Correttivo Codice Appalti: occorre una seria indagine conoscitiva sui RUP
Le considerazioni del Presidente dell’Associazione Nazionale dei Responsabili Unici del Progetto (ASSORUP), Avv. Daniele Ricciardi, sul prossimo correttivo al D.Lgs. n. 36/2023 (Codice Appalti)
Dopo le dichiarazioni del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, con l'apertura di un tavolo tecnico, la presa di posizione dell'Autorità Nazionale Anticorruzione e le audizioni alla Camera sulle risoluzioni presentate in Commissione, si è definitivamente aperta la stagione del decreto correttivo al Codice dei contratti pubblici.
È curioso notare come il nostro Paese abbia un codice civile che regge il sistema da oltre ottant'anni, ma un Codice degli appalti che richiede necessariamente un "tagliando" a meno di un anno dalla sua piena applicazione. Una revisione prevista direttamente dalla legge delega, secondo la quale entro due anni dalla data di entrata in vigore del Codice, il Governo può apportare le correzioni e le integrazioni che l'applicazione pratica renda necessarie o opportune, con la stessa procedura e nel rispetto dei medesimi principi e criteri direttivi della delega. Il decreto correttivo può essere un intervento decisivo, come accadde nel 2017, quando furono apportate modifiche a 121 dei 220 articoli del decreto legislativo n. 50 del 2016, arrivando persino a sostituire il titolo dell’atto legislativo, che originariamente si riferiva alla necessità di attuare le direttive comunitarie.
L’analisi e la valutazione d’impatto della regolamentazione
Anche se talvolta, specialmente in sede di emendamenti, le modifiche sono dettate prevalentemente dalle buone intenzioni di alcuni parlamentari a sostegno di interessi diffusi o particolari, le revisioni alla normativa dovrebbero avvenire sulla base di un'analisi e una valutazione dell’impatto.
La disciplina è dettata dall’articolo 14 della Legge 28 novembre 2005, n. 246 "Semplificazione e riassetto normativo per l’anno 2005" e dal DPCM 15 settembre 2017, n. 169 "Regolamento recante disciplina sull’analisi dell’impatto della regolamentazione, la verifica dell’impatto della regolamentazione e la consultazione". In sintesi, le norme hanno uno scopo ben preciso e se non lo raggiungono, perdono la loro essenza.
Per fare un esempio sul tema, consideriamo le direttive europee in materia di appalti. Lo scopo, dichiarato da sempre, è il mercato unico, la concorrenza, con l’obiettivo di realizzare appalti transfrontalieri che consentano agli operatori di aggiudicarsi appalti affidati da stazioni appaltanti di altri Paesi membri dell'Unione.
Esiste una valutazione d’impatto che dimostri che le direttive abbiano raggiunto questo scopo? L’esperienza sul campo suggerirebbe che le norme europee sono superflue, dato che l’appalto transfrontaliero è un fenomeno molto residuale. Eppure, il dibattito sul correttivo al Codice arriva proprio nel decennale dall’approvazione del pacchetto unitario di direttive e, probabilmente, in un contesto di confronto aperto a livello europeo sull’aggiornamento comunitario. È davvero il caso di un “correttivo” di portata nazionale?
Le opportunità offerte dal piano nazionale di formazione dei RUP
L'art. 13, comma 1 del DPR 15 settembre 2017, n. 169, indica in maniera puntuale le seguenti fasi della valutazione d’impatto della regolamentazione:
- l’analisi della situazione attuale e dei problemi;
- la ricostruzione della logica dell'intervento;
- la valutazione dell'intervento, applicando i criteri di efficacia, efficienza, utilità e coerenza;
- la definizione di ipotesi di revisione, abrogazione, miglioramento dell'attuazione delle norme.
Per avere il polso della situazione attuale, il legislatore deve raccogliere dati e informazioni fornite dagli attori del sistema degli appalti pubblici. Un grande supporto in tal senso è l’Osservatorio Nazionale RUP, istituito all’interno del Piano Nazionale Formazione Appalti – PNRR Academy.
