BIM dal progetto al Cantiere: obbligo o vantaggi reali?

L’1 gennaio 2025 il BIM diventerà un obbligo per tutte le opere pubbliche di importo pari o superiore ad 1 milione di euro. È corretto trattare il BIM come obbligo? Parliamone

di Marco Montalbano - 10/09/2024

È ormai risaputo che, dall’1 gennaio 2025, l’obbligo per l’utilizzo dei metodi digitali (B.I.M.) nel mondo delle costruzioni sarà operativo per tutte le opere a partire dal milione di euro.

BIM e appalti pubblici

L’obbligo ormai, oltre la norma UNI 11337, è previsto dal nuovo Codice dei contratti di cui al D.Lgs. n. 36/2023 e precisamente all’art. 43 che rimanda all’Allegato I.9, in cui viene specificato che le Stazioni Appaltanti devono dotarsi di un piano di “adeguata formazione” e di un piano di acquisizione hardware e software. Cosa significa?

In pratica, una P.A., per adottare tale metodologia, con gestione e consegne esclusivamente a mezzo di file e strumenti digitali, dovrà prima conoscere il perché di questo cambiamento, “parlare questa nuova lingua” ed utilizzare strumenti hardware e software in modo adeguato.

Attenzione, non si confonda questo nuovo metodo con la pura informatica; piuttosto servirà apprendere come espletare il proprio “mestiere tecnico” facendo un notevole salto di qualità mediante l’uso di avanzati strumenti digitali. La peggior cosa che amministrazioni, professionisti ed imprese possono fare è valutare questa rivoluzione digitale, come una seccante formazione informatica fine a sé stessa o peggio ancora (così come spesso mi è capitato di sentire) una bufala creata solo per fare arricchire le software house. Nulla di più falso: semplicemente è una tecnologia basata su sistemi e controlli di qualità, che al di là di un obbligo porta vantaggi oggettivi.

In che modo questi strumenti diventano un vantaggio?

Per esperienza diretta, posso affermare che chi si ostina a utilizzare il BIM miscelato con metodi tradizionali rischia di creare più confusione che altro. Un metodo ibrido non funziona.

Il BIM non è un software ma un “metodo”, ben normato: la parte 5 della UNI 11337 tratta proprio i metodi di Controllo (chiamati LC) e Verifica (chiamati LV) e ne definisce ben due interni all’affidatario ed uno in comune con la stazione appaltante. Nella parte 6 della UNI, addirittura vi sono linee guida precise sulla redazione del famoso Capitolato Informativo, che altro non è che la raccolta delle richieste del Committente su come e perché utilizzare la modellazione informativa, basata su obiettivi e richieste del Committente stesso.

Questo significa che le Stazioni Appaltanti devono avere piena coscienza tecnica su ciò che chiedono; allo stesso tempo i partecipanti alla gara e successivamente l’affidatario devono avere a loro volta piena coscienza di cosa rispondere, in termini tecnici e di restituzione digitale. Tale aspetto viene spesso sottovalutato, non percependo invece quanto l’allineamento degli obiettivi ed il livellamento delle metodologie fra Committente ed Affidatario sia fondamentale per elevare la qualità progettuale e realizzativa di una qualsiasi opera.

Pertanto, per tornare alla domanda di cui sopra: in che modo il BIM diventa un vantaggio?

È un vantaggio solo se si organizza un work flow di qualità seguendo la normativa, scritta peraltro molto bene. In più, se a questo si somma l’esperienza del mestiere dei singoli studi e professionisti, allora la scelta diventa vincente. Si sottolinea scelta perché, se tale cambiamento non si vede anzitutto in modo programmatico come un vantaggio per la propria attività, ma solo come un mero obbligo, allora quanto descritto rischia di creare solamente confusione e perdite di tempo e denaro.

Accettare il cambiamento

Pertanto è giusto sottolineare, ancora una volta, che mischiare la metodologia BIM con quella tradizionale, può crea più danni che altro. Ed allora cosa fare?

Semplice, si deve accettare il cambiamento, senza rendersi ostili ad esso, senza pensare all’obbligo. Chi ha investito sul BIM in anticipo senza guardare le “scadenze” dell’obbligo, oggi gode di un metodo radicato che ha portato ad aumenti del fatturato, così come le stazioni appaltanti che si sono mosse (poche) in anticipo oggi godono dei primi vantaggi. Anche qui si sottolinea “primi vantaggi”, sempre per lo stesso motivo: siamo ancora in una fase di passaggio, in cui tradizionale e digitale si mischiano nelle stazioni appaltanti, prevalentemente per due motivi:

  • uno (accennato sopra) l’ostinarsi a non accettare il cambiamento da parte di molti tecnici e professionisti che comporta ad un utilizzo errato della tecnologia;
  • l’altro può essere economico o burocratico.

