Equo compenso e Codice Appalti: dure critiche del CNI sui ribassi
Il Consiglio Nazionale degli Ingegneri interviene sulla presa di posizione di alcuni stakeholders sui compensi professionali, nell’ambito della consultazione del MIT sul Codice dei Contratti
La consultazione pubblica del MIT in tema di Codice dei Contratti ha messo in rilievo, un’altra volta, il tema sull’equo compenso che, nonostante l’emanazione della legge n. 49/2023 presenta ancora degli aspetti irrisolti rispetto all'applicazione del d.Lgs. n. 36/2023.
Revisione Codice Appalti: il CNI critico sui compensi dei professionisti
Sul punto è intervenuto il Consiglio Nazionale degli Ingegneri, tra gli enti coinvolti al Tavolo Tecnico, rivendicando l’autorevolezza del proprio ruolo, “in qualità di ente pubblico che rappresenta 250 mila ingegneri tra liberi professionisti, dipendenti pubblici e di società privati, che applicano quotidianamente il d.Lgs. n. 36/2023”.
E a questo proposito, il CNI sottolinea come negli ultimi giorni si registrino prese di posizione da parte di stakeholders privati che si esprimono su temi di interesse delle professioni, spesso anteponendo interessi di parte alla lineare interpretazione delle norme, tra cui quelle sull’equo compenso.
Come si legge infatti in un recente comunicato stampa del Consiglio, “alcuni soggetti asseriscono che negli appalti pubblici non si dovrebbe applicare la norma sull'Equo compenso, non si capisce in ragione di quale articolo di legge, al solo evidente fine di garantire risparmi ai propri associati a spese dei professionisti tecnici. Altri ritengono che l'Equo compenso vada applicato non direttamente ma per il tramite di clausole secondarie, che limitano i ribassi. Anche qui in dispregio della chiarezza normativa, confermata dalla recente giurisprudenza (TAR del Veneto e del Lazio)”.
Proprio sul tema, il CNI sottolinea come non sia chiaro il modo in cui si possa garantire l'Equo compenso introducendo elementi che limitino il ribasso, peraltro utilizzando criteri che già ANAC aveva introdotto nelle linee guida sui SIA (servizi di ingegneria e architettura) e che di fatto non hanno impedito ribassi anche sopra il 70%. E richiama nuovamente le due sentenze del TAR del Veneto e del Lazio, che impongono di fatto un limite al ribasso tendente al 20%, ovvero la componente delle spese. “Ci si domanda, a questo punto, qual sia per questi stakeholders un ribasso accettabile. Si ritiene congruo un ribasso del 30 o del 40 o del 50%? A chi spetta fissare il limite della decenza?”
Non solo: conclude il Consiglio che un ribasso elevato applicato sulle prestazioni professionali, ad esempio del 50%, comporta un modestissimo risparmio globale nella realizzazione dell’opera, calcolabile nell’ordine di qualche punto percentuale. Al contrario, una tale riduzione ha un impatto enorme sul lavoro del professionista, il tutto a scapito della qualità della prestazione.