Guida alle deroghe per l’agibilità dopo il Salva Casa
L’integrazione all’art. 24 del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia) inserita con il D.L. n. 69/2024 (Salva Casa), convertito in L. n. 105/2024, prevede delle deroghe per l’agibilità. Vediamo quali e le criticità applicative
Con la Legge n. 105/2024 di conversione del Decreto Legge n. 69/2024 (Decreto Salva Casa), il Parlamento italiano ha deciso di aggiungere alcuni commi all’art. 24 (agibilità) del d.P.R. n. 380/2001, sui quali è opportuno chiarirne la portata applicativa.
L’agibilità dopo il Salva Casa
In particolare, le integrazioni introdotte con i nuovi commi 5-bis, 5-ter e 5-quater, prevedono una disciplina temporanea applicabile “Nelle more della definizione dei requisiti di cui all’articolo 20, comma 1-bis…” che sarebbero dovuti arrivare con un decreto del Ministro della salute, da adottarsi, previa intesa in Conferenza unificata.
Ricordiamo che questo Decreto era stato previsto con l'art. 3, comma 1, lettera d), 1) del D.Lgs. n. 222/2016 e sarebbe dovuto arrivare entro febbraio 2017 per aggiornare (o meglio sostituire) il Decreto ministeriale 5 luglio 1975 (c.d. Decreto Sanità) ormai obsoleto nei contenuti.
Lo schema di questo nuovo Decreto è approdato in Conferenza Stato-Regioni a maggio 2023 (7 anni di ritardo) ma ad oggi se ne è persa traccia.
Prima di comprendere (o almeno provarci) le nuove disposizioni, riportiamo il testo dei nuovi commi:
5-bis. Nelle more della definizione dei requisiti di cui all'articolo 20, comma 1-bis, ai fini della certificazione delle condizioni di cui al comma 1 del presente articolo e dell'acquisizione dell'assenso da parte dell'amministrazione competente, fermo restando il rispetto degli altri requisiti igienico-sanitari previsti dalla normativa vigente, il progettista abilitato è autorizzato ad asseverare la conformità del progetto alle norme igienico-sanitarie nelle seguenti ipotesi:
a) locali con un'altezza minima interna inferiore a 2,70 metri fino al limite massimo di 2,40 metri;
b) alloggio monostanza, con una superficie minima, comprensiva dei servizi, inferiore a 28 metri quadrati, fino al limite massimo di 20 metri quadrati, per una persona, e inferiore a 38 metri quadrati, fino al limite massimo di 28 metri quadrati, per due persone.
5-ter. L'asseverazione di cui al comma 5-bis può essere resa ove sia soddisfatto il requisito dell'adattabilità, in relazione alle specifiche funzionali e dimensionali, previsto dal regolamento di cui al decreto del Ministro dei lavori pubblici 14 giugno 1989, n. 236, e sia soddisfatta almeno una delle seguenti condizioni:
a) i locali siano situati in edifici sottoposti a interventi di recupero edilizio e di miglioramento delle caratteristiche igienico-sanitarie;
b) sia contestualmente presentato un progetto di ristrutturazione con soluzioni alternative atte a garantire, in relazione al numero degli occupanti, idonee condizioni igienico-sanitarie dell'alloggio, ottenibili prevedendo una maggiore superficie dell'alloggio e dei vani abitabili ovvero la possibilità di un'adeguata ventilazione naturale favorita dalla dimensione e tipologia delle finestre, dai riscontri d'aria trasversali e dall'impiego di mezzi di ventilazione naturale ausiliari.
5-quater. Restano ferme le deroghe ai limiti di altezza minima e superficie minima dei locali previste a legislazione vigente.
Le deroghe per i mini-appartamenti
Entriamo adesso nel dettaglio delle nuove disposizioni, cominciando dal comma 5-bis e precisando che il Salva Casa non modifica i precedenti commi da 1 a 5 relativi alle condizioni, alle modalità, alle sanzioni e alla documentazione necessaria per dimostrare l’agibilità che, come è ormai noto, passa da una segnalazione certificata in cui il tecnico abilitato, oltre alla sussistenza delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità, risparmio energetico degli edifici e degli impianti negli stessi installati, e, ove previsto, di rispetto degli obblighi di infrastrutturazione digitale valutate secondo quanto dispone la normativa vigente, attesta anche la conformità dell'opera al progetto presentato.
