Stato legittimo e presunzione di legittimità degli interventi edilizi

L’esistenza di un titolo edilizio rappresenta solo una presunzione di legittimità sostanziale richiesta all’attività edilizia. Ecco cosa significa

di Romolo Balasso - 24/06/2024

Il prof. ing. Ermete Dalprato, come sempre accade leggendo le sue brillanti e condivisibili argomentazioni, ci ha recentemente offerto una disamina su “Stato legittimo, presunzione di legittimità e garanzie sostanziali degli interessi pubblici: la non abusività”.

La legittimità dell’attività edilizia

Con il suo argomentare ha dato evidenza a diversi aspetti, quelli che reputo fondamentali li riassumo nel modo che mi è proprio a cui spesso ricorro nei miei eventi formativi di aggiornamento professionale:

  • la legittimità dell’attività edilizia (di un certo tipo) è una moneta a due facce:
    • la prima esprime la legittimità formale, costituita dall’esistenza del titolo abilitativo richiesto dalla legge per quel tipo di attività edilizia;
    • la seconda rappresenta la legittimità sostanziale, costituita dalla disciplina conformativa normativamente prevista per la medesima attività edilizia;
  • la legittimità sostanziale è posta dalla legge tra i presupposti della legittimità formale, creando così un unicum transitivo, stabilendo cioè una sorta di proprietà transitiva: se il titolo abilitativo (A) è una condizione di legittimità (B) ed ha come condizione la conformità (C), risulta allora che A=B, B=C, A=C;
  • è, dunque, comprensibile che la legge faccia affidamento, sia in termini pubblicistici che privatistici, al titolo abilitativo edilizio, a prescindere se questo abbia natura provvedimentale o procedimentale;
  • difatti, l’ordinamento giuridico esprime il necessario principio di affidamento degli atti/provvedimenti amministrativi e quindi quello della loro conservazione (quanto ad effetti), cosicché, trascorso un dato periodo di tempo che la legge prevede per porre rimedio a possibili errori/vizi, quegli atti non possono più essere caducati, ossia posti nel nulla e privati dei loro effetti, addirittura ex tunc, e cioè retroattivamente (l’istituto giuridico interessante i titoli abilitativi edilizi è l’annullamento - non la revoca - che può essere in autotutela, oppure disposto dall’autorità amministrativa sovraordinata o dall’autorità giudiziaria amministrativa - non anche penale).

Presunzione di legittimità vs illegittimità sostanziale

Il fatto che i titoli abilitativi edilizi possano essere annullati in riscontro dell’illegittimità sostanziale, porta a dedurre che la loro esistenza è soltanto presuntiva della legittimità sostanziale richiesta all’attività edilizia.

Tuttavia, trascorso il tempo per il loro possibile annullamento, quella presunzione di legittimità si consolida non perdendo, però, il carattere di presunzione in quanto la disciplina dell’attività edilizia prevede che:

  • la vigilanza sull’attività edilizia da parte del Comune, come anche la responsabilità dei soggetti, si fondi sul controllo della legittimità sostanziale e, incidentalmente, su quella formale dei titoli abilitativi (modalità esecutive stabilite nei medesimi);
  • il sistema sanzionatorio regolato dalla legge si fondi sul titolo abilitativo, quindi sulla legittimità formale dell’attività edilizia, ma richiede necessariamente quella sostanziale come una condizione per adire al procedimento di sanatoria per accertamento della doppia conformità;

Nell’ordinamento giuridico, inoltre, non si rinviene una norma che impone come condizione necessaria per la rimozione di attività edilizie antigiuridiche (sotto il profilo sostanziale) l’annullamento del titolo abilitativo edilizio che le ha legittimate formalmente. Neppure sembra radicarsi un legittimo affidamento o un’aspettativa giuridicamente qualificata con il decorrere del tempo.

Infatti, il carattere antigiuridico dell’attività edilizia, riferito alla disciplina conformativa vigente al momento della sua realizzazione, non viene meno con il trascorrere del tempo, nel senso che il suo passare, anche a fronte dell’inerzia dei pubblici poteri, in termini sostanziali non rende legittimo ciò che risulta illegittimo.

Dunque, come bene evidenziato dal prof. Dalprato, il titolo abilitativo edilizio è destinato a comprovare, sempre e comunque, la sola legittimità formale in presunzione di quella sostanziale.

È altresì ragionevole concordare con l’insigne professore, sul fatto che, in futuro, la stessa PA possa, di norma, confermare o non sindacare le proprie istruttorie nell’ambito dei titoli abilitativi di natura provvedimentale dalla medesima rilasciati, e quindi concludere per l’antigiuridicità dell’attività edilizia (anche considerando gli effetti che ne deriverebbero in termini di responsabilità dei pubblici poteri).

Altrettanto condivisibile il fatto che, invece, possa perseguire l’antigiuridicità di attività edilizie poste in essere con titoli abilitativi procedimentali, sorretti dall’asseverazione di conformità da parte dei tecnici “privati”, ai quali finirebbe di ricadere ogni responsabilità (che sembrerebbe addirittura prescrivibile a decorrere dall’accertamento di abusività).

