Salva Casa e Stato legittimo: dall’abitabilità all’agibilità, cosa cambia?

Tra le modifiche più interessanti al Testo Unico Edilizia apportate dal Decreto Salva Casa vi è la nuova definizione di stato legittimo di cui al comma 1-bis, art. 9-bis, del d.P.R. n. 380/2001

di Gianluca Oreto - 17/06/2024

Il 30 maggio 2024 è entrato in vigore il D.L. n. 69/2024 (Decreto Salva Casa) che, come ogni provvedimento d’urgenza, dovrà essere convertito in legge dal Parlamento entro 60 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

La nuova versione del Testo Unico Edilizia dopo il Salva Casa

Entro il 28 luglio 2024, dunque, il comparto delle costruzioni avrà certamente più chiaro il quadro normativo che regola l’attività edilizia ovvero la nuova versione del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia) già abbondantemente rivisitata in alcune sue parti:

  • le modifiche agli interventi di edilizia libera (VEPA e pergotende);
  • la nuova definizione di stato legittimo;
  • le semplificazioni (o apparentemente tali) al cambio di destinazione d’uso;
  • la sorte degli immobili soggetti ad ordinanza di demolizione;
  • le nuove tolleranze costruttive-esecutive;
  • le modifiche alla sanatoria edilizia e la differenziazione tra gli abusi maggiori e le parziali difformità.

Modifiche sulle quali l’intera comunità dei tecnici è al lavoro per una loro piena comprensione, con la consapevolezza, però, che molte delle disposizioni introdotte potranno essere ulteriormente modificate, integrate se non addirittura stravolte dopo il passaggio parlamentare per la conversione in legge del Salva Casa (già avviata in VIII Commissione ambiente alla Camera dei Deputati).

Lo stato legittimo dopo il Salva Casa

Tra le disposizioni più delicate sulle quali si è attivata una interessante discussione tra tecnici e giuristi segnaliamo la nuova definizione di “stato legittimo” di cui all’art. 9-bis, comma 1-bis, del Testo Unico Edilizia (TUE) che nella versione vigente prevede:

Lo stato legittimo dell'immobile o dell'unità immobiliare è quello stabilito dal titolo abilitativo che ne ha previsto la costruzione o che ne ha legittimato la stessa o da quello che ha disciplinato l'ultimo intervento edilizio che ha interessato l'intero immobile o l'intera unità immobiliare, rilasciato all'esito di un procedimento idoneo a verificare l'esistenza del titolo abilitativo che ne ha previsto la costruzione o che ne ha legittimato la stessa, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali. Sono ricompresi tra i titoli di cui al primo periodo i titoli rilasciati o formati in applicazione delle previsioni di cui agli articoli 36, 36-bis e 38, previo pagamento delle relative sanzioni o oblazioni. Alla determinazione dello stato legittimo dell'immobile o dell'unità immobiliare concorre, altresì, il pagamento delle sanzioni previste dagli articoli 33, 34, 37, commi 1, 3, 4, 5 e 6, e 38, e la dichiarazione di cui all'articolo 34-bis. Per gli immobili realizzati in un'epoca nella quale non era obbligatorio acquisire il titolo abilitativo edilizio, lo stato legittimo è quello desumibile dalle informazioni catastali di primo impianto, o da altri documenti probanti, quali le riprese fotografiche, gli estratti cartografici, i documenti d'archivio, o altro atto, pubblico o privato, di cui sia dimostrata la provenienza, e dal titolo abilitativo che ha disciplinato l'ultimo intervento edilizio che ha interessato l'intero immobile o unità immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali. Le disposizioni di cui al quarto periodo si applicano altresì nei casi in cui sussista un principio di prova del titolo abilitativo del quale, tuttavia, non sia disponibile copia.

Una definizione che abbiamo già copiosamente “sviscerato” su queste pagine e sulla quale resta ancora un dubbio relativo al primo periodo in cui si ammette che per l’attestazione dello stato legittimo è possibile utilizzare il titolo che ha disciplinato l'ultimo intervento edilizio che ha interessato l'intero immobile o l'intera unità immobiliare, rilasciato all'esito di un procedimento idoneo a verificare l'esistenza del titolo abilitativo che ne ha previsto la costruzione o che ne ha legittimato la stessa.

Una formulazione che andrebbe letta alla luce dell’evoluzione normativa che riguarda il concetto di abitabilità e agibilità e sulla quale occorre un breve riepilogo.

L’evoluzione da abitabilità ad agibilità

Il concetto di salubrità delle costruzioni entra nel nostro ordinamento con l’art. 220 del Regio Decreto n. 1265/1934 (Testo unico delle leggi sanitarie):

I progetti per le costruzioni di nuove case, urbane o rurali, quelli per la ricostruzione o la sopraelevazione o per modificazioni, che comunque possono influire sulle condizioni di salubrità delle case esistenti, debbono essere sottoposti al visto del podestà, che provvede previo parere dell'ufficiale sanitario e sentita la Commissione edilizia.

