Decreto Salva Casa: comincia alla Camera la conversione in legge. Ecco tutte le disposizioni

Comincia alla Camera dei Deputati il percorso per la conversione in legge del Decreto Legge n. 69/2024 (Salva Casa) che modifica il d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia)

di Redazione tecnica - 06/06/2024

Saranno 60 giorni particolarmente caldi quelli che separano il Decreto Legge n. 69/2024 (Decreto Salva Casa) recante “Disposizioni urgenti in materia di semplificazione edilizia e urbanistica”, dalla sua legge di conversione che dovrà arrivare entro e non oltre il prossimo 28 luglio.

Decreto Salva Casa: la conversione in legge

Benché le disposizioni contenute nel Decreto Salva Casa siano già in vigore dallo scorso 30 maggio (con tutte le conseguenze del caso), non vi è alcun dubbio che il testo uscito da Palazzo Chigi sarà fortemente modificato, integrato e rimaneggiato nei due passaggi tra Camera e Senato.

Il testo è già stato presentato alla Camera e assegnato alla VIII Commissione Ambiente in sede Referente il 29 maggio 2024 con il dettaglio dei suoi contenuti e la consueta relazione tecnica di accompagnamento.

Come annunciato dal Governo “si tratta di disposizioni di carattere urgente e di natura puntuale volte a fornire un riscontro immediato e concreto al crescente fabbisogno abitativo, sostenendo, al contempo, il conseguimento degli obiettivi di recupero del patrimonio edilizio esistente e di riduzione del consumo del suolo. Tali misure intendono, pertanto, offrire una soluzione alle numerose esigenze rappresentate dai soggetti partecipanti al processo edilizio in relazione ai temi predetti”.

Nel dettaglio, si tratta di misure specifiche finalizzate:

  • a rimuovere gli ostacoli – ricorrenti nella prassi – che determinano lo stallo delle compravendite a causa di irregolarità formali;
  • a tutelare anche l'affidamento dei proprietari che, avendo legittimamente acquistato immobili in assenza di irregolarità risultanti da atti pubblici, si trovano nell'impossibilità di alienarli in forza della normativa sopravvenuta;
  • a stimolare un andamento positivo dei valori sia di acquisto sia di locazione dei beni immobili residenziali.

Ragioni di straordinaria necessità e urgenza che hanno l’obiettivo di “sbloccare la situazione di totale stallo in cui oggi versa il mercato immobiliare, fortemente penalizzato dalle incertezze del quadro normativo di settore, che difficilmente consente di dimostrare lo stato legittimo di un immobile, inibendo, conseguentemente, la valorizzazione economica del bene e anche la possibilità di interventi di ristrutturazione edilizia e incremento dell'efficienza energetica”.

Le disposizioni in esame - informa il Governo - trovano fondamento, per un verso, nell'interesse pubblico e privato alla riqualificazione e alla valorizzazione economica degli immobili e delle unità immobiliari interessate da lievi difformità e, per altro verso, nell'interesse dell'intero settore della casa e del mercato delle abitazioni, allo scopo di promuovere il pieno utilizzo degli immobili e delle unità immobiliari che non sono pienamente commerciabili a causa di rigidità amministrative non giustificate da reali esigenze di tutela dell'interesse pubblico”.

Come anticipato, le nuove disposizioni inserite dal Decreto Salva Casa al d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia) “mirano alla salvaguardia dell'interesse alla celere circolazione dei beni, consentendo il recupero e la rigenerazione edilizia, mediante l'adozione di misure di semplificazione volte a favorire, inter alia, la regolarizzazione delle cosiddette «lievi difformità edilizie»”.

L’urgenza di cui parla il Governo è relativa ai “problemi amministrativi evidenziati da molte realtà locali e alle difficoltà segnalate dagli operatori del settore, che testimoniano una preoccupante alterazione delle ordinarie dinamiche dei prezzi degli alloggi anche in ragione della difficoltà di dimostrare lo stato legittimo dell'immobile per problemi legati alla frammentazione della normativa e ai ritardi amministrativi”.

La necessità è, dunque, quella di “rimuovere situazioni di incertezza giuridica in merito allo stato di legittimità degli immobili con riferimento alle cosiddette «lievi difformità» e di garantire il legittimo affidamento dei privati proprietari di immobili rispetto a difformità edilizie a vario titolo tollerate dall'ordinamento, che, tuttavia, non consentono di dimostrare lo stato legittimo dell'immobile”.

Le “lievi difformità” e gli abusi più gravi

Il Governo ha anche chiarito il perimetro delle lievi difformità oggetto dell'intervento normativo:

  • le difformità formali, derivanti da incertezze interpretative della disciplina vigente rispetto alla dimostrazione dello stato legittimo dell'immobile;
  • le difformità edilizie interne (le tolleranze), risultanti da interventi spesso stratificati nel tempo, realizzati dai proprietari dell'epoca in assenza di formale autorizzazione o segnalazione, rendendo oggi difficile comprovare lo stato legittimo dell'unità immobiliare;
  • le difformità che potevano essere sanate all'epoca di realizzazione dell'intervento, ma non sanabili oggi, a causa della disciplina della cosiddetta «doppia conformità» che, richiedendo la conformità alla disciplina edilizia vigente sia al momento di realizzazione dell'intervento sia al momento della richiesta del titolo, non consente di conseguire il permesso o la segnalazione in sanatoria per moltissimi interventi qualificati come parziali difformità, risalenti nel tempo, pur se conformi ai parametri urbanistici.

Il Governo ha sottolineato l’importanza di differenziare le lievi difformità dagli abusi più gravi, consistenti in interventi eseguiti in totale difformità dal permesso di costruire o dalla segnalazione certificata di inizio attività straordinaria ovvero in assenza di tali titoli o con variazioni essenziali al progetto approvato.

Questi ultimi casi (sanabili ai sensi dell’art. 36 del TUE) sono stati esclusi dall'ambito di applicazione del presente intervento normativo che mantiene immutate le misure di prevenzione e di sanzione.

