Testo Unico Edilizia e Salva Casa: cosa blocca la riforma?

La Legge n. 105/2024 di conversione del D.L. n. 69/2024 (Decreto Salva Casa) non ha ancora prodotto effetti tangibili. Per quale motivo? Proviamo a ragionarci

di Gianluca Oreto - 15/10/2024

Il più grande successo della Legge n. 105/2024 di conversione del D.L. n. 69/2024 (Decreto Salva Casa) è certamente rappresentato dalla campagna di comunicazione messa a punto dal Governo ed in particolare dal Ministro delle Infrastrutture Mattero Salvini.

Salva Casa: dove stava l’urgenza?

Sin dal suo nome (Salva Casa) erano chiare a tutti le ottime intenzioni di un nuovo provvedimento emergenziale che, in realtà, di emergenziale non aveva proprio nulla. Di riforma del quadro normativo edilizio e del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia) se ne parla, infatti, da almeno il 2020 quando un tavolo tecnico istituito presso il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici presentò la prima bozza della “Disciplina delle costruzioni”, rimasta poi chiusa nei cassetti.

La relazione illustrativa del D.L. n. 69/2024, però, si sottolinea come sia necessario e indifferibile provvedere all'introduzione di disposizioni di semplificazione in materia edilizia e urbanistica, volte a superare le incertezze interpretative e consentire la riqualificazione e la valorizzazione economica degli immobili e delle unità immobiliari. Si parla addirittura di “straordinaria necessità e urgenza” motivata dall'esigenza di sbloccare la situazione di totale stallo in cui oggi versa il mercato immobiliare, fortemente penalizzato dalle incertezze del quadro normativo di settore.

Da questi presupposti nasce il D.L. n. 69/2024 che, a seguito della sua conversione in legge, modificano e integrano i seguenti articoli del Testo Unico Edilizia (TUE):

Articolo

Rubrica

Commi interessati

2-bis

Deroghe in materia di limiti di distanza tra fabbricati

1-quater

6

Edilizia libera

1, lett b-bis) e b-ter)

9-bis

Documentazione amministrativa e stato legittimo degli immobili

1-bis e 1-ter

10

Interventi subordinati a permesso di costruire

2

23-ter

Mutamento d'uso urbanisticamente rilevante

1-bis, 1-ter, 1-quater, 1-quinquies, 3

24

Agibilità

5-bis, 5-er, 5-quater

31

Interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali

3 e 5

32

Determinazione delle variazioni essenziali

3

34-bis

Tolleranze costruttive

1-bis, 1-ter, 2-bis, 3-bis, 3-ter

34-ter

Casi particolari di interventi eseguiti in parziale difformità dal titolo

Nuovo articolo

36

Accertamento di conformità nelle ipotesi di assenza di titolo o totale difformità

1

36-bis

Accertamento di conformità nelle ipotesi di parziali difformità e di variazioni essenziali

Nuovo articolo

37

Interventi eseguiti in assenza o in difformità dalla segnalazione certificata di inizio attività

1 e 4

In questo approfondimento proveremo a comprendere come mai, campagna comunicativa a parte, il Salva Casa sembra non stia producendo alcun risultato utile e, anzi, in alcuni casi stia producendo gli effetti contrari. Nelle seguenti sezioni le principali criticità che riguardano gli articoli più rilevanti.

Recupero sottotetti e distanze tra fabbricati

Il primo articolo del TUE integrati dal Salva Casa è il “2-bis” rubricato “Deroghe in materia di limiti di distanza tra fabbricati”. In questo caso il Salva Casa ha aggiunto il nuovo comma 1-quater che disciplina una particolare deroga in materia di limiti di distanza tra fabbricati relativa al recupero dei sottotetti.

Per analizzare questo nuovo comma, può essere utile suddividerlo nei suoi due periodi di cui si compone:

primo periodoAl fine di incentivare l'ampliamento dell'offerta abitativa limitando il con-sumo di nuovo suolo, gli interventi di recupero dei sottotetti sono comunque consentiti, nei limiti e secondo le procedure previsti dalla legge regionale, anche quando l'intervento di recupero non consenta il rispetto delle distanze minime tra gli edifici e dai confini, a condizione che siano rispettati i limiti di distanza vigenti all'epoca della realizzazione dell'edificio, che non siano apportate modifiche, nella forma e nella superficie, all'area del sottotetto, come delimitata dalle pareti perimetrali, e che sia rispettata l'altezza massima dell'edificio assentita dal titolo che ne ha previsto la costruzione.

secondo periodo. Resta fermo quanto previsto dalle leggi regionali più favorevoli.

