Un mini Codice per correggere il Codice dei contratti

Dal Consiglio dei Ministri uno schema di Decreto Legislativo di 89 articoli che modificano il Codice dei contratti pubblici (D.Lgs. n. 36/2023)

di Gianluca Oreto - 22/10/2024

Come previsto dalla Legge delega n. 78/2022, il progetto di riforma del Codice dei contratti pubblici fu affidato dal Governo Draghi al Consiglio di Stato che, in tempi record e non senza sbavature fisiologiche, ha provveduto a redigere uno schema che ha costituito la base del Decreto Legislativo 31 marzo 2023, n. 36.

Codice dei contratti: una normativa di natura tecnica

Il nuovo Codice dei contratti nasce, dunque, per volontà politica, da una commissione speciale composta da magistrati del tribunale amministrativo regionale, esperti esterni e rappresentanti del libero foro e dell’Avvocatura generale dello Stato, coordinati dal Presidente della IV Sezione Luigi Carbone. Il testo dello schema di D.Lgs., anche per il poco tempo a disposizione, costituisce un raggruppamento delle norme già esistenti nel precedente quadro normativo e qualche innovazione relativa soprattutto all’esperienza accumulata, alle sentenze e ai principi consolidati post D.Lgs. n. 50/2016.

La stessa Legge n. 78/2022, all’art. 1, comma 4, dispone “Entro due anni dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi di cui al comma 1, il Governo può apportarvi le correzioni e integrazioni che l’applicazione pratica renda necessarie od opportune, con la stessa procedura e nel rispetto dei medesimi princìpi e criteri direttivi di cui al presente articolo”.

Considerato che il D.Lgs. n. 36/2023 è entrato in vigore il 1° aprile 2023 (con efficacia a partire dal 1° luglio 2023), il Governo può, entro il 1° aprile 2025, apportare correzioni e integrazioni utilizzando la stessa procedura (il Decreto Legislativo) e nel rispetto dei principi e dei criteri direttivi della legge delega.

Un mini codice per correggere il Codice

È così che dopo qualche mese di dialoghi, audizioni e dichiarazioni, il Consiglio dei Ministri n. 101 del 21 ottobre 2024, su proposta del Presidente Giorgia Meloni e del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti Matteo Salvini, ha approvato, in esame preliminare, uno schema di decreto legislativo che introduce disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 31 marzo 2023, n. 36 (Codice dei contratti pubblici).

Il testo – leggiamo nel comunicato stampa post Consiglio dei Ministri - mira a razionalizzare e semplificare la disciplina recata dal vigente codice dei contratti pubblici, risolvendo alcune criticità emerse in sede applicativa, tenuto conto delle principali esigenze rappresentate dagli stakeholder di settore e delle richieste, presentate in sede europea, di modifica e integrazione di alcuni istituti giuridici introdotti. Le nuove norme rilevano anche ai fini del perseguimento di alcune milestone PNRR che rientrano nella riforma 1.10 - Riforma del quadro legislativo in materia di appalti pubblici e concessioni”.

Benché sia chiaro che quello approvato sia solo uno schema di Decreto Legislativo che dovrà passare l’esame della Conferenza Unificata e poi del Parlamento, ciò che stupisce particolarmente è l’entità di questo correttivo composto da ben 89 articoli che modificano sia il Codice che i suoi allegati. Lo schema di correttivo approvato prevede:

  • la modifica di 78 articoli;
  • l'inserimento di 3 nuovi articoli;
  • la sostituzione di 1 articolo;
  • la modifica di 1 allegato;
  • l'inserimento di 3 nuovi allegati;
  • la sostituzione di un allegato.

Un mini correttivo che, evidentemente, prende delle decisioni di natura “politica”, intervenendo su un articolato che dovrebbe avere una natura “tecnica”. Esempio lampante è la modifica all’art. 41 del Codice dei contratti relativo ai livelli di progettazione e, in particolare, al comma 15 all’interno del quale viene operato un coordinamento tra il Codice stesso e la Legge n. 49/2023 relativa all’equo compenso dei servizi di ingegneria e architettura.

Come cambia l’equo compenso

Spazzando via qualsiasi dubbio, il Governo ha deciso che l’importo da porre a base di gara resta sempre quello calcolato sulla base del Decreto Parametri (il DM 17/06/2016) ma per l’aggiudicazione del contratto la stazione appaltante utilizzerà il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa (OEPV) individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo nel rispetto dei seguenti criteri:

  • per il 65% dell’importo a base di gara, l’elemento relativo al prezzo assume la forma di un prezzo fisso, secondo quanto previsto dall’articolo 108, comma 5 (L’elemento relativo al costo, anche nei casi di cui alle disposizioni richiamate al comma 1, può assumere la forma di un prezzo o costo fisso sulla base del quale gli operatori economici competeranno solo in base a criteri qualitativi);
  • il restante 35% dell’importo da porre a base di gara può essere assoggettato a ribasso in sede di presentazione delle offerte. La stazione appaltante definisce il punteggio relativo all’offerta economica secondo i metodi di calcolo di cui all’articolo 2-bis dell’Allegato I.13 e stabilisce un tetto massimo per il punteggio economico, entro il limite del 30%.

Aggiunti all'art. 41 i seguenti commi:

  • 15-ter. Restano ferme le disposizioni in materia di esclusione automatica delle offerte anomale di cui all’articolo 54 e all’allegato II.2.
  • 15-quater. Per i contratti dei servizi di ingegneria e di architettura affidati ai sensi dell’articolo 50, comma 1, lettera b), i corrispettivi determinati secondo le modalità dell’Allegato I.13 possono essere ridotti in percentuale non superiore al 20 per cento.

BIM obbligatorio oltre i 2 milioni di euro

Altra modifica “politica” riguarda l’art. 43 del Codice dei contratti che al comma 1, nella sua attuale versione, dispone: “A decorrere dal 1° gennaio 2025, le stazioni appaltanti e gli enti concedenti adottano metodi e strumenti di gestione informativa digitale delle costruzioni per la progettazione e la realizzazione di opere di nuova costruzione e per gli interventi su costruzioni esistenti per importo a base di gara superiore a 1 milione di euro. La disposizione di cui al primo periodo non si applica agli interventi di ordinaria e straordinaria manutenzione, a meno che essi non riguardino opere precedentemente eseguite con l’uso dei suddetti metodi e strumenti di gestione informativa digitale”.

In questo caso il Governo ha deciso di “abbassare” l’asticella prevedendo l’obbligo di BIM

  • per gli interventi su costruzioni esistenti con stima parametrica del valore del progetto di importo superiore a 2 milioni di euro;
  • per importi superiori alla soglia di cui all’art. 14, comma 1, lettera a), del Codice (attualmente euro 5.538.000) in caso di interventi su edifici di cui all’articolo 10, comma 1, del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (“Sono beni culturali le cose immobili e mobili appartenenti allo Stato, alle regioni, agli altri enti pubblici territoriali, nonché ad ogni altro ente ed istituto pubblico e a persone giuridiche private senza fine di lucro, ivi compresi gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti, che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico”).
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