Il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, IFEL, SNA, ITACA, in collaborazione con ANAC, CONSIP e la Rete degli Osservatori regionali dei contratti pubblici, invitano tutti i RUP a rispondere all'“Indagine RUP 2024”, volta a raccogliere suggerimenti e proposte da parte dei Responsabili Unici del Progetto italiani in merito alla gestione degli appalti e delle concessioni di lavori pubblici, forniture e servizi, e all’attuazione degli interventi, anche alla luce delle novità introdotte dal nuovo Codice.
Gli esiti dell’indagine, il cui termine per la raccolta dei dati è stato il 2 aprile, non sono ancora stati pubblicati, ma potrebbero essere molto utili per la valutazione d’impatto della regolazione. Il questionario redatto dall’Osservatorio è stato principalmente orientato alle esigenze formative. In futuro, sarebbe utile approfondire ambiti applicativi, processi organizzativi e adempimenti, per ampliare il dataset di informazioni e consentire un’analisi più approfondita delle esigenze dei RUP.
Inoltre, un’indagine analoga dovrebbe essere condotta anche per gli altri attori del sistema degli appalti: gli operatori economici. L’appalto è un contratto che mira a una regolare esecuzione per realizzare l’interesse pubblico. Senza le imprese, non ci sarebbero né gare né contratti. È auspicabile che anche il Ministero delle Imprese venga coinvolto per identificare misure normative che possano semplificare e rendere più efficiente il sistema.
L’indagine conoscitiva del Parlamento sullo status dei RUP
Nell’audizione del 5 agosto alla Camera dei Deputati, riguardo alle risoluzioni sui correttivi al Codice dei contratti, ASSORUP, l’Associazione Nazionale dei Responsabili Unici del Progetto, ha sottolineato l'importanza di concentrarsi sulle persone che fanno funzionare la macchina amministrativa, piuttosto che sull’organizzazione che deve adattare la disciplina dei contratti al proprio contesto.
Gli appalti della sanità sono certamente diversi da quelli delle stazioni appaltanti all'estero; un Ministero ha procedure diverse da un piccolo comune. Il sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti, ideato oltre 10 anni fa, non ha avuto il successo sperato, creando situazioni in cui alcuni enti, pur possedendo i requisiti, hanno preferito non accreditarsi, delegando il rischio della procedura e le relative responsabilità alle stazioni appaltanti qualificate.
Il diritto è applicato dalle persone (funzionari e dirigenti) all’interno di organizzazioni che, in assenza di personale, sarebbero come macchine prive di conducente. Ecco perché nella predetta audizione è stata evidenziata l'urgenza di un’indagine conoscitiva per acquisire informazioni e documenti sull’applicazione dell’art. 45 del Codice dei contratti pubblici, con riferimento all’effettiva spesa per la formazione, specializzazione, copertura di oneri di assicurazione obbligatoria del personale, nonché per gli incentivi premiali previsti per ogni opera, lavoro, servizio e fornitura, in favore del RUP e dei soggetti che svolgono le funzioni tecniche.
In base alla norma richiamata, fino al 2% del valore del contratto (ossia diversi miliardi di euro, considerando il dato complessivo annuale offerto da ANAC) deve essere utilizzato per incentivare il personale ed evitare così conflitti di interesse derivanti da vantaggi illeciti nella gestione delle gare. Parte di questi incentivi deve poi essere utilizzata per rafforzare le competenze e realizzare, all’interno di ogni stazione appaltante, una strategia professionalizzante che, seppure prevista a livello centrale, non può prescindere dall’impegno quotidiano di chi gestisce il denaro nell’interesse dei cittadini, individuando le ditte per realizzare opere e servizi. Prima del correttivo, sarebbe opportuno avviare questa indagine e, integrando le informazioni raccolte dall’Osservatorio RUP, procedere per valorizzare l’esercito dei 160.000 RUP presenti in Italia.