I principali contenuti del pacchetto Salva Casa

Le principali modifiche introdotte dal nuovo pacchetto di semplificazioni riguardano:

  • l’edilizia libera (art. 1, comma 1, lettera a));
  • lo stato legittimo degli immobili (art. 1, comma 1, lettera b));
  • il mutamento della destinazione d'uso in relazione a singole unità immobiliari (art. 1, comma 1, lettera c));
  • la sorte delle opere acquisite dal comune in quanto eseguite in assenza di permesso di costruire ovvero in totale difformità o con variazioni essenziali rispetto a esso (art. 1, comma 1, lettera d));
  • le tolleranze costruttive (art. 1, comma 1, lettera f));
  • il superamento del requisito della cosiddetta «doppia conformità», limitatamente alle parziali difformità dal permesso di costruire o dalla segnalazione certificata di inizio attività di cui all'articolo 34 nonché alle ipotesi di assenza o difformità dalla segnalazione certificata di inizio attività di cui all'articolo 37 del TUE (art. 1, comma 1, lettere g) e h));
  • la disposizione sulle entrate derivanti dall'applicazione dell'articolo 31, comma 5, ultimo periodo, e dell'articolo 36-bis, comma 5, primo periodo, del TUE, prevedendo che queste sono utilizzate, in misura pari ad un terzo, per la demolizione delle opere abusive presenti nel territorio comunale, fatta salva la ripetizione delle spese nei confronti del responsabile, e per la realizzazione di opere e di interventi di rigenerazione urbana, di riqualificazione di aree urbane degradate, di recupero e valorizzazione di immobili e spazi urbani dismessi o in via di dismissione e per iniziative economiche, sociali, culturali o di recupero ambientale (art. 1, comma 2);
  • le nuove disposizioni relative alle strutture amovibili realizzate durante l'emergenza sanitaria del COVID-19 (art. 2).

Nei seguenti paragrafi sono illustrati i contenuti delle predette semplificazioni.

Gli interventi di edilizia libera

L'articolo 1 prevede modifiche puntuali al TUE con la finalità, inter alia, di semplificare la disciplina sul rilascio della documentazione amministrativa inerente allo stato legittimo degli immobili, favorire i cambiamenti di destinazione d'uso ove possibile, stabilire previsioni in materia di tolleranze in relazione alle piccole incongruenze tra il titolo edilizio e lo stato di fatto relative ad interventi realizzati prima dell'entrata in vigore della disposizione e superare l'attuale disciplina sulla doppia conformità relativamente alle parziali difformità.

In particolare, il comma 1, lettera a), introduce modifiche all'articolo 6, comma 1, del TUE finalizzate ad ampliare le categorie di interventi che possono essere eseguiti in regime di edilizia libera, ovverosia gli interventi che non richiedono alcun titolo abilitativo né permesso o comunicazione, in quanto non eccessivamente impattanti.

Trattasi, a titolo esemplificativo, di interventi di manutenzione ordinaria, di installazione di pompe di calore di potenza inferiore a 12 kW, di rimozione di barriere architettoniche e di installazione di vetrate panoramiche amovibili (VEPA) installate su logge e balconi.

Sul punto, la disposizione apporta modifiche alla lettera b-bis), al fine di chiarire che tra gli interventi di edilizia libera rientrano anche la realizzazione e l'installazione di vetrate panoramiche amovibili e totalmente trasparenti (VEPA) dirette ad assolvere a funzioni temporanee di protezione dagli agenti atmosferici, miglioramento delle prestazioni acustiche ed energetiche, riduzione delle dispersioni termiche, parziale impermeabilizzazione dalle acque meteoriche non solo di balconi o di logge ma anche di porticati rientranti all'interno dell'edificio.

Ciò è consentito alle seguenti condizioni:

  1. che tali elementi non configurino spazi stabilmente chiusi con conseguente variazione di volumi e di superfici, come definiti dal regolamento edilizio-tipo, che possano generare nuova volumetria o comportare il mutamento della destinazione d'uso dell'immobile anche da superficie accessoria a superficie utile;
  2. che tali strutture favoriscano una naturale microaerazione che consenta la circolazione di un costante flusso di arieggiamento a garanzia della salubrità dei vani interni domestici e abbiano caratteristiche tecnico-costruttive e profilo estetico tali da ridurre al minimo l'impatto visivo e l'ingombro apparente e da non modificare le preesistenti linee architettoniche.

Pertanto, la disposizione di cui alla lettera a), numero 1), consente di chiarire l'ambito di applicazione della norma e risulta coerente con l'obiettivo della disposizione novellata, che mira al miglioramento delle prestazioni acustiche ed energetiche e alla riduzione delle dispersioni termiche.

Inoltre, il comma 1, lettera a), numero 2), introduce la lettera b-ter), volta ad introdurre una nuova fattispecie di intervento di edilizia libera, recependo l'orientamento giurisprudenziale prevalente in materia. Trattasi in particolare di opere di protezione dal sole e dagli agenti atmosferici la cui struttura principale sia costituita da tende, tende da sole, tende da esterno, tende a pergola con telo retrattile anche impermeabile, tende a pergola con elementi di protezione solare mobili o regolabili, e che sia addossata o annessa agli immobili o alle unità immobiliari, anche con strutture fisse necessarie al sostegno e all'estensione dell'opera. La disposizione precisa che le menzionate opere non possono determinare la creazione di un organismo edilizio rilevante e, comunque, di uno spazio stabilmente chiuso, con conseguente variazione di volumi e di superfici, devono avere caratteristiche tecnico-costruttive e profilo estetico tali da ridurre al minimo l'impatto visivo e l'ingombro apparente e devono armonizzarsi con le preesistenti linee architettoniche.

Lo stato legittimo

Al comma 1, lettera b), sono previste modifiche alla disciplina relativa alla documentazione amministrativa inerente allo stato legittimo degli immobili, contenuta all'articolo 9-bis del TUE.

Al riguardo, si rammenta che l'articolo 9-bis in vigore prevede che lo stato legittimo dell'immobile o dell'unità immobiliare è quello stabilito dal titolo abilitativo che ne ha previsto originariamente la costruzione, ovvero che ne ha legittimato la stessa, e da quello che ha disciplinato l'ultimo intervento edilizio, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali.

Le modifiche proposte sono volte a consentire che lo stato legittimo dell'immobile o dell'unità immobiliare sia stabilito, alternativamente:

  1. dal titolo abilitativo che ne ha previsto la costruzione (o che ne ha legittimato la stessa);
  2. da quello che ha disciplinato l'ultimo intervento edilizio che ha interessato l'intero immobile o l'intera unità immobiliare (a condizione che tale titolo sia stato rilasciato all'esito di un procedimento che abbia verificato l'esistenza del titolo abilitativo che ne ha previsto la costruzione o che ne ha legittimato la stessa), integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali.

