Testo Unico Edilizia e Salva Casa: i chiarimenti della Regione Emilia Romagna
Dalla Regione Emilia Romagna il documento preliminare illustrativo degli effetti del D.L. n. 69/2024 (Salva Casa) sulla legislazione edilizia
Recupero sottotetti, edilizia libera, stato legittimo, cambio di destinazione d’uso, agibilità, procedimenti demolitori e di alienazione, variazioni essenziali, sanzione alternativa alla demolizione, tolleranze costruttive-esecutive e sanatoria edilizia.
Sono parecchie le disposizioni sulle quali il Decreto Legge n. 69/2024 (Decreto Salva Casa), convertito in Legge n. 105/2024, è intervenuto modificando/integrando il d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia o TUE), sulle quali sarà necessario non solo un confronto tra tecnici e giuristi ma anche e soprattutto il recepimento delle Regioni a cui spetta il compito di riempire il rinnovato quadro normativo.
Testo Unico Edilizia e Salva Casa: la nota della Regione Emilia Romagna
Dopo i primissimi chiarimenti della Regione Siciliana, è l’Emilia Romagna a fornire un primo documento di orientamento che delle indicazioni preliminari degli effetti del Decreto Salva Casa sulla legislazione edilizia. Un documento a cui seguirà una circolare regionale per l’approfondimento congiunto di quelle che vengono definite “problematiche applicative” del D.L. n. 69/2024 (a proposito, i latini dicevano “excusatio non petita, accusatio manifesta”).
Secondo la nota della Regione Emilia Romagna, il Decreto Salva Casa “non incide in modo significativo sui titoli abilitativi richiesti per gli interventi edilizi e sulle procedure amministrative da seguire per il loro rilascio o presentazione, con l’unica eccezione delle nuove ipotesi di attività edilizia libera”.
Le innovazioni principali su cui si concentra il documento attengono piuttosto alla disciplina cui sono subordinati:
- i cambi d’uso;
- i requisiti igienico sanitari richiesti per i nuovi interventi sull’esistente e la relativa agibilità;
- le tolleranze costruttive;
- tutte le forme di regolarizzazione degli abusi edilizi.
Il documento allegato alla nota si compone di due colonne:
- nella prima colonna a sinistra è riportato il testo normativo statale in esame (che a sua volta può consistere in disposizioni del DPR n. 380 del 2001, come modificate e integrate dal D.L. n. 69, ovvero in articoli dello stesso decreto-legge, non modificativi del medesimo TUE);
- nella colonna a destra è presente:
- una prima breve illustrazione del contenuto della disciplina appena introdotta nell’ordinamento statale (e riportata nella colonna a sinistra);
- una indicazione sintetica circa l’eventuale contrasto rispetto alle previsioni della legislazione regionale ovvero in merito alla compatibilità con la stessa;
- una sintesi finale – evidenziata in rosso – circa gli effetti innovativi o meno che la disciplina in considerazione comporta sulla legge regionale.
Nei seguenti paragrafi l’analisi della Regione Emilia Romagna circa i principali effetti del Salva Casa sulla normativa regionale.
Recupero sottotetti
Il nuovo comma 1-quater dell’art. 2-bis del TUE consente il recupero dei sottotetti, alle condizioni previste dalle normative regionali di riferimento, anche in deroga alle distanze minime tra edifici e dai confini a condizione che:
- siano rispettati i limiti di distanza vigenti all’epoca della realizzazione dell’edificio;
- non siano apportate modifiche nella forma e nella superficie all’area del sottotetto;
- sia rispettata l’altezza massima assentita dal titolo che ha previsto la costruzione.
Tuttavia, nel caso concreto la disposizione in esame non produce alcun effetto innovativo nell’ordinamento della Regione Emilia Romagna su cui occorre considerare:
l’ultimo periodo della disposizione statale che specifica che sono comunque fatte salve le “leggi regionali più favorevoli”;
che certamente rientra in tale categoria di norme regionali più favorevoli l’art. 2, comma 2-ter, lettera c), della L.R. n. 11/1998 laddove stabilisce che il RUE può prevedere “per gli edifici di altezza pari o inferiore al limite di altezza massima posto dallo strumento urbanistico, modificazioni delle altezze del colmo (per un massimo di metri 1,00) e della linea di gronda (per un massimo di metri 0,50) e delle linee di pendenza delle falde, con aumento del volume dell'edificio esistente, anche in deroga alle distanze dai confini e dai fabbricati”.
