Cambio di destinazione d’uso e recupero sottotetti: la sentenza del Consiglio di Stato

Il Consiglio di Stato affronta il tema del recupero sottotetti e del cambio di destinazione d'uso in edilizia. Analisi della sentenza su opere abusive e conformità urbanistica

di Redazione tecnica - 22/10/2024

Nel panorama dell’edilizia, temi come il cambio di destinazione d’uso e il recupero dei sottotetti sono sempre più rilevanti, anche alla luce delle recenti modifiche legislative. La Legge n. 105/2024, che ha convertito il D.L. n. 69/2024 (Salva Casa), ha introdotto nuove disposizioni nel Testo Unico Edilizia (d.P.R. n. 380/2001), incluse quelle relative alle tolleranze costruttive e alle procedure di sanatoria.

Cambio di destinazione d’uso: normative e sentenze recenti

Uno degli aspetti più complessi della normativa edilizia riguarda il recupero dei sottotetti e il conseguente cambio di destinazione d’uso da locale accessorio a spazio abitabile. Questi interventi, se non conformi alle autorizzazioni edilizie, possono comportare sanzioni severe, come dimostra la recente sentenza del Consiglio di Stato 19 agosto 2024, n. 7168.

Il caso in questione riguarda una proprietaria che aveva acquistato un appartamento composto da cinque vani e un sovrastante sottotetto. A seguito di una compravendita, il Comune ha ordinato la demolizione di alcune difformità edilizie, basandosi sul rigetto di una vecchia istanza di condono del 1995. In particolare, l’immobile risultava trasformato da locale sottotetto non abitabile in appartamento abitabile, il che costituiva un cambio di destinazione d’uso non autorizzato.

Le variazioni essenziali e il cambio di destinazione d'uso

Il cuore della sentenza riguarda la qualificazione dell'intervento come variazione essenziale ai sensi dell'art. 32 del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia). Il Consiglio di Stato ha ribadito che un mutamento della destinazione d’uso, come il passaggio da locale accessorio a spazio abitabile, incide sul carico urbanistico e richiede necessariamente un titolo abilitativo.

L'art. 32 del Testo Unico dell'Edilizia (D.P.R. 380/2001) regola le opere che comportano una variazione essenziale rispetto al progetto approvato. In questo caso, il mutamento della destinazione d’uso da superficie non abitabile a superficie abitabile ha determinato un incremento della cubatura e della superficie utile dell’immobile, elemento fondamentale per il Consiglio di Stato nel definire l'intervento come un abuso edilizio.

Secondo il Consiglio di Stato, un intervento di recupero sottotetti che comporti una variazione di questo tipo è soggetto al rilascio del permesso di costruire. La mancata richiesta di tale titolo abilitativo, infatti, rende l’opera abusiva e la sottopone a demolizione, non potendo essere sostituita da una semplice sanzione pecuniaria.

L’intervento del TAR

Secondo i giudici di primo grado, l’intervento di trasformazione del sottotetto da “non abitabile” ad “abitabile” senza alcun titolo edilizio, non può essere ritenuto una “mera difformità” dal titolo edilizio a suo tempo rilasciato come affermato dal ricorrente.

Il TAR ha escluso che il cambio di destinazione d’uso del sottotetto da superficie non abitabile in superficie abitabile, ormai completo, arredato ed in uso, integri una variazione non costituente illecito edilizio, o comunque una difformità parziale ai sensi dell’art. 34 del d.P.R. n. 380/01, considerato che il detto intervento determina il cambio di destinazione d’uso dell’unità immobiliare, dall'assentita superficie praticabile e non abitabile in superficie abitabile.

L’art. 32 del TUE, che regola la fattispecie dell’esecuzione di opere in «variazione essenziale» rispetto al progetto approvato, riconnette la sussistenza della variazione essenziale alla presenza di una o più delle seguenti condizioni:

  1. mutamento di destinazione d’uso che implichi variazione degli standards previsti dal D.M. 2 aprile 1968;
  2. aumento consistente della cubatura o della superficie di solaio da valutare in relazione al progetto approvato;
  3. modifiche sostanziali di parametri urbanistico-edilizi del progetto approvato, ovvero della localizzazione dell’edificio sull’area di pertinenza;
  4. il mutamento delle caratteristiche dell’intervento edilizio assentite;
  5. la violazione della normativa edilizia antisismica.

Nel caso oggetto della sentenza, il realizzato il cambio di destinazione d'uso dell'unità immobiliare dall'assentita superficie praticabile e non abitabile in superficie abitabile, con conseguente incremento della superficie utile e della cubatura dell’immobile in questione in assenza di titolo edilizio, costituisce variazione essenziale e, in quanto tale, soggetta a demolizione che non può essere sostituita da sanzione alternativa.

La responsabilità dell’abuso

Un aspetto centrale di cui si è occupato il TAR riguarda la responsabilità del proprietario. Anche se il sottotetto era stato acquistato nello stato in cui si trovava, il proprietario attuale è ritenuto corresponsabile dell’abuso edilizio. Il Consiglio di Stato ha ribadito che l’ordine di demolizione ha carattere reale e vincolato, il che significa che può essere emesso nei confronti del proprietario catastale dell’immobile, a prescindere da chi abbia commesso l’abuso.