Il primo periodo dispone che il recupero dei sottotetti è comunque consentito, nei limiti e secondo le procedure previste dalla legge regionale, anche quando l’intervento di recupero non consenta il rispetto delle distanze minime tra gli edifici e dai confini, alle seguenti condizioni:

  • che siano rispettati i limiti di distanza vigenti all’epoca della realizza-zione dell’edificio;
  • che non siano apportate modifiche, nella forma e nella superficie, all’area del sottotetto come delimitata dalle pareti perimetrali;
  • che sia rispettata l’altezza massima dell’edificio assentita dal titolo che ha previsto la costruzione del medesimo.

Il secondo periodo, invece, fa salve le disposizioni contenute nelle leggi regionali più favorevoli. L’argomento “recupero dei sottotetti” è stato affrontato dall’Associazione Nazionale Costruttori Edili (ANCE) che ha pubblicato un interessante dossier che fornisce una guida a tutti gli operatori del settore, focalizzata sulle normative regionali vigenti in materia. Da questo dossier è possibile comprendere che prima di poter applicare il nuovo comma 1-quater è opportuno verificarne l’impatto con specifico riferimento alle norme regionali.

Edilizia libera: VePA e pergotende

Una modifica poco utile ma certamente di grande impatto comunicativo riguarda l’art. 6 del TUE con l’integrazione al comma 1 della lettera b-bis) e l’inserimento della nuova lettera b-ter). Con queste due lettere il legislatore ha deciso di intervenire su due distinte fattispecie:

  • le vetrate panoramiche (VePA);
  • le pergotende.

In questi due casi, la scelta ovvia è stata quella di prendere in considerazione alcuni principi consolidati della giurisprudenza amministrativa che nel corso di questo ventennio è copiosamente intervenuta sulle strutture “leggere” in edilizia fornendo le caratteristiche che devono possedere per poter essere considerate interventi di edilizia libera.

Pur apprezzando l’inserimento di queste caratteristiche all’interno del TUE, non è possibile parlare di innovazione particolarmente interessante che produrrà effetti tangibili. Probabilmente adesso anche i più distratti che non conoscono la giurisprudenza, sono a conoscenza di queste caratteristiche.

Ciò che, invece, sono in pochi a non aver pienamente compreso è l’aspetto legato alla definizione di edilizia libera stessa che è libera solo aver concretamente verificato la sua corrispondenza con:

  • i regolamenti edilizi;
  • le norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienicosanitarie, di quelle relative all'efficienza energetica, di tutela dal rischio idrogeologico;
  • le disposizioni contenute nel Codice dei beni culturali;
  • i “diritti dei terzi”;

Oltretutto, soprattutto nel caso delle VePA, occorre ricordare che lo spazio delimitato dalla VePA non può subire in edilizia libera un cambio di destinazione d’uso.

Stato legittimo: le criticità

Il caso dell’art. 9-bis del TUE può essere definito “particolarmente singolare”. Il Salva Casa, infatti, interviene modificando il comma 1-bis e integrando con il nuovo comma 1-ter. Quest’ultimo comma chiarisce (direi finalmente) l’annoso e atavico dubbio che riguarda la conformità delle parti private e quella delle parti comuni di un edificio in condominio. Con il comma 1-ter viene chiarito che stato legittimo delle unità immobiliari e stato legittimo delle parti comuni sono due aspetti completamente distinti e separati.

Il problema principale dell’art. 9-bis resta, invece, nella formulazione del comma 1-bis che lascia ampi margini interpretativi sulla legittimità dei titoli che possono essere presi in considerazione per la verifica dello stato legittimo.

Il primo periodo del comma 1-bis, infatti, dispone “Lo stato legittimo dell'immobile o dell'unità immobiliare è quello stabilito dal titolo abilitativo che ne ha previsto la costruzione o che ne ha legittimato la stessa o da quello, rilasciato o assentito, che ha disciplinato l'ultimo intervento edilizio che ha interessato l'intero immobile o l'intera unità immobiliare, a condizione che l'amministrazione competente, in sede di rilascio del medesimo, abbia verificato la legittimità dei titoli pregressi, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali”.

