Abusi edilizi: via libera alla sanatoria condizionata e al silenzio-assenso
Con le modifiche apportate al Testo Unico Edilizia dal Decreto Salva Casa è stata data la possibilità di sanatoria condizionata per gli abusi edilizi “minori”
Diversamente da come affermato da qualcuno, la sanatoria dei piccoli abusi edilizi, pur semplificata, non sarà certamente gratuita (almeno per i privati) ma necessiterà di una istanza presentata da un tecnico abilitato, certamente dei diritti istruttori e una sanzione che in alcuni casi può essere molto importante.
Abusi edilizi: cambia la classificazione
Una delle novità della nuova versione del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia) post Decreto Legge n. 69/2024 (Decreto Salva Casa), è rappresentata dalla riclassificazione dell’abuso edilizio e le possibilità di sanatoria previste per le “difformità parziali”.
Fuori dai casi delle nuove tolleranze costruttive-esecutive (entro le quali la difformità non costituisce più una violazione), il Decreto Salva Casa ha suddiviso gli abusi edilizi tra quelli:
- realizzati in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali;
- realizzati in parziale difformità dal permesso di costruire o dalla segnalazione certificata di inizio attività leggera o pesante.
Nel primo caso resta vigente l’attuale versione dell’art. 36 del Testo Unico Edilizia (TUE) che sostanzialmente prevede:
- sanatoria vincolata al requisito della conformità alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda (la doppia conformità);
- pagamento, a titolo di oblazione, del contributo di costruzione in misura doppia, ovvero, in caso di gratuità a norma di legge, commisurato all'incidenza degli oneri di urbanizzazione nonché al costo di costruzione, secondo le modalità indicate all’art. 16 del TUE;
- silenzio-rigetto sull’istanza in caso di mancata pronuncia dell’amministrazione entro 60 giorni.
Soprattutto il primo requisito (la doppia conformità) ha da sempre escluso la possibilità che l’amministrazione potesse condizionare il rilascio della sanatoria alla realizzazione di uno o più interventi/prescrizioni. La sanatoria condizionata, come ammesso dalla giurisprudenza amministrativa, postulerebbe l’assenza del requisito della doppia conformità richiesto dalla normativa edilizia.
La sanatoria condizionata dei piccoli abusi
Con il nuovo art. 36-bis del TUE, il legislatore ha deciso una sorte diversa per le parziali difformità. Per queste, infatti, è stato previsto:
- il requisito della conformità alla disciplina urbanistica vigente al momento della presentazione della domanda e della conformità alla disciplina edilizia vigente al momento della realizzazione dell’intervento;
- il pagamento, a titolo di oblazione, di una somma pari al doppio dell'aumento del valore venale dell'immobile conseguente alla realizzazione degli interventi, in misura compresa tra 1.032 euro e 30.984 euro (sanzione che aumenta per gli interventi eseguiti in assenza o difformità dall'autorizzazione paesaggistica);
- silenzio-assenso sull’istanza in caso di mancata pronuncia dell’amministrazione entro 45 giorni.
Ma la vera novità rispetto l’accertamento di conformità di cui all’art. 36 del TUE, sta nel fatto che per le piccole difformità edilizie l’amministrazione può condizionare l’ottenimento della sanatoria alla realizzazione, da parte del richiedente, degli interventi edilizi, anche strutturali, necessari per assicurare l'osservanza della normativa tecnica di settore relativa ai requisiti di sicurezza, igiene, salubrità, efficienza energetica degli edifici e degli impianti negli stessi installati, al superamento delle barriere architettoniche e alla rimozione delle opere che non possono essere sanate.
Occhio alle variazioni essenziali
Per la procedura di sanatoria di cui al nuovo art. 36-bis del TUE, appare opportuno ricordare che la stessa non può essere attivata per gli interventi realizzati:
- in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali;
- in assenza di segnalazione certificata di inizio attività alternativa al permesso di costruire, o in totale difformità da essa o con variazioni essenziali.
L’art. 32, comma 1 del TUE definisce le condizioni per ricadere nelle “variazioni essenziali” ovvero:
- mutamento della destinazione d'uso che implichi variazione degli standard previsti dal DM n. 1444/1968;
- aumento consistente della cubatura o della superficie di solaio da valutare in relazione al progetto approvato;
- modifiche sostanziali di parametri urbanistico-edilizi del progetto approvato ovvero della localizzazione dell'edificio sull'area di pertinenza;
- mutamento delle caratteristiche dell'intervento edilizio assentito;
- violazione delle norme vigenti in materia di edilizia antisismica, quando non attenga a fatti procedurali.
È chiaro che si tratta di condizioni “generali” e lo stesso art. 32 del TUE rimette alle Regioni in compito di stabilire quali siano le variazioni essenziali al progetto approvato.
