Abusi edilizi: la Cassazione sull'ordine di demolizione
Il provvedimento rappresenta un dovere di restitutio in integrum dello stato dei luoghi, e come tale ha come oggetto sia il manufatto abusivo originariamente contestato, sia opere accessorie e complementari nonché superfetazioni successive
L’ordine di demolizione di un manufatto abusivo, previsto dall'art. 31, comma 9, d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia) riguarda non solo l'edificio oggetto del procedimento che ha dato vita al titolo esecutivo ma anche ogni altro intervento che, per la sua accessorietà all'opera abusiva, renda ineseguibile l'ordine medesimo, non potendo consentirsi che eventuali ulteriori edificazioni possano, in qualche modo, ostacolare l'integrale attuazione dell'ordine giudiziale.
In altri termini, ciò che rileva è l'intangibilità dell'ordine di demolizione relativo al fabbricato nella sua interezza visto che l'obbligo di demolizione si configura come un dovere di restitutio in integrum dello stato dei luoghi, e come tale ha come oggetto sia il manufatto abusivo originariamente contestato, sia opere accessorie e complementari nonché superfetazioni successive, sulle quali si riversa il carattere abusivo dell'originaria costruzione.
Ordine di demolizione: legittimo anche per opere accessorie
A specificarlo è la sentenza della Corte di Cassazione del 6 agosto 2024, n. 31821, con la quale è stata confermata la legittimità dell'ordine di esecuzione della demolizione.
Secondo la ricorrente, sull’immobile era stata presentata una richiesta di permesso di costruire in sanatoria, respinta dall'Amministrazione locale per mancata allegazione della documentazione prescritta dal regolamento urbanistico e dalle norme di attuazione del PUC, senza dunque svolgere una reale attività istruttoria, dal momento che non era stata formalizzata, da parte dell'ente, alcuna richiesta di integrazioni alla ricorrente. Di conseguenza il giudice avrebbe potuto procedere con ulteriori accertamenti tecnici, ordinando al dirigente dell'ufficio tecnico comunale di riscontrare la possibilità che le opere dichiarate abusive potessero ricevere un provvedimento in sanatoria con esito positivo perché conformi agli strumenti urbanistici.
Inoltre la conferma all’esecuzione della demolizione, emessa a distanza di cinque anni dal passaggio in giudicato della sentenza di condanna, non avrebbe fornito un’adeguata motivazione sull'interesse pubblico attuale a demolire e a sacrificare posizioni giuridiche consolidate nel tempo, nonostante il tempo trascorso e il conseguente affidamento ingeneratosi in capo al privato.
Sanabilità opere abusive: nessun onere di accertamento in capo al giudice
Preliminarmente i giudici di Piazza Cavour hanno spiegato che il giudice dell'esecuzione, nel disattendere l'istanza di sospensione e/o revoca dell'ordine di demolizione, ha dato atto di avere accertato che la richiesta di permesso di costruire in sanatoria presentata dalla ricorrente era stata rigettata dall'ente locale, sul presupposto che l'intervento non risultava assentibile perché la pratica era carente della documentazione prescritta dal regolamento edilizio e dalle norme di attuazione.
La decisione presa dal giudice dell'esecuzione è conforme ai principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità, non rientrando tra i compiti del giudice dell'esecuzione quello di svolgere d'ufficio ulteriori accertamenti tecnici al fine di valutare la sanabilità delle opere abusive.
Incombe su colui che intende avvalersi di una facoltà o godere di un beneficio che siano previsti dalla legge, fornire la prova della sussistenza del presupposto su cui la domanda si fonda, non potendosi, in assenza di una norma che lo preveda espressamente, stabilire a carico del giudice competente a decidere su di essa l'obbligo di acquisirla di ufficio.
Sarebbe stato onere della ricorrente verificare lo stato della domanda di sanatoria presentata in sede amministrativa e la possibilità di un positivo esito, corredando la domanda della documentazione necessaria richiesta dai competenti uffici dell'ente locale, per poi sostenere ritualmente l'istanza di sospensione dell'ordine di esecuzione avanzata in sede di esecuzione penale.
Sanatoria edilizia: impossibile senza autorizzazione sismica
Per altro la conferma alla demolizione era stata emessa sulla base del reato edilizio di cui all'art. 44 d.P.R. n. 380/2001 e delle violazioni antisismiche, violazioni che, se persistenti, ridondano negativamente sulla possibilità di ottenere la sanatoria prevista dall'art. 36 d.P.R. n. 380/2001.
