Fiscalizzazione abuso edilizio: il Consiglio di Stato sul calcolo del valore venale del fabbricato

Il Consiglio di Stato sul calcolo del valore venale del fabbricato dall’art. 34, comma 2, del d.P.R. n. 380/2001 delle opere realizzate in parziale difformità dal permesso di costruire

di Redazione tecnica - 31/07/2024

Tra le disposizioni previste dalla Legge 24 luglio 2024, n. 105, di conversione del Decreto Legge n. 69/2024 (Decreto Salva Casa), vie le la modifica dell’art. 34, comma 2, del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia).

Fiscalizzazione abuso edilizio e stato legittimo

Una modifica molto importante perché consente l’applicazione di una sanzione alternativa (c.d. fiscalizzazione dell’abuso edilizio) quando la demolizione non può avvenire senza pregiudizio della parte eseguita in conformità. In particolare, si è passati dal doppio al triplo:

  • del costo di produzione, stabilito in base alla legge 27 luglio 1978, n. 392, della parte dell'opera realizzata in difformità dal permesso di costruire, se ad uso residenziale;
  • del valore venale, determinato a cura della agenzia delle entrate, per le opere adibite ad usi diversi da quello residenziale.

Ed è una modifica importante perché, unitamente alla revisione del comma 1-bis, art. 9-bis del Testo Unico Edilizia (TUE), il pagamento della sanzione concorre allo stato legittimo dell’immobile (pur non avendo previsto l’art. 34, comma 2, i medesimi effetti del permesso di costruire in sanatoria, come prevede invece l’art. 38, comma 2, del TUE per la sanzione alternativa in caso di interventi eseguiti sulla base di un permesso di costruire annullato).

La determinazione del valore venale

Sulla determinazione del valore venale per le opere adibite ad usi diversi da quello residenziale è intervenuto il Consiglio di Stato con la sentenza 3 giugno 2024, n. 4971 che conferma l’utilizzo da parte dell’Agenzia delle Entrate del market comparison approach (MCA), metodo comparativo pluriparametrico, fondato sull’assunto che il prezzo di un immobile può essere considerato come la somma di una serie finita di prezzi componenti, ciascuno collegato a una specifica caratteristica apprezzata dal mercato.

In secondo grado viene contestata l’ordinanza del Comune e la relativa stima redatta dall’Agenzia delle Entrate, relative alla determinazione e alla conseguente irrogazione, ai sensi dell’art. 34, comma 2, del d.P.R. n. 380/2001, della sanzione pecuniaria per le opere realizzate in difformità dai titoli abilitativi sull’immobile a destinazione produttiva.

In particolare viene contestata la sanzione con riguardo:

  • ad alcune voci di calcolo: “tipologia architettonica”, “dotazione impiantistica”, “stato di manutenzione” dell’immobile;
  • ai costi delle opere di completamento da detrarre dall’importo dovuto.

Il TAR aveva respinto il ricorso rilevando che:

  • quanto alla “tipologia architettonica”, la ricorrente si limita a sostenere che l’immobile in oggetto non si differenzia dai normali capannoni per usi commerciali, mentre avrebbe dovuto evidenziare similitudini o differenze rispetto ai c.d. “comparables” indicati nella relazione di stima alla voce 4.1.3, relativa alla “costituzione del campione”;
  • le stesse considerazioni devono essere svolte per quanto concerne la “dotazione impiantistica” che, nella stima, viene considerata di nuova realizzazione poiché l’immobile al momento ne era privo, tanto è vero che i relativi costi (per l’impianto elettrico, l’impianto di riscaldamento e l’impianto idrotermosanitario) sono stati detratti dal valore unitario base;
  • per quanto concerne infine lo “stato di manutenzione”, il valore unitario di mercato è stato «determinato facendo riferimento alla situazione ante abuso». Gli elementi peggiorativi posti in risalto dalla ricorrente (danni provocati dall’alluvione) non sussistevano alla predetta data di riferimento e ciò risulterebbe quindi sufficiente per escludere la loro rilevanza in base al criterio di stima utilizzato e non oggetto di contestazione;
  • contrariamente a quanto sostiene parte ricorrente, l’Agenzia delle Entrate ha fornito, seppure sinteticamente, le ragioni per le quali ha deciso di avvalersi del prezziario edito dalla DEI. La ricorrente avrebbe, quindi, dovuto allegare elementi per dimostrare la minore attendibilità di tale prezziario rispetto a quello regionale.

Market Comparison Approach (MCA)

Al fine di comprendere l’esatto contenuto della controversia, il Consiglio di Stato ha ricostruito la complessa metodologia utilizzata dall’Agenzia delle Entrate. Per determinare il valore unitario di mercato di un immobile si ricorre a un processo di aggiustamento che permette di valutare e comparare le differenze, nella specie costituito dal Market Comparison Approach (MCA), rispondente agli standard valutativi internazionali.

L’MCA costituisce un metodo comparativo pluriparametrico, fondato sull’assunto che il prezzo di un immobile può essere considerato come la somma di una serie finita di prezzi componenti, ciascuno collegato a una specifica caratteristica apprezzata dal mercato. Nella specie l’immobile (in corso di costruzione al momento della stima) è stato considerato come finito e, quindi, commerciabile, decurtando, successivamente, il costo necessario per le opere di completamento.