Il successivo art. 221, comma 1, disciplina il concetto di abitabilità disponendo:

Gli edifici o parti di essi indicati nell'articolo precedente non possono essere abitati senza autorizzazione del podestà, il quale la concede quando, previa ispezione dell'ufficiale sanitario o di un ingegnere a ciò delegato, risulti che la costruzione sia stata eseguita in conformità del progetto approvato, che i muri siano convenientemente prosciugati e che non sussistano altre cause di insalubrità.

Questa disposizione viene poi abrogata dall’art. 5 del d.P.R. n. 425/1994 che al precedente art. 4, commi 1, 2 e 3, disciplina il nuovo “certificato di abitabilità”:

1. Affinché gli edifici, o parti di essi, indicati nell'art. 220 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, possano essere utilizzati, è necessario che il proprietario richieda il certificato di abitabilità al sindaco, allegando alla richiesta il certificato di collaudo, la dichiarazione presentata per l'iscrizione al catasto dell'immobile, restituita dagli uffici catastali con l'attestazione dell'avvenuta presentazione, e una dichiarazione del direttore dei lavori che deve certificare, sotto la propria responsabilità, la conformità rispetto al progetto approvato, l'avvenuta prosciugatura dei muri e la salubrità degli ambienti.

2. Entro trenta giorni dalla data di presentazione della domanda, il sindaco rilascia il certificato di abitabilità; entro questo termine, può disporre una ispezione da parte degli uffici comunali, che verifichi l'esistenza dei requisiti richiesti alla costruzione per essere dichiarata abitabile.

3. In caso di silenzio dell'amministrazione comunale, trascorsi quarantacinque giorni dalla data di presentazione della domanda, l'abitabilità si intende attestata. In tal caso, l'autorità competente, nei successivi centottanta giorni, può disporre l'ispezione di cui al comma 2 del presente articolo, e, eventualmente, dichiarare la non abitabilità, nel caso in cui verifichi l'assenza dei requisiti richiesti alla costruzione per essere dichiarata abitabile.

Con il d.P.R. n. 380/2001 viene abrogato il certificato di abitabilità e si introduce il concetto di agibilità (art. 24) che nella sua prima versione veniva rilasciato dal Comune che attestava solo “la sussistenza delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità, risparmio energetico degli edifici e degli impianti negli stessi installati”. Successivamente arrivano i seguenti aggiornamenti:

  • il D.Lgs. n. 222/2016 (Decreto SCIA) che sostituisce al certificato di agibilità rilasciato dal Comune la Segnalazione Certificata di Agibilità (SCA) rilasciata da un tecnico che attesta la “sussistenza delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità, risparmio energetico degli edifici e degli impianti negli stessi installati, valutate secondo quanto dispone la normativa vigente, nonché la conformità dell'opera al progetto presentato e la sua agibilità”;
  • il D.L. n. 76/2020 (Decreto Semplificazioni) che inserisce la SCA in assenza di lavori;
  • il D.Lgs. n. 207/2021 che aggiunge alla SCA il rispetto degli obblighi di infrastrutturazione digitale e l’attestazione di “edificio predisposto alla banda ultra larga”.

Abitabilità e agibilità le differenze

Ciò che occorre comprendere sono i seguenti aspetti:

  • nel Regio Decreto n. 1265/1934 l’abitabilità veniva “concessa” (ovvero rilasciata) dal Comune, previa ispezione dell'ufficiale sanitario o di un ingegnere a ciò delegato, che verificava anche l’esecuzione in conformità del progetto approvato;
  • nel d.P.R. n. 425/1994 il certificato di abitabilità viene rilasciato dal Sindaco (entro 30 giorni dall’istanza) che poteva disporre una ispezione da parte degli uffici comunali per la verifica dell'esistenza dei requisiti richiesti alla costruzione per essere dichiarata abitabile (tra cui la conformità rispetto al progetto approvato);
  • nella prima versione del d.P.R. n. 380/2001 arriva il certificato di agibilità rilasciato dal Comune che, però, non verifica anche la conformità rispetto al progetto approvato che arriva solo nel 2016 con il D.Lgs. n. 222/2016 quando però l’agibilità viene attestata da un tecnico abilitato (e non più "rilasciata" dal Comune).

Stato legittimo tra abitabilità e agibilità

Come già anticipato, nella vigente definizione di stato legittimo è possibile utilizzare il titolo che ha disciplinato l'ultimo intervento edilizio che ha interessato l'intero immobile o l'intera unità immobiliare, rilasciato all'esito di un procedimento idoneo a verificare l'esistenza del titolo abilitativo che ne ha previsto la costruzione o che ne ha legittimato la stessa.

Dalla lettura asettica di questa disposizione si può dedurre (ma una interpretazione autentica da inserire all’interno della legge di conversione del Salva Casa potrebbe certamente essere d’aiuto) che per lo stato legittimo si possa utilizzare l’abitabilità e il certificato di abitabilità, che come scritto erano “rilasciati” dal Comune a seguito di un procedimento di verifica anche della conformità rispetto al progetto approvato.

Di contro, non si può utilizzare:

  • il certificato di agibilità, sul quale non si verificava la conformità rispetto al progetto approvato;
  • né la segnalazione certificata di agibilità che, pur attestando la conformità al progetto, è un documento prodotto da un tecnico abilitato e non “rilasciato” dal Comune.

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