Onerosità permesso di costruire: le differenze tra oneri di urbanizzazione e costo di costruzione
Il Consiglio di Stato chiarisce i presupposti e le differenze esistenti tra le componenti del contributo per il rilascio del permesso di costruire
Fatti salvi i casi di riduzione o esonero, il d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia), che presto sarà nuovamente rinnovato nei contenuti dal D.L. n. 69/2024 (Decreto Salva Casa), dispone che il rilascio del permesso di costruire comporta la corresponsione di un contributo commisurato all'incidenza degli oneri di urbanizzazione nonché al costo di costruzione.
Componenti del contributo per il rilascio del permesso di costruire
L’argomento è l’oggetto della sentenza del 22 luglio 2024, n. 6587 mediante la quale il Consiglio di Stato ha chiarito i presupposti e le differenze esistenti tra le due componenti del contributo per il rilascio del permesso di costruire:
- gli oneri di urbanizzazione;
- il costo di costruzione.
Preliminarmente occorre ricordare quanto prevede l’art. 16 del Testo Unico Edilizia (TUE). In particolare:
- comma 2: la quota di contributo relativa agli oneri di urbanizzazione è corrisposta al comune all'atto del rilascio del permesso di costruire;
- comma 3: la quota di contributo relativa al costo di costruzione, determinata all'atto del rilascio, è corrisposta in corso d'opera, con le modalità e le garanzie stabilite dal comune, non oltre sessanta giorni dalla ultimazione della costruzione;
- comma 4: l'incidenza degli oneri di urbanizzazione primaria e
secondaria è stabilita con deliberazione del consiglio comunale in
base alle tabelle parametriche che la Regione definisce per classi
di comuni in relazione:
- all'ampiezza ed all'andamento demografico dei comuni;
- alle caratteristiche geografiche dei comuni;
- alle destinazioni di zona previste negli strumenti urbanistici vigenti;
- ai limiti e rapporti minimi inderogabili fissati in applicazione dall'articolo 41-quinquies, penultimo e ultimo comma, della legge 17 agosto 1942, n. 1150, e successive modifiche e integrazioni, nonché delle leggi regionali;
- alla differenziazione tra gli interventi al fine di incentivare, in modo particolare nelle aree a maggiore densità del costruito, quelli di ristrutturazione edilizia, anziché quelli di nuova costruzione;
- alla valutazione del maggior valore generato da interventi su aree o immobili in variante urbanistica o in deroga. Tale maggior valore, calcolato dall'amministrazione comunale, è suddiviso in misura non inferiore al 50 per cento tra il comune e la parte privata ed è erogato da quest'ultima al comune stesso sotto forma di contributo straordinario, che attesta l'interesse pubblico, in versamento finanziario, vincolato a specifico centro di costo per la realizzazione di opere pubbliche e servizi da realizzare nel contesto in cui ricade l'intervento, cessione di aree o immobili da destinare a servizi di pubblica utilità, edilizia residenziale sociale od opere pubbliche;
- comma 9: il costo di costruzione per i nuovi edifici è determinato periodicamente dalle regioni con riferimento ai costi massimi ammissibili per l'edilizia agevolata, definiti dalle stesse regioni a norma della lettera g) del primo comma dell'articolo 4 della legge 5 agosto 1978, n. 457;
- comma 10: nel caso di interventi su edifici esistenti il costo di costruzione è determinato in relazione al costo degli interventi stessi, così come individuati dal comune in base ai progetti presentati per ottenere il permesso di costruire. Al fine di incentivare il recupero del patrimonio edilizio esistente, per gli interventi di ristrutturazione edilizia, i comuni hanno comunque la facoltà di deliberare che i costi di costruzione ad essi relativi siano inferiori ai valori determinati per le nuove costruzioni.
La sentenza del Consiglio di Stato
Nel nuovo intervento del Consiglio di Stato viene affrontato l’appello presentato da un Comune per la riforma di una sentenza di primo grado che aveva accolto parzialmente il ricorso presentato da un privato per l’accertamento della spettanza o meno del contributo di costruzione (oneri di urbanizzazione e costo di costruzione) preteso dal Comune stesso.
Il caso può essere così riassunto:
- il ricorrente in primo grado è proprietario di un immobile, originariamente costituito da un’unità abitativa, un locale commerciale (sub 7) ed un locale deposito di pertinenza (sub 6);
- viene presentata una SCIA per la ristrutturazione degli edifici sub 6 e sub 7;
- nel corso dei lavori, viene emessa una ordinanza del Sindaco del Comune che ordina alla proprietaria “un urgente intervento di messa in sicurezza (…) riducendo l’edificio a condizioni di stabilità e sicurezza temporanei sufficienti ad assicurare la tutela pubblica e privata incolumità…”;
- successivamente il proprietario domanda il rilascio del permesso di costruire per realizzare la demolizione dell’immobile sub 6 e ricostruzione e ampliamento con diversa sagoma e del fabbricato demolito causa urgente messa in sicurezza, sub 7, come da ordinanza sindacale composto da piano cantinato, terra, primo e secondo;
- infine, il Comune emana l’atto con il quale chiede il pagamento del contributo di costruzione pari ad euro 22.729,34 per costo di costruzione ed euro 23.278,92 per oneri di urbanizzazione.