Questa disposizione regionale, che non richiede i requisiti previsti dalla disposizione statale in esame per la deroga alle distanze (riportati ai punti 2 e 3), è fatta salva dalla citata clausola di salvaguardia delle discipline regionali più favorevoli. Secondo la nota regionale, dunque, il recupero a fini abitativi dei sottotetti esistenti può continuare ad essere attuato secondo quanto previsto dalla L.R. n. 11 del 1998, come modificata e integrata.
Vetrate panoramiche e pergotende
Relativamente all’art. 6, comma 1, lettera b-bis) del Testo Unico Edilizia (come modificato dal Salva Casa), la nota della Regione Emilia Romagna evidenzia come ai sensi del precedente art. 3, comma 2, le definizioni degli interventi edilizi stabilite dal legislatore statale costituiscono principi fondamentali della materia e prevalgono sulle eventuali difformi disposizioni previste dalla normativa regionale, dagli strumenti urbanistici vigenti e dai regolamenti edilizi. Pertanto, dalla data di entrata in vigore del Salva Casa, la nuova disciplina per le VEPA opera automaticamente su tutto il territorio regionale, senza la necessità di recepimento.
Altresì, sulla base di una giurisprudenza consolidata in materia, la Regione Emilia Romagna evidenzia due aspetti fondamentali:
- il primo è relativo alla necessità che le VEPA siano effettivamente “manufatti leggeri”;
- il secondo riguarda il fatto che le VEPA non possono comportare la realizzazione di volumi e superfici che abbiano le prestazioni dei locali abitativi.
Medesime considerazioni vengono fatte per la nuova lettera b-ter). Anche per le pergotende la norma richiede che non debbano determinare la creazione di uno spazio stabilmente chiuso, con conseguente variazione di volumi e di superfici. Non è, dunque, sufficiente la mera possibilità dello smontaggio delle strutture realizzate, ma che, al contrario, deve essere evidente, anche attraverso la soluzione tecnologica utilizzata, la loro caratteristica di strutture leggere, non stabili, agevolmente e frequentemente amovibili, ad eccezione delle eventuali strutture fisse per il supporto e l’estensione della tenda.
Stato legittimo
Relativamente alla ricostruzione dello stato legittimo di cui al comma 1-bis, art. 9-bis, del TUE, la nota della Regione Emilia Romagna ha rilevato la possibilità di utilizzare sia di titoli edilizi rilasciati che di titoli assentiti, così evidenziando in modo univoco che potrà trattarsi sia di PdC (o altri titoli rilasciati nel passato dall’amministrazione comunale, comunque denominati) sia di SCIA o CILA assentite (o altri titoli del passato fondati su un’autodichiarazione del privato e da una asseverazione del tecnico abilitato: autorizzazione edilizia, art. 26 legge n. 47/1985 e DIA). Si potrà in pratica trattare di tutti titoli relativi ad interventi di recupero, che vanno dalla manutenzione fino alla ristrutturazione, e di permessi di costruire per ampliamento, purché i lavori abbiano interessato l’intero immobile o unità immobiliare;
La norma ha, altresì, stabilito una condizione cui è subordinata questa semplificazione probatoria dello stato legittimo: che in sede di rilascio del medesimo titolo sia stata verificata la legittimità dei titoli pregressi.
In altre parole, la novella ha specificato che tale titolo può costituire l’unico riferimento dello stato legittimo, esentando dall’onere di allegare anche i titoli abilitativi precedenti, solo nel caso in cui, ai fini del suo rilascio, sia stata verificata la legittimità dello stato di fatto dell’immobile.
“Naturalmente – si legge nella nota - non appare ipotizzabile che il legislatore abbia voluto richiedere la prova dell’avvenuta effettiva verifica comunale dello stato legittimo dell’immobile, che presupporrebbe una ricostruzione delle attività istruttorie svolte a tale scopo dagli uffici comunali, in epoche anche lontane nel tempo”.
