Equo compenso e Codice dei contratti: nuovo intervento del TAR

Il TAR sui rapporti tra la normativa sull’equo compenso di cui alla Legge n. 49/2023 e le procedure di gara dirette all’affidamento di servizi di ingegneria e architettura

di Gianluca Oreto - 28/07/2024

Equo compenso e Codice dei contratti: due a due, palla al centro. Dopo gli interventi del TAR Veneto (sentenza 3 aprile 2024, n. 632) e del TAR Lazio (sentenza 30 aprile 2024, n. 8580), in linea tra loro, e del TAR Campania (sentenza 16 luglio 2024, n. 1494), che ha rimescolato le carte, arriva una nuova pronuncia del TAR Calabria (sentenza 25 luglio 2024, n. 483) sostanzialmente in linea con quella dei giudici campani.

Equo compenso e Codice dei contratti: l’intervento dei TAR

La quaestio iuris è sempre la stessa: la Legge n. 49/2023, che ha disciplinato l’equo compenso anche per le prestazioni rese dai professionisti in favore della pubblica amministrazione, si applica anche alle gare per l’affidamento dei servizi di ingegneria e architettura bandite ai sensi del D.Lgs. n. 36/2023 (Codice dei contratti)?

Secondo i primi due TAR (Veneto e Lazio), la risposta è positiva. Secondo il recente intervento del TAR Campania, invece, l’equo compenso sarebbe derogabile per diversi motivi:

  • la specialità del sistema dei contratti pubblici impedisce la cristallizzazione dei compensi professionali tramite la eterointegrazione automatica delle disposizioni di cui alla Legge n. 49/2023;
  • le disposizioni sull’equo compenso dovrebbero essere considerate come principi direttivi cui la stazione appaltante deve indefettibilmente improntare la propria valutazione di congruità dell’offerta provvisoriamente aggiudicataria;
  • lo stesso art. 8, comma 2, del Codice dei contratti che, pur stabilendo che “la pubblica amministrazione garantisce comunque l’applicazione del principio dell’equo compenso”, d’altro lato, ammette, sia pure “in casi eccezionali e previa adeguata motivazione”, perfino “prestazioni d’opera intellettuale (…) rese dai professionisti gratuitamente”.

Nell’attesa che in cabina di regia si decida di mettere mano alla normativa, chiarendo definitivamente il rapporto tra due norme pubblicate in Gazzetta Ufficiale a distanza di 35 giorni l’una dall’altra, è arrivato l’intervento del TAR Calabria che fornisce nuovi spunti per affrontare l’argomento.

I diversi orientamenti: equo compenso si

Sul rapporto tra equo compenso e codice dei contratti, i giudici calabri hanno ammesso l’esistenza di due diversi orientamenti:

  • da una parte, l’assenza di antinomia tra la Legge n. 49/2023 e il D.Lgs. n. 36/2023, con conseguente piena operatività delle previsioni dettate dalla prima anche nel campo dell’evidenza pubblica;
  • dall’altra parte, l’incompatibilità tra i due sistemi normativi, con esclusione dell’applicazione delle regole dell’equo compenso alle procedure di gara regolate dal codice dei contratti pubblici.

Secondo il primo orientamento, l’applicazione dell’equo compenso deriverebbe direttamente dall’art. 8 del Codice dei contratti che, oltre a sancirsi il divieto, salvo casi eccezionali, di prestazioni d’opera intellettuale a titolo gratuito, ha imposto, in via generale, alla pubblica amministrazione di “garantire comunque l’applicazione del principio dell’equo compenso”.

Da questo orientamento si è, poi, arrivati all’applicabilità operativa della disciplina dell’equo compenso sulle gare di affidamento dei servizi di ingegneria e di architettura che non precluderebbe affatto l’utilizzo dell’offerta economicamente più vantaggiosa ma limiterebbe il ribasso alla voce “spese e oneri accessori” lasciando intatta la voce “compenso” (componenti calcolate sulla base del DM 17/06/2016, c.d. Decreto Parametri).

Tale conclusione (ha ammesso il citato TAR Veneto), oltre ad assicurare la coerente e coordinata applicazione dei due testi normativi, consentirebbe, sotto un diverso profilo, di escludere che la legge n. 49/2023 produca effetti anti concorrenziali o in contrasto con la disciplina dell’Unione Europea, rappresentando, piuttosto, il divieto di presentazione di offerte economiche al ribasso sulla componente del prezzo costituita dai “compensi” una tutela per i professionisti, a prescindere dalla loro nazionalità, in quanto “permetterà loro di conseguire un corrispettivo equo e proporzionato anche da un contraente forte quale è la Pubblica Amministrazione e anche in misura superiore a quella che sarebbero stati disposti ad accettare per conseguire l’appalto”.

