Decreto Salva Casa e stato legittimo: dubbi su alcune proposte
In una recente audizione sul D.L. n. 69/2024 si chiede di inserire SCIA, DIA, CILA e CILAS e certificati di abitabiltà/agibilità tra i titoli abilitativi. Sicuro che sia corretto?
Il percorso che porterà alla conversione in legge del Decreto Salva Casa (D.L. n. 69/2024) passa attraverso gli interventi di addetti ai lavori, tecnici e stakeholders in audizione presso la Commissione VIII Ambiente, Territorio e Lavori Pubblici alla Camera, che precedono al formale presentazione degli emendamenti.
Decreto Salva Casa: continuano le audizioni
Tra queste, quella del Centro Studi Italiano IPPASO che, in una complessiva, positiva valutazione del Decreto, sottolinea il permanere di alcune criticità riguardo ad alcuni meccanismi sostanziali non toccati dal provvedimento e che potrebbero non sortire gli effetti sperati, soprattutto in relazione allo sblocco del mercato immobiliare.
Le preoccupazioni principali riguardano:
- le possibili difficoltà e incertezze nella classificazione degli abusi edilizi, che potrebbero causare grandi divergenze tra gli enti locali e disparità di trattamento tra i cittadini;
- la necessità di un approccio sistemico che riorganizzi l’intera disciplina edilizia e urbanistica, garantendo il coordinamento tra le leggi nazionali e regionali, e l’armonizzazione delle normative esistenti in maniera chiara e senza lasciare più spazio alle interpretazioni.
L'auspicio è quindi quello di una revisione più approfondita del Decreto per snellire ulteriormente le procedure, migliorare l’efficienza degli uffici tecnici comunali e soprattutto assicurare chiarezza normativa, con la riscrittura sistematica del TUE.
Nello specifico, l’audizione ha trattato i seguenti aspetti:
- Edilizia libera e richieste di ulteriori semplificazioni
- Mutamenti della destinazione d’uso
- Stato legittimo
- Tolleranze costruttive
- Difformità parziali e nuovo accertamento di conformità in sanatoria
- Strutture amovibili per covid 19
Alcune proposte sullo stato legittimo sollevano però alcune perplessità. Vediamo il perché.
Stato legittimo
Sul comma 1-bis dell’art. 9-bis del TUE il Centro Sudi fa una proposta che, al pari di altri interventi in audizione, genera qualche dubbio applicativo.
Ricordiamo che la norma dispone che lo stato legittimo possa essere accertato, oltre che con il titolo abilitativo che ne ha previsto la costruzione (o che ne ha legittimato la stessa), anche tramite il titolo che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio riguardante l’intero immobile/unità immobiliare rilasciato all'esito di un procedimento idoneo a verificare l'esistenza del titolo abilitativo che ne ha previsto la costruzione o che ne ha legittimato la stessa, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali. Tra questi, il permesso di costruire in sanatoria, e il pagamento di sanzione pecuniaria su permessi di costruire annullati, le procedure di fiscalizzazioni concluse e lasciando salva la possibilità di avvalersi della dichiarazione di rispetto delle tolleranze costruttive.
Il CS si raccomanda nello specifico di inserire SCIA, DIA, CILA e CILAS quali atti idonei all’attestazione dello stato legittimo, benché non comportino un procedimento di verifica da parte della pubblica amministrazione. Una proposta che, a dire il vero, lascia perplessi perché i documenti citati sono attestazioni e dichiarazioni ma non atti ufficiali da parte della pubblica amministrazione. Oltretutto sulla CILAS (la Comunicazione di Inizio Lavori Asseverata per il superbonus) ancora si discute sulla sua validità dal punto di vista edilizio o amministrativo per gestire la detrazione fiscale collegata agli interventi di riqualificazione energetica e/o strutturale.