Dunque, la Regione Emilia Romagna ha ritenuto che a tali fini si debba procedere in via presuntiva e considerare soddisfatto tale requisito:
- qualora sia il PdC che la SCIA o la CILA (o i titoli equipollenti del passato) siano stati rilasciati/presentati attraverso la Modulistica uniforme regionale, o altra modulistica comunale che contenesse l’attestazione e la dimostrazione documentale dello stato legittimo dell’edificio;
- ovvero nel caso in cui la pratica edilizia presentata per i lavori che abbiano interessato l’intero immobile o unità immobiliare ricomprendesse anche i precedenti edilizi, quale documentazione allegata, ovvero indicasse gli estremi di tali atti già in possesso dell’amministrazione comunale.
Cambio di destinazione d’uso
Rilevante è la nuova formulazione dell’art. 23-ter del TUE relativa al cambio di destinazione d’uso.
“In apertura al nuovo articolato sul mutamento della destinazione d’uso si stabilisce che si considera avvenuto senza opere il mutamento d’uso che sia accompagnato dall’esecuzione di interventi edilizi riconducibili alla attività edilizia libera di cui all’articolo 6 del TUE. Di conseguenza si deve ritenere che la norma, innovativa e immediatamente operante in regione, si estenda a tutti gli interventi individuati nel Glossario unico delle opere edilizie realizzabili in regime di attività libera, approvato con il Decreto 2 marzo 2018 del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti”.
Dopo aver riepilogato le diverse ipotesi di cambio di destinazione d’uso, la nota della Regione Emilia Romagna si concentra sul titolo edilizio necessario, rilevando che la normativa nazionale ammette ulteriori livelli di semplificazione regionali.
Per questo motivo, la nota regionale ritiene che continuino a trovare applicazione le vigenti disposizioni della L.R. n. 15 del 2013 che:
- considera attività edilizia libera “i mutamenti di destinazione d'uso non connessi a trasformazioni fisiche dei fabbricati già rurali con originaria funzione abitativa che non presentano più i requisiti di ruralità e per i quali si provvede alla variazione nell'iscrizione catastale mantenendone la funzione residenziale” (art. 7, comma 1, lettera p);
- subordina a CILA i mutamenti d’uso che non comportino incremento del carico urbanistico (art. 7, comma 5, lett. d);
- subordina a SCIA i mutamenti d’uso senza opere con aumento del carico urbanistico (art. 13, comma 1, lett. e);
- rinvia al titolo edilizio previsto per l’intervento, nelle ipotesi di cambio d’uso con opere (art. 28, comma 6-bis, L.R. 15/2013).
Si conferma, dunque, interamente l’attuale disciplina regionale circa i titoli edilizi cui è subordinato il cambio d’uso. La nota regionale ricorda, infine, che “indipendentemente dal titolo abilitativo richiesto, il cambio d’uso è vincolato al rispetto di tutta la “disciplina dell’attività edilizia”, di cui all’art. 9, comma 3, L.R. 15/2013 (inclusa – come abbiamo visto - la normativa settoriale che specifichi condizioni e requisiti di ammissibilità dell’uso, anche in termini di dotazioni pubbliche e pertinenziali)”.
Tutti i contenuti della nota esplicativa
In allegato la nota completa regionale che riporta chiarimenti circa:
- l’agibilità;
- gli interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali;
- la determinazione delle variazioni essenziali;
- gli interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire;
- le tolleranze costruttive;
- la sanatoria delle parziali difformità ante 1977;
- l’accertamento di conformità;
- gli interventi eseguiti in assenza o in difformità dalla scia;
- la destinazione dei proventi delle nuove sanatorie;
- le strutture amovibili realizzate durante l’emergenza sanitaria Covid-19;
- la regolarizzazione dell’attività edilizia delle pubbliche amministrazioni;
- la regolarizzazione degli abusi paesaggistici ante 12 maggio 2006.
Documenti Allegati
Nota Regione Emilia Romagna 6 agosto 2024, prot. 852041