Codice Appalti: l’ingiustificata paura dell’equo compenso
Si torna a parlare di equo compenso dei professionisti alla luce della recente Cabina di Regia al MIT che lo ha inserito tra i punti in discussione
“Se pensi che un professionista ti costi troppo, non sai quanto ti costerà un dilettante”. È un famoso mantra che circola periodicamente sui social, dal quale si vorrebbe far comprendere il valore della “professionalità” inteso come capacità di risolvere problemi complessi mediante soluzioni semplici.
Soluzioni apparentemente semplici solo dopo la loro realizzazione ma che al momento del problema necessitano di conoscenza, competenza ed esperienza ovvero valori spesso sottovalutati in una società sempre più “usa e getta” e votata alla risposta facile dal web.
Equo compenso in discussione
Perché questa premessa? il motivo è semplice. Dopo un anno di confronti, discussioni, proposte, ricorsi e sentenze che finalmente ne avevano chiarito i contorni, la Cabina di Regia (come richiesto da ANAC) molto probabilmente interverrà per un migliore coordinamento normativo tra il D.Lgs. n. 36/2023 (Codice dei contratti) e la Legge n. 49/2023 (Equo compenso per i professionisti).
È, infatti, questo uno dei punti inserito dal MIT all’interno del questionario finalizzato a segnalare eventuali disfunzioni che sarà propedeutico alla prossima “consultazione digitale” che dovrà definire il primo vero correttivo al Codice dei contratti dopo le puntuali modifiche arrivate in questo anno:
- dall’art. 2, comma 1 del Decreto Legge 29 maggio 2023, n. 57, abrogato e confermato identico dalla Legge n. 87/2023 (art. 6, comma 2-bis), che ha modificato l'art. 108, comma 7, del Codice;
- dall’art. 15-quater, comma 1, lettere a) e b) del Decreto Legge 29 settembre 2023, n. 132, convertito con modificazioni dalla Legge 27 novembre 2023, n. 170, che ha modificato gli articoli 16, comma 1 e 73, comma 4, del Codice;
- l’art. 40, comma 1 del Decreto Legge 2 marzo 2024, n. 19, convertito con modificazioni dalla Legge 29 aprile 2024, n. 56, che ha modificato l'art. 6, comma 2, dell’Allegato II.14 al Codice.
Equo compenso e Codice dei contratti: come si coordinano?
Il “problema” sull’equo compenso (se tale si può ancora definire) riguarda il fatto che da una parte il Codice dei contratti prevede criteri di aggiudicazione dei servizi di architettura e di ingegneria basati sul ribasso e dall’altro la Legge n. 49/2023 vieta il ribasso oltre i limiti stabiliti dal DM 17/06/2016 (Decreto Parametri) che sono gli stessi utilizzati per calcolare l’importo da porre a base di gara dalle stazioni appaltanti.
Entrando nel dettaglio, per l'affidamento dei servizi di ingegneria e architettura e degli altri servizi di natura tecnica e intellettuale, il Codice dei contratti prevede:
- all'art. 108, comma 1, che "le stazioni appaltanti procedono all’aggiudicazione degli appalti di lavori, servizi e forniture e all’affidamento dei concorsi di progettazione e dei concorsi di idee sulla base del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo o sulla base dell’elemento prezzo o del costo, seguendo un criterio di comparazione costo/efficacia quale il costo del ciclo di vita";
- all'art. 108, comma 2, lettera b), che siano aggiudicati sulla base del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo "i contratti relativi all’affidamento dei servizi di ingegneria e architettura e degli altri servizi di natura tecnica e intellettuale di importo pari o superiore a 140.000 euro";
- all'art. 110, che la stazione appaltante deve effettuare la valutazione della congruità, serietà, sostenibilità e realizzabilità della migliore offerta, non ammettendo giustificazioni in merito "a trattamenti salariali minimi inderogabili stabiliti dalla legge o da fonti autorizzate dalla legge".
