Condono edilizio: il TAR sull'annullamento dell'autorizzazione paesaggistica

Nei procedimenti di condono l’ente di tutela è privo dei poteri ripristinatori e repressivi previsti dall'art. 167 del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio

di Redazione tecnica - 14/10/2024

A differenza dell’ordinario regime previsto dagli artt. 146 e 167 del d.lgs. n. 42/2004 (Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio), il parere reso dall’ente di tutela del vincolo paesaggistico nei procedimenti di rilascio del titolo edilizio in sanatoria ai sensi della Legge n. 47/1985 (c.d. Primo Condono), così come riproposti dall’art. 39 della legge n. 724/1994 (Secondo Condono Edilizio) e dall’art. 32 del d.l. 269/2003, convertto in legge n. 326/2003 (Terzo Condono Edilizio), seppure obbligatorio e vincolante, costituisce un atto endoprocedimentale della procedura ex art. 35 della l. n. 47/1985 destinato a concludersi con il provvedimento del Comune, unica autorità procedente e competente a definire il procedimento.

Pertanto nei procedimenti di condono, l’ente di tutela del vincolo paesaggistico è privo dei poteri ripristinatori e repressivi ex art. 167, commi 1-3, del d.lgs. n. 42/2004.

Autorizzazione paesaggistica: i poteri dell'ente di tutela nel caso di condono edilizio

A spiegarlo, in un’articolata pronuncia contenente anche un interessante excursus sulle differenze tra normativa nazionale e normativa regionale è il TAR Sicilia, con la sentenza del 12 marzo 2024, n. 978, con la quale ha accolto il ricorso per l’annullamento del provvedimento di rigetto sulla richiesta di rilascio di nulla osta nel procedimento di condono relativo a dei volumi tecnici e a una tettoia smontabile, per le quali nel frattempo il Comune aveva rilasciato la concessione edilizia in sanatoria.

Per valutare la questione il TAR ha ripercorso la disciplina del regime di sanatoria delle opere abusive delineato dall’art. 31 e ss. della l. n. 47/1985 e della pertinente normativa regionale siciliana, onde comprendere le differenze tra il fisiologico procedimento di rilascio del titolo edilizio in presenza di vincoli paesaggistici e di accertamento di conformità postumo previsto dall’art. 13 della l. n. 47/1985 e oggi dall’art. 36 del d.P.R. n. 380/2001.

 

Autorizzazione paesaggistica: il procedimento nel Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio

Nel sistema delineato dal d.lgs. n. 42/2004, secondo quanto previsto dall’art. 146, commi 1 e 4, l’autorizzazione paesaggistica è individuata espressamente quale atto autonomo e presupposto rispetto al permesso di costruire o agli altri titoli legittimanti l’intervento urbanistico-edilizio.

Il Codice prevede che ogni intervento edilizio suscettibile di recare pregiudizio ai valori paesaggistici oggetto di protezione su immobili e aree di interesse paesaggistico, tutelati dalla legge, a termini dell'articolo 142, o in base alla legge, ai sensi degli articoli 136, 143, comma 1, lettera d), e 157, nell’ambito di aree sottoposte a vincolo ai sensi dell’art. 146, comma 4, debba essere previamente autorizzato dalla regione su parere vincolante della Soprintendenza per i beni culturali e ambientali, quale organo periferico del competente Ministero.

Ne deriva, pertanto, che l’omessa acquisizione dell’autorizzazione paesaggistica – che l’art. 146, comma 4, delinea come atto autonomo – rende puramente inefficace il titolo edilizio eventualmente rilasciato, con la conseguenza che ai sensi dell’art. 167, comma 1, l’ente di tutela non è privato del potere repressivo, paralizzabile solo con l’eventuale accertamento postumo di compatibilità paesaggistica ex artt. art. 167, commi 4 e 5 del medesimo d.lgs. n. 42/2004 e 17 del d.P.R. n. 31/2017, al cui effettivo rilascio – su istanza dell’interessato – consegue il riacquisto dell’efficacia del titolo edilizio, potendosi così predicare la legittimità ex tunc dell’intervento edilizio eseguito.