Con particolare riferimento all'ipotesi sub b), si intende valorizzare l'affidamento del privato nei casi in cui gli uffici tecnici comunali abbiano nel passato «espressamente accertato» parziali difformità rispetto al titolo edilizio, ma non le abbiano considerate rilevanti (procedendo alla contestazione dell'abuso). Pertanto, è ragionevole disporre che l'amministrazione, in sede di accertamento dello stato legittimo, non possa contestare una difformità che nel procedimento relativo all'ultimo intervento edilizio abbia espressamente considerato tollerabile emanando un provvedimento favorevole al privato.

Tali modifiche consentono di semplificare il riconoscimento dello stato legittimo dell'immobile, soprattutto nei casi in cui si è in presenza di difformità formali, stabilendo che lo stesso possa essere comprovato alternativamente in base al titolo originario che ha permesso la costruzione dell'immobile ovvero a quello conseguito in seguito ad eventuali interventi costruttivi sul medesimo, in tal modo superando le difficoltà riscontrate, a legislazione vigente, nel comprovare lo stato legittimo degli edifici, soprattutto in riferimento agli immobili di passata realizzazione per i quali i titoli abilitativi risalgono ad epoche remote nel tempo, tenendo in considerazione anche il fatto che l'età media degli immobili italiani è tra le più alte in Europa (dalle cifre emerse dalla decima edizione del COIMA Real Estate Forum risulta che gli immobili costruiti da più di sessant'anni sono in Italia il 40 per cento del patrimonio edilizio, mentre negli altri Paesi dell'Unione europea rappresentano, mediamente, appena il 32 per cento).

Per le medesime finalità, si prevede, inoltre, che, previo pagamento delle relative sanzioni od oblazioni, siano compresi tra i predetti titoli abilitativi anche quelli rilasciati o formati in applicazione delle disposizioni concernenti i casi di accertamento di conformità (articoli 36 e 36-bis del TUE) ovvero i casi di interventi eseguiti in base a permesso annullato (articolo 38 del TUE).

Infine, si stabilisce che, ai fini della determinazione dello stato legittimo dell'immobile o dell'unità immobiliare, concorrono:

  1. il pagamento delle sanzioni previste:
    1. per gli interventi di ristrutturazione edilizia in assenza di permesso di costruire o in totale difformità (articolo 33 del TUE);
    2. per gli interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire (articolo 34 del TUE); 3) per gli interventi eseguiti in assenza o in difformità dalla segnalazione certificata di inizio attività e accertamento di conformità (articolo 37 del TUE); 4) per gli interventi eseguiti in base a permesso annullato (articolo 38 del TUE);
  2. la dichiarazione di cui all'articolo 34-bis del TUE, concernente le tolleranze costruttive.

Restano ferme le disposizioni di cui all'articolo 9, comma 1-bis, ai sensi delle quali, per gli immobili realizzati in un'epoca nella quale non era obbligatorio acquisire il titolo abilitativo edilizio, lo stato legittimo è quello desumibile dalle informazioni catastali di primo impianto o da altri documenti probanti, quali le riprese fotografiche, gli estratti cartografici, i documenti d'archivio o altro atto, pubblico o privato, di cui sia dimostrata la provenienza, e dal titolo abilitativo che ha disciplinato l'ultimo intervento edilizio che ha interessato l'intero immobile o unità immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali. Le predette disposizioni si applicano altresì nei casi in cui sussista un principio di prova del titolo abilitativo del quale, tuttavia, non sia disponibile copia.

Resta inteso che la novella introdotta trova applicazione anche nei confronti dei titoli rilasciati antecedentemente alla data di entrata in vigore del decreto-legge.

Il cambio di destinazione d’uso

Il comma 1, lettera c), apporta modifiche all'articolo 23-ter in materia di mutamento d'uso urbanisticamente rilevante, volte ad agevolare i cambi di destinazione d'uso di singole unità immobiliari senza opere, specialmente all'interno delle aree urbane, prevedendo, in particolare, il principio dell'indifferenza funzionale tra destinazioni d'uso omogenee, come individuate dalla legge statale o regionale.

Sul punto, occorre preliminarmente specificare che per «unità immobiliare» si intende «l'elemento minimo inventariabile che ha autonomia reddituale e funzionale, esistente in una particella nell'ambito del catasto dei fabbricati, ferma restando la possibilità di fabbricati costituiti da un'unica unità immobiliare».

Sono stati quindi inseriti dopo il comma 1 dell'articolo 23-ter quattro ulteriori commi (commi 1-bis, 1-ter, 1-quater e 1-quinquies) finalizzati a favorire la già menzionata possibilità di mutamento della destinazione d'uso. In particolare, è sempre consentito il mutamento della destinazione d'uso della singola unità immobiliare, senza opere, nel rispetto delle normative di settore e ferma restando la possibilità per gli strumenti urbanistici comunali di fissare specifiche condizioni, nei seguenti casi:

  1. all'interno della stessa categoria funzionale (articolo 23-ter, comma 1-bis);
  2. tra le categorie funzionali relative alle categorie residenziale, turistico-ricettiva, produttiva e direzionale e commerciale (articolo 23-ter, comma 1, lettere a), a-bis), b) e c)), per una singola unità immobiliare in immobili situati nelle zone A), B) e C) di cui all'articolo 2 del decreto del Ministro per i lavori pubblici n. 1444 del 2 aprile 1968, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 97 del 16 aprile 1968, ovvero nelle zone equipollenti, come definite dalle leggi regionali in materia (articolo 23-ter, comma 1-ter).

In relazione a tale ultima fattispecie, il comma 1-quater specifica ulteriori condizioni. In particolare, si precisa che per le singole unità immobiliari, il mutamento di destinazione d'uso è sempre consentito qualora il mutamento sia finalizzato a conferire all'unità immobiliare la forma di utilizzo conforme a quella prevalente nelle altre unità immobiliari presenti nell'immobile. Inoltre, si dispone che il mutamento non è assoggettato all'obbligo di reperimento di ulteriori aree per servizi di interesse generale, previsto dal citato decreto del Ministro per i lavori pubblici n. 1444 del 2 aprile 1968 e dalle disposizioni di legge regionale, né al vincolo della dotazione minima obbligatoria di parcheggi previsto dalla legge 17 agosto 1942, n. 1150.

La disposizione precisa altresì che, per le unità immobiliari poste al primo piano fuori terra, il passaggio alla destinazione residenziale è ammesso nei soli casi espressamente previsti dal piano urbanistico e dal regolamento edilizio.