D’altra parte occorre ricordare quanto previsto all’art. 3, comma 6, della Legge n. 49/2023 secondo la quale “Il tribunale procede alla ridetermina zione secondo i parametri previsti dai decreti ministeriali di cui al comma 1 relativi alle attività svolte dal professionista, tenendo conto dell’opera effettivamente prestata e chiedendo, se necessario, al professionista di acquisire dall’ordine o dal collegio a cui è iscritto il parere sulla congruità del compenso o degli onorari, che costituisce elemento di prova sulle caratteristiche, sull’urgenza e sul pregio dell’attività prestata, sull’importanza, sulla natura, sulla difficoltà e sul valore dell’affare, sulle condizioni soggettive del cliente, sui risultati conseguiti, sul numero e sulla complessità delle questioni giuridiche e di fatto trattate”. Una disposizione che il TAR Calabria definisce “pericolosa” perché il professionista concorrente potrebbe essere tentato di abusare della nullità di protezione in questione, volutamente presentando un’offerta inferiore ai minimi, per così ottenere l’aggiudicazione e, una volta stipulato il contratto far valere la nullità parziale. Ciò che comporterebbe, peraltro, l’aggiramento del principio di tendenziale immutabilità dell’offerta anche in sede di esecuzione del contratto.

La nullità relativa o di protezione sarebbe da ritenersi giustificata proprio in relazione ai casi in cui il professionista sia sostanzialmente tenuto a subire la previsione contraria all’equo compenso, e ciò anche eventualmente quando ad imporre la riduzione al di sotto dei minimi sia la P.A. Diversamente, ove la violazione della normativa sull’equo compenso non sia imposta dalla P.A., ma dipenda da una volontaria scelta dell’operatore economico al fine di ottenere l’aggiudicazione superando gli altri concorrenti, la natura “relativa” della nullità non potrebbe rivestire alcun rilievo, l’imperatività della normativa medesima imponendo, al contrario, un effetto escludente delle offerte con la stessa in contrasto.

I diversi orientamenti: equo compenso no

L’altro orientamento si poggia sulla delibera ANAC n. 101/2024 (sostenuta dal TAR Campania) e secondo la quale la predicata eterointegrazione della disciplina di gara con quella sull’equo compenso professionale sconterebbe “… i limiti intrinseci ed estrinseci di compatibilità o sovrapponibilità dei due impianti normativi (d.lgs. n. 36/2023 e l. n. 49/2023), che incidono su campi di materie e rispondono a finalità tra loro non perfettamente coincidenti ed omogenee”.

Secondo questo orientamento, il regime dell’equo compenso non derogherebbe, bensì integrerebbe “il sistema dei contratti pubblici, senza frustrarne la sostanza proconcorrenziale di derivazione euro-unitaria (artt. 49, 56, 101 TFUE, 15 della dir. 2006/123/CE), e, quindi, senza elidere in radice la praticabilità del ribasso sui corrispettivi professionali, la cui determinazione non è da intendersi rigidamente vincolata a immodificabili parametri tabellari, ma la cui congruità (in termini di equilibrio sinallagmatico) rimane, in ogni caso, adeguatamente assicurata dal modulo procedimentale di verifica all’uopo codificato, quale, appunto, quello dell’anomalia dell’offerta con riferimento al ribasso praticato sul corrispettivo dei servizi di progettazione”. In altri termini, il Codice dei contratti pubblici, tramite il subprocedimento di verifica di anomalia delle offerte, appresterebbe “meccanismi idonei ad evitare che le prestazioni professionali siano rese a prezzi incongrui, consentendo, nel contempo, alle amministrazioni di affidare gli appalti a prezzi più competitivi”.

Oltretutto, secondi questa tesi, la Legge n. 49/2023, successiva al Codice dei contratti, non avrebbe derogato espressamente allo stesso, come richiesto dall’art. 227 del D.Lgs. n. 36/2023, secondo il quale:

“Ogni intervento normativo incidente sulle disposizioni del codice e dei suoi allegati, o sulle materie dagli stessi disciplinate, è attuato mediante esplicita modifica, integrazione, deroga o sospensione delle specifiche disposizioni in essi contenute”.