Il procedimento delineato dall’art. 146 del d.lgs. n. 42/2004 per il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica da parte della regione concretizza una forma di cogestione del vincolo da parte delle autorità nazionali e regionali e in cui la valenza vincolante del parere reso dalla Soprintendenza rispetto all’autorizzazione regionale cessa nel caso del mancato rispetto del termine endoprocedimentale di cui al comma 9 del predetto art. 146.

La stessa forma di cogestione – anche se con tempistiche procedurali differenti e con i limiti ivi stabiliti – è prevista per il rilascio dell’autorizzazione in sanatoria ex art. 167, comma 4 e 5, del d.lgs. n. 42/2004.

Questo sistema non è replicabile nell’ordinamento siciliano, giacché «la Regione Siciliana gode di potestà legislativa primaria in materia di «tutela del paesaggio» e che, nel suo esercizio, essa ha stabilito che tutte le attribuzioni degli organi centrali e periferici dello Stato nella materia – attribuzioni trasferite alla Regione dall’art. 1 del d.P.R. 30 agosto 1975, n. 637.

La stessa legislazione siciliana affida poi alle soprintendenze il rilascio o il diniego dell’autorizzazione paesaggistica. L’attribuzione del potere decisorio alla soprintendenza è evidentemente incompatibile con la previa acquisizione del suo parere, il quale resta assorbito nella decisione finale.».

Nella Regione Siciliana, pertanto, a prescindere dalla terminologia utilizzata negli atti (parere, nulla osta, ecc.), il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica ex art. 146, comma 4, del d.lgs. n. 42/2004, nonché del provvedimento di accertamento postumo di compatibilità paesaggistica ex art. 167, commi 4 e 5, del d.lgs. n. 42/2004 sono procedimentalmente semplificati, giacché rientranti nell’esclusiva competenza della Soprintendenza.

 

Autorizzazione paesaggistica in sanatoria: come funziona?

Ciò posto, nel diverso ambito dei procedimenti di sanatoria ex art. 32 della l. n. 47/1985, il parere delle amministrazioni preposte alla tutela dal vincolo (tra cui è ricompreso anche il vincolo paesaggistico ex d.lgs. n. 42/2004) non costituisce un provvedimento autonomo rispetto al titolo edilizio così come previsto per l’art. 146, del d.lgs. n. 42/2004, ma integra la fase endoprocedimentale di gestione del vincolo paesaggistico costituente un mero segmento (seppure obbligatorio con effetti vincolanti) del procedimento ex art. 35 della l. n. 47/1985, la cui definizione è riservata esclusivamente all’autorità comunale, la quale però non può statuire solo sull’istanza di sanatoria avendo riguardo alla sola destinazione urbanistica dell'area, ma è obbligata a tenere conto anche delle esigenze afferenti al vincolo ivi esistente così come enucleate dall'Amministrazione preposta alla sua tutela nel relativo parere.

La valenza obbligatoria e vincolante di tale parere emerge dal tenore delle pertinenti disposizioni di legge che, utilizzando il verbo “subordinare”, enuncia l’inscindibile correlazione tra il rilascio del titolo abilitativo edilizio in sanatoria per opere eseguite su immobili sottoposti a vincolo e il parere favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo stesso (art. 32, comma 1, della l. n. 47/1985 e art. 23 della l.r. n. 37/1985).

Alla natura di atto endoprocedimentale (seppur vincolante) del parere paesaggistico reso in sede di condono edilizio consegue la facoltà (ma non l’onere) per il privato di impugnarlo stante la sua idoneità a costituire un arresto procedimentale altrimenti non superabile dell’iter del condono che deve, però, necessariamente concludersi con il provvedimento dell’autorità comunale, quale atto “finale”, senza diversamente potersi prospettare l’ipotesi di conseguimento del titolo seppur ancora non efficace in assenza del parere dell’ente preposto alla tutela paesaggistica.

Ne deriva quindi che il parere dell’ente di tela è un mero atto endoprocedimentale la cui omissione si riflette esclusivamente sulla legittimità del provvedimento finale di condono, che dispiega pienamente la propria efficacia.

 

Il silenzio della Soprintendenza: come interpretarlo?