Quanto ai profili procedurali, il nuovo comma 1-quinquies stabilisce che, ferme restando le leggi regionali più favorevoli, i cambi di destinazione d'uso di cui ai commi 1-bis e 1-ter sono soggetti alla segnalazione certificata di inizio attività di cui all'articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241.

Trattandosi di disposizioni applicabili al mutamento delle destinazioni d'uso senza opere, restano ferme le disposizioni del TUE nel caso in cui siano previste opere edilizie.

Per finalità di coordinamento con il nuovo comma 1-bis introdotto dalla novella, si dispongono modifiche volte a chiarire che l'efficacia della disposizione di cui al comma 3 (la quale, nella sua formulazione originaria, prevede che «[omissis] il mutamento della destinazione d'uso all'interno della stessa categoria funzionale è sempre consentito») è circoscritta alle ipotesi di mutamento della destinazione d'uso di un intero immobile.

Il procedimento di demolizione degli abusi

Alla lettera d) si modifica l'articolo 31 del TUE in materia di interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire ovvero in totale difformità o con variazioni essenziali rispetto a esso.

Nel dettaglio, in primo luogo, si prevede che l'opera acquisita possa essere demolita purché la demolizione non contrasti, oltre che con rilevanti interessi urbanistici, ambientali o di rispetto dell'assetto idrogeologico, anche con rilevanti interessi culturali e paesaggistici, previo parere delle amministrazioni competenti ai sensi dell'articolo 17-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241.

In secondo luogo, al fine di introdurre una procedura che consenta ai comuni la rimozione delle opere abusive e la successiva valorizzazione del bene o del sedime acquisito al patrimonio del comune, si prevede che, nel caso in cui l'opera non contrasti con rilevanti interessi culturali, paesaggistici, urbanistici, ambientali o di rispetto dell'assetto idrogeologico, il comune (previo parere delle amministrazioni competenti ai sensi dell'articolo 17-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241) possa provvedere all'alienazione del bene e dell'area di sedime (che ai sensi del comma 3 sono acquisiti di diritto gratuitamente al patrimonio comunale), condizionando sospensivamente il contratto all'effettiva rimozione delle opere abusive da parte dell'acquirente.

Su punto, occorre precisare che:

  • l'alienazione deve avvenire nel rispetto delle disposizioni in materia di alienazione degli immobili di proprietà pubblica di cui all'articolo 12, comma 2, della legge 15 maggio 1997, n. 127;
  • alla procedura di alienazione non può partecipare il responsabile dell'abuso.

Il valore venale dell'immobile è determinato dall'agenzia del territorio tenendo conto dei costi necessari per la rimozione delle opere abusive. Va da sé che all'esito della procedura di alienazione e dell'effettiva rimozione delle opere abusive da parte dell'acquirente, quest'ultimo risulterà proprietario dell'area di sedime.

Tale disposizione mira, in primo luogo, ad incentivare l'attività repressiva dei comuni nei riguardi degli immobili abusivi. Si è, infatti, constatato nella prassi che, nonostante la mancata ottemperanza all'ordinanza di demolizione o rimessione in pristino, i comuni tardano ad adottare i successivi provvedimenti, costituiti dall'accertamento dell'inottemperanza e dal provvedimento dichiarativo dell'acquisizione al patrimonio comunale. In secondo luogo, questa disposizione è funzionale ad assicurare la demolizione delle opere abusive, consentendo – nei casi in cui non vi sia contrasto con gli interessi culturali, paesaggistici, ambientali, urbanistici, e di tutela idrogeologica – di alienare il bene ad un privato, il quale provvederà all'eliminazione dell'abuso.

Come si avrà modo di specificare nel prosieguo, l'articolo 1, comma 2, prevede che le somme incamerate dal comune sono comunque utilizzate, in misura pari a un terzo, per la demolizione delle opere abusive presenti nel territorio comunale, fatta salva la ripetizione delle spese nei confronti del responsabile, e per la realizzazione di opere e di interventi di rigenerazione urbana, di riqualificazione di aree urbane degradate, di recupero e valorizzazione di immobili e spazi urbani dismessi o in via di dismissione e per iniziative economiche, sociali, culturali o di recupero ambientale. Il meccanismo individuato risulta conforme ai princìpi affermati dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 140 del 2018, che ha evidenziato lo stretto legame tra l'acquisizione al patrimonio e la demolizione dell'opera abusiva.

Le sanzioni alternative alla demolizione

Alla lettera e) si modifica l'articolo 34, comma 2, del TUE in materia di interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire al fine di prevedere un incremento delle sanzioni, in considerazione della procedura di sanatoria introdotta dal nuovo articolo 36-bis, introdotto dal presente decreto. In particolare, il richiamato articolo 34, nel testo vigente, prevede che, quando la demolizione non può avvenire senza pregiudizio della parte eseguita in conformità, il dirigente o il responsabile dell'ufficio applica una sanzione pari al doppio del costo di produzione, stabilito in base alla legge 27 luglio 1978, n. 392, della parte dell'opera realizzata in difformità dal permesso di costruire, se ad uso residenziale, e pari al doppio del valore venale, determinato a cura dell'agenzia del territorio, per le opere adibite ad usi diversi da quello residenziale.

Orbene, in ragione delle modifiche introdotte dal comma 1, lettera e), le citate sanzioni sono incrementate, rispettivamente, al «triplo del costo di produzione» e al «triplo del valore venale».

Le tolleranze costruttive ed esecutive

Alla lettera f) si apportano modifiche all'articolo 34-bis in materia di tolleranze costruttive ed esecutive.

Preliminarmente occorre ricordare che l'articolo 34-bis disciplina:

  • al comma 1, le cosiddette «tolleranze costruttive», vale a dire lo scostamento dai parametri autorizzati in misura talmente contenuta (fino al 2 per cento) da non potere essere considerato un illecito edilizio;
  • al comma 2, le cosiddette «tolleranze esecutive» (o di cantiere), cioè le irregolarità geometriche, le modifiche di minima entità alle finiture degli edifici, la diversa collocazione di impianti e opere interne eseguite durante i lavori per l'attuazione di titoli abilitativi edilizi.

Alla luce del quadro dianzi delineato, si prevede che, in relazione agli interventi realizzati entro il 24 maggio 2024 (con dichiarazione di fine lavori presentata entro il 24 maggio 2024), le tolleranze costruttive sono riparametrate in misura inversamente proporzionale alla superficie utile. Perciò, quanto minore è la superficie utile, tanto maggiore è il limite consentito percentualmente.

