Permesso di costruire decaduto e opere realizzate, importante decisione dell'Adunanza Plenaria

Dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato la sentenza sull’efficacia temporale del permesso di costruire quale strumento per assicurare la funzione sociale della proprietà e la tutela del paesaggio e dell’ambiente

di Gianluca Oreto - 23/09/2024

Sulla legittimità degli interventi realizzati sulla base di un permesso di costruire poi annullato esiste già una copiosa giurisprudenza amministrativa che “potrebbe” adesso essersi consolidata con alcuni principi chiave.

Permesso di costruire annullato e opere realizzate

L’argomento è stato, infatti, affrontato dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con la sentenza 30 luglio 2024, n. 14 che ci consente di chiarire i contorni di un tema molto insidioso e che, naturalmente, non metterà fine alla discussione.

Cominciamo da un presupposto: il permesso di costruire non è sine die ma, come stabilito all’art. 15 (Efficacia temporale e decadenza del permesso di costruire) del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia) ha una durata ben definita che può essere prorogata solo a determinate condizioni.

Un permesso di costruire, dunque, può decadere o anche essere annullato con la conseguenza che potrebbero essere stati realizzati dei lavori sui quali l’Adunanza Plenaria ha chiarito quali sono i termini per poterli considerare legittimi oppure no.

Nel caso di specie, la vicenda trae le sue origini dalla sentenza non definitiva del Consiglio di Stato del 7 marzo 2024, n. 2228 che ha rimesso all’Adunanza Plenaria il seguente quesito: “quale sia la disciplina giuridica applicabile alle opere parzialmente eseguite in virtù di un titolo edilizio decaduto e che non siano state oggetto di intervento di completamento in virtù di un nuovo titolo edilizio”.

Il caso di specie

Per comprendere la decisione dei giudici della Plenaria è preliminarmente opportuno riepilogare la vicenda:

  • il Comune rilascia il permesso di costruire per la realizzazione di una autorimessa interrata;
  • i lavori hanno inizio, ma poco dopo vengono sospesi in seguito alle indagini penali seguite dalla sentenza penale ormai irrevocabile;
  • il Comune, quindi, non annulla l’originario permesso di costruire ma ne dichiara la decadenza per mancata ultimazione dei lavori, rilevando inoltre come la sentenza penale abbia accertato che le opere erano state assentite in contrasto con la normativa urbanistica e quella paesaggistica;
  • le parti interessate presentano due diversi progetti a cui seguono due dinieghi, poiché nella zona sono ammessi solo interventi edificatori di iniziativa pubblica;
  • il Comune ordina, quindi, sulla base dell’art. 31 del d.P.R. n. 380 del 2001 il ripristino dello stato dei luoghi per come risultante in via antecedente all’esecuzione delle opere parzialmente eseguite in forza del permesso di costruire annullato;
  • a tale atto segue l’ordinanza di acquisizione dell’intera particella al patrimonio comunale.

La vicenda, quindi, finisce prima al TAR che ritiene legittimo l’operato del Comune (l’ordinanza di demolizione ai sensi dell’art. 31 e la successiva ordinanza di acquisizione dell’intera particella) e poi al Consiglio di Stato che, richiamando una giurisprudenza consolidata, rileva che le opere eseguite sulla base di un efficace titolo edilizio non possono essere oggetto di ordine di demolizione ex art. 31 del d.P.R. n. 380 del 2001, che riguarda le opere eseguite abusivamente, sicché - data la tassatività delle norme sanzionatorie - tale previsione non potrebbe essere estesa a fattispecie non espressamente contemplate.

Nella sentenza non definitiva, la Seconda Sezione rileva preliminarmente che:

  • l’art. 31 del TUE prevede per gli “interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire” l’ingiunzione alla rimozione o alla demolizione;
  • l’art. 38 del TUE prevede per gli “interventi eseguiti in base a permesso di costruire, poi annullato”, la possibilità che in luogo dell’ingiunzione a demolire possa essere applicata dall’Amministrazione una sanzione pecuniaria che quindi lasci salve le opere.

Sull’art. 38, il Consiglio di Stato chiarisce che lo stesso si ispira ad un principio di tutela degli interessi del privato, mirando ad introdurre un regime sanzionatorio più mite proprio per le opere edilizie conformi ad un titolo abilitativo successivamente rimosso, rispetto ad altri interventi abusivi eseguiti sin dall’origine in assenza di titolo, sì da ottenere la conservazione del bene.

I rilievi dell’Adunanza Plenaria

Per rispondere al quesito, i giudici dell’Adunanza Plenaria ricordano i contenuti dell’art. 15 del Testo Unico Edilizia e l’efficacia temporale del permesso di costruire. Termini che trovano la loro ragione nella necessità di avere una certezza temporale riguardo le attività di trasformazione urbanistico edilizia del territorio, che per propria natura è frazionata nel tempo, al fine di impedire che l’eventuale modifica delle previsioni pianificatorie possa essere condizionata senza limiti temporali da antecedenti permessi di costruire.

Rilevando, poi, le possibilità di richiedere una proroga dei termini, l’Adunanza Plenaria chiarisce che il legislatore ha operato un bilanciamento tra:

  • la tutela dell’affidamento del privato al completamento dell’opera in fase di realizzazione sulla base di un permesso di costruire;
  • il principio di conservazione e quello di proporzionalità, al fine di evitare la distruzione di ricchezza conseguente all’abbandono di progetti in avanzato stato di attuazione, conservando, comunque, la vigilanza sull’attività di edificazione attraverso la previsione del limite temporale triennale, pari a quello di durata dell’efficacia del permesso di costruire.