In tale contesto le eventuali violazioni sulle modalità di acquisizione di tale pareresono state più volte modificate:

  • sia in ambito nazionale:
    • prevedendosi originariamente il silenzio-diniego, nel caso di inerzia dell’ente di tutela;
    • successivamente, il silenzio assenso, meccanismo di favor per il privato, con la modifica dell’art. 32, comma 1, della l. n. 47/1985 da parte dell’art. 2, comma 39, della l. 23 dicembre 1996, n. 662 – a decorrere dal 1 novembre 1997 ;
    • il meccanismo meno favorevole del silenzio-rifiuto, come nuovamente modificato dall’art. 32, comma 43, del d.l. 30 settembre 2003, n. 269, conv. in L. 24 novembre 2003, n. 326;
  •  sia in ambito regionale, con la previsione del silenzio-assenso introdotto dall’art. 17, comma 6, della l.r. n. 4/2003 la cui vigenza è cessata a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 7, comma 1, della l.r. n. 5/2011 e, pertanto a far data dal 16 aprile 2011 si riflettono unicamente sulla legittimità della concessione edilizia in sanatoria rilasciata dal Comune.

Ne deriva, pertanto, che, ove sussistenti tutti i presupposti, l’esercizio del potere di autotutela ex art. 21-nonies della l. n. 241/1990, nel caso in cui il parere sia stato omesso o travisato, può essere solo sollecitato dall’ente di tutela al Comune.

In altre parole, a fronte del potere altamente condizionante rispetto all’esito del procedimento di condono attribuito agli enti di tutela ex art. 32 della l. n. 47/1985, l’ordinamento ha precluso l’esercizio dei poteri repressivi che sono, di norma, ad essi attribuiti negli ordinari procedimenti di rilascio dei titoli edilizi o di accertamento di conformità ex art. 36 del d.P.R. n. 380 del 2001.

 

Le conclusioni del TAR

Inoltre la possibilità di condonare le opere realizzate in area sottoposta a vincolo paesaggistico solo nelle ipotesi contemplate all’art. 32, commi 26 e 27, lett. d), del d.l. n. 269/2003 non implica la deroga alle predette regole in ordine alla valenza endoprocedimentale del parere paesaggistico e alla preclusione del potere repressivo attribuito all’ente di tutela, non potendosi ritenere la nullità (e non già la mera annullabilità) della concessione edilizia rilasciata.

Non è infatti invocabile ex art. 21-septies della l. n. 241/1990 un difetto assoluto di attribuzione in capo all’ente comunale di rilasciare il titolo in sanatoria con riferimento ad un fabbricato insistente in zona paesaggistica.

E invero, l’art. 32 del d.l. n. 269/2003, conv. in l. n. 326/2003 consente la definizione di procedimenti di sanatoria ex d.l. n. 269/2003, anche in presenza di un vincolo paesaggistico, confermando l’impossibilità e la preclusione per gli enti di tutela di adottare provvedimenti costituenti esplicitazione di forme di autotutela esecutiva non mediate dal previo annullamento del titolo in sanatoria.

Il ricorso è stato quindi ritenuto meritevole di accoglimento, laddove si denuncia la contraddittorietà tra il disposto del provvedimento impugnato e l’intervenuto rilascio della concessione edilizia in sanatoria,in quanto il sistema delineato assegna al Comune, quale ente preposto al rilascio del permesso di costruire e alla vigilanza sul corretto uso del territorio comunale, il potere di ricevere le domande di condono, istruire i procedimenti e sanzionare gli abusi edilizi non sanabili.

Conclude quindi il TAR che:

  • a differenza dell’ordinario regime previsto dagli artt. 146 e 167 del d.lgs. n. 42/2004, il parere reso dall’ente di tutela del vincolo paesaggistico nei procedimenti di rilascio del titolo edilizio in sanatoria ai sensi dei capi IV e V della legge 28 febbraio 1985, n. 47, seppure obbligatorio e vincolante, costituisce un atto endoprocedimentale della procedura ex art. 35 della l. n. 47/1985 destinato a concludersi con il provvedimento del Comune, unica autorità procedente e competente a definire il procedimento;
  • nei procedimenti di rilascio del titolo edilizio in sanatoria ai sensi dei capi IV e V della legge 28 febbraio 1985, n. 47, l’ente di tutela del vincolo paesaggistico è privo dei poteri ripristinatori e repressivi ex art. 167, commi 1-3, del d.lgs. n. 42/2004.
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