In particolare, nel nuovo comma 1-bis, introdotto dalla disposizione in esame, sono stabiliti diversi valori in relazione alle tolleranze entro le quali ritenere per legge che il mancato rispetto dell'altezza, dei distacchi, della cubatura, della superficie coperta e di ogni altro parametro delle singole unità immobiliari non costituisca violazione edilizia.

Tale previsione si rende necessaria perché consente di tenere conto, nell'ambito della definizione della tolleranza, di scostamenti rispetto alle caratteristiche costruttive previste nei titoli abilitativi che, seppur minimi, quando siano valutati rispetto a superficie di modesta entità, possono impattare per più del 2 per cento del totale. Pertanto, la disposizione prevede che, in relazione ai predetti interventi realizzati entro il citato termine, il mancato rispetto dell'altezza, dei distacchi, della cubatura, della superficie coperta e di ogni altro parametro delle singole unità immobiliari non costituisce violazione edilizia se contenuto entro i seguenti limiti:

  1. del 2 per cento delle misure previste nel titolo abilitativo per le unità immobiliari con superficie utile superiore a 500 metri quadrati;
  2. del 3 per cento delle misure previste nel titolo abilitativo per le unità immobiliari con superficie utile compresa tra 300 e 500 metri quadrati;
  3. del 4 per cento delle misure previste nel titolo abilitativo per le unità immobiliari con superficie utile compresa tra 100 e 300 metri quadrati;
  4. del 5 per cento delle misure previste nel titolo abilitativo per le unità immobiliari con superficie utile inferiore a 100 metri quadrati.

Con riferimento a tale disposizione si specifica, nel nuovo comma 1-ter, che, ai fini del computo della superficie utile, si dovrà tenere conto della sola superficie assentita con il titolo edilizio che ha abilitato la realizzazione dell'intervento, al netto di eventuali frazionamenti dell'immobile o dell'unità immobiliare eseguiti nel corso del tempo. Tale precisazione è finalizzata ad evitare possibili condotte di frazionamento meramente strumentali ad ottenere l'applicazione di un regime più favorevole.

Sul punto appare opportuno anticipare il contenuto dell'articolo 3, comma 1, del presente decreto, il quale prevede una disposizione di coordinamento in materia di tolleranze costruttive in relazione ad interventi con rilevanza paesaggistica.

Al riguardo, occorre premettere che il regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 13 febbraio 2017, n. 31, individua gli interventi esclusi dall'autorizzazione paesaggistica o sottoposti a procedura autorizzatoria semplificata.

In particolare, l'articolo 2, comma 1, del citato regolamento prevede che non sono soggetti ad autorizzazione paesaggistica gli interventi e le opere di cui all'allegato «A». Tra questi, rileva la lettera A.31, che comprende tra le opere non soggette ad autorizzazione le «opere ed interventi edilizi eseguiti in variante a progetti autorizzati ai fini paesaggistici che non eccedano il due per cento delle misure progettuali quanto ad altezza, distacchi, cubatura, superficie coperta o traslazioni dell'area di sedime».

Pertanto, al fine di uniformare le disposizioni in materia di tolleranze costruttive, l'articolo 3, comma 1, del presente decreto-legge precisa che gli interventi di cui all'articolo 34-bis, comma 1-bis, del TUE, realizzati entro il 24 maggio 2024, sono soggetti al regime degli interventi di cui all'articolo 2, comma 1, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 13 febbraio 2017, n. 31.

In altre parole, non sono soggetti ad autorizzazione paesaggistica gli interventi realizzati entro il 24 maggio 2024 che rientrino nei limiti delle tolleranze costruttive come riparametrati ai sensi del nuovo comma 1-bis dell'articolo 34-bis.

Con riferimento, invece, alle tolleranze esecutive, il nuovo comma 2-bis del citato articolo 34-bis prevede che gli interventi realizzati entro il 24 maggio 2024 (con dichiarazione di fine lavori presentata entro il 24 maggio 2024) costituiscono tolleranze esecutive (in aggiunta a quelle già previste dal comma 2) nei seguenti casi:

  • minore dimensionamento dell'edificio;
  • mancata realizzazione di elementi architettonici non strutturali (la disposizione è da intendersi come riferita ai soli elementi architettonici non strutturali in relazione ai quali le commissioni per il paesaggio non abbiano espresso parere);
  • irregolarità geometriche e modifiche alle finiture degli edifici di minima entità, irregolarità esecutive di muri esterni e interni e difforme ubicazione delle aperture interne;
  • difforme esecuzione di opere rientranti nella nozione di manutenzione ordinaria;
  • errori progettuali corretti in cantiere ed errori materiali di rappresentazione progettuale delle opere.

Al comma 3 dell'articolo 34-bis sono apportate modifiche di coordinamento in funzione di quelle introdotte in precedenza.

La disposizione in esame introduce, inoltre, il comma 3-bis dell'articolo 34-bis. In particolare, si specifica che per le unità immobiliari ubicate nelle zone sismiche, ad eccezione di quelle a bassa sismicità, il tecnico dovrà attestare altresì che gli interventi rispettino le prescrizioni di cui alla sezione I del capo IV della parte II del TUE in materia di normativa per le costruzioni in zone sismiche. Tale attestazione, corredata della documentazione tecnica sull'intervento predisposta sulla base del contenuto minimo richiesto dall'articolo 93, comma 3, è trasmessa allo sportello unico per l'acquisizione dell'autorizzazione dell'ufficio tecnico regionale secondo le disposizioni di cui all'articolo 94, ovvero per l'esercizio delle modalità di controllo previste dalle regioni ai sensi dell'articolo 94-bis, comma 5, per le difformità che costituiscano interventi di minore rilevanza o privi di rilevanza di cui alle lettere b) e c) del comma 1 del medesimo articolo 94-bis. Il tecnico abilitato allega alla dichiarazione di cui al comma 3 l'autorizzazione di cui all'articolo 94, comma 2, o l'attestazione circa il decorso dei termini del procedimento rilasciata ai sensi dell'articolo 94, comma 2-bis ovvero, in caso di difformità che costituiscono interventi di minore rilevanza o privi di rilevanza, una dichiarazione asseverata circa il decorso del termine del procedimento per i controlli regionali in assenza di richieste di integrazione documentale o istruttorie inevase e di esito negativo dei controlli stessi.