Tuttavia, il sottoscritto ritiene osservare che la PA potrebbe essere indotta a sindacare anche le proprie istruttorie passate a fronte:

  • di circostanziate segnalazioni da parte di soggetti interessati che hanno avuto accesso agli atti, e quindi a seguito di valutazioni tecnico-giuridiche di regolarità urbanistico-edilizia sostanziale (nell’ambito dei rapporti di vicinato o nell’ambito di pratiche di due diligence, oppure di consulenze tecniche d’ufficio, ecc.);
  • di sentenze di condanna penale nell’ambito di procedimenti giudiziali che hanno accertato la responsabilità sotto il profilo sostanziale pur senza sindacare e disapplicare il provvedimento amministrativo, procedimento penale che può riguardare fatti abusivi del passato, quindi potenzialmente prescritti nonostante la natura permanente del reato, ma che possono prendere ri-avvio a seguito di semplici interventi di manutenzione ordinaria su edifici abusivi e non mai sanati.

Lo stato legittimo asseverato dai tecnici

Sembra coerente con l’ordinamento giuridico, il disposto normativo che fonda lo stato legittimo degli immobili, e delle unità immobiliari, sul titolo abilitativo edilizio normativamente richiesto dalla legge vigente al tempo in cui sono stati realizzati, oppure modificati nella loro “interezza”.

In altri termini, lo stato legittimo fondato sul titolo abilitativo appare coerente con le disposizioni della disciplina edilizia fondate sul titolo abilitativo stesso, e quindi con:

  • il sistema sanzionatorio per interventi realizzati in assenza, in difformità, totale o parziale, o in variazione essenziale dal titolo;
  • la “nullità” degli atti giuridici relativi ad edifici la cui costruzione abusiva sia iniziata dopo il 17 marzo 1985.

Dunque, lo stato legittimo degli immobili è quello corrispondente ai titoli abilitativi, al netto delle tolleranze costruttive/esecutive e, a seguito del decreto-legge “salva casa”, al netto anche delle sanzioni pecuniarie di fiscalizzazione in luogo delle demolizioni (sempreché questa previsione sia convertita in legge).

Di conseguenza, sembra ragionevole dedurre che lo stato legittimo che deve essere dichiarato dai tecnici abilitati, sia quello inerente la legittimità “formale”, la quale, come argomentato, è solo in presunzione di quella sostanziale.

Possibili anomalie e antinomie

Il fatto che la disciplina edilizia dia prevalenza all’aspetto formale, costituito dal titolo abilitativo, rispetto a quello sostanziale, rappresentato dalla disciplina conformativa, senza peraltro escluderla, anzi fondando su quest’ultima la vigilanza sull’attività edilizia e la responsabilità dei soggetti, induce a ritenere che lo stato legittimo degli immobili e delle unità immobiliari richieda una corrispondenza tra stati necessariamente di tipo “formale”.

Ne consegue che, quindi, lo stato attuale dell’immobile o dell’unità immobiliare, deve corrispondere formalmente alla sua rappresentazione di progetto facente parte del titolo abilitativo edilizio da considerare.

Corrispondenza formale, pertanto, significa che non risulta ammissibile discriminare i contenuti del progetto rispetto alla disciplina conformativa di interesse, facendo assumere rilevanza giuridica a qualsiasi differenza e/o scostamento tra i due stati.

Fermo restando il problema irrisolto del rapporto tra stato legittimo della singola unità immobiliare rispetto a quello dell’immobile al quale appartiene, nella siffatta logica formale (che personalmente definisco “formalistica”), l’assenza di criteri valutativi degli stati da confrontare, e cioè dei criteri che definiscono gli elementi e/o aspetti determinanti lo stato, si assiste alla caccia al particolare, al “dettaglio”.

Per cui, a mero titolo esemplificativo, escluderebbe lo stato legittimo la presenza nello stato attuale di canne fumarie qualora non disegnate nel progetto annesso al titolo abilitativo, oppure una loro diversa posizione, e così anche la presenza o meno di sistemi di chiusura delle finestre (avvolgibili o altri sistemi oscuranti eccetera) e via elencando.

Il decreto-legge “salva casa”, nel perseguire la logica del dettaglio normativo (ossia la tecnica legislativa oggettuale-descrittiva in luogo di quella prestazionale, sui principi e criteri), al momento esclude di considerare gli elementi specificatamente nominati/elencati, vieppiù per i soli interventi realizzati entro il 24 maggio 2024, quindi non altri, avvalorando la logica formale/formalistica.

Conclusioni

In conclusione, non posso che concordare con il prof. Dalprato circa l’esistenza di una bulimia non solo regolamentare bensì anche legislativa, forse anche interpretativa (giurisprudenziale), le quali rendono effimero qualsiasi tentativo di semplificazione reale, a favore sia delle PA, sia dei consociati, cittadini, imprese o professionisti che siano.

Il Centro Studi Tecnojus, che ho l’onore e l’onere di presiedere, ha da tempo elaborato degli approfondimenti in argomento, in parte espressi dal sottoscritto su alcune pubblicazioni edite da Grafill, ed anche sul recente salva-casa che si è avuto modo di condividere con alcuni Ordini e Collegi professionali.

Forse si rende opportuno concludere osservando che lo stato legittimo degli immobili dovrebbe essere sempre valutato secondo la legge del tempo, anche a livello interpretativo, ed anche considerando che risulta determinato:

  • dallo stato legittimato in atti, relativamente ai soli elementi ed aspetti giuridicamente rilevanti secondo la disciplina conformativa di subordinazione, al netto di tolleranze ed errori;
  • dagli interventi sugli stessi eseguiti in regime di attività edilizia libera;
  • dalle aspettative giuridicamente qualificate e generanti un legittimo affidamento sugli atti.
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