Secondo quanto previsto all’art. 31 del TUE, la demolizione viene ingiunta al proprietario non in forza di una sua responsabilità effettiva o presunta nella commissione dell’illecito edilizio, bensì in ragione del suo rapporto giuridico con la res che lo rende, agli occhi del legislatore, responsabile dell’eliminazione dell’abuso anche se commesso da altri. Sotto questo profilo, non assume alcun rilievo la presunta non corretta individuazione degli altri soggetti destinatari dell’ordine di demolizione lamentata dalla ricorrente, considerato che la medesima, in ogni caso, è stata correttamente e legittimamente individuata quale destinataria dell’ordine di demolizione.

Le conferme del Consiglio di Stato

Il Consiglio di Stato, confermando di fatto la tesi dei giudici di primo grado, ha richiamato l’orientamento giurisprudenziale secondo cui:

  • i provvedimenti sanzionatori sono legittimamente adottati nei confronti dei proprietari catastali degli immobili dovendosi prescindere dagli eventuali rapporti interprivati tra gli autori degli abusi e i proprietari;
  • l’ordine di demolizione è legittimamente notificato al proprietario catastale dell’area il quale fino a prova contraria è quanto meno corresponsabile dell’abuso.

Irrilevanti sono riferimenti alla legittimità dell’opera contenuti negli atti acquisto, trattandosi di affermazioni di soggetti privati o del pubblico ufficiale rogante che non elidono l’illegittimità dell’opera, il cui aspetto abusivo rileva nella sua oggettività a prescindere da qualsivoglia valutazione sulla buona fede dell’acquirente.

Ciò significa che prima di procedere al rogito per la compravendita di un immobile è sempre opportuno che l’acquirente ne verifichi la conformità edilizia e urbanistica (lo stato legittimo), in quanto i provvedimenti sanzionatori a contenuto ripristinatorio/demolitorio riferiti ad opere abusive hanno carattere reale, con la conseguenza che la loro adozione prescinde dalla responsabilità del proprietario o dell’occupante l’immobile, applicandosi gli stessi anche a carico di chi non abbia commesso la violazione, ma si trovi al momento dell’irrogazione in un rapporto con la res tale da assicurare la restaurazione dell’ordine giuridico violato.

Cambio di destinazione e tolleranze

Secondo il Consiglio di Stato è inconferente il richiamo allo scostamento minimo di tolleranza costruttiva non superiore al 2% della cubatura, in quanto nel caso di specie vi è stata una mutazione di destinazione d’uso dall’assentita superficie non abitabile a superficie abitabile, con conseguente incremento della superficie utile a fini abitativi e conseguentemente della cubatura utile ai medesimi fini dell’immobile in questione in misura tutt’altro che minima, né è conferente il richiamo ai «grafici presentati» e dello «stato di fatto dell’immobile, oltre che alla normativa Regionale ed urbanistica», giacché la normativa sul recupero dei sottotetti di cui alle leggi regionali richiamate non è applicabile al caso di specie, atteso che l’intervento è stato realizzato in assenza di titolo abilitativo, necessario per la realizzazione del cambio di destinazione d’uso del sottotetto in superfice residenziale.

A differenza di quanto sostenuto dall’appellante, il TAR ha correttamente reputato, ai sensi dell’art. 32, commi 1 e 2, del d.P.R. n. 380/2001, essenziale la variazione effettuata (accorpamento del vano abitabile con il sottotetto non abitabile), trattandosi di una modificazione della destinazione d’uso che non può considerarsi urbanisticamente non rilevante per mancata «variazione degli standards previsti dal decreto ministeriale 2 aprile 1968» di cui alla lettera del citato art. 32, giacché alla luce del combinato disposto di cui alle lettere a) e c) dell’art. 32, detta trasformazione ha determinato aumento di carico urbanistico derivante dalle «modifiche sostanziali di parametri urbanistico-edilizi del progetto approvato».

La modifica della destinazione d’uso del sottotetto da deposito ad abitativo integra, infatti, un mutamento di destinazione d’uso che interviene tra categorie funzionalmente autonome dal punto di vista urbanistico, influendo sul carico urbanistico, sicché detto intervento è subordinato al rilascio del permesso di costruire.

La trasformazione di un sottotetto in uno spazio abitabile è dunque urbanisticamente rilevante, poiché incide sul carico urbanistico e, pertanto, necessita di un titolo abilitativo, la cui mancanza determina una situazione di illiceità che va rilevata dall’amministrazione nell’esercizio del suo potere di vigilanza. Il cambio di destinazione d’uso da non abitabile in abitabile genera una nuova volumetria utile, a prescindere dall’impatto urbanistico esterno, la cui eventuale invarianza non impinge sull’emersione di un volume a vocazione diversa dal precedente, sebbene di misura analoga, con aumento di carico urbanistico.

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