Infine, al comma 3-ter si stabilisce che l'applicazione delle disposizioni contenute nell'articolo non può comportare limitazione dei diritti dei terzi. A tal fine il tecnico abilitato dovrà verificare la sussistenza di possibili limitazioni dei diritti dei terzi e indicare le attività necessarie per eliminare tali limitazioni nonché presentare i relativi titoli edilizi, ove necessari. In caso di dichiarazione falsa o mendace si applicano le sanzioni penali, comprese quelle previste dal capo VI del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445. Si chiarisce, quale disposizione di chiusura, che la formazione dei suddetti titoli e la concreta esecuzione dei relativi interventi è condizione necessaria per la redazione della dichiarazione prevista dal comma 3.

L’accertamento di conformità

In relazione alla disciplina riguardante l'accertamento in conformità, l'articolo 1, comma 1, lettere g) e h), del presente decreto interviene operando una distinzione tra le diverse fattispecie patologiche.

Al riguardo, occorre preliminarmente ricordare il contenuto delle stesse (che, a seconda dei casi, costituiscono mere irregolarità o veri e propri abusi), graduate in base alla gravità della violazione:

  1. parziali difformità (articoli 34 e 37 del TUE): trattasi di difformità comprese tra:
    • i limiti delle tolleranze costruttive (articolo 34-bis);
    • i limiti delle variazioni essenziali (che sono definiti dalla legislazione regionale);
  2. variazioni essenziali (articolo 32 del TUE): trattasi di intervento completamente diverso – per caratteristiche costruttive o destinazione d'uso – rispetto a quanto oggetto di permesso e se vi sono variazioni essenziali (i cui criteri sono individuati all'articolo 32 del TUE e declinati dalla legislazione regionale);
  3. assenza di titolo (articoli 31 e 33 del TUE): titolo inesistente (mai chiesto o mai rilasciato) ovvero titolo esistente, ma privo di efficacia, sia in origine, sia a seguito di revoca da parte del comune o per provvedimento del giudice amministrativo;
  4. totale difformità (articoli 31 e 33 del TUE): la realizzazione di manufatti completamente diversi da quello oggetto del permesso, per caratteristiche tipologiche, planivolumetriche o di utilizzazione, o l'esecuzione di volumi oltre i limiti indicati nel progetto e tali da costituire organismi edilizi autonomamente utilizzabili.

Ciò premesso, le disposizioni di cui all'articolo 1, comma 1, lettere g) e h), intervengono con misure semplificatorie esclusivamente in relazione alle fattispecie patologiche di minore gravità, vale a dire le parziali difformità.

L'attuale formulazione dell'articolo 36 del TUE disciplina l'accertamento di conformità, il quale costituisce lo strumento tipico per ricondurre alla legalità gli abusi edilizi dovuti all'assenza del titolo abilitativo (intervento eseguito in assenza di permesso di costruire o in difformità da esso, ovvero in assenza di segnalazione certificata di inizio attività nelle ipotesi di cui all'articolo 23, comma 01, o in difformità da essa).

Invero, la caratteristica fondamentale di tale sanatoria consiste nel fatto che essa può essere chiesta e ottenuta soltanto qualora sussista il requisito della cosiddetta «doppia conformità» dell'opera sia alla normativa urbanistico-edilizia vigente al momento della realizzazione sia a quella in vigore al momento della presentazione dell'istanza ai sensi dell'articolo 36. Tale requisito rende difficilmente applicabile questo istituto giuridico, a causa del fatto che raramente un edificio riesce a rispettare integralmente tutte le disposizioni edilizie e urbanistiche vigenti sia al tempo della realizzazione dell'abuso sia alla data di presentazione della domanda di sanatoria. Tra i principali ostacoli alla sanatoria degli immobili vi sono, ad esempio, le sopravvenute disposizioni del citato decreto del Ministro per i lavori pubblici n. 1444 del 2 aprile 1968, specialmente in ragione di alcune interpretazioni datene in giurisprudenza nonché delle regole stabilite dagli strumenti urbanistici comunali in materia di distanza delle costruzioni dai confini. Di conseguenza, ci sono moltissimi manufatti, in genere costruiti molti decenni fa, che sono in una sorta di limbo: formalmente irregolari, non suscettibili di interventi di riqualificazione e incommerciabili, in relazione ai quali il comune non assume alcuna iniziativa sanzionatoria sul piano amministrativo, dato il lungo periodo di tempo trascorso e talora per la non conoscenza del loro stato, mentre la responsabilità penale è ampiamente prescritta. Un enorme capitale immobilizzato, improduttivo, spesso in degrado.

Alla luce di quanto sopra rappresentato, la lettera g) apporta modifiche all'articolo 36 del TUE, in materia di accertamento di conformità, con la finalità di limitarne l'applicazione alle ipotesi di:

  • assenza, totale difformità o variazioni essenziali rispetto al permesso di costruire di cui all'articolo 31;
  • assenza, totale difformità o variazioni essenziali rispetto alla segnalazione certificata di inizio attività prevista dall'articolo 23, comma 01.

In tali ipotesi resta quindi confermata la disciplina vigente dell'accertamento di conformità ai sensi della «doppia conformità» di cui all'articolo 36.

La sanatoria delle parziali difformità edilizie

Di converso, la lettera h) introduce l'articolo 36-bis volto al superamento dell'istituto della doppia conformità limitatamente alle ipotesi di parziali difformità degli interventi dal permesso di costruire o dalla segnalazione certificata di inizio attività di cui all'articolo 34, nonché alle ipotesi di assenza o difformità dalla segnalazione certificata di inizio attività di cui all'articolo 37.

Nel merito, si prevede che in caso di interventi realizzati nelle ipotesi dianzi elencate, fino alla scadenza dei termini previsti per gli interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire (di cui all'articolo 34, comma 1 – termine fissato dalla relativa ordinanza del dirigente o del responsabile dell'ufficio) e comunque fino all'irrogazione delle relative sanzioni amministrative, il responsabile dell'abuso, o l'attuale proprietario dell'immobile, può ottenere il permesso di costruire e presentare la segnalazione certificata di inizio attività in sanatoria se l'intervento risulti conforme:

  • alla disciplina urbanistica vigente al momento della presentazione della domanda, disciplina che meglio può rappresentare gli interessi attuali del territorio;
  • ai requisiti prescritti dalla disciplina edilizia vigente al momento della realizzazione dell'intervento.

Al comma 2 dell'articolo 36-bis si prevede che il permesso di costruire possa essere rilasciato dallo sportello unico per l'edilizia. In tale procedura si prevede che in sede di esame delle richieste di permesso, lo sportello unico per l'edilizia possa condizionare il rilascio del provvedimento alla realizzazione, da parte del richiedente, degli interventi edilizi necessari ad assicurare l'osservanza della normativa tecnica di settore relativa ai requisiti di sicurezza, igiene, salubrità, efficienza energetica degli edifici e degli impianti negli stessi installati, superamento delle barriere architettoniche e rimozione delle opere che non possono essere sanate. A tal fine, lo sportello unico per l'edilizia individua tra gli interventi citati le misure da prescrivere, le quali costituiscono condizioni per la formazione del titolo.