Dall’altra parte, la Legge n. 49/2023 (pubblicata in Gazzetta Ufficiale 35 giorni dopo il Codice dei contratti) dispone:
- all'art. 3, comma 1, la nullità delle clausole che non prevedono un compenso equo e proporzionato all’opera prestata;
- all'art. 5, comma 4, che Consigli nazionali degli ordini o collegi professionali possono adire l’autorità giudiziaria competente qualora ravvisino violazioni delle disposizioni vigenti in materia di equo compenso;
- all'art. 5, comma 5, l’aggiornamento dei codici deontologici dei professionisti con l’inserimento di sanzioni in caso di violazione dell’equo compenso;
- all'art. 12, comma 1, l’abrogazione della lettera a), comma 1, art. 2 del Decreto-Legge 4 luglio 2006, n. 223 che a sua volta aveva abrogato le disposizioni legislative e regolamentari relative all'obbligatorietà di tariffe fisse o minime.
La soluzione dei TAR
Dopo un pessima altalena da parte dell’Autorità Nazionale Anticorruzione (a cui non compete alcuna decisione o valutazione personale sull’applicazione dell’equo compenso), il coordinamento tra le due norme è stato efficacemente affrontato e risolto da due sentenze del TAR Veneto (sentenza 3 aprile 2024, n. 632) e del TAR Lazio (sentenza 30 aprile 2024, n. 8580).
Due pronunce le cui osservazioni possono essere così sintetizzate:
- non esiste alcuna incompatibilità tra la norma sull’equo compenso e quelle Europee (in virtù del fatto che si tratta di professioni regolamentate e di compensi stabiliti da un Decreto del Ministero della Giustizia);
- non esiste alcuna incompatibilità tra il Codice dei contratti e la Legge sull’equo compenso (la prima lo prevede espressamente all’art. 8, la seconda disciplina l’applicazione dell’equo compenso alle prestazioni rese in favore della P.A., senza esclusioni);
- il ribasso nelle gare per l’affidamento dei servizi di architettura e di ingegneria va limitato alla voce “spese e oneri accessori” di cui all’art. 5 del DM 17/06/2016.
Cosa devono fare le stazioni appaltanti
Entrando nel dettaglio, l’importo da porre a base di gara per l’affidamento dei servizi di architettura e ingegneria va calcolato utilizzando il DM 17/06/2016 (Decreto Parametri) a mente del quale tale importo si compone delle seguenti voci:
- il compenso (art. 4 del Decreto Parametri);
- le spese e gli oneri accessori (art. 5 del Decreto Parametri).
Sul compenso la stazione appaltante non si può accettare alcun ribasso, che potrà invece riguarda la voce relativa alle spese e gli oneri accessori che, ricordiamo, si calcolano:
- per opere di importo fino a euro 1.000.000,00, non superiori al 25% del compenso;
- per opere di importo pari o superiore a euro 25.000.000,00, non superiori al 10% del compenso;
- per opere di importo intermedio in misura non superiore alla percentuale determinata per interpolazione lineare.
L’ingiustificata paura dell’equo compenso
Recentemente la discussione sull’equo compenso ha riguardato l’eccessiva spesa delle stazioni appaltanti che saranno costrette a pagare per intero il compenso dei professionisti (come se fosse un’ingiustizia sociale!).
Il tema era già stato efficacemente trattato dal Consiglio Nazionale degli Ingegneri che ha ricordato:
- in caso di affidamento dei servizi all’esterno, le spese tecniche rappresentano in media meno del 10% dell’intero finanziamento;
- i ribassi sui corrispettivi si attestavano, prima dell’applicazione della norma sull’equo compenso, su un valore ricompreso tra il 30% ed il 35%;
- le proiezioni fatte dall’Osservatorio Bandi del CNI sugli affidamenti dell’ultimo anno indica valori medi dei ribassi, grazie alla corretta interpretazione della norma, contenuti tra il 15% ed il 20% del corrispettivo nel suo complesso.
“Combinando la differenza del ribasso medio al peso delle spese tecniche rispetto al finanziamento – ha concluso il CNI - si evince immediatamente che si sta discutendo del 1,5% dell’intero finanziamento, cifra di certo non determinante rispetto alle sorti di un appalto”.
Ma soprattutto, perché mai il costo della manodopera non è soggetto a ribasso (rispetto al proprio CCNL), mentre dovrebbe essere lecito oltre che giusto ribassare il costo di un professionista?
Riprendendo il mantra in premessa, dalla qualità dell’operato di un professionista dipende il risultato di un’opera che dovrebbe durare decenni. E allora perché non riconoscergli il giusto compenso?