Ai principi di conservazione e di affidamento si ispirano anche gli artt. 36 e 38 del TUE:

  • il primo (oggi “Accertamento di conformità nelle ipotesi di assenza di titolo o totale difformità”) prevede la possibilità – nei limiti ivi contemplati – di sanare gli abusi ancorandolo alla doppia conformità simmetrica (oggi abbiamo l’art. 36-bis con la doppia conformità asimmetrica);
  • il secondo (“Interventi eseguiti in base a permesso annullato”) consente, in taluni casi, la conservazione dell’immobile realizzato sulla base di un titolo edilizio successivamente annullato, prevedendo in luogo della demolizione la sanzione pecuniaria.

La decisione del Consiglio di Stato

A questo punto l’Adunanza Plenaria, senza mezzi termini, rileva che la decisione del Consiglio di Stato remittente, secondo cui le opere eseguite sulla base di un titolo edificatorio legittimo non potrebbero ritenersi abusive, e dunque non sarebbero passibili di demolizione e di restituzione in pristino, risulta essere scorretta.

Ecco le motivazioni in sintesi:

  • l’art. 31 del TUE si riferisce agli “interventi eseguiti in assenza del permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali” e, al comma 1, dispone che “Sono interventi eseguiti in totale difformità dal permesso di costruire quelli che comportano la realizzazione di un organismo edilizio integralmente diverso per caratteristiche tipologiche plano-volumetriche o di utilizzazione da quello oggetto del permesso stesso”;
  • il permesso di costruire è qualificato, in base all’art. 10 del TUE, come il provvedimento che legittima le trasformazioni urbanistiche ed edilizie ivi individuate (nuove costruzioni, ristrutturazioni urbanistiche ed edilizie nei limiti indicati nella disposizione);
  • la sottoposizione del potere di edificazione al previo rilascio del permesso di costruire assolve alla funzione di consentire che gli interventi edilizi siano realizzati in conformità con la disciplina pianificatoria, contemperando l’interesse privato allo sfruttamento della proprietà con l’interesse pubblico alla regolare trasformazione edilizia e urbanistica del territorio e, quindi, in definitiva assolve alla funzione di garantire il corretto inserimento del manufatto sul territorio;
  • il permesso di costruire non abilita il titolare a realizzare qualunque manufatto, ma gli consente l’edificazione di quello specifico fabbricato descritto nel progetto;
  • qualunque realizzazione dell’edificio difforme dal progetto, anche se sia ridotta la volumetria o ne siano modificati il perimetro, le sagome e le altezze, comporta una “divergenza tra consentito e realizzato” che in quanto tale – affinché vi sia la “regolarità urbanistica” – o deve essere previamente autorizzata dal Comune o necessita di un atto di “accertamento di conformità”, qualora consentito.

L’edificazione deve quindi avvenire nel rigoroso rispetto del principio di conformità tra l’opera risultante dal progetto assentito con il permesso di costruire e quella concretamente realizzata.

L’art. 31 del testo unico sanziona allo stesso modo le ipotesi di edificazione in assenza del permesso di costruire con le ipotesi dell’edificazione in totale difformità o con variazioni essenziali, provvedendo a disciplinare le singole fattispecie, equiparando la carenza del titolo edificatorio con la totale difformità del bene edificato con quello autorizzato.

La “totale difformità” si verifica non solo in caso di ampliamento non autorizzato, ma anche nel caso di mancato completamento della costruzione e vi sia un totale difformità (aliud pro alio).

Conclusioni

Concludendo, l’Adunanza Plenaria ha risposto al quesito fornendo questi principi:

  • in caso di realizzazione, prima della decadenza del permesso di costruire, di opere non completate, occorre distinguere a seconda se le opere incomplete siano autonome e funzionali oppure no;
  • nel caso di costruzioni prive dei suddetti requisiti di autonomia e funzionalità, il Comune deve disporne la demolizione e la riduzione in pristino ai sensi dell’art. 31 del d.P.R. n. 380/2001, in quanto eseguite in totale difformità rispetto al permesso di costruire;
  • qualora il permesso di costruire abbia previsto la realizzazione di una pluralità di costruzioni funzionalmente autonome (ad esempio villette) che siano rispondenti al permesso di costruire considerando il titolo edificatorio in modo frazionato, gli immobili edificati – ferma restando l’esigenza di verificare se siano state realizzate le opere di urbanizzazione e ferma restando la necessità che esse siano comunque realizzate - devono intendersi supportati da un titolo idoneo, anche se i manufatti realizzati non siano totalmente completati, ma – in quanto caratterizzati da tutti gli elementi costitutivi ed essenziali - necessitino solo di opere minori che non richiedono il rilascio di un nuovo permesso di costruire;
  • qualora invece, le opere incomplete, ma funzionalmente autonome, presentino difformità non qualificabili come gravi, l’Amministrazione potrà adottare la sanzione recata dall’art. 34 del T.U.;
  • è fatta salva la possibilità per la parte interessata, ove ne sussistano tutti i presupposti, di ottenere un titolo che consenta di conservare l’esistente e di chiedere l’accertamento di conformità ex art. 36 del T.U. nel caso di opere “minori” (quanto a perimetro, volumi, altezze) rispetto a quelle assentite, in modo da dotare il manufatto – di per sé funzionale e fruibile - di un titolo idoneo, quanto alla sua regolarità urbanistica”.
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