Tralasciando il titolo abilitativo che ha previsto o legittimato l’immobile o l’unità immobiliare, per la verifica dello stato legittimo viene disposto che è possibile prendere anche:

  • il titolo edilizio “rilasciato o assentito” che ha disciplinato l'ultimo intervento edilizio che ha interessato l'intero immobile o l'intera unità immobiliare;
  • a condizione che l'amministrazione competente, in sede di rilascio del medesimo, abbia verificato la legittimità dei titoli pregressi.

La formulazione di questo primo periodo apre almeno a due problematiche:

  • la prima riguarda il fatto che il titolo deve riguardare l’intero immobile o l’intera unità immobiliare e non parti di questi;
  • la seconda concerne la verifica della legittimità di tutti i titoli che hanno preceduto l’ultimo.

Tolleranze costruttive

Sono tante e particolarmente rilevanti le modifiche all’art. 34-bis del TUE relativo alle “Tolleranze costruttive”. In questo caso la scelta (molto dubbia) del legislatore è stata quella di ampliare le percentuali di tolleranza ancorando l’aumento delle stesse alla diminuzione della superficie utile della singola unità immobiliare.

In particolare, per gli interventi realizzati entro il 24 maggio 2024, il mancato rispetto dell'altezza, dei distacchi, della cubatura, della superficie coperta e di ogni altro parametro delle singole unità immobiliari non costituisce violazione edilizia se contenuto entro i limiti:

  1. del 2% delle misure previste ((nel titolo abilitativo)) per le unità immobiliari con superficie utile superiore ai 500 mq;
  2. del 3% delle misure previste nel titolo abilitativo per le unità immobiliari con superficie utile compresa tra i 300 e i 500 mq;
  3. del 4% delle misure previste nel titolo abilitativo per le unità immobiliari con superficie utile compresa tra i 100 e i 300 mq;
  4. del 5% delle misure previste nel titolo abilitativo per le unità immobiliari con superficie utile inferiore ai 100 mq.

Il problema principale nell’applicazione delle nuove tolleranze è rappresentato dal nuovo comma 3-bis che prevede una disciplina al momento “oscura” relativa alle unità immobiliari ubicate nelle zone sismiche, ad eccezione di quelle a bassa sismicità.

Senza aver disciplinato in alcun modo quella che poteva essere la “sanatoria strutturale” (da anni richiesta a gran voce da tutti i tecnici), il legislatore ha previsto una misura applicabile sia per le tolleranze che per la sanatoria semplificata di cui al nuovo art. 36-bis del TUE.

Il problema operativo di questa disposizione è rappresentato dalla totale assenza di regole che riguardano l’autorizzazione sismica post intervento e la totale inadeguatezza delle piattaforme digitali del Genio Civile, in attesa di indicazioni e chiarimenti da parte del legislatore.

Casi particolari di sanatoria e sanatoria semplificata

Ultima criticità riguarda i nuovi articoli 34-ter e 36-bis che disciplinano rispettivamente:

  • i “casi particolari di interventi eseguiti in parziale difformità dal titolo”;
  • l’”Accertamento di conformità nelle ipotesi di parziali difformità e di variazioni essenziali”.

Nel primo caso, l’art. 34-bis prevede due diverse casistiche:

  • le varianti “ante 77” non assentite;
  • l’agibilità/abitabilità sanante.

In entrambe i casi, però, le disposizioni si scontrano con alcune problematiche operative. Relativamente alle varianti ante 77 rileviamo:

  1. l’assenza di una modulistica che possa guidare gli operatori;
  2. l'”interesse pubblico concreto e attuale alla rimozione delle opere” a cui si può sempre appellare l’amministrazione.

Per quanto concerne l’agibilità/abitabilità sanante:

  • il fatto che le difformità per essere state accertate all'esito di sopralluogo o ispezione dai funzionari incaricati di effettuare verifiche di conformità edilizia, devono anche essere richiamate almeno in un verbale;
  • l’annullabilità della certificazione di abitabilità o di agibilità (concetto non chiarissimo);
  • anche in questo caso l’assenza di una modulistica.

Relativamente alla sanatoria semplificata è necessario segnalare le seguenti criticità:

  1. non esiste una chiara distinzione tra abusi maggiori, parziali e variazioni essenziali;
  2. resta il problema dell’accertamento di conformità strutturale;
  3. non esiste la disciplina relativa al pagamento della sanzione senza la quale non si può finalizzare la sanatoria.
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