Tettoia aperta in area vincolata: impossibile il condono
No alla sanatoria di manufatti di dimensioni consistenti e che modificano sagoma e prospetti e che rientrano nei c.d. "abusi maggiori"
Nelle aree sottoposte a vincoli paesaggistici possono essere suscettibili di condono edilizio esclusivamente le opere minori rientranti nelle categorie della manutenzione straordinaria e del restauro e risanamento conservativo.
Non è possibile invece sanare le opere maggiori che comportino modifiche alla sagoma e ai prospetti del fabbricato preesistente, neanche nel caso in cui dovesse trattarsi solo di una tettoia aperta su tre lati, che quindi non andrebbe a creare un ambiente totalmente chiuso.
Tettoia aperta che modifica sagoma e prospetti: obbligo di permesso
A ribadirlo è la sentenza del TAR Lazio del 3 maggio 2024, n. 8853, che ha rigettato il ricorso proposto contro il diniego dell’istanza di Terzo Condono Edilizio (di cui al DL n. 269/2003, convertito nella Legge n. 326/2003) per la realizzazione di una tettoia di 68 mq aperta su tre lati, all’interno di un’area sottoposta a vincoli paesaggistici e ambientali, ai sensi del D.lgs. n. 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio).
L’art. 32 del decreto-legge che regolamenta il terzo condono dispone appunto, per le aree vincolate, la possibilità di sanare solo gli interventi rientranti nelle Tipologie 4, 5, 6 dell’Allegato 1 dello stesso decreto, mentre preclude la sanatoria per le opere “maggiori”, definite alle Tipologie 1, 2 e 3 dell’Allegato, che ricomprendono rispettivamente:
- le nuove opere realizzate senza titolo o in difformità dallo stesso, non conformi alle prescrizioni urbanistiche;
- le nuove opere senza titolo o in difformità dallo stesso, anche se conformi alle prescrizioni urbanistiche;
- gli interventi di ristrutturazione edilizia di cui all’art 3, comma 1, lettera d) del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia).
Ebbene, nel caso in questione, la tettoia rientra tra gli interventi di ristrutturazione edilizia che non possono essere sanati nelle aree soggette a vincoli.
Difatti, viste le dimensioni notevoli della copertura (pari a 68 mq), l’intervento risulta aver comportato la modifica della sagoma e dei prospetti dell’immobile preesistente nonostante la struttura sia aperta su tre lati, e richiedeva quindi il previo rilascio del permesso di costruire.
Secondo una consolidata giurisprudenza, si chiarisce in proposito che:
- “non sussiste la natura pertinenziale nel caso in cui sia realizzato un nuovo volume, su un’area diversa ed ulteriore rispetto a quella già occupata dal precedente edificio, ovvero sia realizzata un’opera qualsiasi, quale può essere ad esempio una tettoia, che ne alteri la sagoma”;
- “la realizzazione di una tettoia va configurata, sotto il profilo urbanistico, come intervento di nuova costruzione, richiedendo quindi il permesso di costruire, allorché difetti dei requisiti richiesti per le pertinenze e per gli interventi precari”.
Abusi maggiori in aree vincolate: non condonabili a prescindere
L’esistenza di diversi vincoli paesaggistici sull’area di realizzazione della tettoia aperta è dunque un motivo sufficiente per confermare l’efficacia del diniego del condono, stando ai divieti imposti dall’art. 32 della normativa che regolamenta il Terzo Condono, e anche tenendo in considerazione le misure ancor più restrittive disposte dalla Legge regionale del Lazio n. 12/2004 vigente in questo caso.
Questa dispone, in particolare, che non possano essere in alcun modo sanate le opere, realizzate senza titolo o in difformità dallo stesso, non conformi alle norme e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici, che siano state realizzate all’interno di zone vincolate, anche qualora fossero state costruite prima dell’apposizione dei vincoli.
Visto ciò, risulta del tutto irrilevante il fatto che la tettoia sarebbe stata realizzata in concomitanza con l’immobile principale nel 1958, quindi prima dell’apposizione dei vincoli in questione; così come risulta inutile l’accertamento di compatibilità paesaggistica richiesto dalla ricorrente, in quanto l’eventuale parere favorevole dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo non consentirebbe comunque, in questi casi, di superare i rigorosi limiti imposti per la concessione del condono nelle aree vincolate.
Anche la formazione del silenzio-assenso, alla quale si appella la ricorrente, viene infine considerata del tutto infondata.
Difatti - partendo dal presupposto che il silenzio-assenso sull’istanza di condono edilizio può formarsi esclusivamente in presenza di determinate condizioni (avvenuto pagamento dell’oblazione e degli oneri concessori e domanda di sanatoria completa di tutta la documentazione) - in ogni caso, si chiarisce, non può essere applicato in riferimento agli abusi insistenti in area vincolata, per i quali le opere maggiori risultano non condonabili a prescindere, mentre le opere minori suscettibili di sanatoria richiedono comunque il parere espresso dell’Autorità competente.
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Sentenza