Fotovoltaico e cappotto in zona vincolata: serve l’autorizzazione paesaggistica?

Nuova interessante sentenza sull'installazione di impianti in aree sottoposte a tutela paesaggistica. Difficile che le Amministrazioni possano dire di no

di Redazione tecnica - 15/10/2024

Il favor della legge verso l’utilizzo di energie da fonti rinnovabili anche nel caso di installazione degli impianti in area sottoposta a vincolo è un punto fermo ormai in giurisprudenza, come dimostrano le numerose pronunce di annullamento di dinieghi all’autorizzazione paesaggistica.

Autorizzazione paesaggistica: il TAR su fotovoltaico e cappotto termico in area vincolata

Ne è un ulteriore caso la sentenza del TAR Lombardia del 4 ottobre 2024, n. 778, relativa all’installazione di un impianto fotovoltaico e del cappotto termico su un edificio di interesse storico e inserito in un’area sottoposta a tutela paesaggistica, e per i quali la proprietaria ha presentato insieme al progetto, la richiesta di autorizzazione paesaggistica semplificata.

Autorizzazione paesaggistica che necessitava di un doppio passaggio, prima presso la Commissione per il paesaggio dell’ente proposto alla tutela e successivamente della Soprintendenza.

Ne è derivato il rilascio di un'autorizzazione con cui, si invitava il privato a modificare gli elaborati progettuali in funzione delle prescrizioni richiamate nel provvedimento e inibendo nelle more l’avvio dei lavori.

Da qui il ricorso, anche alla luce di orientamenti contrastanti:

  • la Commissione per il paesaggio avrebbe mantenuto una posizione di sostanziale opposizione quanto all’installazione dei pannelli fotovoltaici, mentre avrebbe espresso maggiore disponibilità in relazione al cappotto termico;
  •  la Soprintendenza, al contrario, avrebbe manifestato la propria disponibilità ad assentire alla realizzazione dell’impianto fotovoltaico sulla copertura dell’edificio principale, con l’adozione però di alcuni accorgimenti mentre avrebbe ribadito la propria posizione di sostanziale chiusura rispetto al cappotto termico.

Nel frattempo, la parte ricorrente ha comunque realizzato parte dell’impianto fotovoltaico per il quale, a seguito di sopralluogo, è stata emessa un’ordinanza di rimozione e di conseguente rimessione in pristino. Anche questo provvedimento è stato impugnato ed è stata presentata domanda di accertamento di compatibilità paesaggistica.

 

Autorizzazione paesaggistca semplificata: non è più necessaria per impianti fotovoltaici

Preliminarmente il TAR ha precisato che il procedimento di autorizzazione semplificata era stato svolto nei tempi corretti dalle Amministrazioni, senza che si fosse formato il silenzio assenso con un parere positivo senza prescrizioni.

In ogni caso, spiega il tribunale, l’impianto fotovoltaico non avrebbe necessitato di autorizzazione, considerato quanto disposto dall’art. 7 bis, comma 5, d.lgs. n. 28/2011 il quale prevede che “l'installazione, con qualunque modalità, anche nelle zone A degli strumenti urbanistici comunali, come individuate ai sensi del decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, di impianti solari fotovoltaici e termici sugli edifici, come definiti alla voce 32 dell'allegato A al regolamento edilizio-tipo, adottato con intesa sancita in sede di Conferenza unificata 20 ottobre 2016, n. 125/CU, o su strutture e manufatti fuori terra diversi dagli edifici, … e la realizzazione delle opere funzionali alla connessione alla rete elettrica nei predetti edifici o strutture e manufatti, nonché nelle relative pertinenze, compresi gli eventuali potenziamenti o adeguamenti della rete esterni alle aree dei medesimi edifici, strutture e manufatti, sono considerate interventi di manutenzione ordinaria e non sono subordinate all'acquisizione di permessi, autorizzazioni o atti amministrativi di assenso comunque denominati, ivi compresi quelli previsti dal codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, a eccezione degli impianti installati in aree o immobili di cui all'articolo 136, comma 1, lettere b) e c), del citato codice di cui al decreto legislativo n. 42 del 2004, individuati mediante apposito provvedimento amministrativo ai sensi degli articoli da 138 a 141 e fermo restando quanto previsto dagli articoli 21 e 157 del medesimo codice”.

La richiamata voce 32 dell’allegato A al regolamento edilizio-tipo, adottato con intesa sancita in sede di Conferenza unificata del 20.10.2016 definisce l’edificio come “Costruzione stabile, dotata di copertura e comunque appoggiata o infissa al suolo, isolata da strade o da aree libere, oppure separata da altre costruzioni mediante strutture verticali che si elevano senza soluzione di continuità dalle fondamenta al tetto, funzionalmente indipendente, accessibile alle persone e destinata alla soddisfazione di esigenze perduranti nel tempo”.