Qualche dubbio anche sulla proposta di aggiungere tra i titoli che attestano lo stato legittimo anche l’agibilità o abitabilità ante 1994 rilasciate del Comune dietro sopralluogo eseguito da incaricato comunale nel caso di parziali difformità. Non si comprende se la proposta chiede anche l'agibilità rilasciata/attestata ai sensi del d.P.R. n. 380/2001. L'argomento è già stato oggetto di un nostro approfondimento in cui abbiamo evidenziato le differenze normative tra:
- il Regio Decreto n. 1265/1934 mediante il quale l’abitabilità veniva “concessa” (ovvero rilasciata) dal Comune, previa ispezione dell'ufficiale sanitario o di un ingegnere a ciò delegato, che verificava anche l’esecuzione in conformità del progetto approvato;
- il d.P.R. n. 425/1994 secondo cui il certificato di abitabilità veniva rilasciato dal Sindaco (entro 30 giorni dall’istanza) che poteva disporre una ispezione da parte degli uffici comunali per la verifica dell'esistenza dei requisiti richiesti alla costruzione per essere dichiarata abitabile (tra cui la conformità rispetto al progetto approvato);
- la prima versione del d.P.R. n. 380/2001 in cui arriva il certificato di agibilità rilasciato dal Comune che, però, non verifica anche la conformità rispetto al progetto approvato che arriva solo nel 2016 con il D.Lgs. n. 222/2016 quando però l’agibilità viene attestata da un tecnico abilitato (e non più "rilasciata" dal Comune).
Altra semplificazione richiesta, una sorta di “condono” per tutti gli immobili ante ’67: “Per tutti gli immobili realizzati anteriormente alla data di entrata in vigore della legge 6 agosto 1967, n. 765, sarebbe auspicabile che − in tutti quei casi in cui successivamente non siano state realizziate opere soggette a titolo abilitativo o qualora non sia presente sufficiente documentazione probatoria − lo stato legittimo venisse identificato , con lo stato fatto attuale dell’immobile”.
Edilizia libera
Secondo il Centro studi, la nuova lettera b-ter) inserita all'interno dell'art. 6 del TUE (relativo agli interventi di edilizia libera) lascerebbe ampi margini di interpretazione. Ricordiamo che tale lettera recita:
“le opere di protezione dal sole e dagli agenti atmosferici la cui struttura principale sia costituita da tende, tende da sole, tende da esterno, tende a pergola con telo retrattile anche impermeabile, tende a pergola con elementi di protezione solare mobili o regolabili, e che sia addossata o annessa agli immobili o alle unità immobiliari, anche con strutture fisse necessarie al sostegno e all’estensione dell’opera. In ogni caso, le opere di cui alla presente lettera non possono determinare la creazione di uno spazio stabilmente chiuso, con conseguente variazione di volumi e di superfici, devono avere caratteristiche tecnico-costruttive e profilo estetico tali da ridurre al minimo l’impatto visivo e l’ingombro apparente e devono armonizzarsi alle preesistenti linee architettoniche”.
Secondo il CS di IPPASO, l’ultimo periodo lascia troppo spazio a interpretazioni discrezionali e potrebbe esporre il fianco a possibili contestazioni da parte degli enti preposti e, quindi, in potenziali contenziosi che da anni, soprattutto quelli di natura amministrativa, ingolfano i tribunali.
Sempre sull'art. 6, ma relativamente alle modifiche della lettera b-bis) (che riguarda le VEPA), secondo IPPASO sarebbe auspicabile aggiungere:
- la possibilità di installare delle VEPA anche per la chiusura di tettoie e pensiline a servizio pertinenziale degli edifici;
- tra gli interventi in edilizia libera la realizzazione tettoie, pensiline, gazebi di modeste dimensioni (ad esempio fino a 30mq) stabilmente infissi al suolo a servizio pertinenziale degli edifici; tali interventi, in considerazione della modesta entità, non dovrebbero esseri subordinati all’acquisizione di permessi, autorizzazioni o atti amministrativi di assenso comunque denominati, a eccezione degli interventi da realizzare in aree sottoposte ai vincoli di cui all’articolo 136, comma 1, lettere b) e c), del codice di cui al Codice dei beni culturali e del paesaggio, e fermo restando quanto previsto dagli articoli 21 e 157 del medesimo codice.