Dal punto di vista generale, l’art. 32, comma 2, del TUE ammette che non possono ritenersi comunque variazioni essenziali quelle che incidono sulla entità delle cubature accessorie, sui volumi tecnici e sulla distribuzione interna delle singole unità abitative.
Nel caso, invece, di immobili sottoposti a vincolo storico, artistico, architettonico, archeologico, paesistico, ambientale e idrogeologico, nonché su immobili ricadenti sui parchi o in aree protette nazionali e regionali, le condizioni indicate per le variazioni essenziali sono considerate totali difformità dal permesso. Fuori da queste condizioni, tutti gli altri interventi sui medesimi immobili sono considerati variazioni essenziali.
Per comprendere se si tratta di variazioni essenziali è, dunque, indispensabile verificare la normativa regionale. Volendo fare un esempio, la Regione Lazio ha normato le variazioni essenziali con l’art. 17 della Legge regionale 11 agosto 2008, n. 15, secondo la quale costituiscono variazioni essenziali al progetto approvato le opere eseguite abusivamente quando si verifichi una o più delle seguenti condizioni:
- mutamento della destinazione d’uso che implichi variazione degli standard previsti dal d.m. lavori pubblici 2 aprile 1968;
- mutamento delle destinazioni d’uso, con o senza opere a ciò preordinate, quando per lo stesso è richiesto, ai sensi dell’articolo 7, terzo comma, della l.r. 36/1987, il permesso di costruire;
- aumento superiore al 2% del volume o della superficie lorda complessiva del fabbricato;
- modifica dell’altezza quando, rispetto al progetto approvato, questa sia superiore al 10%, sempre che rimanga inalterato il numero dei piani;
- modifica della sagoma quando la sovrapposizione di quella autorizzata, rispetto a quella realizzata in variante, dia un’area oggetto di variazione, in debordamento od in rientranza, superiore al 10% della sagoma stessa;
- modifica della localizzazione quando la sovrapposizione della sagoma a terra dell’edificio autorizzato e di quello realizzato, per effetto di rotazione o traslazione di questo, sia inferiore al 50%;
- mutamento delle caratteristiche dell’intervento edilizio assentito in relazione alla classificazione dell’articolo 3 del d.p.r. 380/2001 e successive modifiche;
- violazione delle norme vigenti in materia di edilizia antisismica quando non attenga a fatti procedurali.
Variazioni essenziali: le norme regionali
Di seguito una ricognizione delle norme regionali che entrano nel dettaglio delle variazioni essenziali:
- Abruzzo: art. 5, Legge regionale n. 52/1989 “Norme per l'esercizio dei poteri di controllo dell'attività urbanistica ed edilizia, sanzioni amministrative e delega alle Province delle relative funzioni”;
- Provincia di Bolzano: art. 84, Legge provinciale n. 9/2018 “Territorio e paesaggio”
- Emilia Romagna: art. 14 bis, Legge regionale n. 23/2004 “Semplificazione della disciplina edilizia”
- Friuli Venezia Giulia: art. 40, Legge regionale n. 19/2009 “Codice regionale dell’edilizia”
- Lazio: art. 17, Legge regionale n. 15/2008 “Vigilanza sull’attività urbanistico-edilizia”
- Liguria: art. 44, Legge regionale n. 16/2008 “Disciplina dell’attività edilizia”
- Lombardia: art. 54, Legge regionale n. 12/2005 “Legge per il governo del territorio”
- Marche: art. 8, Legge regionale n. 17/2015 “Riordino e semplificazione della normativa regionale in materia di edilizia”
- Piemonte: art. 6, Legge regionale n. 19/1999 “Norme in Norme in materia di edilizia e modifiche alla legge regionale 5 dicembre 1977, n. 56 «Tutela ed uso del suolo»”
- Sardegna: art. 5, Legge regionale n. 23/1985 “Norme in materia di controllo dell’attività urbanistico-edilizia, di risanamento urbanistico e di sanatoria di insediamenti ed opere abusive, di snellimento ed accelerazione delle procedure espropriative”
- Sicilia: art. 12, Legge regionale n. 16/2016 “Recepimento del Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia approvato con decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380”
- Toscana: art. 143, Legge regionale n. 65/2014 “Norme per il governo del territorio”
- Provincia di Trento: art. 92, Legge provinciale n. 15/2015 “Legge provinciale per il governo del territorio”
- Umbria: art. 139, Legge regionale n. 1/2015 “Testo Unico governo del territorio e materie correlate”
- Valle d’Aosta: art. 78, Legge regionale n. 11/1998 “Normativa urbanistica e di pianificazione territoriale della Valle d’Aosta” come modificata dalla LR 17/2012
- Veneto: art. 92, Legge regionale n. 61/1985 “Norme per l'assetto e l'uso del territorio”