Il metodo estimativo sopra indicato prevede che le caratteristiche qualitative ordinabili - nell’ambito delle quali sono comprese le voci di calcolo oggetto di censura - vengano valutate sulla base di una scala di merito rappresentativa degli apprezzamenti differenziali registrati sul mercato immobiliare locale. Detta scala associa un punteggio (quantità) ai suddetti apprezzamenti, attraverso il quale si effettua il confronto tra l’immobile in stima (subject) e gli immobili di confronto (comparables).

Ai fini della suddetta comparazione, pertanto, si pongono:

  • da un lato, il subject, del quale sono note le caratteristiche maggiormente influenti sul prezzo;
  • dall’altro lato, un campione omogeneo e significativo costituito dai comparables, ovvero un campione omogeneo di immobili assunti a confronto (da cui deriva la relativa denominazione), dei quali devono essere note l’epoca di compravendita, la zona urbana di ubicazione e le stesse caratteristiche estrinseche e intrinseche apprezzate dal mercato ai fini della formazione del prezzo (localizzazione di dettaglio, tipologia architettonica, dotazione impiantistica, stato manutentivo ecc.) prese in considerazione per il subject.

Il caso di specie

Nel caso di specie, il campione di riferimento è stato elaborato prendendo in considerazione, come previsto dal metodo MCA che la ricorrente ha dichiarato di non contestare, gli immobili aventi destinazione artigianale/industriale (due opifici e un capannone industriale) di cui erano noti prezzo, epoca di compravendita e le stesse caratteristiche relative all’immobile da valutare.

I dati tecnico-economici raccolti per il subject e per i comparables sono stati inseriti in apposite schede di riepilogo, dove sono riportati, per ogni immobile:

  • i dati catastali;
  • le quotazioni dell’Osservatorio del mercato immobiliare (OMI);
  • le caratteristiche estrinseche ed intrinseche.

La qualificazione dell’immobile, nel suo complesso, come capannone “tipico” non esclude ex se, come invece ritenuto dalla ricorrente, che lo stesso presenti caratteristiche intrinseche ed estrinseche differenti rispetto a quelle dei comparables in quanto la “tipicità” costituisce il logico presupposto della “comparabilità” al fine di apprezzarne similitudini e differenze.

Il presupposto fondamentale del procedimento comparativo, e quindi anche dell’MCA, è, infatti, che si disponga di un campione significativo di dati strettamente omogeneo, riferiti ad immobili immediatamente confrontabili con quello in stima per epoca, segmento di mercato, ubicazione, consistenza, ecc…

La relazione di stima dell’Agenzia delle Entrate

Il Consiglio di Stato ha, quindi, rilevato che dalla relazione illustrativa l’immobile ha riportato le seguenti valutazioni di qualità:

  • la “tipologia architettonica” è stata considerata di “alto pregio” perché il bene oggetto di stima è costituito da un immobile di nuova edificazione che affianca all’attuale destinazione artigianale una vocazione commerciale, in ciò differenziandosi dagli immobili presi a comparazione. La vocazione d’uso commerciale dell’immobile comporta l’esecuzione di finiture (pavimentazioni, infissi, ecc.) di qualità superiore rispetto a quelle presenti nei comparables, per i quali la destinazione potenziale coincide con quella attuale, ossia di tipo produttivo/artigianale;
  • la “dotazione impiantistica” e lo “stato di manutenzione” sono stati considerati ottimi perché, sulla base dell’approccio metodologico che il ricorrente ha dichiarato di condividere, è stato dapprima valutato lo stato finito dell’immobile, comprensivo di tutti i lavori e degli impianti necessari a renderlo agibile e fruibile, e successivamente sono stati decurtati i costi per le opere di completamento. Le strutture e gli impianti (l’impianto elettrico, l’impianto di riscaldamento e l’impianto idrotermosanitario) sono stati valutati come completamente nuovi e, quindi, qualitativamente superiori a quelli del campione, costituito da immobili di gran lunga più vetusti.

I giudici di Palazzo Spada, quindi, non hanno ravvisato alcun errore di calcolo poiché le singole caratteristiche sono state valutate con riguardo all’immobile finito per “permettere la comparazione in un mercato dinamico di beni simili”, con successiva detrazione del costo delle opere di completamento.

La stima dei costi di completamento: il prezzario DEI

Altro punto su cui il Consiglio di Stato ha confermato l’operato dell’Agenzia delle Entrate riguarda la stima dei costi di completamento, quantificata utilizzando il prezziario DEI.

Secondo il ricorrente, il giudice di primo grado avrebbe errato nel ritenere soddisfacente la motivazione della scelta del prezziario DEI in luogo di quello regionale sulla base della stringata considerazione che il primo è “letteratura tecnica di settore”.

Secondo il Consiglio di Stato, invece, la scelta del prezziario DEI - che associa ad ogni lavorazione il costo corrispondente- in luogo di quello regionale che, invece, correla ogni voce di spesa all’unità di misura di riferimento della lavorazione, costituisce una scelta tecnico discrezionale non illogica né irragionevole.

Sul punto il Consiglio di Stato ha richiamato la nota protocollo n. 2821/2021 dalla Commissione di monitoraggio del Consiglio superiore dei lavori pubblici la quale ha chiarito (FAQ n. 1), con riguardo alla congruità delle spese sostenute ai fini del c.d ecobonus, che non vi è alcun rapporto di gerarchia tra i vari prezzari e, in particolare, fra quello regionale e quello DEI.

In definitiva l’appello è stato rigettato e l’ordinanza del Comune confermata.

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