Pergotenda, veranda e VePA: interviene il Consiglio di Stato
I giudici di Palazzo Spada chiariscono le caratteristiche che deve possedere una pergotenda, struttura che non necessita di titolo edilizio ai sensi del d.P.R. n. 380/2001
Tra le più grandi difficoltà che riguardano la normativa edilizia (oltre alla normativa edilizia stessa) vi sono certamente il corretto inquadramento dell’intervento e dell’opera da realizzare. Dalla loro qualificazione discende, infatti, il relativo regime abilitativo previsto dal d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia).
Quando, poi, si parla di strutture leggere o pertinenziali, il problema si complica ulteriormente perché entrano in gioco delle variabili che solo negli ultimi anni sono stati approfonditi dalla giustizia amministrativa. Questo nonostante il legislatore abbia provato a trovare soluzioni normative compatibili come ad esempio:
- il Decreto Ministero delle infrastrutture e dei trasporti 2 marzo 2018 recante "Approvazione del glossario contenente l’elenco non esaustivo delle principali opere edilizie realizzabili in regime di attività edilizia libera, ai sensi dell’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 25 novembre 2016, n. 222";
- le 42 definizioni standardizzate, identiche e immodificabili in ogni comune d'Italia.
Da pergotenda a veranda: la sentenza del Consiglio di Stato
Per comprendere al meglio la portata del problema, è sufficiente verificare il numero di interventi della giurisprudenza che riguardano tettoie, pergotende, pergolati, gazebo, verande,… tutte strutture leggere i cui confini sono spesso molto “sfumati” ed interpretabili. Ne è la prova la sentenza 23 luglio 2024, n. 6652 mediante la quale il Consiglio di Stato è intervenuto in merito da un ricorso presentato per la riforma di una decisione del TAR che a sua volta aveva confermato l’ordine di demolizione emesso dal Comune relativamente ad un manufatto che secondo il ricorrente era configurabile come “pergotenda”.
Sulle pergotende appare utile ricordare il recente aggiornamento previsto dalla Legge 24 luglio 2024, n. 105, di conversione con modificazioni del Decreto Legge n. 69/2024 (Decreto Salva Casa) che, tra le tante modifiche al d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia), ha inserito all’art. 6 (Attività edilizia libera) la nuova lettera b-ter) che “Fatte salve le prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali, e comunque nel rispetto delle altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell'attività edilizia…” inserisce tra gli interventi che è possibile eseguire senza alcun titolo abilitativo:
“le opere di protezione dal sole e dagli agenti atmosferici la cui struttura principale sia costituita da tende, tende da sole, tende da esterno, tende a pergola, anche bioclimatiche, con telo retrattile, anche impermeabile, ovvero con elementi di protezione solare mobili o regolabili, e che sia addossata o annessa agli immobili o alle unità immobiliari, anche con strutture fisse necessarie al sostegno e all'estensione dell'opera. In ogni caso, le opere di cui alla presente lettera non possono determinare la creazione di uno spazio stabilmente chiuso, con conseguente variazione di volumi e di superfici, devono avere caratteristiche tecnico-costruttive e profilo estetico tali da ridurre al minimo l'impatto visivo e l'ingombro apparente e devono armonizzarsi alle preesistenti linee architettoniche;”.
Da pergotenda a veranda: il caso di specie
Nel caso oggetto della sentenza, l’elemento di cui si discute è una struttura assentita come pergotenda che, oltre a presentare un lieve incremento dell’altezza, palesava, come da verbale di sopralluogo, le seguenti caratteristiche:
- copertura rigida costituita da elementi metallici all'occorrenza anche orientabili;
- chiusa da vetrate scorrevoli su tutti e quattro i lati;
- collegata al sottostante alloggio con scala interna all'uopo realizzata per accedervi direttamente sì da costituire un naturale ampliamento volumetrico dell'alloggio stesso con modifica della sagoma dell'edificio che viene ad avere un ulteriore piano abitabile fuori dai limiti urbanistico-edilizi del comparto.