In tema di reati urbanistici, la sanatoria degli abusi edilizi idonea ad estinguere il reato di cui all'art. 44 d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, a precludere l'irrogazione dell'ordine di demolizione dell'opera abusiva previsto dall'art. 31, comma 9, dello stesso Testo Unico Edilizia e a determinare, se eventualmente emanata successivamente al passaggio in giudicato della sentenza, la revoca di detto ordine, può essere solo quella rispondente alle condizioni espressamente indicate dall'art. 36 del decreto stesso, che richiede la doppia conformità delle opere alla disciplina urbanistica vigente, sia al momento della realizzazione del manufatto, sia al momento della presentazione della domanda di permesso in sanatoria, dovendo escludersi la possibilità di una legittimazione postuma di opere originariamente abusive che, solo successivamente, in applicazione della cosiddetta sanatoria "giurisprudenziale" o "impropria", siano divenute conformi alle norme edilizie ovvero agli strumenti di pianificazione urbanistica.
Allo stesso modo, il requisito della doppia conformità è da ritenersi escluso in caso di edificazioni eseguite - come nel caso in esame - in assenza del preventivo ottenimento dell'autorizzazione sismica.
Opere abusive eseguite in aggiunta: ordine di demolizione è legittimo
In riferimento all’ordine di demolizione per opere abusive eseguite in aggiunta ad altre per le quali il reato sia andato in prescrizione, gli ermellini ricordano che ogni ordine di demolizione, infatti, pronunciato ai sensi dell'art. 31, comma 9, d.P.R. n. 380/2001 ed emesso all'esito di un giudizio penale avente ad oggetto una specifica condotta violativa dell'art. 44 d.P.R. n. 380/2001, è relativo alle opere abusive realizzate con la specifica condotta contestata in quel giudizio.
Ne deriva che la caducazione per prescrizione del reato di uno degli ordini di demolizione relativo ad opere abusive in prosecuzione non esplica alcuna incidenza in ordine alla efficacia di altro ordine di demolizione "cristallizzato" in una sentenza di condanna irrevocabile relativo ad altre opere abusive, anche pregresse, eseguite sullo stesso immobile.
Ne consegue, nel caso in esame, la legittimità dell'ordine di demolizione dell'intero manufatto, anche se per alcune opere meramente complementari era in precedenza intervenuta revoca dell'ordine di demolizione, in continuità con il più generale principio secondo cui l'ordine di demolizione del manufatto abusivo, previsto dall'art. 31, comma 9, d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, riguarda l'edificio oggetto del procedimento che ha dato vita al titolo esecutivo ma anche ogni altro intervento, che, per la sua accessorietà all'opera abusiva, renda ineseguibile l'ordine medesimo, non potendo consentirsi che eventuali ulteriori edificazioni possano, in qualche modo, ostacolare l'integrale attuazione dell'ordine giudiziale.
In altri termini, ciò che viene in rilievo è l'intangibilità dell'ordine di demolizione relativo al fabbricato nella sua interezza visto che l'obbligo di demolizione si configura come un dovere di restitutio in integrum dello stato dei luoghi, e come tale non può non avere ad oggetto sia il manufatto abusivo originariamente contestato, sia le opere accessorie e complementari nonché le s.perfetazioni successive, sulle quali si riversa il carattere abusivo dell'originaria costruzione .
Inoltre la giurisprudenza ha affermato che la prosecuzione di lavori edili su manufatti abusivamente realizzati concretizza una nuova condotta illecita, a prescindere dall'entità dei lavori eseguiti e anche quando per le condotte relative alla iniziale edificazione sia maturato il termine di prescrizione, atteso che i nuovi interventi ripetono le stesse caratteristiche di illegittimità dall'opera principale alla quale strutturalmente ineriscono.
Ordine di demolizione non si estingue con il decorso del tempo
Infine, secondo un consolidato orientamento di legittimità, l'ordine di demolizione delle opere edilizie abusive, avendo natura di sanzione amministrativa, non è suscettibile di estinzione per decorso del tempo. Questo perché il decorso del tempo potrebbe far venire meno l'interesse dello Stato alla punizione, ma non quello di eliminare dal territorio un manufatto abusivo.
Si tratta infatti di una sanzione amministrativa che assolve ad una funzione ripristinatoria del bene leso, non ha dunque finalità punitive ed ha carattere reale, con effetti sul soggetto che si trova in rapporto con il bene, anche se non è l'autore dell'abuso, con la conseguenza che non può ricondursi alla nozione convenzionale di "pena" nel senso elaborato dalla giurisprudenza della Corte EDU e non è soggetto a prescrizione.
Il decorso del tempo, lungi dal radicare in qualche misura la posizione giuridica dell'interessato, rafforza piuttosto il carattere abusivo dell'intervento. Ne deriva che la demolizione ordinata dal giudice penale costituisce atto dovuto, esplicazione di un potere autonomo e non alternativo a quello dell'autorità amministrativa, con il quale può essere coordinato nella fase di esecuzione, un potere che si pone a chiusura del sistema sanzionatorio amministrativo.
Documenti Allegati
Sentenza