Testo Unico Edilizia: come sanare gli abusi dopo il Salva Casa

Le possibilità di gestione/sanatoria delle difformità e abusi edilizi dopo la riforma del d.P.R. n. 380/2001 arrivata dalla Legge n. 105/2024 di conversione del D.L. n. 69/2024

di Gianluca Oreto - 30/08/2024

Utilizzando una metafora calcistica: è ancora un “testo unico edilizia di agosto”. Per comprendere in che modo e a quali livelli il D.L. n. 69/2024 (Decreto Salva Casa), convertito con modificazioni dalla Legge n. 105/2024, avrà un impatto concreto sulle procedure di cui al d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia) si dovrà attendere, come minimo, settembre/ottobre.

Stato legittimo, tolleranze e sanatoria edilizia: cosa cambia

Solo ai primi banchi di prova (pratiche edilizie) si potrà realmente comprendere in che modo da una parte la pubblica amministrazione avrà recepito le recenti modifiche e dall’altra i professionisti utilizzeranno i nuovi strumenti normativi (nella speranza che un attento confronto possa evitare il ricorso alla giustizia amministrativa, troppo spesso ingolfata su microscopici dettagli).

Di tutte le modifiche apportate al Testo Unico Edilizia (TUE), quelle in cui ci occuperemo in questo approfondimento riguardano:

  • lo stato legittimo dell'immobile o dell'unità immobiliare (art. 9-bis, commi 1-bis e 1-ter);
  • la determinazione delle variazioni essenziali (art. 32, comma 3);
  • le tolleranze costruttive-esecutive (art. 34-bis, commi 1-bis, 1-ter, 2-bis, 3-bis e 3-ter);
  • la sanatoria delle difformità/abusi edilizi (artt. 34-ter, 36, 36-bis e 37).

Disposizioni che si intrecciano tra loro e che, per questo motivi, è necessario analizzare congiuntamente.

Stato legittimo: le novità del Testo Unico Edilizia

Tutto parte dallo “stato legittimo” dell’immobile che, dopo il suo “tardivo” inserimento nel TUE a seguito del D.L. n. 76/2020 (Decreto Semplificazioni), convertito con modificazioni dalla Legge n. 120/2020, ha ricevuto una nuova definizione.

Dal punto di vista formale, lo stato legittimo è costituito dal titolo edilizio che ha legittimato la costruzione, integrato da tutti gli altri titoli edilizi che hanno disciplinato tutti gli interventi successivi. Al fine di semplificare la ricostruzione dello stato legittimo, il legislatore ha deciso che è possibile prendere alternativamente:

  • il titolo abilitativo che ha previsto la costruzione o che ha legittimato la stessa;
  • il titolo abilitativo rilasciato o assentito che ha disciplinato l'ultimo intervento edilizio che ha interessato l'intero immobile o l'intera unità immobiliare, a condizione che l'amministrazione competente, in sede di rilascio del medesimo, abbia verificato la legittimità dei titoli pregressi;

integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali.

Tra i titoli rilasciati o formati il legislatore ha voluto specificare che è possibile prendere quelli in sanatoria di cui:

  • all’art. 34-ter “Casi particolari di interventi eseguiti in parziale difformità dal titolo”;
  • all’art. 36 “Accertamento di conformità nelle ipotesi di assenza di titolo o totale difformità”;
  • all’art. 36-bis “Accertamento di conformità nelle ipotesi di parziali difformità e di variazioni essenziali”;
  • all’art. 38 “Interventi eseguiti in base a permesso annullato”;

previo pagamento delle relative sanzioni o oblazioni.

La vera novità è rappresentata dal fatto che alla determinazione dello stato legittimo dell'immobile o dell'unità immobiliare adesso concorrono, il pagamento delle sanzioni previste:

  • dall’art. 33 ovvero la sanzione alternativa alla demolizione nel caso di interventi di ristrutturazione edilizia in assenza di permesso di costruire o in totale difformità;
  • dall’art. 34 ovvero la sanzione alternativa alla demolizione nel caso di interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire;
  • dall’art. 37, commi 1, 3, 5 e 6, ovvero le sanzioni nel caso di interventi eseguiti in assenza o in difformità dalla segnalazione certificata di inizio attività;
  • dall’art. 38 (di nuovo, ma è probabilmente un refuso non corretto in sede di conversione in legge del Decreto Salva Casa).