Nel caso questa proposta fosse accettata, sarebbe indispensabile prevedere, per legge, l’indicazione della dimensione massima ovvero delle modalità di determinazione di detta misura per evitare possibili controversie sulla definizione di modeste dimensioni.
- prevedere che logge, balconi, tettoie, pensiline e gazebi o chiusura con VEPA delle stesse siano ammessi al procedimento di accertamento di compatibilità paesaggistica, di cui all’articolo 166 comma 4 del Codice dei beni culturali e del paesaggio (decreto legislativo 22 gennaio 2004). In caso di dimensioni maggiori con criterio crescente dovrebbero essere annoverati tra gli interventi realizzabili tramite Comunicazione di inizio Lavori Asseverata o tramite Segnalazione Certificata di Inizio Attività.
Viene, inoltre, proposta:
- la modifica dell’art 6, lettera a-bis) secondo cui ricadono in edilizia libera “gli interventi di installazione delle pompe di calore aria-aria di potenza termica utile nominale inferiore a 12 Kw” in quanto sarebbe necessario un allineamento con d.lgs. n. 199/2021, secondo cui gli interventi di installazione e sostituzione di pompe di calore sono considerati attività di edilizia libera e sono eseguiti senza comunicazione da parte dell’interessato all’amministrazione comunale né titolo abilitativo quando riguardano pompe di calore con potenza termica utile nominale inferiore a 40 kW;
- la modifica dell’art 6, lettera e-quater) conformandola alle disposizioni del decreto 28/2011(art. 7 bis, comma 5; anche il Decreto del Presidente della Repubblica 13 febbraio 2017, n. 31 andrebbe aggiornato secondo tali previsioni;
- la realizzazione delle piscine di modeste dimensioni (ad esempio fino a 25 mq) andrebbe assoggettata alla disciplina della Comunicazione di Inizio Lavori Asseverata, in virtù dell’orientamento giurisprudenziale, secondo cui le piscine di piccole dimensioni, destinate ad esclusivo servizio del fabbricato principale, in quanto, non essendo suscettibili di un autonomo uso e/o sfruttamento, non aumentano il carico urbanistico, per maggiori dimensioni andrebbe previsto l’assoggettamento alla Segnalazione Certificata di Inizio Attività, o alla SCIA alternativa a permesso a costruire.
Mutamenti della destinazione d'uso
Secondo il centro studi sarebbe penalizzante la previsione secondo cui il mutamento di cui al comma1-ter sia sempre consentito solo nel caso in cui finalizzato alla forma di utilizzo prevalente nelle altre unità immobiliari, alla luce del fatto che tra gli interessi primari del governo del territorio ci sarebbe il contenimento del consumo del suolo e che la previsione non debba tenere conto del criterio di prevalenza.
La norma proposta, utile per affrontare i cambiamenti urbani, la riqualificazione e il recupero del patrimonio costruito, tuttavia non appare risolutiva e andrebbe estesa ai mutamenti di destinazione d’uso con opere edilizie di manutenzione ordinaria e straordinaria (cfr. art 3, comma ,1 lettere a), b), e c) del TUE). In questo modo potrebbe essere possibile coniugare l’esigenza dei proprietari, con l’esigenza di salvaguardia del potere degli strumenti urbanistici comunali. I
Tolleranze costruttive
Il provvedimento viene valutato positivamente sulle tolleranze costruttive/esecutive, con la richiesta però di eliminare il riferimento agli interventi realizzati entro il 24 maggio ed estendere le previsioni anche agli interventi futuri.
