Sanatoria edilizia 2024: occhio alle variazioni essenziali

L’attuale versione del Testo Unico Edilizia post Salva Casa differenzia le procedure di sanatoria in funzione dell’entità della difformità. Vediamo come

di Gianluca Oreto - 18/06/2024

Con l’attuale versione del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia) post modifiche apportate dal D.L. n. 69/2024 (Decreto Salva Casa) si è avviato un percorso di differenziazione delle difformità edilizie che, probabilmente, si completerà entro il prossimo 28 luglio (con la conversione in legge del D.L. n. 69/2024).

Abusi, tolleranze e sanatoria edilizia 2024

Nelle more di una rivisitazione complessiva della normativa edilizia (più prestazionale e attenta all’attuale stato di fatto), il legislatore ha finalmente provato ad affrontare il tema delle difformità (sul quale spesso si è preferito nascondere).

Un tentativo ancora forse troppo timido ma che potrebbe comunque rappresentare un punto di partenza su cui si sta già discutendo in Parlamento tra chi parla di “condono mascherato” e chi, invece, si rende conto delle complessità di un patrimonio immobiliare vetusto, stratificato e spesso vittima consapevole o inconsapevole di cambi normativi avvenuti nel corso degli ultimi 100 anni e di 3 condoni edilizi che hanno generato la malsana idea che in edilizia tutto è concesso.

Ma, mentre in quest’ultimo secolo normativa e tecniche costruttive sono profondamente cambiate, il legislatore ha continuato ad utilizzare il microscopio in un comparto dove per tanti anni l’unità di misura è stata il metro, dove per anni non esistevano figure chiave, le varianti in corso d’opera non venivano dichiarate e in cui ancora si discute sull’ante ‘42/’67.

Ecco che, benché sia lontano dal potersi considerare perfetta, l’attuale versione del Testo Unico Edilizia non si può non accogliere positivamente soprattutto per la scelta del legislatore di:

  • modificare il concetto di tolleranza costruttiva-esecutiva (con alcune disposizioni troppo prestazionali ma che forse sono viste tali solo per l’abitudine a voler sapere sempre cosa, quanto, quando e perché è possibile fare una determinata cosa);
  • differenziare le difformità edilizie e le loro possibilità di sanatoria.

Sanatoria edilizia 2024 ordinaria e semplificata

Tralasciando l’idea (sbagliata) di ancorare le percentuali di tolleranza alla superficie utile dell’immobile e non (ad esempio) al suo anno di edificazione, ciò su cui si sta discutendo riguarda la sanatoria delle difformità edilizie che dal 30 maggio 2024 prevede un doppio binario a seconda che si tratti di interventi realizzati:

  • in assenza di titolo, totale difformità o con variazioni essenziali;
  • in parziale difformità.

Mentre nel primo caso si attiva la procedura di sanatoria ordinaria di cui all’art. 36 del Testo Unico Edilizia (che già conosciamo), nel secondo è prevista una procedura semplificata di cui al nuovo art. 36-bis inserito dal Decreto Salva Casa.

Le principali differenze tra le due procedure riguardano:

  1. nel caso di sanatoria ordinaria serve il requisito della “doppia conformità” alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda;
  2. per la sanatoria semplificata la doppia sanatoria viene “spacchettata” tra normativa edilizia e normativa urbanistica per cui viene richiesta la conformità dell’opera:
    1. alla disciplina urbanistica vigente al momento della presentazione della domanda;
    2. ai requisiti prescritti dalla disciplina edilizia vigente al momento della realizzazione dell’intervento;
  3. nella sanatoria ordinaria è previsto il silenzio-rigetto dopo 60 giorni dalla presentazione dell’istanza;
  4. per la sanatoria delle parziali difformità è stato stabilito il silenzio-assenso dopo 45 giorni dall’istanza.

Da sanatoria ordinaria a sanatoria semplificata: occhio alle variazioni essenziali

Risulta, dunque, chiaro l’intento del legislatore di snellire le procedure di sanatoria in funzione dell’entità dell’abuso. Occorre ricordare che la sanatoria ordinaria di cui all’art. 36 del TUE rimane l’unico istituto attivabile per gli interventi realizzati:

  • in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali;
  • in assenza di segnalazione certificata di inizio attività alternativa al permesso di costruire, o in totale difformità da essa o con variazioni essenziali.

Ma, cosa significa “variazione essenziale”?

L’argomento è normato dall’art 32 del TUE che al comma 1 definisce le condizioni per ricadere nelle “variazioni essenziali” e dalle leggi regionali che negli anni ne hanno definito puntualmente (in alcuni casi con molte differenze) i dettagli.

Ma non solo. Anche la giurisprudenza è intervenuta sul tema soprattutto per ciò che attiene alle differenze tra:

  1. le "varianti leggere o minori";
  2. le varianti in senso proprio;
  3. le "variazioni essenziali".