Soggetti privati e pubblici possono non avere subito tutti i fondi e l’organizzazione necessaria affinché tale metodo si radichi e diventi un vantaggio. Specie per le P.A., la burocrazia e l’organizzazione di un salto così radicale ed epocale rende difficoltoso reperire i fondi necessari. Inoltre, per le P.A., non sottovalutiamo il mancato cambio generazionale in Italia e soprattutto nel Sud: molti tecnici e dirigenti sono prossimi alla pensione, come si può chiedere una tale svolta metodologica, digitale e mentale a chi non vede l’ora di andare in pensione? Forse la rivoluzione deve anche passare attraverso uno svecchiamento delle P.A. e da una “selezione” concreta di chi è in grado di sopportare tale svolta e chi invece deve essere supportato per far sì di trasmettere la propria “memoria storica” a chi lo sostituirà con metodi digitali e strumentali nuovi.  “Senior” e i “nuovi” devono supportarsi a vicenda, al fine di evitare di creare una crepa che renda ancor più difficile questa transizione digitale per tutta la filiera costruttiva.

BIM progetto e Cantiere, come siamo messi?

Se è vero che il BIM nella progettazione ha una collocazione chiara su quali vantaggi porti, altrettanto non si può affermare sui cantieri. Nella progettazione il BIM ha fatto il suo ingresso dapprima negli studi privati, ed in queste realtà il nuovo metodo si scontra con l’esigenza di mettere in diretta collaborazione i professionisti delle diverse discipline (architettura, impianti, strutture e infrastrutture) tra loro.

Quindi, quando le diverse professionalità stabiliscono in modo collaborativo di cambiare marcia allora il metodo BIM funziona. Quando una parte del team non è collaborativo o ostile a tale cambiamento, invece insorgono problemi.

Come si può pensare che le verifiche in BIM funzionino se, ad esempio, gli impiantisti si ostinano a non voler passare alla modellazione informativa i loro progetti?

Spesso capita che bravi giovani BIM Specialist debbano modellare gli schemi progettuali di impiantisti senior, ostili al bim. Se quest’ultimi non spiegano punto per punto come i singoli impianti verranno tracciati, non ci si può aspettare che il BIM faccia miracoli. Risulta fondamentale capire che Il concetto di “disegno” tradizionale ha sempre un aspetto simbolico, specie sugli impianti; “modellare” invece significa riprodurre esattamente come un dato impianto “sarà costruito” – As Built, come fosse un prototipo studiato in ogni sua parte, come fossero istruzioni per il montaggio. Questo ha lo scopo di risolvere i problemi prima di scoprirli in cantiere.

Ecco, questo concetto è il più difficile da far comprendere: per fare un esempio concreto si guardi la Fig. 1, che rappresenta un Disegno esecutivo di impianto idraulico e si confronti con lo stesso impianto Modellato in BIM (Fig. 2). Risulta molto più chiaro che la stessa soluzione pensata in tridimensionale (Fig. 2) con tutti i dati, prestazioni e computi in tempo reale sia di gran lunga più precisa e funzionale e soprattutto esplicativa per il cantiere, oltre ad essere perfettamente stabilita in modo da essere eseguita senza esitazioni ed interpretazioni in situ.

fig.1- Progetto Esecutivo CAD
fig.1- Progetto Esecutivo CAD

fig.1- Progetto Esecutivo CAD
fig.2- Progetto Tecnologico BIM

Il BIM non è imparare qualche software, ma creare un prototipo digitale (detto per l’appunto Gemello Digitale) dell’opera per simulare e risolvere i problemi a costo ancora zero. Tutto qui. Senza tale banale concetto, il BIM non funziona a dovere.