Il citato comma 5-bis prevede delle deroghe (come anticipato a tempo perché valevoli fino all’aggiornamento del Decreto Sanità) che riguardano esclusivamente:
- l’altezza minima dei locali che può essere inferiore a 2,70 metri, fino al limite massimo di 2,40 metri;
- gli alloggi a singola stanza:
- per una persona, con una superficie minima comprensiva dei servizi, inferiore agli attuali 28 metri quadrati, fino al limite minimo di 20 metri quadrati;
- per due persone, inferiore agli attuali 38 metri quadrati, fino al limite minimo di 28 metri quadrati.
Restano fermi, invece, tutti gli altri requisiti igienico-sanitari previsti dalla normativa vigente (ad oggi il Decreto Sanità).
Agibilità e asseverazione tecnica: il requisito dell’adattabilità
Il successivo comma 5-ter definisce le altre condizioni necessarie affinché il tecnico abilitato possa asseverare l’agibilità per i suddetti locali. In particolare, viene previsto che l’asseverazione di agibilità possa essere resa:
- ove sia soddisfatto il requisito dell'adattabilità, in relazione alle specifiche funzionali e dimensionali, previsto dal regolamento di cui al decreto del Ministro dei lavori pubblici 14 giugno 1989, n. 236;
- sia soddisfatta almeno una delle seguenti condizioni:
- i locali siano situati in edifici sottoposti a interventi di recupero edilizio e di miglioramento delle caratteristiche igienico-sanitarie;
- sia contestualmente presentato un progetto di ristrutturazione con soluzioni alternative atte a garantire, in relazione al numero degli occupanti, idonee condizioni igienico-sanitarie dell'alloggio, ottenibili prevedendo una maggiore superficie dell'alloggio e dei vani abitabili ovvero la possibilità di un'adeguata ventilazione naturale favorita dalla dimensione e tipologia delle finestre, dai riscontri d'aria trasversali e dall'impiego di mezzi di ventilazione naturale ausiliari.
Per quanto riguarda il requisito di “adattabilità”, il DM n. 236/1989 la definisce come “la possibilità di modificare nel tempo lo spazio costruito a costi limitati, allo scopo di renderlo completamente e agevolmente fruibile anche da parte di persone con ridotta o impedita capacità motoria o sensoriale”.
L’art. 3, comma 4, del DM n. 236/1989 dispone che “Ogni unità immobiliare, qualunque sia la sua destinazione, deve essere adattabile per tutte le parti e componenti per le quali non è già richiesta l’accessibilità e/o la visitabilità, fatte salve le deroghe consentite dal presente decreto”.
L’art. 6 del DM n. 236/1989 definisce i criteri di progettazione per l’adattabilità suddividendoli tra:
- interventi di nuova edificazione;
- interventi di ristrutturazione.
Per questi ultimi dispone “Negli interventi di ristrutturazione si deve garantire il soddisfacimento di requisiti analoghi a quelli descritti per la nuova edificazione, fermo restando il rispetto della normativa vigente a tutela dei beni ambientali, artistici, archeologici, storici e culturali. L'installazione dell'ascensore all'interno del vano scala non deve compromettere la fruibilità delle rampe e dei ripiani orizzontali, soprattutto in relazione alla necessità di garantire un adeguato deflusso in caso di evacuazione in situazione di emergenza”.
Per le nuove costruzioni dispone “Gli edifici di nuova edificazione e le loro parti si considerano adattabili quando, tramite l'esecuzione differita nel tempo di lavori che non modificano né la struttura portante, né la rete degli impianti comuni, possono essere resi idonei, a costi contenuti, alle necessità delle persone con ridotta o impedita capacità motoria, garantendo il soddisfacimento dei requisiti previsti dalle norme relative alla accessibilità. La progettazione deve garantire l'obiettivo che precede con una particolare considerazione sia del posizionamento e dimensionamento dei servizi ed ambienti limitrofi, dei disimpegni e delle porte, sia della futura eventuale dotazione dei sistemi di sollevamento. A tale proposito quando all'interno di unità immobiliari a più livelli, per particolari conformazioni della scala non è possibile ipotizzare l'inserimento di un servoscala con piattaforma, deve essere previsto uno spazio idoneo per l'inserimento di una piattaforma elevatrice”.
