Come sanare gli abusi edilizi nel 2024-2025
Guida alla regolarizzazione delle difformità edilizie ai sensi della nuova versione del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia)
Arrivati nell’ultimo trimestre del 2024 e dopo che il ciclone “Salva Casa” ha largamente modificato molte delle disposizioni contenute nel Testo Unico Edilizia, benché siano ancora molti i punti oscuri ed in attesa di un aggiornamento della modulistica unificata, si comincia a fare il punto sulle modalità di gestione delle difformità e abusi edilizi.
Difformità e abusi edilizi: le differenze
Ho volutamente differenziato le parole “difformità” e “abusi” perché i primi possono non essere considerate delle violazioni, mentre i secondi vanno classificati in formali e sostanziali. Soprattutto alla luce della nuova versione del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia), come modificata dalla Legge n. 105/2024 di conversione del D.L. n. 69/2024 (Decreto Salva Casa), la differenza tra le due parole si è notevolmente accentuata e nel corso di questo approfondimento proverò a spiegarne i motivi.
Una difformità edilizia è tutto ciò di diverso che viene realizzato rispetto a quello che è stato assentito. Un intervento (oggi) può essere avviato tramite:
- comunicazione di inizio lavori asseverata (CILA);
- segnalazione certificata di inizio attività (SCIA, che può essere “leggera” o “pesante”);
- permesso di costruire (PdC).
Per comprendere se all’interno di un immobile/unità immobiliare sono presenti delle difformità occorre una verifica dello stato legittimo che metta a confronto, appunto, lo stato dei luoghi con quello progettuale legittimato dalla pubblica amministrazione. Quest’ultimo rappresenta lo “stato legittimo” ed è desumibile seguendo le indicazioni fornite all’art. 9-bis, comma 1-bis, del Testo Unico Edilizia (TUE).
Da ricordare che, ai sensi del successivo comma 1-ter:
“Ai fini della dimostrazione dello stato legittimo delle singole unità immobiliari non rilevano le difformità insistenti sulle parti comuni dell'edificio, di cui all'articolo 1117 del codice civile. Ai fini della dimostrazione dello stato legittimo dell'edificio non rilevano le difformità insistenti sulle singole unità immobiliari dello stesso”.
Dopo aver verificato le differenze tra quanto realizzato ed assentito, è possibile verificare se le differenze possono essere considerate difformità:
- che rientrano nel concetto di “tolleranza” ai sensi della rinnovata versione dell’art. 34-bis del TUE;
- che rientrano nel concetto di abuso formale o sostanziale.
Un intervento oltre a dover essere conforme alla normativa urbanistica ed edilizia, deve esserlo anche rispetto:
- al codice dei beni culturali e del paesaggio;
- ai requisiti di igiene e salubrità;
- alla normativa antincendio;
- alle norme tecniche per le costruzioni;
- alle norme impiantistiche;
- al codice dell’ambiente;
- al codice della strada;
- ….
Abuso formale e sostanziale
Benché il d.P.R. n. 380/2001 non ne faccia espressione, la giurisprudenza ha chiarito che gli abusi edilizi possono essere suddivisi in “formali” e “sostanziali”. I primi sono limitati all’assenza o difformità del titolo abilitativo, mentre i secondi riguardano l’attività edilizia in contrasto con la normativa edilizia-urbanistica e le norme tecniche di settore.
Nel primo caso occorre distinguere anche la tipologia di intervento:
- se lo stesso avrebbe potuto essere realizzato utilizzando una CILA (art. 6-bis, TUE), non è necessario attivare alcuna forma di “sanatoria edilizia” ma è sufficiente il pagamento di una sanzione pecuniaria di 1.000 euro (ridotta di 2/3 se effettuata spontaneamente quando l’intervento è in corso di esecuzione) e la presentazione di una “CILA tardiva” [Ricordiamo che la CILA è lo strumento abilitativo utilizzato per gli interventi non riconducibili tra quelli di edilizia libera (art. 6, TUE), sottoposti a PdC (art. 10, TUE) o SCIA (art. 22, TUE)].
