto dal Governo.
L'impatto sul sistema economico e bancario
Come spiega Deloitte, è necessaria una visione sistemica, senza la quale la EPBD potrebbe portare a una serie di impatti e rischi per le banche italiane, tra cui:
- l’aumento dell’esposizione al rischio, con una potenziale svalutazione degli asset a garanzia delle banche e un impatto negativo sui Risk Weighted Assets delle banche e dei «loan to value» dei mutui erogati;
- una limitazione nell’erogazione del credito, con una stretta sulla vendita di prodotti finanziari associati a immobili con alti consumi energetici, alcuni dei quali diventeranno non più affittabili.
- la possibile revisione delle regole Ue per le maggiori banche, che potrebbe avere un maggior impatto per quelle italiane, visto il contesto sistemico peggiore rispetto agli altri Paesi.
La proposta è quindi quella di trasformare i rischi in opportunità, con la realizzazione un processo lungo e articolato che chiama in causa tutti i soggetti in campo – famiglie, imprese, banche e investitori istituzionali – e che deve essere affrontato sotto il profilo tecnico, giuridico e finanziario insieme.
Sul punto, Angela D’Amico, Real Estate Sector Leader di Deloitte Italia, ha sottolineato che l’adeguamento del patrimonio immobiliare alle previsioni della direttiva Green richiederà:
- soluzioni tecniche non solo per i singoli edifici, ma anche a livello infrastrutturale;
- soluzioni giuridiche sia per quanto riguarda gli aspetti amministrativi, sia per quelli connessi alla proprietà che, in ambito residenziale, in Italia è tra le più frazionate in Europa
- il supporto di nuovi strumenti finanziari.
“Su queste basi - conclude D'Amico,- ciò che si prospetta, è una grande opportunità per la trasformazione immobiliare".