Inoltre si chiede di:
- dare delle specifiche sulla locuzione “superficie utile”, oggetto di diverse definizioni, a volte contrastanti, susseguitesi nel tempo e nella prassi;
- introdurre il concetto di tolleranza anche per la regolarità igienico-sanitaria (ad es. rapporti aeroilluminanti, altezze minime), in quanto in passato la giurisprudenza ha dato interpretazioni estensive e altre volte restrittive, con profonde differenze.
- modificare il D.M. 5 luglio 1975 in relazione alla riduzione altezza minima a 240 cm anche per i vani abitabili in analogia ai vani accessori, riduzione del rapporto aeroilluminante a 1/9, riduzione superficie minima per gli immobili abitativi; ciò in ragione dell’evoluzione tecnologica di impianti, corpi illuminanti e qualità degli infissi. Il tutto in deroga a leggi regionali e/o regolamenti edilizi comunali se più restrittivi.
Inoltre viene osservato che essendoci un riferimento esplicito alle singole unità immobiliari, le nuove tolleranze costruttive sembrano non applicarsi anche ai beni comuni non censiti.
Considerata la modesta entità delle tolleranze, è previsto che non debbano essere sottoposti ad autorizzazione paesaggistica gli interventi realizzati entro il 24 maggio che rispettino i nuovi limiti, relativi alle tolleranze costruttive, mentre di senso contrario invece le disposizioni di cui ai commi 3-bis e 3-ter volte all’attestazione del rispetto delle normative per le costruzioni in zone sismiche e a tenere impregiudicati i diritti di Terzi, che rappresentano un onere a carico dei tecnici di non sempre facile e immediata attuazione. Per altro, ricorda il Centro Studi, l’art. 93 sulla preventiva autorizzazione sismica risulta obsoleto e non al passo con i tempi, la sicurezza dovrebbe essere garantita dai controlli del progettista, del direttore dei lavori e del collaudatore statico, come peraltro avviene con il nuovo codice degli appalti, dove è previsto che il calcolo strutturale venga verificato durante l’analisi del progetto e in seguito alla verifica positiva ci sia il depositato con modalità telematica presso l’AINOP.
Difformità parziali e nuovo accertamento di conformità
Positiva la valutazione sul silenzio-assenso, fermo restando che, ai fini di una più approfondita istruttoria, il termine in riferimento al permesso in sanatoria dovrebbe essere innalzato a sessanta giorni.
Inoltre si suggerisce di:
- limitare l’esercizio dei poteri amministrativi di autotutela ponendo il limite temporale di due anni dal completamento dei lavori al potere demolitorio, con la sola eccezione dei casi in cui ci siano state condotte relative all’intervento punibili penalmente.
- per consentire un rapido iter istruttorio, prevenire il rischio di ingolfamento delle pratiche e scongiurare fenomeni di abusivismo, consentire agli enti locali l’affidamento del servizio a terzi mediante procedura a evidenza pubblica, lasciando alla dirigenza amministrativa solo l’adozione dei provvedimenti finali
- estendere l’eliminazione della doppia conformità anche nelle ipotesi di assenza di titolo, totale difformità o variazioni essenziali, ma in questo caso solo per le opere realizzate ante 24/05/2024 onde evitare abusi del diritto con future varianti urbanistiche sananti.
Strutture amovibili per Covid-19
Infine, in relazione alle strutture amovibili realizzate durante l’emergenza sanitaria del COVID-19, essendo state investite delle risorse per creare delle strutture che hanno avuto una funzione di pubblica utilità durante la pandemia, si chiede il loro mantenimento, purché se ne dimostri con chiarezza il persistente carattere di utilità pubblica. Si tratta di una problematica, che dovrebbe essere affrontata con una riscrittura organica e non con piccole modifiche al d.P.R. n. 380/2001.
Documenti Allegati
Audizione