Direttiva Green in vigore: cosa succede adesso?
La EPBD è ufficialmente in vigore. Partono adesso i due anni a disposizione degli Stati membri per recepirne le indicazioni
La Direttiva (UE) 2024/1275 del Parlamento europeo e del Consiglio del 24 aprile 2024, comunemente chiamata in Italia “Direttiva Green”, è finalmente in vigore.
Se il percorso che ha portato alla redazione del testo finale è quindi ufficialmente concluso, quello degli Stati membri verso il raggiungimento degli obiettivi posti dalla Energy Performance of Buildings Directive (EPBD) è appena cominciato: adesso ci saranno due anni di tempo per il recepimento delle indicazioni e per presentare il piano strategico sulla riduzione dei consumi e delle emissioni.
Direttiva Green in vigore: le prossime tappe
Ricordiamo che la Direttiva fornisce una “cornice” di riferimento entro cui i Paesi devono muoversi, con un quadro comune generale della metodologia per il calcolo della prestazione energetica degli edifici e per la definizione dei requisiti minimi di prestazione energetica di edifici e unità immobiliari, sia di nuova costruzione che esistenti.
L’obiettivo finale è la decarbonizzazione del patrimonio edilizio entro il 2050, con delle tappe intermedie da tenere in considerazione e che riguardano sia edifici di nuova costruzione che esistenti, distinguendo anche tra quelli residenziali e quelli pubblici.
In generale, si prevedono:
- per gli edifici residenziali, la riduzione del consumo di energia primaria del 16% entro il 2030 e del 20-22% entro il 2035; almeno il 55% della riduzione dovrà coinvolgere il 43% degli immobili con le prestazioni peggiori; dal 2030 tutti gli edifici di nuova costruzione dovranno essere NZEB;
- per gli edifici non residenziali, sarà necessario procedere ridurre del 16% la quota dei consumi entro il 2030 e del 26% entro il 2033; dal 2028, tutti i nuovi edifici pubblici dovranno essere a zero emissioni.
Rimangono esclusi i seguenti edifici:
- a) edifici di proprietà delle forze armate o del governo centrale e destinati a scopi di difesa nazionale, ad eccezione degli alloggi individuali o degli edifici adibiti a uffici per le forze armate e altro personale dipendente dalle autorità preposte alla difesa nazionale;
- b) edifici adibiti a luoghi di culto e allo svolgimento di attività religiose;
- c) fabbricati temporanei con un tempo di utilizzo non superiore a due anni, siti industriali, officine ed edifici agricoli non residenziali a basso fabbisogno energetico, nonché edifici agricoli non residenziali usati in un settore disciplinato da un accordo nazionale settoriale sulla prestazione energetica;
- d) edifici residenziali che sono usati o sono destinati ad essere usati meno di quattro mesi all’anno o, in alternativa, per un periodo limitato dell’anno e con un consumo energetico previsto inferiore al 25 % del consumo che risulterebbe dall’uso durante l’intero anno;
- e) fabbricati indipendenti con una superficie utile coperta totale inferiore a 50 mq.
Pannelli fotovoltaici e caldaie a gas
Tappe serrate anche per l’installazione dei pannelli solari. Nel dettaglio dovranno essere dotati di un impianto solare:
- entro il 31 dicembre 2026, gli edifici pubblici e quelli non residenziali con superficie coperta utile superiore a 250 mq,
- entro il 31 dicembre 2027 gli edifici pubblici, con superficie coperta utile oltre i 2.000 mq e gli edifici non residenziali con superficie coperta superiore a 500 mq e soggetti a ristrutturazione importante;
- entro il 31 dicembre 2030 tutti gli edifici pubblici esistenti, con superficie utile superiore a 250 mq;
- dal 1 gennaio 2029 tutti i nuovi edifici residenziali e i nuovi parcheggi coperti.
Prima novità “pratica”: stop dal 1 gennaio 2025 a qualunque incentivo sulle caldaie alimentate con combustibili fossili, la cui commercializzazione sarà vietata dal 2040.
Il piano di azione e gli incentivi fiscali
Intanto è ora di mettersi al lavoro: entro il 31 dicembre 2025 gli Stati membri dovranno presentare la prima proposta del piano di ristrutturazione e delle linee strategiche da seguire. Ed è qui che si apre un’importante partita a livello interno, considerato che, secondo diverse analisi in Italia la riqualificazione energetica potrebbe riguardare circa 12 milioni di edifici con un investimento stimato tra gli 800 e i 1.100 miliardi di euro.
Cifre che difficilmente potranno essere pagate per intero dalle famiglie senza un supporto dello Stato, motivo per cui sarà necessario (ri)pensare a un sistema di incentivi fiscali sostenibile da entrambe le parti, strutturato e con un orizzonte a medio-lungo termine. La sfida è appena cominciata.