Sempre secondo questo orientamento, la previsione di tariffe minime non soggette a ribasso rischierebbe “di porsi in contrasto con il diritto euro-unitario, che impone di tutelare la concorrenza. Come chiarito dalla Corte di Giustizia con la sentenza del 4 luglio 2019, causa C-377/2017, infatti, in materia di compensi professionali, l’indicazione delle tariffe minime e massime è vietata in quanto incompatibile con il diritto dell’Unione Europea, ma sono comunque ammesse deroghe per motivi di interesse pubblico, come la tutela dei consumatori, la qualità dei servizi e la trasparenza dei prezzi”.

Prestazioni d’opera intellettuale vs Contratti di appalto

Secondo il TAR Calabria a suffragare la tesi dell’incompatibilità tra i due sistemi normativi deporrebbe il rilievo che Legge n. 49/2023 sarebbe applicabile ai rapporti professionali aventi ad oggetto “prestazioni d’opera intellettuale di cui all’art. 2230 c.c. (contratto d’opera caratterizzato dall’elemento personale nell’ambito di un lavoro autonomo) e, più in generale, a tutti quei rapporti contrattuali caratterizzati dalla posizione dominante del committente, in cui è necessario ripristinare l’equilibrio sinallagmatico”.

Laddove, invece, i contratti pubblici aventi ad oggetto la prestazione di servizi di ingegneria e architettura sarebbero “normalmente riconducibili ai contratti di appalto ex art. 1655 c.c., con cui una parte assume l’organizzazione dei mezzi necessari e la gestione a proprio rischio”.

Inoltre, la concorrenza sul prezzo, in ogni sua componente, rappresenterebbe un elemento essenziale per il corretto dispiegarsi delle dinamiche concorrenziali delle gare pubbliche, sicché “l’eventuale limitazione alle sole spese generali o all’elemento qualitativo rischierebbe di introdurre di fatto una barriera all’ingresso per gli operatori, più giovani, meno strutturati e di minore esperienza” (tesi smentita dal TAR Veneto).

Altro aspetto determinante per il TAR Calabria è la previsione contenuta nell’art. 3, comma 5, della Legge n. 49/2023, che ammetterebbe il ricorso al giudice civile per contestare l’affidamento ad un prezzo inferiore rispetto a quello definito in ossequio all’allegato I.13 del D.Lgs. n. 36/2023. Disposizione che “oltre a determinare una sovrapposizione con i poteri e le competenze delle stazioni appaltanti in termini di verifica della congruità delle offerte, produrrebbe una situazione di assoluta instabilità e incertezza sull’affidamento e sulle relative condizioni, con evidenti ripercussioni sulla spesa pubblica. In particolare, l’esito positivo del giudizio ordinario comporterebbe la necessaria modifica del quadro economico finanziario dell’intervento, con conseguenti ricadute, anche sulla capacità di spesa futura, che appaiono tanto più evidenti per gli interventi finanziati con i fondi del PNRR”.

Le conclusioni del TAR Calabria

Dopo aver chiarito i due orientamenti, il TAR ha condiviso i principi del secondo, ammettendo la possibilità di ribasso anche della componente del “compenso”.

Secondo i giudici calabri, è da escludersi che l’ammissibilità nelle gare per l’affidamento dei servizi di ingegneria e architettura di un ribasso oltre le soglie del D.M. del 2016 dell’importo a base di gara possa pregiudicare le finalità di tutela dei professionisti perseguite con la L. n. 49/2023, emergendo chiaramente dal relativo impianto generale che l’ambito precipuo della relativa applicazione riguardi i rapporti professionali aventi ad oggetto prestazioni d’opera intellettuale di cui all’art. 2230 c.c. (contratto d’opera caratterizzato dall’elemento personale nell’ambito di un lavoro autonomo) e più in generale tutti quei rapporti contrattuali caratterizzati dalla posizione dominante del committente, in cui può fondatamente porsi l’esigenza di ripristinare l’equilibrio sinallagmatico.

L’espressa previsione dell’applicazione dell’equo compenso anche ai rapporti con la pubblica amministrazione non può valere, invece, a inferirne tout court l’operatività nell’ambito delle contrattazioni soggette alle regole dell’evidenza pubblica, risultando per contro i contratti pubblici aventi ad oggetto la prestazione di servizi di ingegneria e architettura normalmente riconducibili ai contratti di appalto ex art. 1655 c.c..

In definitiva, anche per il TAR Calabria l’importo a base di gara per i servizi di ingegneria e architettura, calcolato sulla base del Decreto Parametri, può essere ribassato in tutte le sue voci dai professionisti concorrenti.

Si attende, a maggior ragione, un intervento urgente della cabina che possa evitare il proliferarsi di nuove pronunce, utili solo ad alimentare un dibattito che, com’è evidente, non riesce a trovare una soluzione definitiva.

© Riproduzione riservata