Agibilità e asseverazione tecnica: le altre condizioni
Oltre al citato requisito di adattabilità, il comma 5-ter dispone che l’asseverazione della conformità del progetto alle norme igienico-sanitarie possa essere resa se si soddisfa “almeno una” delle seguenti condizioni:
- i locali siano situati in edifici sottoposti a interventi di recupero edilizio e di miglioramento delle caratteristiche igienico-sanitarie;
- sia contestualmente presentato un progetto di ristrutturazione con soluzioni alternative atte a garantire, in relazione al numero degli occupanti, idonee condizioni igienico-sanitarie dell'alloggio, ottenibili prevedendo una maggiore superficie dell'alloggio e dei vani abitabili ovvero la possibilità di un'adeguata ventilazione naturale favorita dalla dimensione e tipologia delle finestre, dai riscontri d'aria trasversali e dall'impiego di mezzi di ventilazione naturale ausiliari.
Relativamente al primo punto, l’art. 31 della Legge n. 457/1978 inserisce tra gli interventi di recupero del patrimonio edilizio esistente i seguenti:
- manutenzione ordinaria;
- manutenzione straordinaria;
- restauro e di risanamento conservativo;
- ristrutturazione edilizia;
- ristrutturazione urbanistica.
Tali interventi dovranno essere finalizzati oltre che al recupero anche al miglioramento delle caratteristiche igienico-sanitarie. Si dovrà chiarire se tale deroga, non essendo applicabile alle nuove costruzioni, possa riguardare gli interventi di demolizione e ricostruzione che rientrano nella definizione di ristrutturazione edilizia ai sensi dell’art. 3, comma 1, lettera d), del d.P.R. n. 380/2001 (possibilità non chiarissima e sulla quale esistono posizioni differenti).
Relativamente al secondo punto, questo indica delle condizioni alternative (o integrative) relative alla presentazione contestuale di “un progetto di ristrutturazione con soluzioni alternative atte a garantire, in relazione al numero degli occupanti, idonee condizioni igienico-sanitarie dell'alloggio, ottenibili prevedendo una maggiore superficie dell'alloggio e dei vani abitabili ovvero la possibilità di un'adeguata ventilazione naturale favorita dalla dimensione e tipologia delle finestre, dai riscontri d'aria trasversali e dall'impiego di mezzi di ventilazione naturale ausiliari”.
Concludiamo con il comma 5-quater per il quale “Restano ferme le deroghe ai limiti di altezza minima e superficie minima dei locali previste a legislazione vigente”. Sul punto si ricorda che il Decreto Legge n. 76/2020 (Decreto Semplificazioni) ha previsto:
- all’art. 10, comma 2, che “Nelle more dell’approvazione del decreto del Ministro della salute di cui all’articolo 20, comma 1-bis, del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, le disposizioni di cui al decreto del Ministro per la sanità 5 luglio 1975, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 190 del 18 luglio 1975, si interpretano nel senso che i requisiti relativi all’altezza minima e i requisiti igienico-sanitari dei locali di abitazione ivi previsti non si considerano riferiti agli immobili che siano stati realizzati prima della data di entrata in vigore del medesimo decreto e che siano ubicati nelle zone A o B, di cui al decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444, o in zone a queste assimilabili, in base alla normativa regionale e ai piani urbanistici comunali. Ai fini della presentazione e del rilascio dei titoli abilitativi per il recupero e la qualificazione edilizia dei medesimi immobili e della segnalazione certificata della loro agibilità, si fa riferimento alle dimensioni legittimamente preesistenti”
- all’art. 10, comma 2-bis, che “In deroga alle disposizioni
del decreto del Ministro per la sanità 5 luglio 1975, pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale n. 190 del 18 luglio 1975, con riferimento
agli immobili di interesse culturale, sottoposti a tutela ai sensi
del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto
legislativo 22 gennaio 2004, n. 42:
a) l’altezza minima interna utile dei locali adibiti ad abitazione è fissata in 2,4 metri, riducibili a 2,2 metri per i corridoi, i disimpegni in genere, i bagni, i gabinetti e i ripostigli;
b) per ciascun locale adibito ad abitazione, l’ampiezza della finestra deve essere proporzionata in modo da assicurare un valore di fattore luce diurna medio non inferiore all’1 per cento e, comunque, la superficie finestrata apribile non deve essere inferiore a un sedicesimo della superficie del pavimento;
c) ai fini della presentazione e del rilascio dei titoli abilitativi per il recupero e per la qualificazione edilizia degli immobili di cui al presente comma e della segnalazione certificata della loro agibilità, si fa riferimento alle dimensioni legittimamente preesistenti anche nel caso di interventi di ristrutturazione e di modifica di destinazione d’uso.”.