Le differenze sono state spiegate molto bene dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 37946/2021 secondo la quale:

  • le "varianti leggere o minori" (assoggettate alla mera denuncia di inizio dell'attività da presentarsi prima della dichiarazione di ultimazione dei lavori) sono quelle che:
    • non incidono sui parametri urbanistici e sulle volumetrie;
    • non modificano la destinazione d'uso e la categoria edilizia;
    • sono tali da non alterare la sagoma dell'edificio (nonché rispettose delle prescrizioni eventualmente contenute nel permesso a costruire);
  • le varianti in senso proprio consistono in modificazioni qualitative o quantitative, seppure di consistenza non rilevante rispetto al progetto approvato (che non comportano cioè un sostanziale e radicale mutamento), le quali necessitano del rilascio del cd. "permesso in variante", complementare e accessorio rispetto all'originario permesso a costruire;
  • le "variazioni essenziali" sono caratterizzate da "incompatibilità quali-quantitativa con il progetto edificatorio originario rispetto ai parametri indicati dal D.P.R. n. 380/2001, art. 32", le quali sono perciò soggette al rilascio di un permesso a costruire nuovo e autonomo rispetto a quello originario in osservanza delle disposizioni vigenti al momento di realizzazione della variante.

Entrando nel dettaglio, l’art. 32, comma 1 del TUE definisce le condizioni per ricadere nelle “variazioni essenziali” ovvero:

  • mutamento della destinazione d'uso che implichi variazione degli standard previsti dal DM n. 1444/1968;
  • aumento consistente della cubatura o della superficie di solaio da valutare in relazione al progetto approvato;
  • modifiche sostanziali di parametri urbanistico-edilizi del progetto approvato ovvero della localizzazione dell'edificio sull'area di pertinenza;
  • mutamento delle caratteristiche dell'intervento edilizio assentito;
  • violazione delle norme vigenti in materia di edilizia antisismica, quando non attenga a fatti procedurali.

Come anticipato, però, il Testo Unico Edilizia rimette alle Regioni in compito di stabilire quali siano le variazioni essenziali al progetto approvato. Di seguito una ricognizione delle norme regionali che entrano nel dettaglio delle variazioni essenziali:

  • Abruzzo: art. 5, Legge regionale n. 52/1989 “Norme per l'esercizio dei poteri di controllo dell'attività urbanistica ed edilizia, sanzioni amministrative e delega alle Province delle relative funzioni”;
  • Provincia di Bolzano: art. 84, Legge provinciale n. 9/2018 “Territorio e paesaggio”;
  • Emilia Romagna: art. 14 bis, Legge regionale n. 23/2004 “Semplificazione della disciplina edilizia”;
  • Friuli Venezia Giulia: art. 40, Legge regionale n. 19/2009 “Codice regionale dell’edilizia”;
  • Lazio: art. 17, Legge regionale n. 15/2008 “Vigilanza sull’attività urbanistico-edilizia”;
  • Liguria: art. 44, Legge regionale n. 16/2008 “Disciplina dell’attività edilizia”;
  • Lombardia: art. 54, Legge regionale n. 12/2005 “Legge per il governo del territorio”;
  • Marche: art. 8, Legge regionale n. 17/2015 “Riordino e semplificazione della normativa regionale in materia di edilizia”;
  • Piemonte: art. 6, Legge regionale n. 19/1999 “Norme in Norme in materia di edilizia e modifiche alla legge regionale 5 dicembre 1977, n. 56 «Tutela ed uso del suolo»”;
  • Sardegna: art. 5, Legge regionale n. 23/1985 “Norme in materia di controllo dell’attività urbanistico-edilizia, di risanamento urbanistico e di sanatoria di insediamenti ed opere abusive, di snellimento ed accelerazione delle procedure espropriative”;
  • Sicilia: art. 12, Legge regionale n. 16/2016 “Recepimento del Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia approvato con decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380”;
  • Toscana: art. 143, Legge regionale n. 65/2014 “Norme per il governo del territorio”;
  • Provincia di Trento: art. 92, Legge provinciale n. 15/2015 “Legge provinciale per il governo del territorio”;
  • Umbria: art. 139, Legge regionale n. 1/2015 “Testo Unico governo del territorio e materie correlate”;
  • Valle d’Aosta: art. 78, Legge regionale n. 11/1998 “Normativa urbanistica e di pianificazione territoriale della Valle d’Aosta” come modificata dalla LR 17/2012;
  • Veneto: art. 92, Legge regionale n. 61/1985 “Norme per l'assetto e l'uso del territorio”.

Concludendo, per comprendere se attivare la procedura di sanatoria ordinaria o semplificata occorre preventivamente comprendere se siamo di fronte ad un abuso maggiore (tale anche in caso di variazioni essenziali) o a parziali difformità.

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