Resta identica (rispetto alla versione precedente al Salva Casa), la ricostruzione dello stato legittimo per gli immobili realizzati in un'epoca nella quale non era obbligatorio acquisire il titolo abilitativo edilizio. In questo caso ma anche nei casi in cui sussista un principio di prova del titolo abilitativo del quale, tuttavia, non siano disponibili la copia o gli estremi, lo stato legittimo è quello desumibile dalle informazioni catastali di primo impianto, o da altri documenti probanti, quali le riprese fotografiche, gli estratti cartografici, i documenti d'archivio, o altro atto, pubblico o privato, di cui sia dimostrata la provenienza, e dal titolo abilitativo che ha disciplinato l'ultimo intervento edilizio che ha interessato l'intero immobile o unità immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali.

Altra grande novità, frutto evidentemente di alcune sentenze che hanno evidenziato una difficoltà “operativa”, riguarda la suddivisione tra stato legittimo delle singole unità immobiliari e quello delle parti comuni dell’edificio. Con l’inserimento del comma 1-ter il legislatore ha deciso (correttamente a parere di chi scrive) di slegare i due concetti disponendo che ai fini della dimostrazione dello stato legittimo:

  • delle singole unità immobiliari non rilevano le difformità insistenti sulle parti comuni dell'edificio, di cui all'articolo 1117 del codice civile;
  • dell'edificio non rilevano le difformità insistenti sulle singole unità immobiliari dello stesso.

Si ricorda che l'art. 1117 del codice civile elenca le parti comuni dell’edificio nell’ambito del condominio, che sono:

  • tutte le parti dell'edificio necessarie all'uso comune;
  • le aree destinate a parcheggio nonché' i locali per i servizi in comune;
  • le opere, le installazioni, i manufatti di qualunque genere destinati all'uso comune.

Si ricorda pure che l’involucro edilizio deve essere considerato “parte comune” e, proprio per questo motivo, eventuali abusi/difformità realizzati sullo stesso da parte di un privato (si pensi alla veranda sul balcone), va ad incidere direttamente sullo stato legittimo dell’intero edificio.

Legittimità formale e sostanziale

A questo punto, definita la legittimità formale (ovvero lo stato legittimo), va verificato che questo corrisponde allo stato di fatto in cui versa l’immobile o l’unità immobiliare. Nel caso questa corrispondenza non ci sia occorre distinguere alcune diverse fattispecie a seconda che la differenza tra assentito e stato di fatto:

  • rientri nel concetto di tolleranza costruttiva-esecutiva (art. 34-bis, TUE);
  • riguardi un intervento:
    • realizzato in assenza di titolo, in totale difformità o con variazioni essenziali (art. 31, TUE);
    • di ristrutturazione edilizia in assenza di permesso di costruire o in totale difformità (art. 33, TUE);
    • eseguito in parziale difformità dal permesso di costruire (art. 34, TUE);
    • realizzato come varianti in corso d'opera che costituiscono parziale difformità dal titolo rilasciato prima della data di entrata in vigore della Legge 28 gennaio 1977, n. 10 (art. 34-ter, commi 1-3);
    • realizzato in parziale difformità durante l'esecuzione dei lavori oggetto di un titolo abilitativo ma accertato all'esito di sopralluogo o ispezione dai funzionari incaricati di effettuare verifiche di conformità edilizia, rispetto alle quali non sia seguito un ordine di demolizione o di riduzione in pristino e sia stata rilasciata la certificazione di abitabilità o di agibilità, non annullabile ai sensi dell'articolo 21-nonies della Legge n. 241/1990 (art. 34-ter, comma 4);
    • realizzato sulla base di un permesso di costruire annullato (art. 38).

Calcolatrice alla mano, è possibile attivare 6 distinte procedure di sanatoria edilizia in funzione delle su-richiamate casistiche e una attestazione tecnica relativa alle tolleranze.

Le variazioni essenziali

Andando con ordine, con una piccola ma grande modifica apportata al comma 3 dell’art. 32 del TUE, il legislatore ha deciso che non basta che gli interventi di cui al precedente comma 1 siano stati realizzato su immobili sottoposti a vincolo storico, artistico, architettonico, archeologico, paesistico, ambientale e idrogeologico, nonché su immobili ricadenti sui parchi o in aree protette nazionali e regionali, per poter essere considerato “variazione essenziale”.

Appare utile ricordare che l’art. 32, comma 1 del TUE definisce taluni criteri fondamentali, vincolanti per la disciplina regionale, per determinare quali variazioni siano da considerarsi essenziali. In particolare, sono considerate variazioni essenziali gli interventi per cui ricorra almeno una delle seguenti condizioni:

  • mutamento della destinazione d'uso che implichi variazione degli standard previsti dal decreto del Ministro dei lavori pubblici 1444/1968;
  • aumento consistente della cubatura o della superficie di solaio da valutare in relazione al progetto approvato;
  • modifiche sostanziali di parametri urbanistico-edilizi del progetto approvato ovvero della localizzazione dell'edificio sull'area di pertinenza;
  • mutamento delle caratteristiche dell'intervento edilizio assentito;
  • violazione delle norme vigenti in materia di edilizia antisismica, quando non attenga a fatti procedurali.