Con particolare riferimento agli interventi con segnalazione certificata di inizio attività, lo sportello unico per l'edilizia individua le misure da prescrivere ai sensi dell'articolo 19, comma 3, secondo, terzo e quarto periodo, della legge 7 agosto 1990, n. 241, che costituiscono condizioni per la formazione del titolo.

La disposizione precisa, inoltre, che la richiesta del permesso di costruire o la segnalazione certificata di inizio attività in sanatoria sono accompagnate dalla dichiarazione del professionista abilitato che attesti le necessarie conformità (per la conformità edilizia, la dichiarazione è resa con riferimento alle norme tecniche vigenti al momento della realizzazione dell'intervento).

Sul punto, si precisa che l'epoca di realizzazione dell'intervento è provata mediante la documentazione di cui all'articolo 9-bis, comma 1-bis, secondo e terzo periodo, introdotti dal presente decreto. Nei casi in cui sia impossibile accertare l'epoca di realizzazione dell'intervento mediante la documentazione, il tecnico incaricato attesta la data di realizzazione con propria dichiarazione e sotto la sua responsabilità. Al riguardo, si precisa che, in caso di dichiarazione falsa o mendace, si applicano le sanzioni penali, comprese quelle previste dal capo VI del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.

Con particolare riferimento ai profili procedurali, il comma 6 dell'articolo 36-bis stabilisce che:

  • sulla richiesta di permesso in sanatoria, il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale si pronuncia con provvedimento motivato entro quarantacinque giorni, decorsi i quali la richiesta si intende accolta;
  • per le segnalazioni di inizio attività, si applica il termine di trenta giorni di cui all'articolo 19, comma 6-bis, della legge 7 agosto 1990, n. 241;
  • in caso di immobili soggetti a vincolo paesaggistico, i predetti termini sono sospesi fino alla definizione del procedimento di compatibilità paesaggistica di seguito illustrato.

Decorsi i predetti termini, eventuali successive determinazioni del competente ufficio comunale sono inefficaci. Tali termini sono interrotti qualora l'ufficio rappresenti esigenze istruttorie, motivate e formulate in modo puntuale nei termini stessi, e ricominciano a decorrere dalla ricezione degli elementi istruttori.

In caso di accertata carenza dei requisiti e dei presupposti per la sanatoria, il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale applica le sanzioni previste dal TUE.

In relazione agli interventi eseguiti in assenza o difformità dall'autorizzazione paesaggistica, il dirigente o il responsabile dell'ufficio richiede all'autorità preposta alla gestione del vincolo apposito parere vincolante in merito all'accertamento della compatibilità paesaggistica dell'intervento. L'autorità competente si pronuncia sulla domanda entro il termine perentorio di centottanta giorni, previo parere vincolante della soprintendenza da rendere entro il termine perentorio di novanta giorni. Se i pareri non sono resi entro i termini di cui al secondo periodo, il dirigente o responsabile dell'ufficio provvede autonomamente.

Infine, si prevede che il rilascio del permesso e la segnalazione certificata di inizio attività in sanatoria sono subordinati al pagamento, a titolo di oblazione, di una somma pari al doppio dell'aumento del valore venale dell'immobile conseguente alla realizzazione degli interventi e, comunque, determinata in misura compresa tra 1.032 euro e 30.987 euro.

Al riguardo, appare opportuno specificare che tale intervallo è stato determinato sulla base dei parametri minimi (516 euro) e massimi (5.164) previsti per la sanatoria di cui all'articolo 37, comma 4, che si applica agli interventi eseguiti in assenza o in difformità dalla segnalazione certificata di inizio attività che risultino conformi alla disciplina edilizia e urbanistica vigente sia al momento della realizzazione dell'intervento, sia al momento della presentazione della domanda.

Tenuto conto dei caratteri distintivi dell'accertamento di conformità di cui all'articolo 36-bis (superamento della doppia conformità e applicazione anche alle parziali difformità dal permesso di costruire), il limite minimo è stato raddoppiato e il limite massimo è stato incrementato di sei volte.

Ciò posto, la disposizione precisa che, nelle ipotesi di cui al comma 4 (difformità dall'autorizzazione paesaggistica), si applica altresì una sanzione equivalente al maggiore importo tra il danno arrecato e il profitto conseguito mediante la trasgressione. L'importo della sanzione pecuniaria è determinato previa perizia di stima. In caso di rigetto della domanda si applica la sanzione demolitoria di cui all'articolo 167, comma 1, del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.

La SCIA in sanatoria

Alla lettera i), in coordinamento con le modifiche apportate in materia di accertamento della conformità, si provvede ad apportare alcune modifiche all'articolo 37. Le modifiche riguardano la rubrica, ove è soppresso il riferimento all'accertamento di conformità, e l'abrogazione del comma 4, recante la disciplina per la regolarizzazione degli interventi che risultino conformi alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione degli stessi, sia al momento della presentazione della domanda («doppia conformità»). In forza della disposizione di cui al comma 6, la nuova disciplina dell'articolo 36-bis si applicherà anche alle ipotesi regolate dall'articolo 37.

Infine, il comma 2 dell'articolo in esame detta disposizioni in merito alla destinazione di una quota pari ad un terzo delle entrate derivanti dall'applicazione delle sanzioni di cui all'articolo 31, comma, 5, ultimo periodo, e dagli atti di alienazione ai sensi dell'articolo 36-bis, comma 5, primo periodo, del TUE, come modificati dal presente decreto. Tale quota di entrate dovrà essere destinata dai comuni alla realizzazione di interventi di rimozione delle opere abusive presenti nel territorio comunale ovvero di interventi di rigenerazione urbana, di riqualificazione di aree urbane degradate, di recupero e valorizzazione di immobili e spazi urbani dismessi o in via di dismissione e di iniziative economiche, sociali, culturali o di recupero ambientale.

Strutture amovibili realizzate durante l'emergenza sanitaria da COVID-19

L'articolo 2 detta disposizioni in materia di strutture amovibili realizzate durante l'emergenza sanitaria del COVID-19, con la finalità di consentire il mantenimento delle strutture che si ritengono di utilità sociale, realizzate per finalità sanitarie, assistenziali ed educative.