- se lo stesso avrebbe potuto essere realizzato attraverso una SCIA, è possibile attivare la procedura di cui all’art. 37 del TUE, tramite pagamento di una sanzione (ridotta se la SCIA viene presentata spontaneamente quando l'intervento è in corso di esecuzione);
- se lo stesso necessitava di un permesso di costruire, si attiva la sanatoria ordinaria di cui all’art. 36 del TUE;
- per gli interventi realizzati in parziale difformità dal PdC o dalla SCIA e nel caso di variazioni essenziali si attiva la nuova sanatoria semplificata di cui all’art. 36-bis del TUE.
Nel secondo caso, invece, l’abuso sostanziale non può essere sanato ma è soggetto unicamente a ordinanza di demolizione sulla quale, si ricorda, vige il principio dell’imprescrittibilità. L’abuso sostanziale, cioè, non può essere sanato con il decorrere del tempo e non attiva alcun legittimo affidamento nei confronti del privato.
Premesso che la demolizione è la prima forma sanzionatoria prevista, gli artt. 33, comma 2, 34, comma 2, e 38, del TUE concedono la possibilità (a valle del processo demolitorio e solo in presenza di determinate condizioni) al Comune di applicare una sanzione alternativa.
Dopo le modifiche apportate dal Salva Casa al comma 1-bis, art. 9-bis, del TUE, il pagamento di queste sanzioni concorre allo stato legittimo dell’immobile (pur in assenza di un titolo legittimante come previsto all’art. 38).
Le possibilità di sanatoria
Nel caso in cui la difformità rientri nel concetto di tolleranza costruttiva-esecutiva, l’art. 34-bis del TUE prescrive che le stesse siano dichiarate dal tecnico abilitato, ai fini dell'attestazione dello stato legittimo, nella modulistica relativa a nuove istanze, comunicazioni e segnalazioni edilizie ovvero con apposita dichiarazione asseverata allegata agli atti aventi per oggetto trasferimento o costituzione, ovvero scioglimento della comunione, di diritti reali.
Fuori dai casi delle tolleranze, è possibile suddividere le seguenti procedure:
- Art. 34-ter - Casi particolari di interventi eseguiti in parziale difformità dal titolo;
- Art. 36 - Accertamento di conformità nelle ipotesi di assenza di titolo o totale difformità;
- Art. 36-bis - Accertamento di conformità nelle ipotesi di parziali difformità e di variazioni essenziali;
- Art. 37 - Interventi eseguiti in assenza o in difformità dalla segnalazione certificata di inizio attività.
Casi particolari di interventi eseguiti in parziale difformità dal titolo
L’art. 34-ter del TUE disciplina due casi distinti:
- le varianti in corso d’opera non riconducibili a tolleranza, realizzate prima dell’entrata in vigore della legge 28 gennaio 1977, n. 10 (30 gennaio 1977);
- le difformità “accertate” e non sanzionate all'esito di sopralluogo o ispezione dai funzionari incaricati di effettuare verifiche di conformità edilizia.
Nel primo caso, la regolarizzazione può essere eseguita:
- dimostrando la data di realizzazione, utilizzando la stessa documentazione prevista per l’attestazione dello stato legittimo (art. 9-bis, comma 1-bis, TUE) oppure una attestazione di un tecnico abilitato (al momento molto dubbia);
- presentando una segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) che è probabile sarà definita con un modello unificato da approvare in sede di conferenza unificata Stato-Regioni (ma è già possibile “attrezzarsi” utilizzando il modello di SCIA in sanatoria opportunamente modificato);
- pagando la sanzione prevista all’art. 36-bis, comma 5, del TUE.
Nel secondo caso, per la regolarizzazione:
- non deve essere stato emesso un ordine di demolizione o riduzione in pristino;
- deve essere stata rilasciata la certificazione di abitabilità o di agibilità non annullabile ai sensi della disciplina dell’annullamento d'ufficio (art. 21-nonies della Legge n. 241/1990).