Purtroppo, però, come evidenziato anche dall’Associazione Nazionale Costruttori Edili (ANCE) in un recente approfondimento, le Regioni hanno recepito questa disposizione con notevoli differenze.

Le tolleranze costruttive-esecutive

Imponente è la modifica all’art. 34-bis del TUE relativo alle tolleranze costruttive-esecutive e sulla quale occorrerà confrontarsi meglio, soprattutto alla luce dell’appesantimento burocratico relativo all’attestazione per le unità immobiliari ubicate nelle zone sismiche (ad eccezione di quelle a bassa sismicità).

In linea generale, per qualsiasi intervento resta il limite del 2% (che non costituisce violazione edilizia) rispetto alle misure previste nel titolo abilitativo, sul mancato rispetto dell’altezza, dei distacchi, della cubatura, della superficie coperta e di ogni altro parametro delle singole unità immobiliari. Limitatamente agli immobili non sottoposti a tutela ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio (D.Lgs. n. 42/2004), costituiscono inoltre tolleranze esecutive le irregolarità geometriche e le modifiche alle finiture degli edifici di minima entità, nonché la diversa collocazione di impianti e opere interne, eseguite durante i lavori per l’attuazione di titoli abilitativi edilizi, a condizione che non comportino violazione della disciplina urbanistica ed edilizia e non pregiudichino l’agibilità dell’immobile.

Il Salva Casa ha poi previsto nuove tolleranze per gli interventi realizzati entro il 24 maggio 2024. Per questi interventi il mancato rispetto dell'altezza, dei distacchi, della cubatura, della superficie coperta e di ogni altro parametro delle singole unità immobiliari non costituisce violazione edilizia se contenuto entro i limiti:

  • del 2% delle misure previste dal titolo abilitativo per le unità immobiliari con superficie utile superiore ai 500 mq;
  • del 3% delle misure previste nel titolo abilitativo per le unità immobiliari con superficie utile compresa tra i 300 e i 500 mq;
  • del 4% delle misure previste nel titolo abilitativo per le unità immobiliari con superficie utile compresa tra i 100 e i 300 mq;
  • del 5% delle misure previste nel titolo abilitativo per le unità immobiliari con superficie utile inferiore ai 100 mq;
  • del 6% delle misure previste nel titolo abilitativo per le unità immobiliari con superficie utile inferiore ai 60 mq.

Questa percentuale va calcolata rispetto alla superficie utile complessiva ovvero quella assentita con il titolo edilizio che ha abilitato la realizzazione dell’intervento, al netto di eventuali frazionamenti dell’immobile o dell’unità immobiliare eseguiti nel corso del tempo.

Sempre per gli interventi realizzati entro il 24 maggio 2024 e per gli immobili non sottoposti a tutela ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio, costituiscono tolleranze esecutive:

  • il minore dimensionamento dell'edificio;
  • la mancata realizzazione di elementi architettonici non strutturali;
  • le irregolarità esecutive di muri esterni ed interni;
  • la difforme ubicazione delle aperture interne;
  • la difforme esecuzione di opere rientranti nella nozione di manutenzione ordinaria;
  • gli errori progettuali corretti in cantiere;
  • gli errori materiali di rappresentazione progettuale delle opere.

Tali tolleranze esecutive realizzate nel corso di precedenti interventi edilizi, non costituendo violazioni edilizie, sono dichiarate dal tecnico abilitato, ai fini dell’attestazione dello stato legittimo degli immobili, nella modulistica relativa a nuove istanze, comunicazioni e segnalazioni edilizie ovvero, con apposita dichiarazione asseverata allegata agli atti aventi per oggetto trasferimento o costituzione, ovvero scioglimento della comunione, di diritti reali.

L’appesantimento burocratico di cui abbiamo anticipato riguarda le unità immobiliari ubicate nelle zone sismiche (ad eccezione di quelle a bassa sismicità), per le quali il tecnico abilitato dovrà attestare il rispetto delle prescrizioni di cui alla Sezione I (Norme per le costruzioni in zone sismiche), Capo IV (Provvedimenti per le costruzioni con particolari prescrizioni per le zone sismiche), Parte II (Normativa tecnica per l’edilizia) del TUE.