Del resto, serve ricordare che anche il Nuovo Codice Appalti, decreta che non esistono più tre livelli di progettazione e che il Preliminare ed il progetto Definitivo sono oggi fusi in un'unica FASE denominata PFTE (Progetto di Fattibilità Tecnico Economica). In particolare, all’art. 41 dell’allegato I.7 del nuovo Codice, si legge che tale fase progettuale deve portare fino a quasi tutte le autorizzazioni, deve riportare altresì dati precisi sia tecnici che economici, ed in caso di certe categorie costruttive, si devono già prevedere prestazioni e recupero materiali in caso di dismissioni. Si legge, inoltre, che nel successivo progetto Tecnologico (ex progetto Esecutivo) non vi possono essere cambiamenti o stravolgimenti del PFTE, a meno di imprevisti per cambi normativi o motivazioni dipendenti da cambi strategici del Committente. Questo significa che si sta cercando in ogni modo, grazie alle nuove tecnologie BIM, di cercare di ridurre al massimo le Varianti dovute alle “mancanze” delle fasi progettuali e programmatiche precedenti il cantiere.

Se prima dell’avvento del BIM, tale ambizioso obiettivo era impossibile per limiti tecnologici, oggi si può affermare che è assolutamente fattibile.

Se a questo si somma che oggi una P.A. riesce a richiedere (tramite gara, nel proprio Capitolato Informativo) ed ottenere un metodo con ben TRE Controlli e Verifiche in base alla UNI 11337-5 in tutte le fasi progettuali, si è certamente più sicuri che il progetto sia di una qualità tre volte superiore rispetto ai metodi precedenti. Inoltre: se grazie a strumenti digitali di controllo, con le famose Piattaforme (dette ACDAT), il RUP può effettuare controlli meticolosi, precisi ed in tempi record (si veda fig. 3), allora si arriva alla fase di Cantiere certamente con poche sorprese.

fig.3 - controllo LV2 con ACDAT
fig.3 - controllo LV2 con ACDAT

Con il BIM la frase comune, “poi si vede in cantiere” gradualmente deve essere sostituita con “non funziona, va modificato e validato ora”.

Il cambiamento più grande è di tipo mentale: non il BIM in sé o i software o una piattaforma da imparare; possiamo avere i migliori strumenti del mondo, ma se ci si ostina a non usarli in nome della propria “esperienza” convinti, sbagliando, che il “computer toglie il mestiere”, allora non si va da nessuna parte.

Il BIM in cantiere

In cantiere? Il metodo BIM, si scontra ancor di più con i problemi di approccio di cui sopra. Si nota spesso come le imprese in cantiere sono abituate ad andare a “mestiere ed esperienza” su tante cose, specie sugli impianti. Per quale motivo? Proprio perché in effetti i disegni non possono rappresentare tutto (si veda Fig.1) e si rimanda troppo spesso alla fase realizzativa, dove però chi “esegue” non è chi ha pensato la soluzione progettuale, quindi? Quindi nascono problemi quotidiani da interpretare e risolvere al momento. Capita spesso che in un cantiere vi sono più imprese e che la prima che posa in opera la prima la propria parte di impianto ignora che altri impianti devono passare successivamente, lasciando il problema all’impresa che arriva dopo. Col metodo tradizionale mancava, in sostanza, una visione di insieme dettagliata.

Con l’applicazione del metodo BIM serve capire che tutto va programmato e verificato prima (Fig.2 e 3), con una visione complessiva di tutte le parti, proprio per evitare le incomprensioni, le interpretazioni e le varianti continue dovute alla fase di cantiere. Questo aspetto è il più difficile da far comprendere alle maestranze ed ai titolari di impresa. Anche i DL, se non sono formati e non comprendono la metodologia e come applicarla in fase esecutiva, possono essere ostili al fatto che molte decisioni sono state già prese. Va fatto comprendere che questo non vuol dire avere meno autorità. Certo servono molte più riunioni di coordinamento ed un approccio diverso in cantiere: oggi le maestranze devono assolutamente visionare il progetto sia dalle tavole che dai modelli BIM e comprendere realmente tutti gli aspetti, dialogando con i progettisti e con la DL anche con strumenti di verifica digitale, prima della messa in opera. Questo sembra scontato ma non lo è.

Con il metodo digitale, si punta a ricucire questo scollamento fra progetto (chi pensa) e cantiere (chi esegue), cercando di portare finalmente ordine fra tutti gli attori coinvolti in un’opera edilizia.

Siamo all’alba di una nuova era e nessuno può considerarsi oggi un tuttologo del BIM; quindi, serve più che mai la piena collaborazione fra Professionisti, Imprese, Ordini Professionali e Pubbliche Amministrazioni, togliendo futili dogmi ed ostilità, aprendo la propria visione a queste nuove tecnologie che possono solo migliorare il controllo e la qualità di ciò che ognuno già svolge con passione e professionalità.

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