Il lungo addio del Superbonus

Il lento e inesorabile arresto del superbonus tra una normativa schizofrenica e le problematiche connesse

di Gianluca Oreto - 23/09/2024

Nato in un momento storico molto particolare (la pandemia da Covid-19), il Decreto Legge n. 34/2020 (il Decreto Rilancio) è stato uno dei provvedimenti d’emergenza che più di tutti ha provato ad intervenire per risollevare le sorti di un Paese in crisi sanitaria, economica e sociale.

Tra le misure di “rilancio” quella che ha avuto l’impatto maggiore sul sistema Italia è stato certamente il superbonus di cui all’art. 119, che nella sua iniziale versione ha previsto una detrazione fiscale del 110% per intervenire sugli edifici esistenti riqualificandoli dal punto di vista energetico e strutturale. Un progetto che è stato alimentato dal successivo art. 121, mediante il quale è stato deciso di concedere un meccanismo alternativo alla detrazione diretta (sconto in fattura e cessione del credito).

Superbonus e opzioni alternative

Un binomio (superbonus-opzioni alternative) che ha dimostrato immediatamente la sua fragilità, tanto da costringere i 3 Governi ad emanare ben 38 correttivi che inizialmente hanno provato a colmare qualche vuoto/errore di formulazione normativa e poi a stravolgerne la filosofia stessa che aveva ispirato il primo legislatore.

Senza entrare nel merito di una discussione che dopo oltre 4 anni non riesce a mettere d’accordo nessuno (soprattutto su aspetti positivi e negativi), ciò su cui mi voglio concentrare in questo approfondimento è:

  • l’assenza di visione e di unità d’intenti da parte della politica;
  • l’incapacità di risolvere gli evidenti problemi connessi alla “coda” di questa detrazione fiscale.

La storia del superbonus va analizzata nei suoi 3 momenti suddivisi in 2 legislature:

  • XVIII Legislatura:
    • Governo Conte II - dal 5 settembre 2019 al 13 febbraio 2021;
    • Governo Draghi - dal 13 febbraio 2021 al 22 ottobre 2022;
  • XIX Legislatura
    • Governo Meloni - dal 22 ottobre 2022 e attualmente in carica.

Il Governo Conte II

Durante la XVIII legislatura, il Governo Conte II ha maldestramente provato a mettere a punto la detrazione e il meccanismo delle opzioni alternative, attraverso una normativa palesemente scritta male e in un contesto “poco pronto”. Non a caso, i primi correttivi al Decreto Rilancio sono arrivati a ridosso della sua legge di conversione (arrivata il 17 luglio 2020):

Due correttivi arrivati da due provvedimenti d’urgenza che hanno dato il via ad un percorso ad ostacoli per committenti, professionisti e imprese, che nel mentre erano impegnati a comprendere la ratio di una norma che cambiava continuamente e il funzionamento delle nuove piattaforme digitali messe a punto dai vari Enti (assolutamente impreparati) per far fronte agli adempimenti previsti (Enea e Agenzia delle Entrate su tutti).

Il Governo Draghi

A questo punto, approvata la Legge di Bilancio per il 2021, entra in gioco il Governo Draghi che sarà ricordato soprattutto per tre provvedimenti.

Il Decreto-Legge 31 maggio 2021, n. 77 (Decreto Semplificazioni-bis), convertito con modificazioni dalla Legge 29 luglio 2021, n. 108, che, modificando il comma 13-ter, art. 119, del Decreto Rilancio, e prevedendo l’ormai nota CILAS (la comunicazione di inizio lavori per il superbonus) e le deroghe all’art. 49 del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia), ha rappresentato la chiave di volta per l’esplosione degli interventi di superbonus che:

  • da maggio 2020 ad agosto 2021, viaggiavano ad una media di:
    • 2.475 interventi al mese;
    • 417 milioni di euro al mese di detrazioni previste a fine lavori;
  • da settembre a dicembre 2021 ad una media di:
    • 14.647 interventi al mese;
    • 2,9 miliardi di euro al mese di detrazioni previste a fine lavori.

Numeri che da gennaio 2022 sono continuati ad aumentare fino a toccare l’apice a settembre 2022 con 63.284 interventi e dicembre 2023 (mese di chiusura delle aliquote più generose) con 10,6 miliardi di detrazioni maturate per lavori conclusi.

Il secondo provvedimento chiave arriva a novembre 2021. Dopo un’estate torrida, sui giornali ed in televisione spopolano i primi servizi sulle “truffe nel superbonus”, salvo poi scoprire che le frodi non riguardavano il “110%” ma le altre detrazioni “minori” utilizzate con il meccanismo delle opzioni alternative. Arriva, quindi, il Decreto-Legge 11 novembre 2021, n. 157 (Decreto anti-frode) abrogato e rimesso interamente all’interno della Legge 30 dicembre 2021, n. 234 (Legge di Bilancio 2022).