Per le difformità che costituiscano interventi di minore rilevanza o privi di rilevanza, tale attestazione, corredata dalla documentazione tecnica sull'intervento predisposta sulla base del contenuto minimo richiesto dal competente ufficio tecnico della regione (minimo: planimetria, piante, prospetti e sezioni, relazione tecnica e altri elaborati previsti dalle norme tecniche), dovrà essere trasmessa allo sportello unico per l'acquisizione dell'autorizzazione per l’inizio lavori, ovvero per l'esercizio delle modalità di controllo a campione previsto dalle regioni.

Il tecnico abilitato allega alla dichiarazione delle tolleranze:

  • l'autorizzazione per l’inizio dei lavori;
  • oppure l'attestazione circa il decorso dei termini del procedimento (30 giorni);
  • ovvero, in caso di difformità che costituiscono interventi di minore rilevanza o privi di rilevanza, una dichiarazione asseverata circa il decorso del termine del procedimento per i controlli regionali in assenza di richieste di integrazione documentale o istruttorie inevase e di esito negativo dei controlli stessi.

Da ricordare che l'applicazione delle tolleranze non può comportare limitazione dei diritti dei terzi (in sede di conversione in legge del Salva Casa è stata eliminata l’attestazione del tecnico abilitato).

L’attestazione delle tolleranze costruttive-esecutive può essere considerata la prima delle sei procedure per la regolarizzazione/sanatoria di eventuali difformità/abusi edilizi. Nelle seguenti sezioni passeremo in rassegna le altre cinque.

Le procedure di sanatoria

Benché l’art. 31 del TUE preveda come prima alternativa la demolizione degli interventi realizzati in assenza di titolo, in totale difformità o con variazioni essenziali, per questa tipologia di abusi edilizi “maggiori” il legislatore ha deciso di separare le procedure di sanatoria.

Per gli interventi realizzati in assenza di titolo o in totale difformità, è possibile attivare l’accertamento di conformità ai sensi dell’art. 36 del TUE, mentre per le variazioni essenziali, come anche per gli interventi in parziale difformità si potrà attivare la nuova procedura “semplificata” di cui al successivo art. 36-bis.

Per gli interventi di ristrutturazione edilizia che costituiscono interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio (art. 10, comma 1, lettera a), TUE) realizzati in assenza di permesso di costruire o in totale, la norma (art. 33, TUE) prevede la loro rimozione o demolizione in modo da rendere l’edificio conforme alle prescrizioni degli strumenti urbanistico-edilizi.

Nel caso sulla base di motivato accertamento dell'ufficio tecnico comunale e a valle dell’ordinanza, il ripristino dello stato dei luoghi non sia possibile, il dirigente o il responsabile dell'ufficio irroga una sanzione alternativa alla demolizione che concorre allo stato legittimo dell’immobile (pur non essendo stato previsto espressamente un titolo in sanatoria).

Per gli interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire la norma (art. 34) prevede:

  • la rimozione/demolizione;
  • la sanzione alternativa che concorre allo stato legittimo (con le stesse problematiche di quella di cui al precedente art. 33);
  • la sanatoria semplificata di cui all’art. 36-bis.

Con l’introduzione del nuovo art. 34-ter (sul quale il confronto porterà certamente nuovi elementi alla discussione), è stato prevista la regolarizzazione:

  • degli interventi realizzati come varianti in corso d'opera che costituiscono parziale difformità dal titolo rilasciato prima della data di entrata in vigore della Legge n. 10/1977 (ovvero il 30 gennaio 1977), e che non sono riconducibili ai casi di tolleranza;
  • delle parziali difformità, realizzate durante l'esecuzione dei lavori oggetto di un titolo abilitativo, accertate all'esito di sopralluogo o ispezione dai funzionari incaricati di effettuare verifiche di conformità edilizia, rispetto alle quali non sia seguito un ordine di demolizione o di riduzione in pristino e sia stata rilasciata la certificazione di abitabilità o di agibilità nelle forme previste dalla legge, non annullabile ai sensi dell'articolo 21-nonies della legge 7 agosto 1990, n. 241.

Nel primo caso (varianti ante ’77), è possibile regolarizzare l’intervento:

  • dimostrando l’epoca di realizzazione mediante la stessa asseverazione tecnica prevista per lo stato legittimo;
  • presentando una segnalazione certificata di inizio attività (SCIA);
  • pagando, a titolo di oblazione, una somma determinata ai sensi dell'articolo 36-bis, comma 5, del TUE.

Il tutto “sentite le amministrazioni competenti secondo la normativa di settore”.