Il Consiglio di Stato, seguendo un orientamento ormai pacifico, ha ricordato che “la qualificabilità dell’intervento in termini di pergotenda, ovvero un’opera precaria sia dal punto di vista costruttivo sia da un punto di vista strettamente funzionale, esclude la necessità di titolo edilizio, a meno che non determini una evidente variazione di sagoma e prospetto dell’edificio”.
Nel caso di specie viene in considerazione il fatto che trattasi di una struttura con copertura costituita da materiale plastico sorretta da elementi verticali in legno di elevato spessore.
Anche secondo i giudici di Palazzo Spada, le caratteristiche dell’intervento esorbiterebbero da quelle che connotano la pergotenda quale intervento di ridotta incidenza sull’assetto dei luoghi, tanto che giurisprudenza più recente “ha, del resto, chiarito, pronunciandosi sulla qualificazione giuridica dei manufatti del tipo “pergotenda”, che quest'ultimo rientra nel campo dell'edilizia libera solo ove l’opera principale sia costituita non dalla struttura in sé, ma dalla tenda, quale elemento di protezione dal sole o dagli agenti atmosferici, con la conseguenza che la struttura deve qualificarsi in termini di mero elemento accessorio, necessario al sostegno e all’estensione della tenda”.
Pergotenda: le caratteristiche
Molto interessante è la disamina operata dal Consiglio di Stato relativamente al possibile carattere ostativo ai fini della configurabilità di una pergotenda costituita dalla semplice presenza di pannelli scorrevoli.
Relativamente alla pergotenda tamponata con pannelli di vetro scorrevole richiudibili a pacchetto, questa rientra nell’attività edilizia libera, non discostandosi per natura e funzione dalla pergotenda a cui è aggiunta, in quanto non presenta le caratteristiche per costituire un organismo edilizio rilevante, comportante trasformazione del territorio.
Tale interpretazione, è basata sulla disciplina dell’art. 6 del Testo Unico Edilizia (TUE), che tra le attività di edilizia libera considera gli elementi di arredo delle aree pertinenziali degli edifici (comma 1, lettera e)- quinquies), categoria nella quale, nelle indicazioni dell’allegato al citato D.M. 2 marzo 2018 (n. 50) sono incluse le pergotende, le cui caratteristiche sono riportate dalla giurisprudenza alla mancanza di elementi di fissità, stabilità e permanenza di chiusura degli spazi esterni finalizzata ad una migliore fruizione degli stessi.
Dunque, le pergotende sono qualificate interventi di edilizia libera qualora rimanga il preesistente utilizzo esterno dei luoghi di cui venga solo valorizzata la fruizione con un riparo temporaneo dal sole, dalla pioggia, dal vento e dall'umidità che renda più gradevole per un maggior periodo di tempo la permanenza all'esterno, senza creare un ambiente in alcun modo assimilabile a quello interno, a causa della mancanza della necessaria stabilità, di una idonea coibentazione termica e di un adeguato isolamento dalla pioggia, dall'umidità e dai connessi fenomeni di condensazione.
La pergotenda, in tali casi, non presenta caratteristiche tali da costituire un organismo edilizio rilevante, comportante trasformazione del territorio, in ragione della inesistenza di uno spazio chiuso stabilmente configurato.
Vetrate laterali e VePa (vetrate panoramiche)
L’interpretazione, per cui anche le vetrate laterali, qualora apribili e completamente richiudibili, hanno la medesima funzione di precaria chiusura degli spazi esterni al fine di riparo dal sole e dagli agenti atmosferici delle “pergotende”, con la conseguenza che la loro installazione rientra nella attività edilizia libera, deriva anche dalla disciplina introdotta dal D.L. n. 115/2022, che ha espressamente incluso nella attività edilizia libera anche le “VEPA -Vetrate panoramiche amovibili” (art. 6, comma 1, lettera b-bis del D.P.R. 380/2001).