Attraverso le misure anti-frode, il Governo Draghi (che prima aveva previsto la CILAS facendo aumentare esponenzialmente l’utilizzo del superbonus) decide (giustamente anche se tardivamente) di estendere le stesse misure di controllo previste per il bonus 110% a tutti i bonus minori utilizzati con le opzioni alternative.

Successivamente, comincia a nascere il problema del meccanismo delle opzioni alternative utilizzato senza limite attraverso piattaforme digitali poco pronte ed in assenza di seri procedimenti di controllo. Quindi, in corsa, non riuscendo (o non volendo) intervenire su queste piattaforme, arriva il Decreto-Legge 27 gennaio 2022, n. 4 (Decreto Sostegni-ter), convertito con modificazioni dalla Legge 28 marzo 2022, n. 25, che avvia il processo di smantellamento delle opzioni alternative di cui all’art. 121 del Decreto Rilancio.

Un processo di smantellamento (senza alcuna progettualità) che:

  • da una parte, non disincentiva né i committenti né imprese e professionisti, convinti di poter applicare lo sconto in fattura e poi cedere il credito;
  • dall’altra, disincentiva tutti gli operatori economici (ricorderemo soprattutto CDP e Poste Italiane) all’acquisto di crediti fiscali.

Da qui in poi la tempesta perfetta che ha generato:

  • il blocco della cessione del credito;
  • la sospensione di molti cantieri;
  • il tutti contro tutti in un coacervo di contenziosi che intaseranno i tribunali per i prossimi anni.

Il Governo Meloni

Il 22 ottobre 2022 arriva il Governo Meloni con Fratelli d’Italia e il supporto di una larga maggioranza cui fanno parte tra gli altri la Lega e Forza Italia (ovvero due dei partiti che avevano supportato il superbonus durante il Governo Conte II). L’elezione politica aveva incoronato il partito che nei mesi precedenti non aveva fatto altro che parlare di soluzioni ai problemi del superbonus, promettendo che la norma non sarebbe stata più stravolta.

Detto, fatto. Uno dei primi provvedimenti del Governo Meloni è, appunto, il Decreto Legge 18 novembre 2022, n. 176 (Decreto Aiuti-quater), convertito con modificazioni dalla Legge 13 gennaio 2023, n. 6, che dispone una “folle” rimodulazione in corsa per il superbonus ancorandola alla data di presentazione della CILAS, all’approvazione dei lavori da parte delle assemblee di condominio o al titolo edilizio (per la demoricostruzione).

Un provvedimento che, soprattutto i professionisti, ricorderanno per la predisposizione e il protocollo di CILAS senza soluzione di continuità.

Il Governo Meloni, nonostante le promesse elettorali, mostra inoltre la sua “insofferenza” verso le opzioni alternative che si palesa soprattutto con:

Provvedimenti che mettono la parola fine allo sconto in fattura e alla cessione del credito, senza però trovare soluzioni convincenti per chi era rimasto impantanato con cantieri bloccati o crediti che diventeranno carta straccia per assenza di capienza fiscale.

La fine del superbonus

Arrivati a fine settembre 2024, per il superbonus restano 3 mesi con aliquota al 70% e il 2025 con aliquota al 65%. In realtà, ciò che si prospetta è un lungo addio di 15 mesi in cui questa detrazione è ormai arrivata al capolinea come dimostrano i dati pubblicati mensilmente da Enea.

Il superbonus ha, ormai, perso ogni appeal oltre che fiducia da parte di tutto il comparto, diventando la misura fiscale attualmente più conveniente solo per chi ha contemporaneamente:

  • il potere economico per avviare gli interventi;
  • la capienza fiscale per utilizzare direttamente la detrazione direttamente in dichiarazione dei redditi.

Tutti gli altri, dal 1° gennaio 2025, si ritroveranno unicamente con il bonus ristrutturazioni sceso dal 50% al 36%.

In attesa di conferme dalla prima bozza di Legge di Bilancio 2025 (che tarda ad essere approvata dal Governo), la sensazione è che si prospetta un ritorno al passato per il settore dell’edilizia, sempre più ai margini di qualsiasi progetto (e non si parli di rilancio grazie al PNRR!).

La Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, e il suo fidato Ministro dell’Economia e delle Finanze, Giancarlo Giorgetti, non perdono occasione per sostenere l’idea di un Paese che dovrà fare a meno di qualsiasi forma di agevolazione fiscale in edilizia che non sia quella strutturale di cui all’art. 16-bis del d.P.R. n. 917/1986 (TUIR), ovvero, come detto, il bonus ristrutturazioni edilizie al 36% con 48.000 euro di limite di spesa.

Davvero troppo poco!

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