Sanatoria ordinaria
L’art. 36 del TUE consente l’attivazione di una procedura di sanatoria utilizzabile in caso di interventi realizzati:
- in assenza di permesso di costruire o in totale difformità;
- in assenza di SCIA pesante.
Per attivare questa sanatoria è necessario:
- verificare la doppia conformità “simmetrica”, l'intervento deve risultare conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione dell’istanza;
- pagare una sanzione disciplinata al comma 2 dell’art. 36 stesso.
Le particolarità di questa procedura sono essenzialmente due:
- il rilascio del permesso di costruire in sanatoria è subordinato alla doppia conformità simmetrica e non può essere condizionato all’esecuzione di alcun intervento che eliminino le difformità insanabili;
- se entro 60 giorni la P.A. non si pronuncia sull’istanza, la stessa risulta rigettata (silenzio-rigetto).
Sanatoria semplificata
Il nuovo art. 36-bis del TUE consente l’attivazione di una nuova procedura di sanatoria “semplificata”, attivabile in caso di interventi realizzati:
- in parziale difformità dal permesso di costruire o dalla segnalazione certificata di inizio attività;
- in assenza o in difformità dalla segnalazione certificata di inizio attività nelle ipotesi di cui all'articolo 37
- con variazioni essenziali (art. 32, TUE).
Come per la sanatoria ordinaria, anche per la semplificata è necessario il rispetto di due condizioni:
- verificare la doppia conformità “asimmetrica”, l'intervento deve risultare conforme alla disciplina urbanistica vigente al momento della presentazione della domanda, nonché ai requisiti prescritti dalla disciplina edilizia vigente al momento della sua realizzazione;
- pagare una sanzione disciplinata al comma 5 dell’art. 36-bis stesso.
Nel caso di sanatoria semplificata esistono delle profonde differenze rispetto a quella ordinaria che possono essere così riassunte:
- il rilascio del permesso di costruire in sanatoria è subordinato alla doppia conformità asimmetrica e può essere condizionato all’esecuzione di interventi edilizi, anche strutturali, necessari per assicurare l'osservanza della normativa tecnica di settore relativa ai requisiti di sicurezza e alla rimozione delle opere che non possono essere sanate;
- se entro 45 giorni la P.A. non si pronuncia sull’istanza, la stessa risulta accolta (silenzio-assenso).
Come per i casi particolari di cui all’art. 34-ter, anche per la sanatoria semplificata esiste una criticità che il legislatore dovrebbe affrontare (e risolvere). Per la conformità edilizia, è necessaria una dichiarazione resa con riferimento alle norme tecniche vigenti al momento della realizzazione dell'intervento. L'epoca di realizzazione dell'intervento è provata mediante la documentazione di cui all'articolo 9-bis, comma 1-bis, quarto e quinto periodo, del TUE. Anche in questo caso, però, nei casi in cui sia impossibile accertare l'epoca di realizzazione dell'intervento mediante la documentazione indicata precedentemente, “il tecnico incaricato attesta la data di realizzazione con propria dichiarazione e sotto la propria responsabilità. In caso di dichiarazione falsa o mendace si applicano le sanzioni penali, comprese quelle previste dal capo VI del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445”.
Anche in questo caso mi chiedo come sia possibile attestare la data di realizzazione di un intervento (sia chiaro “la data” non l’epoca/anno) se con la documentazione di cui all’art. 9-bis, comma 1-bis, non è stato possibile neanche attestare neanche l’epoca.
L’art. 36-bis, infine, disciplina le procedure da seguire nel caso:
- di immobili ubicati nelle zone sismiche, ad eccezione di quelle a bassa sismicità all'uopo, per i quali si applicano le stesse indicazioni previste per le tolleranze (art. 34-bis, comma 3-bis, del TUE);
- di interventi eseguiti in assenza o difformità dall'autorizzazione paesaggistica.