Decreto Salva Casa: rivedere la norma sulle parziali difformità
Le audizioni di Confprofessioni e ANCI: occhio alla definizione delle difformità parziali, piuttosto che semplificare si rischia di complicare il quadro
A poco più di due settimane dall’entrata in vigore del Decreto Salva Casa (Decreto Legge 29 maggio 2024, n. 69), sono iniziati i lavori per la conversione in legge del provvedimento, con le audizioni di enti, stakeholders e associazioni di settore, attualmente in corso davanti alla Commissione Ambiente, Territorio e Lavori Pubblici della Camera.
Conversione in legge del Decreto Salva Casa: le audizioni di Confprofessioni e ANCI
Tra le autorevoli voci in capitolo, quelle di Confprofessioni e di ANCI, che hanno depositato due interessanti documenti con alcune osservazioni per eventuali modifiche e integrazioni, con particolare riguardo alle difficoltà interpretative che potrebbero derivare sulla definizione delle difformità parziali e sull'applicazione uniforme della normativa in tutti i Comuni.
Vediamo nel dettaglio i contenuti dei due interventi.
L'audizione di Confprofessioni
Nel corso del suo intervento, il Vicepresidente di Confprofessioni, il notaio Claudia Alessandrelli, ha sottolineato come la semplificazione di alcune norme edilizie che consentiranno agli immobili interessati da lievi difformità di essere regolarizzati e migliorati, contribuirà a rivitalizzare il mercato immobiliare, rimuovendo gli ostacoli che determinano lo stallo delle compravendite, migliorando la loro “commerciabilità economica”.
Questo perché finora lievi difformità sugli immobili hanno determinato l’impossibilità di effettuare nuovi interventi, presentare nuovi progetti edilizi, oppuredi fruire di benefici fiscali oltre che addirittura, portato a difficoltà nel procedere alla successiva rivendita dell’immobile.
Alessandrelli ha anche sottolineato che è comunque difficile stimare quanto e come le misure contenute nel Decreto “Salva Casa” impatteranno sul mercato immobiliare, dal momento che non esistono dati aggiornati e affidabili che determinino la percentuale esatta di immobili che presentano lievi o parziali difformità. Per il Vicepresidente, infatti, il dato diffuso dal MIT, non restituisce un quadro esaustivo e aggiornato in quanto è il risultato di uno studio elaborato dal Centro Studi del CNI nel 2021, su un questionario sottoposto a circa 5 mila iscritti all’Albo degli Ingegneri che all’epoca si occupavano di Superbonus.
Preoccupazione però si riscontra sull’applicazione delle semplificazioni, a causa della difficoltà di classificazione dell’abuso. Per Alessandrelli il rischio è quello di ricondurre la singola fattispecie nell’ambito della “lieve o parziale difformità” piuttosto che nell’ambito della “variazione essenziale”, creando diverse prassi applicative, una disparità di trattamento tra i cittadini oltre che un aumento di contenziosi giudiziari.
Da qui la richiesta, nell’iter di conversione in legge, di chiarire alcune definizioni come quelle di "mutamento di destinazione senza opere edilizie”, di “superficie utile” per le tolleranze costruttive ed esecutive, “difformità parziale”, in modo da rendere il quadro più chiaro ed evitare dubbi interpretativi.
Infine, il Vicepresidente lancia un appello affinché “Amministrazioni locali e professionisti del settore edilizio adottino un approccio prudente e rigoroso nella attuazione del provvedimento, per evitare che le semplificazioni normative portino a un abbassamento degli standard qualitativi”.
L’audizione di ANCI
Pur attendendo una riforma complessiva ed omogenea del Testo Unico Edilizia, ANCI nel suo intervento condivide lo sforzo che il Decreto Salva Casa fa per rimuovere quegli ostacoli normativi che impedivano di superare le attuali difficoltà di compravendita di immobili, soprattutto a destinazione residenziale, legate alle certificazioni sullo stato legittimo oppure alla presenza anche solo di parziali difformità.
Si tratta di una questione che ha creato non poche problematiche, come dimostrano il numero elevati di contenziosi giudiziari, i contrasti giurisprudenziali, oltre che la sovrapposizione tra norme regionali e nazionali.
Secondo l’Associazione vanno comunque inseriti dei correttivi in sede di conversione, finalizzati a un maggior raccordo della nuova disciplina, soprattutto per quel che riguarda:
- il nuovo regime sanzionatorio legato al venire meno della cd. doppia conformità
- un riallineamento delle fattispecie con il codice dei beni culturali, per evitare effetti distorsivi e contrari alla ratio legis di alcune nuove norme introdotte dallo stesso provvedimento come il regime delle difformità parziali.
Modifiche suggerite anche per i mutamenti di destinazione d’uso, “a salvaguardia del potere/dovere degli strumenti urbanistici comunali di dettare anche ‘limitazioni’, e non solo mere ‘condizioni’, ai mutamenti della destinazione d’uso degli immobili, con o senza opere”.
Per ANCI inoltre è necessario lavorare ad una nuova modulistica, tanto più che le nuove disposizioni sono già in vigore e gli uffici comunali sono in grande difficoltà.
Infine, l’Associazione richiede un intervento sulla ristrutturazione edilizia e sulle definizioni di cui all’art. 3 del d.P.R. n. 380/2001, che hanno subito negli ultimi decenni un’evoluzione dottrinaria e giurisprudenziale cui occorre dare chiarezza normativa, così come sulla definizione dei titoli legittimanti i piani attuativi / intervento diretto nei casi riconducibili all’art. 41 quinquies della legge n. 1150/1942.