Nel secondo caso, l’intervento, in deroga a quanto previsto dall'art. 34, è soggetto alla disciplina delle tolleranze costruttive ed è, quindi, regolarizzabile mediante attestazione del tecnico abilitato.

Sanatoria abusi maggiori e parziali

In caso di interventi realizzati in assenza di permesso di costruire o in totale difformità ovvero in assenza di segnalazione certificata di inizio attività alternativa al PdC o in totale difformità da essa, è possibile attivare l’accertamento di conformità di cui all’art. 36 del TUE che consente di ottenere il permesso di costruire in sanatoria a condizione che:

  • l'intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda (doppia conformità simmetrica);
  • si paghi, a titolo di oblazione, il contributo di costruzione in misura doppia, ovvero, in caso di gratuità a norma di legge, in misura pari a quella prevista dall'art. 16 del TUE.

Nel caso di sanatoria ai sensi dell’art. 36 è previsto il silenzio-rigetto se entro 60 giorni dall’istanza il comune non risponde.

Per quanto riguarda gli interventi realizzati in parziale difformità dal permesso di costruire o dalla segnalazione certificata di inizio attività, in assenza o in difformità dalla segnalazione certificata o con variazione essenziale è possibile attivare l’accertamento di conformità di cui all’art. 36-bis del TUE che consente la sanatoria (pdc o SCIA) a condizione che:

  • l'intervento risulti conforme:
    • alla disciplina urbanistica vigente al momento della presentazione della domanda;
    • alla normativa edilizia vigente al momento della realizzazione dello stesso (doppia conformità asimmetrica);
  • si paghi, a titolo di oblazione, una sanzione calcolata ai sensi del comma 5, art. 36-bis, del TUE.

Le particolarità di questa sanatoria semplificata sono due:

  • viene prevista la possibilità per lo Sportello Unico Edilizia di condizionare la sanatoria alla realizzazione, da parte del richiedente, degli interventi edilizi, anche strutturali, necessari per assicurare l'osservanza della normativa tecnica di settore relativa ai requisiti di sicurezza e alla rimozione delle opere che non possono essere sanate;
  • il silenzio-assenso se dopo 45 giorni il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale non si è pronunciato con provvedimento motivato.

Permesso di costruire annullato

Nel caso di intervento realizzato sulla base di un permesso di costruire annullato, l’art. 38 del TUE consente, qualora non sia possibile, in base a motivata valutazione, la rimozione dei vizi delle procedure amministrative o la restituzione in pristino, l’applicazione di una sanzione alternativa il cui pagamento produce i medesimi effetti del permesso di costruire in sanatoria di cui all'art. 36.

Su questa tipologia di intervento si è espressa l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (sentenza n. 14 del 30 luglio 2024) con una condivisibile pronuncia che ha fornito i seguenti chiarimenti:

  • in caso di realizzazione, prima della decadenza del permesso di costruire, di opere non completate, occorre distinguere a seconda se le opere incomplete siano autonome e funzionali oppure no;
  • nel caso di costruzioni prive dei suddetti requisiti di autonomia e funzionalità, il Comune deve disporne la demolizione e la riduzione in pristino ai sensi dell’art. 31 del d.P.R. n. 380/2001, in quanto eseguite in totale difformità rispetto al permesso di costruire;
  • qualora il permesso di costruire abbia previsto la realizzazione di una pluralità di costruzioni funzionalmente autonome (ad esempio villette) che siano rispondenti al permesso di costruire considerando il titolo edificatorio in modo frazionato, gli immobili edificati – ferma restando l’esigenza di verificare se siano state realizzate le opere di urbanizzazione e ferma restando la necessità che esse siano comunque realizzate - devono intendersi supportati da un titolo idoneo, anche se i manufatti realizzati non siano totalmente completati, ma – in quanto caratterizzati da tutti gli elementi costitutivi ed essenziali - necessitino solo di opere minori che non richiedono il rilascio di un nuovo permesso di costruire;
  • qualora invece, le opere incomplete, ma funzionalmente autonome, presentino difformità non qualificabili come gravi, l’Amministrazione potrà adottare la sanzione recata dall’art. 34 del T.U.;
  • è fatta salva la possibilità per la parte interessata, ove ne sussistano tutti i presupposti, di ottenere un titolo che consenta di conservare l’esistente e di chiedere l’accertamento di conformità ex art. 36 del T.U. nel caso di opere “minori” (quanto a perimetro, volumi, altezze) rispetto a quelle assentite, in modo da dotare il manufatto – di per sé funzionale e fruibile - di un titolo idoneo, quanto alla sua regolarità urbanistica.
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