In particolare, si stabilisce che le strutture di tali tipi possano rimanere installate, in presenza di comprovate e obiettive esigenze idonee a dimostrarne la perdurante necessità (e qualora continuino ad essere installate alla data di entrata in vigore del presente decreto) in deroga al limite temporale previsto dall'articolo 6, comma 1, lettera e-bis), del TUE (ossia un periodo non superiore a centottanta giorni, comprensivo dei tempi di allestimento e smontaggio del manufatto).

Nel dettaglio, l'articolo concede la possibilità di mantenere installate tali strutture, fatte salve le prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali e comunque nel rispetto delle altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell'attività edilizia, in particolare delle norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienico-sanitarie, relative all'efficienza energetica e di tutela dal rischio idrogeologico nonché delle disposizioni contenute nel codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42. La disposizione chiarisce che resta ferma la facoltà, per il comune territorialmente competente, di ordinarne in qualsiasi momento la rimozione, con provvedimento motivato, nel caso in cui sia rilevata la non conformità dell'opera alle prescrizioni e ai requisiti predetti.

A tal fine si prevede che gli interessati presentino una comunicazione di inizio lavori asseverata (ai sensi dell'articolo 6-bis del TUE), nella quale dovranno essere indicate le comprovate e obiettive esigenze idonee a dimostrare la perdurante necessità delle strutture amovibili e dovrà essere indicata l'epoca di realizzazione della struttura. Infine, si prevede che per provare l'epoca di realizzazione dell'intervento il tecnico dovrà allegare la documentazione di cui all'articolo 9-bis, comma 1-bis, del TUE e che, nei casi in cui sia impossibile accertare l'epoca di realizzazione della struttura attraverso tale documentazione, il tecnico incaricato dovrà attestare la data di realizzazione con propria dichiarazione e sotto la propria responsabilità. Da ultimo sono richiamate le sanzioni applicabili in caso di dichiarazione falsa o mendace.

Infine, il comma 5 precisa che l'applicazione delle disposizioni contenute nell'articolo 2 non può comportare limitazione dei diritti dei terzi.

Norme finali e di coordinamento

Il comma 1 reca una disposizione di coordinamento in materia di tolleranze costruttive. In particolare, la disposizione prevede che non sono soggetti ad autorizzazione paesaggistica gli interventi realizzati entro il 24 maggio 2024 che rientrino nei limiti delle tolleranze costruttive riparametrati ai sensi del nuovo comma 1-bis dell'articolo 34-bis, in misura inversamente proporzionale alle dimensioni delle unità immobiliari.

Il comma 2 specifica che si applicano anche all'attività edilizia delle amministrazioni pubbliche le nuove disposizioni in materia di tolleranze costruttive ed esecutive di cui all'articolo 34-bis, commi 1-bis, 2-bis e 3-bis, nonché di accertamento di conformità per le parziali difformità di cui all'articolo 36-bis (ad eccezione del comma 5, il quale disciplina il regime sanzionatorio), introdotte dal presente decreto. Si ricorda che, ai sensi dell'articolo 7 del TUE, è prevista una deroga per la realizzazione di specifiche opere delle pubbliche amministrazioni solo in riferimento alle disposizioni del titolo II del medesimo testo unico. Le disposizioni di coordinamento in esame intendono quindi confermare che le nuove disposizioni introdotte dagli articoli 34-bis e 36-bis si applicano, ove compatibili, anche con riferimento agli immobili di proprietà delle pubbliche amministrazioni. Gli immobili pubblici restano invece esclusi dal pagamento delle sanzioni pecuniarie previste per l'accertamento di conformità di cui al nuovo articolo 36-bis.

Quanto al procedimento relativo al nuovo articolo 34-bis, si precisa che le predette amministrazioni potranno dichiarare le tolleranze di cui ai relativi commi 1-bis e 2-bis mediante il proprio personale deputato allo svolgimento delle ordinarie mansioni tecniche nel settore dell'edilizia, ferma restando la possibilità di avvalersi del supporto e della collaborazione di altre amministrazioni pubbliche ovvero di soggetti terzi, nel caso in cui l'amministrazione non disponga di personale avente le adeguate competenze.

Il comma 3 inserisce il nuovo comma 7-bis nell'articolo 56-bis del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98. Al riguardo si ricorda che il citato articolo 56-bis interviene in merito al cosiddetto «federalismo demaniale», di cui al decreto legislativo n. 185 del 2010 (attuativo della legge n. 42 del 2009 sul federalismo fiscale), relativamente al trasferimento agli enti territoriali, a titolo non oneroso, di taluni beni mobili e immobili dello Stato, che non fossero espressamente esclusi dal trasferimento dal decreto legislativo stesso.

I commi da 5 a 7 del citato articolo 56-bis dispongono che:

  • all'Agenzia del demanio è demandata un'attività di monitoraggio sull'utilizzo dei beni trasferiti, prevedendo che, trascorsi tre anni dal trasferimento, qualora l'ente territoriale non risulti utilizzare i beni trasferiti, gli stessi rientrino nella proprietà dello Stato, che ne assicura la migliore utilizzazione;
  • i beni trasferiti con tutte le pertinenze, accessori, oneri e pesi, entrano a far parte del patrimonio disponibile delle regioni e degli enti locali;
  • con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze si provvede ad una riduzione delle risorse spettanti a qualsiasi titolo alle regioni e agli enti locali che acquisiscono in proprietà beni immobili utilizzati a titolo oneroso, in misura pari alla riduzione delle entrate erariali conseguente al trasferimento dei beni. Qualora non sia possibile l'integrale recupero delle minori entrate per lo Stato in forza della riduzione delle risorse, si procede al recupero da parte dell'Agenzia delle entrate a valere sui tributi spettanti all'ente ovvero, se risultassero non sufficienti, mediante versamento all'entrata del bilancio dello Stato da parte dell'ente interessato.

Al comma 4, al fine di chiarire gli effetti delle disposizioni introdotte dal nuovo articolo 36-bis e di fugare qualsiasi dubbio interpretativo e applicativo, si precisa che la presentazione della richiesta di permesso di costruire o della segnalazione certificata di inizio attività in sanatoria ai sensi del citato articolo 36-bis del TUE non dà diritto alla restituzione delle somme versate a titolo di oblazione o per il pagamento di sanzioni già irrogate dall'amministrazione comunale o da altra amministrazione sulla base della normativa vigente alla data di entrata in vigore del decreto.

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