Si ricorda che tale lettera b-bis) è stata recentemente modificata dal Decreto Salva Casa e adesso la sua versione è la seguente:
“gli interventi di realizzazione e installazione di vetrate panoramiche amovibili e totalmente trasparenti, cosiddette VEPA, dirette ad assolvere a funzioni temporanee di protezione dagli agenti atmosferici, miglioramento delle prestazioni acustiche ed energetiche, riduzione delle dispersioni termiche, parziale impermeabilizzazione dalle acque meteoriche dei balconi aggettanti dal corpo dell'edificio, di logge rientranti all'interno dell'edificio o di porticati, a eccezione dei porticati gravati, in tutto o in parte, da diritti di uso pubblico o collocati nei fronti esterni dell'edificio prospicienti aree pubbliche, purché tali elementi non configurino spazi stabilmente chiusi con conseguente variazione di volumi e di superfici, come definiti dal regolamento edilizio-tipo, che possano generare nuova volumetria o comportare il mutamento della destinazione d'uso dell'immobile anche da superficie accessoria a superficie utile. Tali strutture devono favorire una naturale microaerazione che consenta la circolazione di un costante flusso di arieggiamento a garanzia della salubrità dei vani interni domestici ed avere caratteristiche tecnico-costruttive e profilo estetico tali da ridurre al minimo l'impatto visivo e l'ingombro apparente e da non modificare le preesistenti linee architettoniche;”.
Secondo il regolamento edilizio-tipo, richiamato proprio dalla citata lettera b-bis):
- il balcone è l'“elemento edilizio praticabile ed aperto su almeno due lati, a sviluppo orizzontale in aggetto, munito di ringhiera o parapetto e direttamente accessibile da uno o più locali interni”;
- la loggia è l'“elemento edilizio praticabile coperto, non aggettante, aperto su almeno un fronte, munito di ringhiera o parapetto, direttamente accessibile da uno o più locali interni”.
Per la consolidata giurisprudenza i balconi aggettanti, che, sotto il profilo tecnico, sono costituiti dai balconi aperti su tre lati che sporgono dalla facciata dall'edificio, costituendo solo un prolungamento dell'appartamento dal quale protendono e non svolgono alcuna funzione di sostegno, né di necessaria copertura, non costituiscono un volume dell’edificio.
A prescindere dalla interpretazione del riferimento ai balconi aggettanti e alle logge chiuse, dalla citata lettera b-bis) si desume che l’utilizzo di vetrate panoramiche non comporta di per sé la creazione di un nuovo volume quando sia effettuata ai soli fini di protezione temporanea dagli agenti atmosferici e riduzione delle dispersioni termiche e sia mantenuta la natura e la funzione di spazio esterno, come nel caso di specie.
Diverso il caso in cui l’area esterna, oltre che delimitata da vetrate richiudibili ed amovibili, venga collegata agli impianti dell’appartamento e dotata di riscaldamento o altri impianti di areazione. Ciò che esclude l’applicabilità della disciplina della VePa è la natura dell’intervento nei casi in cui sia individuabile un volume chiuso potenzialmente abitabile.
Abusi edilizi da valutare nella globalità
Nel caso di specie, secondo i giudici, non sarebbe dirimente che la “pergotenda” sarebbe stata chiusa con delle vetrate laterali scorrevoli ma il fatto che il provvedimento impugnato descrive un intervento complesso, costituito anche da un telaio ed una copertura, peraltro collegato con una scala all’ambiente sottostante così da configurare un vero e proprio volume ex novo.
Oltretutto non è possibile frazionare l’intervento complessivo in quanto secondo un preciso e consolidato orientamento del Consiglio di Stato “gli abusi edilizi devono valutarsi unitariamente nella loro globalità, in conformità al principio secondo cui la valutazione dell’abuso edilizio presuppone una visione complessiva e non atomistica delle opere realizzate: l’opera edilizia abusiva va infatti identificata con riferimento all’immobile o al complesso immobiliare, essendo irrilevante il frazionamento dei singoli interventi avulsi dalla loro incidenza sul contesto immobiliare unitariamente. E, invero, il pregiudizio arrecato al regolare assetto del territorio o al paesaggio deriva, non da ciascun intervento in sé considerato, ma dall'insieme dei lavori nel loro contestuale impatto edilizio e paesistico e nelle reciproche interazioni”.
Documenti Allegati
Sentenza Consiglio di Stato 23 luglio 2024, n. 6652