In primo grado i giudici ritengono che:
- l’attività edilizia riguardante il sub 7 non implica la realizzazione di nuove superfici o volumetrie, non determina, pertanto, l’aumento del carico urbanistico e, dunque, non sono dovuti gli oneri di urbanizzazione (capo impugnato dal Comune);
- quanto all’intervento relativo al sub 6, esso è stato contraddistinto dall’aumento di volumetria in fase di ricostruzione e a tale ampliamento è riconducibile un aumento del carico urbanistico (capo non impugnato dal Comune);
- il contributo dovrà essere commisurato all’ampliamento del cespite contraddistinto dal sub 6 e non all’intero edificio, escludendo dunque ogni voce del contributo di costruzione per il sub 7.
Il contributo di costruzione e il carico urbanistico
Preliminarmente, il Consiglio di Stato ricorda che l'art. 16 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 ribadisce l'onerosità del permesso di costruire mediante versamento di un contributo articolato su due componenti:
- oneri di urbanizzazione (primaria e secondaria), che espletano la funzione di compensare la collettività per il nuovo ulteriore carico urbanistico che si riversa sulla zona a causa della consentita attività edificatoria;
- costo di costruzione, che si configura quale compartecipazione comunale all'incremento di valore della proprietà immobiliare del costruttore.
In riferimento agli oneri di urbanizzazione, il Consiglio di Stato afferma che “l'unico criterio per determinare se gli oneri siano dovuti o meno consiste nel carico urbanistico derivante dall'attività edilizia, con la precisazione che per aumento del carico urbanistico deve intendersi tanto la necessità di dotare l'area di nuove opere di urbanizzazione, quanto l'esigenza di utilizzare più intensamente quelli esistenti”.
Secondo i giudici di secondo grato “è stata ritenuta sufficiente, al fine della configurazione di un maggior carico urbanistico, la circostanza che, quale effetto dell'intervento edilizio, sia mutata la realtà strutturale e la fruibilità urbanistica, con oneri riferiti all'oggettiva rivalutazione dell'immobile e funzionali a sopportare l'aggiuntivo carico socio-economico che l'attività edilizia comporta”.
La riforma della sentenza di primo grado
Ciò premesso, il Consiglio di Stato rileva l’errore commesso dal TAR che avrebbe commisurato entrambe le voci cui si compone il contributo di costruzione all’effettivo aumento del carico urbanistico.
Muovendo da questi principi, il Consiglio di Stato ha ritenuto che la sentenza di primo grado vada riformata nelle sue motivazioni, in quanto, ai fini della determinazione degli oneri di urbanizzazione, risulta rilevante la circostanza che l’intervento edilizio finale, da considerarsi “unitario”, abbia determinato un aumento del carico urbanistico.
Circostanza che emerge ex actis dal permesso di costruire rilasciato all’appellata, da cui si trae:
- sia che il nuovo edificio presenterà una maggiore volumetria, risultando così parzialmente diverso in parte qua rispetto agli edifici preesistenti, il che è indice di una “mutata realtà strumentale”;
- sia che l’edificio realizzato presenta differenti destinazioni d’uso rispetto a quello degli edifici preesistenti dalla cui “fusione” deriva, il che comporta una differente “fruibilità urbanistica”.
Ciascuno di questi due elementi costituisce un indice idoneo a giustificare la pretesa comunale, in quanto idonei a dimostrare “l'esigenza di utilizzare più intensamente le opere di urbanizzazione esistenti”.
La circostanza che il beneficio venga ottenuto sfruttando il solo edificio prima individuato come “sub 6”, non toglie, ai fini della pretesa delle somme da parte del Comune, che, in ragione dell’edificazione autorizzata attraverso il permesso di costruire, si avrà una situazione di fatto differente rispetto a quella preesistente, che comporterà un maggior carico urbanistico.
La “naturale onerosità” del permesso di costruire, unitamente a tali elementi di prova comportano, pertanto, l’accoglimento dell’appello, dovendosi ritenere dovute le somme pretese dal Comune, la cui quantificazione non risulta contestata nel presente giudizio.
Esonero dal contributo di costruzione
A conclusione della decisione, il Consiglio di Stato ha anche evidenziato che dall’unitarietà dell’intervento ne deriva la mancata applicazione dell’art. 17, comma 3, lett. b), del d.P.R. n. 380/2001, relativo all’esonero dal contributo di costruzione che si riferisce ad interventi di “ristrutturazioni e ampliamenti” svolti su edifici unifamiliari, mentre nel caso in esame l’intervento consiste in un intervento di demolizione e ricostruzione di due edifici con conseguente creazione di un “nuovo fabbricato adibito a residenza al piano primo e secondo, locali commerciali, deposito e servizi al piano terra, oltre al piano interrato da destinare a deposito e posti auto per l’abitazione”.
Documenti Allegati
Sentenza Consiglio di Stato 22 luglio 2024, n. 6587