La disposizione dell’art. 7 bis, comma 5, appena citato trova applicazione al caso di specie sia ratione materiae che ratione temporis.

Liberalizzazione impianti fotovoltaici: quali sono interessati 

Sotto il profilo della materia, infatti, la disposizione riguarda tutti i beni soggetti a vincolo paesaggistico, con la sola eccezione dei vincoli di fonte provvedimentale fondati sull’art. 136, comma 1, lett. b) e c), d.lgs. 42/2004, concernenti rispettivamente “le ville, i giardini e i parchi, non tutelati dalle disposizioni della Parte seconda del presente codice, che si distinguono per la loro non comune bellezza”, e “i complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore estetico e tradizionale, inclusi i centri ed i nuclei storici”. Per l’immobile della ricorrente viene in rilievo invece il vincolo ex lege di cui all’art. 142, comma 1, lett. f, d.lgs. 42/2004, concernente “i parchi e le riserve nazionali o regionali, nonché i territori di protezione esterna dei parchi”, che non rientra nella suddetta eccezione, e dunque è assoggettato alla regola di cui all’art. 7 bis, comma 5, d.lgs. 28/2011.

Sotto il profilo temporale, l’art. 7 bis, comma 5, d.lgs. 28/2011 è stato introdotto dal D.L. n. 17/2022, poi convertito in legge 34/2022. La ricorrente ha presentato l’istanza di autorizzazione paesaggistica dunque poche settimane prima che sopravvenisse la nuova norma; tuttavia la Commissione per il paesaggio e la Soprintendenza hanno emesso tutti gli atti dopo l’entrata in vigore della nuova norma.

Secondo giurisprudenza consolidata, “Nei procedimenti amministrativi la corretta applicazione del principio tempus regit actum comporta che la pubblica amministrazione deve considerare anche le modifiche normative intervenute durante il procedimento, non potendo considerare l'assetto normativo cristallizzato in via definitiva alla data dell'atto che vi ha dato avvio; ne consegue che la legittimità del provvedimento adottato al termine di un procedimento avviato a istanza di parte deve essere valutata con riferimento alla disciplina vigente al tempo in cui è stato adottato il provvedimento finale, e non al tempo della presentazione della domanda da parte del privato”.

Ne consegue che, per la realizzazione dell’impianto fotovoltaico, non occorreva alcuna autorizzazione paesaggistica, e pertanto, in sede di rilascio di tale provvedimento per le altre opere che formavano oggetto dell’intervento edilizio progettato dalla ricorrente, non poteva essere adottata una prescrizione che vietasse l’installazione di quell’impianto.

Peraltro, anche sulla base della disciplina vigente prima di quella sopravvenienza normativa, il divieto di realizzazione dell’impianto fotovoltaico, imposto alla ricorrente, sarebbe stato illegittimo.

Infatti, secondo un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato, poiché la produzione di energia con fonti rinnovabili costituisce un obiettivo di interesse nazionale conforme al diritto europeo (direttive 2001/77/CE, 2009/28/CE e, da ultimo, 2018/2001/UE), “le motivazioni dell'eventuale diniego (seppur parziale) di autorizzazione paesaggistica alla realizzazione di un impianto di produzione di energia da fonte rinnovabile devono essere particolarmente stringenti, non potendo a tal fine ritenersi sufficiente che l'autorità preposta alla tutela del vincolo paesaggistico rilevi una generica minor fruibilità del paesaggio sotto il profilo del decremento della sua dimensione estetica.

Ogni nuova opera d'altronde ha una qualche incidenza sul paesaggio (che è costituito, secondo una delle definizioni più appropriate, dalla interazione tra le opere dell'uomo e la natura), di tal che il giudizio di compatibilità paesaggistica non può limitarsi a rilevare l'oggettività del novum sul paesaggio preesistente, posto che in tal modo ogni nuova opera, in quanto corpo estraneo rispetto al preesistente quadro paesaggistico, sarebbe di per sé non autorizzabile.

Tali considerazioni impongono una più severa comparazione tra i diversi interessi coinvolti nel rilascio dei titoli abilitativi - ivi compreso quello paesaggistico - alla realizzazione … di un impianto di energia elettrica da fonte rinnovabile (nella specie da fonte solare). Tale comparazione, infatti, nei casi in cui l'opera progettata dal privato ha una espressa qualificazione legale in termini di opera di pubblica utilità, non può ridursi all'esame della ordinaria contrapposizione interesse pubblico/interesse privato, che connota generalmente il tema della compatibilità paesaggistica negli ordinari interventi edilizi, ma impone una valutazione più analitica che si faccia carico di esaminare la complessità degli interessi coinvolti: la produzione di energia elettrica da fonte solare è essa stessa attività che contribuisce, sia pur indirettamente, alla salvaguardia dei valori paesaggistici”.

A questi principi non si sono conformate nel caso di specie la Soprintendenza e la Commissione per il paesaggio con una motivazione, stringata e generica. Non è stata nemmeno indagata la possibilità di prescrivere l’adozione di misure di mitigazione, oggi comunemente in uso nel settore, per consentire un’adeguata integrazione dell’impianto fotovoltaico nella copertura dell’edificio senza rilevanti impatti sul contesto paesaggistico.

È pertanto evidente l’illegittimità della prescrizione che vietava l’installazione dell’impianto fotovoltaico.

 

Cappotto termico in area vincolata: vanno seguite le prescrizioni

Per quanto concerne invece l’obbligo di realizzare il cappotto all’interno dell’edificio anziché all’esterno, le censure della ricorrente sono infondate.

Ai sensi dell’art. 143, comma 1, lett. c, d.lgs. 42/2004, per le aree sottoposte a vincolo paesaggistico ex lege ai sensi dell’art. 142 del medesimo d.lgs., tra cui appunto i parchi e le riserve nazionali e regionali, il piano paesaggistico ha un contenuto sia di ricognizione, delimitazione e rappresentazione delle aree sottoposte a vincolo in scala idonea alla loro identificazione, sia di “determinazione di prescrizioni d'uso intese ad assicurare la conservazione dei caratteri distintivi di dette aree e, compatibilmente con essi, la valorizzazione”.

Il piano conteneva le prescrizioni d’uso per il rilascio dell’autorizzazione paesaggistiche proprio per la tipologia di immobile in esame, motivo per cui l’intervento edilizio progettato deve conservare inderogabilmente “i valori originari … per i caratteri architettonici” e deve tutelare “i singoli elementi strutturali ed architettonici” preesistenti.

La suddetta prescrizione, dunque, che è frutto dell’esercizio di discrezionalità tecnica, non risulta connotata da profili di manifesta illogicità, irragionevolezza o travisamento dei fatti, e pertanto è da ritenersi pienamente legittima.

 

Accertamento di conformità paesaggistica: come funziona

Infine, in riferimento al ricorso per motivi aggiunti, con il quale la ricorrente ha impugnato l’ordinanza di rimozione delle opere e di ripristino ricorda il TAR che “l'intervenuta presentazione della domanda di accertamento di conformità ai sensi dell'art. 36 del d.P.R. n. 380 del 2001 non determina alcuna inefficacia sopravvenuta o invalidità di sorta dell'ingiunzione di demolizione, comportando che l'esecuzione della sanzione è da considerarsi solo temporaneamente sospesa”.

Diversamente da quanto previsto dalla legge in materia di condono, ove vi è una specifica norma che prevede la cessazione dell'efficacia dell'ordine di demolizione in caso di presentazione dell’istanza di sanatoria, “Quando è proposta una domanda di accertamento di conformità, ai sensi dell'art. 36 del testo unico n. 380 del 2001, si verifica … una sospensione dell'efficacia dell'ordine di demolizione (nel senso che questo non può essere portato ad esecuzione, finché non vi sia stata la definizione della domanda, con atto espresso o mediante il silenzio-rigetto), sicché nel caso di rigetto dell'istanza di accertamento di conformità l'ordine di demolizione riacquista la sua efficacia.

Trasferendo analogicamente quei principi dalla materia edilizia a quella paesaggistica, può sostenersi che la presentazione dell’istanza di sanatoria paesaggistica comporti una mera sospensione temporanea dell’efficacia dell’ordine di demolizione emesso ex art. 167 d.lgs. 42/2004.

Considerato che ai sensi dell’art. 7 bis, comma 5, d.lgs. 28/2011, nel testo introdotto dall’art. 9, comma 1, d.l. 17/2022, non è più necessaria l’autorizzazione paesaggistica per l’installazione dell’impianto fotovoltaico su edifici situati in aree sottoposte a vincolo paesaggistico ex lege ai sensi dell'art. 142 d.lgs. 42/2004, l’atto rilasciato alla ricorrente non poteva vietarle di installare il suddetto impianto.

Diversa la situazione per il cappotto perché, a fronte della realizzazione di opere in assenza della necessaria autorizzazione paesaggistica, l’emanazione dell’ordine di demolizione è un atto dovuto, ai sensi dell’art. 167, 1° comma, d.lgs. 42/2004, il quale prevede che “il trasgressore è sempre tenuto alla rimessione in pristino a proprie spese”, salva la possibilità di chiedere un accertamento di compatibilità paesaggistica che sani ex post l’illegittimità delle opere, qualora ne sussistano i presupposti, fissati dal 4° comma del medesimo articolo.

In conclusione, il ricorso è stato accolto nella sola parte in cui si riferiscono all’impianto fotovoltaico, senza che dall’annullamento derivi una riedizione del potere in capo alle amministrazioni costituite, poiché l’impianto poteva essere realizzato senza alcuna autorizzazione, mentre è stato respinto confermando l'ordine di demolizione per le opere eventualmente realizzate relative al cappotto termico.

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